sabato 31 gennaio 2009

GIORNALISTI: PREMIO GIROLIMONI,PER UN'INFORMAZIONE RESPONSABILE


"Ispirato a Gino Girolimoni, ingiustamente accusato di omicidio e pedofilia, scagionato dalla magistratura e mai dalla stampa che lo additò come un mostro, nasce il premio dedicato all'informazione responsabile"

DI WILDGRETA

Non c'è che dire, si sentiva il bisogno di un premio come questo. Infatti, se Girolimoni è stato uno, le vittime dei pedofili ogni anno sono migliaia. La gogna mediatica è consentita per i bambini e le loro famiglie accusate di mentire, ma non può essere attuata dal "giornalismo responsabile" per gli indagati. Non era meglio evitarla per tutti, questa "gogna mediatica"?In pratica, seguendo l'assunto del premio, si dovrebbe parlare dei pedofili dopo 6/7 anni dai fatti, a sentenza definitiva. Ma nel frattempo i giornali, cosa dovrebbero fare? Accanirsi contro chi li accusa? Non dare notizia dell'accaduto? Celare il nome della persona sotto processo? Non dire che c'è un processo? Cos'è un giornalismo responsabile? Un giornalismo che manda in onda l'incidente probatorio dei bambini di Rignano? E quali sarebbero i "Girolimoni" di oggi, secondo gli ideatori del premio? Purtroppo non mi viene in mente nessuno. Mi vengono però in mente quali potrebbero essere gli ideali candidati della prima edizione di questo premio invocato un po' da tutti e finalmente istituito da alcune persone illuminate. Naturalmente, siccome verranno premiati anche i blog, comunico findora che non intendo candidarmi.Ho troppo da fare.

Ecco i nomi dei miei candidati ideali:

Giuliano Ferrara: Premio Girolimoni per la miglior trasmissione televisiva su di un caso di pedofilia nell'anno 2007
Motivazione
Nella trasmissione 8 1/2 su Rignano Flaminio, è riuscito ad evitare qualsiasi volgarità, offrendo una indimenticabile lezione di neuropsichiatria infantile davanti ad un attonito professor Cancrini.

Carlo Bonini: Premio Girolimoni per la miglior inchiesta giudiziaria sulla pedofilia ( Repubblica)

Motivazione: continua a sostenere, nonostante la richiesta di rinvio a giudizio di almeno 4 indagati, la "non sussistenza dei fatti".

Pierluigi Battista:caso Rignano Flaminio
Motivazione:
Per aver dato come archiviato, sul Corriere della Sera, il caso di Rignano Flaminio, molti mesi prima della richiesta di rinvio a giudizio per 4 indagati.

Claudio Cerasa: libro sul caso di pedofilia di Rignano Flaminio, "Ho visto l'uomo nero". Di cui allego la critica più bella, ad opera di una giornalista di nome Lucia Visca. Non ricordo il titolo originale, ma lo avevo chiamato così quando ho recensito la recensione del libro:"L’uomo nero della “Olga Tevere”
Motivazione
E' riuscito a confezionare un libro -inchiesta, tutto dalla parte degli indagati del caso Rignano Flaminio, riuscendo ad intervistare anche i loro parenti.

Chiara Palmerini : 3 articoli di Panorama su Rignano Flaminio
Motivazione
Senza mai lasciare la scrivania, ha trattato il caso Rignano con grande professionalità. Inoltre ha intervistato esperti coinvolti nella difesa di persone accusate di pedofilia senza dirlo ai lettori, in modo da non dare l'idea di un parere "di parte".

Pierangelo Maurizio (Il Giornale):Caso Rignano Flaminio
Motivazione
Per aver trovato la radice del male, scrivendo l'illuminante articolo"Quel pregiudizio anti cattolico dietro la caccia agli orchi"

Lietta Tornabuoni: articolo sulla pedofilia in generale
Motivazione
Per aver capito che gli orchi sono molto meno di quelli che i bambini vogliono farci credere, scrivendo un pezzo per La Stampa dal titolo: Ma in Italia i pedofili quanti sono?

