sabato 20 novembre 2010

MICHELE MISSERI A SABRINA: SARAH L'HAI UCCISA TU

20/11/2010 - IL CASO


Michele alla figlia: "Sarah l'hai uccisa tu"


Tra i Misseri drammatico confronto in carcere: ma i loro sguardi non si sono mai incrociati




MARIA CORBI


Papà ti voglio bene». Nel giorno dell’incontro con suo padre, Sabrina consegna questa frase ai suoi avvocati. Avrebbe voluto dirgliele lei, ma le è stato spiegato che la condizione della sua presenza nell’aula dove si è svolto, ieri, l’incidente probatorio, era quella di non proferire parola. «Non riesce ad odiarlo e a non continuare a considerarlo un padre», ha spiegato la psicologa Cinzia Gimelli. La dichiarazione d’amore del padre per la figlia invece ha il peso di una condanna: «A Sabrina voglio bene, è mia figlia, ma deve pagare per quello che ha fatto».


È la sala polifunzionale della sezione femminile ad ospitare questo interrogatorio che cristallizza per il giudizio la versione di papà Michele. Una scenografia allestita con attenzione, la cattedra con i magistrati, Misseri davanti a loro, che si tormenta tra le mani il tau, il crocifisso francescano, protetto da un cordone di dieci guardie penitenziarie, uno scudo tra lui e la figlia. Sabrina la tigre che riesce a intimidire il contadino stanco, il padre avvilito e maltrattato. Così è stata dipinta. E invece Sabrina a chi l’ha vista è parsa uno scricciolo, i chili in più dissolti nella sua cella, ma anche nella sua disperazione.


All’interrogatorio presieduto dal gip del tribunale di Taranto Martino Rosati ci sono il procuratore Franco Sebastio, il procuratore aggiunto, Pietro Argentino e il sostituito procuratore Mariano Buccoliero. Ci sono gli avvocati delle parti, anche quelli della famiglia Scazzi e i consulenti di parte. Una folla di criminologi. Sono da poco passate le tre quando inizia questo ennesimo atto della tragica saga. E si va avanti ad oltranza con momenti di grande tensione tanto che il Gip pensa di aggiornare la seduta dopo che Misseri riconferma ai giudici la versione del 5 novembre, quella in cui addossa la responsabilità del delitto alla figlia mossa dalla gelosia per Ivano. «Stavo dormendo in casa, Sabrina mi ha svegliato e ha detto “papà è successo un guaio”». Sabrina, secondo Michele gli avrebbe detto che stavano giocando con la cinta insieme a Sarah come se fosse stato un incidente. «Sabrina mi aveva detto così». Su sua moglie Cosima, Michele avrebbe continuato a dire che non ha mai saputo niente. Il primo colpo di scena quando ritratta ancora una volta la violenza su Sarah. Sia il vilipendio di cadavere che le molestie. «Non l’ho mai sfiorata la creatura». Sarebbe in questo caso un punto a favore della difesa visto che solo 14 giorni fa aveva circostanziato in due pagine di interrogatorio quell’atto assurdo e crudele sulla ragazzina ormai morta. E in quell’occasione era stata proprio la sua consulente Roberta Bruzzone a fargli la domanda decisiva, che lo aveva spinto a chiarire esattamente cosa era successo. Il continuo cambio di versione non aiuta certo la credibilità di Michele nella veste di chiamante in correità. Ma qualora la procura decidesse di credergli, per lui potrebbero anche riaprirsi le porte del carcere. Michele ha aggiunto particolari anche alla fase dell’occultamento. «Quando ho messo Sarah nel pozzo prima con la sua mano le ho fatto segnare il petto e la fronte». Un pietoso segno della croce. Emilia Velletri e Francesca Conte che hanno controinterrogato Misseri hanno cercano di farlo cadere in contraddizione, di capire se c’è qualcuno che lo ha condizionato.


 Gli chiedono anche delle rivelazioni che avrebbe fatto a Cosima e alla figlia Valentina durante le visite in carcere. Misseri avrebbe detto in queste conversazioni, di essere certo di finire presto in un convento, dove poter continuare a zappare la terra. E mentre in carcere Michele prosegue il suo racconto, negli uffici del comando provinciale dei carabinieri di Taranto sono stati sentiti nuovamente alcuni testimoni, tra i quali due fidanzati che riferirono di aver visto Sarah il 26 agosto verso le 14,25 che camminava dirigendosi verso casa della cugina, con la quale doveva andare al mare. Solo anticipando l’orario del delitto infatti i pezzi del puzzle che vogliono Sabrina colpevole si incastrerebbero con maggiore precisione. E in questa direzione va anche la testimonianza di Francesca, che ha detto di aver mandato all’amichetta Sarah un messaggino alle 14,18 e di averle telefonato alle 14,23, senza mai ricevere risposta. A quell’ora per gli inquirenti Sarah poteva essere, dunque già morta. Sarebbe stata dunque Sabrina a chiamarsi con il cellulare della cuginetta per confezionarsi un alibi.
la stampa 20 novembre 2010

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