mercoledì 17 novembre 2010

I fratelli Soria rinviati a giudizio:negato due volte il patteggiamento

I fratelli Soria

ALBERTO GAINO
TORINO
Il tam tam dell’aula lo dà lontano da Torino e anche da Costigliole, sua patria e malinconico «retìro» dei nuovi tempi: «Il professor Giuliano Soria è a Roma, dove ha ripreso l’insegnamento universitario di letteratura spagnola». Fra una lezione e l’altra, un caffè a piazza del Popolo e una passeggiata Lungotevere il nuovo cellulare del professore ha trillato. Erano i suoi legali, reduci dalla conclusione dell’udienza preliminare, a comunicargli la decisione, «scontata», del gup Edmondo Pio di rinviarlo a giudizio insieme al fratello Angelo e a Bruno Libralon. Processo il 23 marzo prossimo, giudicati da un collegio della quinta sezione penale del tribunale, presidente Maria Iannibelli, che per allora avrà chiuso quello per la morte nel fuoco dei sette operai della ThyssenKrupp. Giuliano Soria vi dovrà rispondere di 12 capi di imputazione: dalla violenza sessuale al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per vantaggio personale; dal peculato alla malversazione di oltre 4 milioni di fondi pubblici.

Gli avvocati del professore, per la verità hanno provato ancora ad insistere sul patteggiamento della pena. Aldo Mirate e il collega Luca Gastini hanno chiesto la parola, in apertura di udienza, e hanno offerto ai pm Gabriella Viglione, Valerio Longi e Stefano Demontis di patteggiare 4 anni 3 mesi, alzando la pena di un po’ ma restando nei limiti - detratti i 12 mesi condonati e le settimane di carcere e arresti domiciliari - del possibile suo affido «in prova» ai servizi sociali. Via di fuga ultima dal ritorno in carcere.

I pm hanno risposto picche. Fors’anche perché Giuliano Soria, quanto a risarcimenti è rimasto a quota zero. A parte quei 10 mila euro che l’avvocato Gianluca Vitale, parte civile per il cameriere delle Mauritius vessato e molestato dall’insigne intellettuale, ritiene «un mero anticipo». Ieri, Hemrajsing Dabeedin, giubbottino di stoffa a quadretti leggerino, sguardo ancora diffidente per i giornalisti, occupava uno dei posti nell’ultima fila di banchi. Chiusa l’udienza è scappato via: ha ottenuto il permesso di soggiorno con la sanatoria e un lavoro di cameriere in un hotel, regolare e lontano dagli imprevisti di «casa Soria».

Grazie a lui non è lievitato il soufflè dei 20 milioni di contributi pubblici finiti solo negli ultimi anni nel vortice di premi del Grinzane Cavour e un po’ pure nelle case del professore. E la grandeur del professore si è sgonfiata. Prima che il collaboratore più domestico e vilipeso osasse denunciarlo per maltrattamenti e violenza sessuale, chi avrebbe potuto parlar male di un «intoccabile» per definizione? Se ci si riflette: non è questo l’aspetto più indigeribile ripensando alle cene pantagrueliche che il professore offriva con fondi pubblici a personalità pubbliche e private?

Piccolo Re Sole di provincia delle culture comparate di premi e premiati, Giuliano Soria ha tentato di far derubricare ancora ieri le accuse più pesanti: il peculato (condiviso con il fratello Angelo, ex dirigente regionale) in abuso d’ufficio di Soria II e quella di violenza sessuale nell’ipotesi più lieve del reato, che avrebbe potuto consentirgli l’affidamento ai servizi sociali.

Il professore dovrà affrontare il processo insieme al fratello e allo chef Bruno Libralon, coinquilino del castello di Costigliole. I 4 coimputati minori dell’inchiesta hanno patteggiato: Carmelo Pezzino 1 anno e 9 mesi; Piergiovanni Perucca 1 anno e 7 mesi; Mario Rocca 1 anno e 8 mesi; Giovanni Valetto 1 anno, 7 mesi e 10 giorni; pene sospese dalla condizionale.

In attesa del 23 marzo, Giuliano Soria dovrà fare i conti con l’inseguimento di Enrico Stasi, il professionista nominato dal tribunale liquidatore dell’associazione che convogliava i finanziamenti per i premi letterari. Come, lo ricorda il suo avvocato, Fulvio Gianaria: «Se Soria non sa come risarcirci, non si metta di mezzo rispetto alla vendita all’asta della casa di Parigi. Ci eviterebbe le onerose spese della procedura prevista per un ulteriore contenzioso legale in Francia».
la stampa 16 novembre 2010

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