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GIORNALISTI: PREMIO GIROLIMONI,PER INFORMAZIONE RESPONSABILE

(ANSA) - ROMA, 30 GEN - Ispirato a Gino Girolimoni, ingiustamente accusato di omicidio e pedofilia, scagionato dalla magistratura e mai dalla stampa che lo additò come un mostro, nasce il premio dedicato all'informazione responsabile. Il premio Girolimoni - promosso dall'Associazione Presi per Caso con il Patrocinio della Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza Università di Roma e dell'Unione Nazionale Cronisti Italiani (Unci) - vuol dare voce all'esigenza di un approccio non scandalistico alla cronaca come hanno spiegato alla conferenza stampa di presentazione, tra gli altri, il professor Mario Morcellini, Preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione, il presidente Fnsi, Roberto Natale, e Lorenza Somogyi Bianchi, dell'Associazione Presi per caso. Il premio è rivolto a tutti i giornalisti e alle testate italiane, ma c'é una sezione speciale dedicata ai blog. Una targa sarà assegnata anche dall'Unci. La scadenza delle domande di partecipazione è fissata al 30 aprile 2009, le premiazione è prevista per settembre. Per informazioni www.premiogirolimoni.org.





venerdì 30 gennaio 2009

Illinois: rimosso senatore accusato di corruzione. Come in Italia

di Marco Travaglio

Yes we can

"Con un voto unanime il Senato dell'Illinois ha approvato la rimozione dall'incarico di Rod Blagojevich, il governatore accusato di corruzione e di aver messo all'asta il seggio lasciato da Barack Obama al Senato di Washington. Alla guida dello Stato è subentrato il vicegovernatore Pat Quinn. Obama, che aveva già sollecitato le dimissioni del governatore, ha fatto gli auguri al successore Quinn e ha commentato in una nota: 'Oggi si chiude un episodio doloroso per l'Illinois. Per mesi lo Stato era rimasto paralizzato a causa di una crisi dei vertici. Ora quella nube si è diradata'. Eletto governatore nel 2002, e poi confermato ad un secondo mandato, Blagojevich è stato arrestato il 9 dicembre scorso dall'Fbi con l'accusa di aver ordito un sistema di corruzione e di tangenti. Con la sentenza di ieri notte, che lo ha rimosso dall'incarico con effetto immediato, è l'ottavo governatore americano condannato in un processo di impeachment. Con voto unanime, il Senato dell'Illinois ha anche approvato una proposta che impedisce all'ex governatore di ricoprire incarichi pubblici nello stato dell'Illinois in futuro.
Il predecessore di Blagojevich, George Ryan, sta scontando in carcere una pena di sei anni e mezzo per corruzione. Se verrà condannato nel processo penale, Blagojevich sarà il quarto governatore dello Stato finito in prigione" (repubblica.it, 30 gennaio 2009).

"L'aula della Camera ha bocciato la mozione di cui è primo firmatario il capogruppo del Pd Antonello Soro con cui si chiedono le dimissioni da sottosegretario all'Economia di Nicola Cosentino (Pdl). La mozione è stata bocciata con 236 no, 138 sì e 33 astensioni. Tra i banchi del Pd spiccavano le astensioni di tutti i deputati radicali" (Ansa, 28 gennaio 2009).

"Il Pd ha 'salvato Cosentino nel voto di Montecitorio': a denunciarlo è Claudio Fava, segretario nazionale della Sinistra democratica. 'Evidentemente - aggiunge - anche la lotta alle mafie è diventata miserabile merce di baratto tra il Pd e Berlusconi, in cambio della nuova legge elettorale per le europee. Alla mozione di sfiducia presentata dal Pd votata ieri pomeriggio alla Camera dei Deputati contro il Sottosegretario Cosentino, accusato da 5 pentiti di collegamenti con la camorra, quasi cento deputati dello stesso PD hanno scelto di non votare. Qualcuno alzandosi dai banchi un istante prima del voto. Una vergogna politica e un insulto al Paese" (Ansa, 29 gennaio 2009).

