venerdì 20 marzo 2009

"Tu sei un mostro". Chiara fu uccisa perché conosceva i segreti di Alberto

Le foto dei bimbi violentati che Stasi custodiva nel pc. La fidanzata le ha viste. E ha pagato con la vita


MILANO 19/03/2009 - Chiara scopre il segreto di Alberto e firma, senza saperlo, la sua condanna a morte. È nelle immagini del computer dell’unico indagato che si nasconde la soluzione del giallo di Garlasco. Foto e filmati dal contenuto piccante, ma anche fotogrammi con vittime bambine di soli 5 anni. File trovati nel pc e in un hard disk esterno dell’ex studente modello accusato anche di detenzione di materiale pedo-pornografico.
Due procedimenti distinti per la legge, ma uniti da un unico filo rosso: Chiara è stata uccisa perchè era pronta a parlare. Alberto ha avuto paura di perdere la sua aureola e così il bravo ragazzo si è trasformato in assassino. Il bocconiano, pronto a laurearsi a pieni voti e a lavorare in una società prestigiosa, non ha esitato a colpire a morte la sua fidanzata.

Il biondino con l’aria da chierichetto ha preferito non confessare la sua perversione, ma macchiarsi di una colpa più grave. È questa la tesi sostenuta dall’accusa durante l’udienza preliminare di ieri.

L’AGGRESSIONE
Alberto uccide Chiara «colpendola al capo e al volto con numerosi colpi inferti con un corpo contundente», un’arma ancora sconosciuta. Un delitto, sostiene il pm Rosa Muscio, commesso con «l’aggravante di aver adoperato sevizie e aver agito con crudeltà». Per errore Chiara, la sera prima del delitto, guarda alcune immagini compromettenti: la violenza subita da una minorenne o forse un’immagine porno. Nessuno può dire, con certezza, se ha davvero aperto una “botola” segreta del computer di Alberto. Quello che è certo è che scaricano le foto del weekend trascorso a Londra, dal 19 al 22 luglio. Nel memorizzare una foto, probabilmente, se ne è aperta una “pericolosa”. Ne nasce una lite e la ragazza spedisce il fidanzato a casa. Dorme da sola e ripensa a quello che ha visto. La mattina dopo Alberto prova a telefonarle, ma è troppo arrabbiata per rispondere. Continua a ignorarlo fino a quando non bussa alla porta per chiarire. Chiara non vuole ascoltarlo, litigano ancora e lui afferra qualcosa, forse un martello, e la colpisce. Cade vicino alle scale che portano al piano di sopra, la trascina davanti alla porta della tavernetta, colpisce ancora, poi la butta giù per le scale e infierisce nuovamente. C’è rabbia, paura, voglia di farla tacere in quei colpi. Richiude la porta per nascondere a se stesso quello che ha fatto e torna a casa.

IL DNA
Sono le 13.50 quando corre dai carabinieri e dice di aver scoperto il cadavere. Sulla suola delle sue scarpe non c’è una sola traccia del sangue ben visibile sul pavimento. Dna della vittima che, invece, comparirà sui pedali della sua bicicletta. Il Dna di Chiara, misto alle impronte del fidanzato, c’è anche sull’erogatore del sapone liquido del bagno.

L’ALIBI
Lì l’assassino si lava le mani e lì ci sono le tracce dell’indagato. Alberto mente nei dettagli del ritrovamento, non può vedere il colore del viso e del pigiama di Chiara con la luce spenta, ma mente soprattutto sull’alibi: non era al computer mentre Chiara veniva uccisa tra le 11 e le 11.30 come sostiene il medico legale.
Le perizie degli esperti sostengono la ricostruzione dell’accusa, pronta a dimostrare la freddezza di Alberto nel «pianificare con accuratezza la versione da fornire agli inquirenti, occultare l’arma, avendo cura, di cambiarsi gli abiti e le scarpe, in modo da cancellare ogni traccia che potesse ricondurre a lui». Tutto ma non il vasto archivio, oltre 17mila immagini piccanti e pedopornografiche, di foto e filmati compromettenti. È quel segreto a spiegare il delitto. Il 28 marzo la difesa proverà a smontare il castello accusatorio.

CRONACAQUI 19 MARZO 2009

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