(LA REPUBBLICA 30 gennaio 2009)

Inchiesta vip, Signorini in tribunale "Io, Corona e le foto su Lapo e Adriano"

Il direttore di Chi ha ricordato di come Corona propose e organizzò all'ex direttore della testata un'intervista esclusiva con servizio fotografico al transessuale Patrizia. "E dissi no agli scatti su Adriano durante una festa privata"
Fabrizio Corona? "Era titolare di un'agenzia di foto. Portava bufale, ma anche notizie interessanti". Nell'aula del processo in corso a Milano a Vallettopoli è stato sentito, come testimone, il direttore di Chi, Alfonso Signorini. Il giornalista ha ricordato di come Corona propose e organizzò all'ex direttore della testata un'intervista esclusiva con servizio fotografico a Patrizia, il transessuale che trascorse la notte con Lapo Elkan prima che quest'ultimo venisse ricoverato per un collasso da overdose.

A intervistare Patrizia fu lo stesso Signorini. Il testo dell'articolo, così come aveva concordato l'ex direttore della testata (Signorini era all'epocca vicedirettore) con il responsabile dell'immagine Fiat, Marco Durante, fu sottoposto all'attenzione di quest'ultimo, che comunque apportò "ritocchi poco significativi". E sempre Signorini ai giudici ha riferito di come rifiutò il servizio che Fabrizio Corona gli propose sull'attaccante nerazzurro Adriano: "Rifiutai - ha dichiarato il direttore di Chi - perchè era evidente che quelle foto erano state riprese a una festa privata. Cosa che lo stesso Corona non mi nascose". E "no" Signorini lo disse a Corona anche per il servizio fotografico che quest'ultimo gli propose su Francesco Coco, ripreso fuori dalla discoteca Hollywood insieme con un'amica che poteva essere confusa per un transessuale.
(La Repubblica 29 gennaio 2009)

Vallettopoli: Gilardino e il trans Patrizia testimoniano al processo

Gilardino: "Ho pagato Corona, temevo che mi rovinasse"

L'attaccante della Fiorentina è stato sentito come testimone nel processo a carico del paparazzo, accusato di estorsione: "Chiesi io se era possibile ritirare quelle foto, perché volevo crearmi una fama positiva e mi stavo costruendo un futuro"

29 gennaio, 2009
Alberto Gilardino
Alberto Gilardino con la fidanzata immortalato all'uscita di un locale (foto: kikapress.com)


"Chiesi io se era possibile ritirare quelle foto, perché volevo crearmi una fama positiva di giocatore e in quel periodo mi stavo costruendo un futuro da professionista". Lo ha spiegato l'attaccante della Fiorentina Alberto Gilardino sentito come testimone nel processo milanese a carico di Fabrizio Corona, accusato di estorsione e tentata estorsione ai danni di alcuni vip, tra cui lo stesso Gilardino.

Il calciatore ha raccontato di aver pagato con un assegno di 6 mila euro per ritirare dal mercato delle riviste di gossip alcune foto che lo ritraevano in compagnia di un'amica all'uscita di una discoteca milanese. "Non ricordo se l'assegno l'ho dato a Corona o al fotografo che era con lui - ha spiegato Gilardino -. In quel periodo giocavo a Parma e venni a sapere che c'erano queste foto. Ero molto giovane e mi stavo costruendo un futuro nel calcio e non mi andava che venissero fuori fotografie di serate, che non ero abituato a fare". Corona, ha aggiunto l'attaccante della Fiorentina, "mi disse che dovevo dare 6 mila euro se volevo ritirarle"

Vallettopoli/ Il trans Patrizia: "Corona preparò un mio incontro con Lapo"
Sul banco dei testimoni c'è il trans Patrizia, noto alle cronache per aver passato la notte "fatale" con Lapo Elkann, prima che il rampollo di casa Agnelli finisse in ospedale per overdose di cocaina. "Corona contattò un mio amico per farmi fare una serata in discoteca a Milano dove c'era anche Lapo, dopo la brutta vicenda che lo aveva riguardato". Donato Brocco, in arte Patrizia, non ha dubbi al processo a carico di Fabrizio Corona.

Si riferisce a una serata organizzata dal titolare della Corona's nella quale il transessuale avrebbe dovuto farsi fotografare in compagnia di Lapo Elkann, dentro un locale, dopo la notte dell'ottobre 2005 con Lapo Elkann prima che quest'ultimo venisse ricoverato in seguito a un collasso per overdose.


Il trans Patrizia

"La cosa è fallita - ha spiegato Patrizia - perchè non si poteva entrare dentro quella discoteca". Il transessuale ha aggiunto che avrebbe dovuto "avvicinarlo chiedendogli perchè nei miei confronti era così scontroso dopo che gli avevo salvato la vita, perchá lui era in debito con me e poi sarei stato fotografato con lui, ma questo l'ho saputo soltanto dopo".

La teste ha poi detto di aver ricevuto 15mila euro "in malo modo, in due tranche" da Corona per un'intervista con Alfonso Signorini, allora vicedirettore di "Chi". "Signorini mi ha detto che l'intervista era stata pagata dal settimanale a Corona 70mila euro - ha proseguito Patrizia - non mi chiese i particolari di quella notte, mi propose un'offerta allettante di 50mila euro, ma alla fine me ne diede soltanto 15mila".

Nell'udienza sono stati sentiti anche Fabrizio Pensa, in arte Bicio, uno dei fotografi che collaboravano con Corona; il calciatore Alberto Gilardino e i giornalisti Enrico Mentana e Alfonso Signorini.

Via Affari Italiani 29 gennaio 2009

giovedì 29 gennaio 2009

Michelle Obama: anteprima statua al museo delle cere


















Ingresso trionfale della first lady Michelle Obama nel museo delle cere di Madame Tussauds a Washington, D.C.
Un sito americano titola "Ce l'ha fatta" e ironizza sul fatto che la statua di cera sia davvero un onore:"... se vi piace l'idea di vedervi rappresentati seduti in un museo, accanto ai Jonas Brothers, Jennifer Lopez Lo e J. Edgar Hoover. Inaugurazione della statua di cera prevista per il mese di marzo.

Ecco i suoi vicini di museo:








Volontaria accusa l'attore Edoardo Costa "Beneficenza, dove sono finiti i soldi?"


Testo molto piccolo Testo piccolo Testo normale Testo grande Testo molto grande

Edoardo Costa Reggio Emilia, 15 gennaio 2009. «SE SONO qua è perché esiste la favela Rocinha e non Barbara Olivi che è solo un vettore, un operaio, quello che importa sono loro, i bambini e nulla più». Sono passati quasi due anni da quando Barbara Olivi, raccontava a Carlino Reggio la sua vita quotidiana e le attività svolte da lei e dai suoi collaboratori dell’associazione “Il sorriso dei miei bimbi”, nella favela di Rocinha, una delle più popolose e povere della megalopoli carioca, ma la sua filosofia non è cambiata. A maggior ragione dopo che il suo lavoro è tornato all’attenzione delle cronache quando un’inchiesta di Striscia la Notizia ha portato alla luce una vicenda che riguarda le attività benefiche dell’attore Edoardo Costa, di cui sarebbe stata vittima anche l’associazione di Barbara Olivi. Una vicenda che riguarda offerte in denaro mai arrivate a destinazione.

Come siete venuti in contatto con Edoardo Costa?
«Circa a metà del 2005 ricevemmo la visita in favela del produttore del reality La Fattoria che veniva registrato sulle colline vicino a Rio. Favorevolmente impressionato da quanto vide, ci chiese se poteva segnalarci a Edoardo Costa, che sapeva impegnato in attività umanitarie. Poco tempo dopo ci chiamò la sua segretaria».

Come vi siete accordati?
«Verbalmente, basandosi sulla fiducia. Sono stata incauta, lo ammetto. Adesso posso solo recitare il mea culpa».

In che maniera esattamente lui non ha rispettato i patti?
«Costa ha sempre chiarito che avrebbe devoluto alla nostra associazione il ricavato dalle vendite di calendario e libro, tolte le spese di produzione. Non ci ha mai detto però che il libro sarebbe stato uno dei suoi book di attore e fotomodello dove i bambini vengono messi in secondo piano e la loro presenza mi sembrava semplicemente funzionale al mostrare la figura del Costa e non a evidenziare le attività della favela».

Come e quando avete scoperto l’inghippo?
«A me i sospetti vennero quando lui arrivò in favela per realizzare il servizio fotografico, a ottobre 2005. Per la sua visita rinunciai al viaggio di nozze con mio marito Julio, in modo che lui potesse accompagnarlo personalmente a fotografare le nostre scuole e i bambini. La permanenza a Rocinha di Costa si ridusse a due giorni di scatti in favela, e già allora alcune stranezze fecero suonare in me un campanello di allarme».

Quali?
«Costa non pagò il pulmino che Julio aveva organizzato per il trasporto della troupe, né i fotografi brasiliani perché secondo lui tutto sarebbe rientrato nelle spese chesarebbero state detratte dai fondi che ci avrebbe poi dato. Ma la vera botta per me è stata quando a giugno 2006 siamo tornati in Italia e siamo andati a trovare Costa nel suo ufficio di pubbliche relazioni a Milano per avere un riscontro su come stavano andando le cose. Lì mi è crollato il mondo addosso»

Prima di quell’incontro avevate già capito che qualcosa non andava?
«Sì, perché un mese prima avevamo ricevuto una telefonata dall’ufficio stampa di una nota azienda farmaceutica. Ci invitavano a un evento da loro organizzato legato al versamento da loro fatto alla nostra associazione. Il problema è che noi non avevamo mai ricevuto nulla da loro».

Quindi?
«Il giorno della kermesse, tra un discorso e l’altro, menzionarono la donazione di 45mila euro tra l’azienda e Ciak for Life (l’associazione Onlus creata da Costa per le sue opere di beneficenza, ndr) come contributo integrale a beneficio della favela Rocinha. Ne parlavano come se l’avessimo già ricevuta mentre noi sapevamo solo di una donazione di cinquemila euro avvenuta in febbraio».

Come reagì?
«Io piansi dalla frustrazione per il nostro senso di abnegazione risultato vano e stupido. Chiedemmo un incontro con Costa, che avvenne nello stesso periodo a Milano e che fu anche l’ultimo».

Lui cosa disse?
«Ci informò che ci avrebbe versato in realtà solo il 10% di quanto raccoglieva perché doveva recuperare tutte le spese...».

Come mai non avete segnalato la cosa subito?
«Perché la nostra priorità è sempre stata il benessere della favela, la qualità della vita dei nostri bambini e la sopravvivenza dei nostri progetti. Ne abbiamo però sempre parlato con quelli che venivano a trovarci, con i miei collaboratori faccio anche la guida turistica, così, attraverso il passaparola qualcuno ha allertato una giornalista di La7».

Ne ha parlato anche Striscia la Notizia...
«Sempre attraverso le voci di chi veniva a Rocinha qualcosa deve essere arrivato anche a Striscia la Notizia. La nostra associazione in questo c’entra poco, dobbiamo preoccuparci della quotidianità di una favela di Rio, non avevo certo il tempo di pensare anche a questo. Io so solo che in quell’inchiesta risultava che nel bilancio di Ciak for Life alla nostra associazione erano arrivati poco più di 130 mila euro».

E invece?
«Noi ne abbiamo ricevuti solo 20 mila, perché poi altri diecimila a fine 2006 Costa ce li ha mandati. Dove sono finiti gli altri dovete chiederlo a lui».

Dopo tutto questo come si sente ora?
«Da quando qualcuno ha riacceso la luce su questa vicenda un po’ più sollevata e tranquilla, sto rimettendomi da quel senso di colpa che mi sono portata appresso in questi anni per aver permesso la strumentalizzazione della sofferenza dei bambini che amo così tanto e che avrei dovuto proteggere proprio da situazioni analoghe. Non mi sono ancora perdonata di non averli difesi a sufficienza».

Se incontrasse Costa, che cosa gli direbbe?
«Proprio nulla, per me è un capitolo chiuso».

di GABRIELE GALLO

Quotidiano Nazionale 15 gennaio 2009

COMUNICATO STAMPA

La Cerimonia Istituzionale nella Sala Protomoteca del Comune di Roma

Edoardo Costa in Campidoglio riceve il premio “Personalità Europea 2007”

“Giornata D’Europa”. Tra i premiati Giancarlo Giannini e Silvana Giacobini.

Roma, 11 dicembre 2007- Alla presenza di Autorità dello Stato e di Esponenti della Stampa, della Cultura e dello Spettacolo, oggi dalle 17:00 alle 19:00, si terrà presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio la trentasettesima edizione della: “Giornata D’Europa”, organizzata dal Centro Europeo per il Turismo.

In questa occasione, l’Assessore alle Politiche Culturali del Comune di Roma, On. Silvio Di Francia, conferirà il Premio: “Personalità Europea 2007 a Edoardo Costa.

L’attore italiano è fondatore dell’Associazione Onlus C.I.A.K. (Construction Intelligent Association Kids), che dal 2002 promuove, realizza e sostiene progetti d’intervento in tutto il mondo, con aiuti umanitari per la tutela dei minori in condizioni bisognose.

Il libro fotografico pubblicato quest’anno: “Respiro del Mondo 5 Afghanistan- Kabul”, è una testimonianza del ciclo di progetti sociali promossi da Edoardo Costa ed è dedicato al sostegno dei reparti dell'Ospedale Aliabad di Kabul, struttura medica diretta da Alberto Cairo - medico della Croce Rossa International che costruisce protesi ai bambini vittime delle mine.

Detto riconoscimento vuole essere un attestato di stima per la costanza ed i risultati ottenuti con la Sua attività che ha raggiunto, in quest’ultimo periodo, particolare apprezzamento da parte dell’opinione pubblica e dei media”. – Scrive ad Edoardo Costa, Giuseppe Lepore - Presidente del Centro Europeo Per il Turismo Sport e Spettacolo.

La manifestazione sarà onorata dalla presenza del Vicario di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano ed Arciprete della Basilica Papale di San Pietro il Cardinale Angelo COMASTRI che parlerà agli intervenuti e si concluderà con l’intervento del Ministro per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme Istituzionali On. Vannino CHITI.



Edoardo Costa

ospite in stand da Chevignon

Giovedi 10 gennaio 2008

Dalle 12.00 alle 14.00

Padiglione Cavaniglia | stand : B/18-20
sezione Sport & Sport

In occasione della presentazione della nuova collezione Autunno-Inverno ’08 -’09 Chevignon è lieta di avere come ospite allo stand l’attore Edoardo Costa.

Per l’intera durata di Pitti Immagine Uomo inoltre sarà esposta presso lo stand una selezione di alcune fotografie tratte dal libro “Respiro del Mondo 5 Afghanistan Kabul” di Edoardo Costa. Il libro è una testimonianza del ciclo di progetti sociali promossi dall’associazione Onlus C.I.A.K. (Construction Intelligent Association Kids), che si propone di aiutare le piccole vittime del mondo a riguadagnare la gioia della propria infanzia. L’ultimo progetto di raccolta fondi è dedicato al sostegno dei reparti dell'Ospedale Aliabad di Kabul.


mercoledì 28 gennaio 2009

Bimba di 12 anni stuprata nella faida zingara. La madre minacciata dai parenti del clan rivale

Gli abusi sono stati compiuti nel luglio scorso. Nomade rinviato a giudizio






TORINO 28/01/2009 - È una faida consumata sulla pelle dei bambini quella in atto tra due gruppi di zingari in Barriera di Milano. Una guerra subdola, combattuta nelle aule di tribunale da due rami di una stessa famiglia che accusano i componenti della fazione opposta di aver stuprato le proprie figlie

Sono almeno due i fascicoli aperti negli ultimi mesi dalla Procura per altrettanti casi di violenza sessuale ai danni di zingare poco più che bambine. E riguardano entrambi lo stesso “clan”. Lara (nome di fantasia), 12 anni, lo scorso luglio viene accompagnata dai genitori al Regina Margherita. Sul corpo ha diverse ecchimosi, e i medici cercano di capire come se le sia procurate. Lei non vuole parlare, ma dopo un po’ scoppia a piangere e si sfoga. «È stato mio cugino - dice - mi ha violentata». Partono le indagini, che si concludono con l’arresto del presunto responsabile, effettuato dagli uomini del commissariato Barriera di Milano. Vladimir (lo chiameremo così), 26 anni, il cugino, finisce in carcere. È accusato di aver abusato della 12enne mentre era ospite della madre di lei, in una casa popolare in Barriera di Milano. Lara viene accolta in una comunità protetta con la mamma che, dopo aver sporto denuncia contro il parente, ritratta tutto, temendo ritorsioni nei confronti degli altri suoi due figli. Una persona molto vicina a Vladimir, infatti, ha sporto denuncia contro di loro, accusandoli di aver commesso abusi sessuali ai danni di un’altra minore.

La Procura (il pm è Paolo Scafi) apre un fascicolo anche su questo episodio, e intanto entra nel vivo il procedimento relativo al caso di Lara. Il dna prelevato dal suo corpo è compatibile con quello di una persona di sesso maschile. Non necessariamente, però, coincidente con quello di Vladimir, che sceglie di non parlare e viene rinviato a giudizio. La ragazzina, a differenza della madre, non si lascia intimidire, e durante l’incidente probatorio ribadisce la propria versione. Versione che in un primo momento era stata parzialmente confermata da un’altra cugina della giovane, V.S., che dormiva nella stessa stanza in cui Lara sarebbe stata violentata. V.S., qualche settimana fa, è finita in manette, accusata di aver tentato di uccidere il padre investendolo con un furgone. Quando i poliziotti l’hanno arrestata, la giovane donna ha provato a giustificarsi. «Perché l’ho fatto? Perché mio papà aveva abusato di me».

tamagnone@cronacaqui.it 28 gennaio 2009

Le 'non impronte' di Amanda :"E' una pulizia rudimentale"

"E’ verosimile" che anche la sera in cui uccise Meredith Rudy Hermann Guede fosse "frastornato dall’ubriachezza". Il suo "era una sorta di habitus". Lo sostiene il gup Paolo Micheli nelle motivazione con le quali ha condannato Rudy a trent’anni di carcere sconfessando anche la tesi difensiva dei coimputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito

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Amanda Knox (ap / Lapresse) e Raffaele Sollecito (Ansa) in aula Perugia, 28 gennaio 2009 - "E’ verosimile" che anche la sera in cui uccise Meredith Rudy Hermann Guede fosse "frastornato dall’ubriachezza". Il suo "era una sorta di habitus". "Parecchie delle persone vicine a lui ricordano che beveva un po' troppo o di averlo visto ubriaco, più o meno spesso". Lo sostiene il gup Paolo Micheli nelle motivazione con le quali ha condannato Rudy a trent’anni di carcere sconfessando anche la tesi difensiva dei coimputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Entrambi infatti sostengono che ad agire fu un uomo solo che entrò in casa passando dalla finestra della stanza della coinquilina italiana trovata rotta. La difesa di Sollecito ha accusato Rudy apertamente.

Ma il gup "esclude l’ingresso di ladri o comunque di soggetti ai quali la vittima non avrebbe spontaneamente aperto la porta". La scena del crimine "fu alterata" e non da Guede. "Venne simulato che qualcuno si era introdotto in casa attraverso la finestra della stanza della Romanelli (verosimilmente per rubare ma non si impossessò neppure di un computer portatile sulla scrivania o di gioielli facilmente accessibili in un cassetto) ed effettuata una più o meno rudimentale attività di pulizia, sufficiente a far sparire da tutta casa, tranne che su un bicchiere nello scolapiatti, le impronte di una ragazza che ci passava giorni e notti".

Il giudice non lo dice. Lascia ovviamente l’onere della prova al dibattimento in corso davanti alla Corte d’assise contro Amanda e Raffaele. Ma dalle relazioni della polizia scientifica emerge che le ‘non impronte’ in casa erano proprio quelle della studentessa americana. "L’attività di depistaggio svoltasi in un secondo momento - secondo il giudice che ricorda la testimonianza di Nara Capezzali, sentì il grido e la contestuale fuga di più persone - non fu orientata a bella e posta per incastrare Guede".

Che lui non c’era però lo dimostrerebbe il fatto che non fece nemmeno sparire le feci dal water. "La decisione di rientrare nell’abitazione fu presa quando chi era scappato si era già separato dagli altri fuggitivi". E "l’interesse fondamentale era comunque orientare le indagini verso soggetti estranei a quella casa". Di Amanda il giudice parla anche per contestare all’imputato il "cambio di rotta". Prima non ne fa parola, poi l’accusa. "Un silenzio ancor più inspiegabile - stigmatizza il gup - ove si pensi che egli aveva avuto la fortuna di vedere e riconoscere una ragazza di cui non soltanto sapeva nome e cognome ma che già già sapeva già essere stata altrimenti accusata di quel delitto, ed era già in carcere per quel motivo".

Di Sollecito invece Micheli non parla mai esplicitamente. Anzi la prova regina che lo incastra - il gancetto del reggiseno con il suo dna - secondo il gup sarebbe stato tolto in un secondo momento rispetto all’omicidio.
Nella sentenza il giudice analizza tutti gli indizi emersi contro l’imputato e ne scarta alcuni ritenendoli non rilevanti. Come il lituano che racconta che Rudy prediligeva le "ragazze bianche", la testimonianza che vuole il cestista introdursi per rubare con in mano un coltello nell’appartamenti di una coppia e l’episodio del furto in un asilo di Milano. Ma ad inchiodare il giovane restano tutte gli altri elementi emersi nel corso delle indagini svolte dalla polizia.

Tra queste ci sono due testimonianze tenute in considerazione da Micheli. Ultimo e non meno importante elemento che sconfessa aliunde le tesi dell’imputato si ricava dalla deposizione della signora Capezzali: "la donna sentì dunque i passi di qualcuno sulla ghiaia una volta sola e tutti insieme, smentendo il Guede che sostiene di essersene andato via dopo un tempo apprezzabile dall’uscita di scena del giovane armato di coltello, tempo che egli aveva trascorso facendo avanti e inditro dal bagno con gli asciugamani". E quella di Formica che dice di essersi imbattuta in un ragazzo di colore "darsela a gambe sulle scalette adiacenti l parcheggio".
Per il giudice si tratta di due testimonianze che, insieme, sono "idonee a scattare un’importante istantanea su quel accadeva nella zona subito dopo l’omicidio".

Quotidiano nazionale Erika Pontin 28 gennaio 2009

martedì 27 gennaio 2009

Tokyo, invito della Canon ai dipendenti: "State a casa e fate più figli"



Mentre nel resto del mondo le aziende sono costrette a razionalizzare le spese e i costi di gestione del personale, in Giappone la Canon si fa carico delle preoccupazioni del governo per il più basso tasso di natalità al mondo. Per due giorni alla settimana, la società nipponica permette infatti ai suoi dipendenti di uscire prima dall'ufficio con lo scopo di incoraggiarli a mettere su famiglia o fare più figli.

"Andate a casa e moltiplicatevi". Così alcuni manager occidentali hanno riassunto l'iniziativa con una battuta, ma la verità è che l'attenzione della Canon al tasso di nascite è molto radicato nella filosofia aziendale. "La nostra società ha un programma di pianificazione delle nascite molte forte - ha spiegato un portavoce del marchio nipponico, Hiroshi Yoshinag -. Mandare i lavoratori a casa prima per stare con le loro famiglie fa parte di questo programma".

Del resto i dati diffusi dal ministero della Sanità e del Lavoro di Tokyo parlano chiaro. Il tasso di natalità in Giappone è dell'1,34 per mille, una percentuale ben al di sotto del 2 per mille necessario per mantenere l'attuale livello di popolazione. E gli esperti sembrano aver individuato proprio negli orari di lavoro la causa principale di questa involuzione.

La maggior parte dei giapponesi lavora almeno dodici ore al giorno e non gli rimane molto tempo da trascorrere in famiglia o da dedicare alla socializzazione. Al problema della bassa natalità, inoltre, si aggiunge anche quello della disgregazione delle famiglie. Il tema in Giappone è molto sentito e così, oltre alla Canon, Keidanren, principale gruppo imprenditoriale nipponico, ha deciso di concedere più tempo ai lavoratori per stare con mogli e figli.
TGCOM 26 GENNAIO 2009

Sidney, serial killer si amputa dito e lo spedisce alla Corte Suprema




Il gesto folle di un serial killer
Uno dei più efferati serial killer australiani, in cella d'isolamento per ergastolo, si è amputato un dito mignolo e lo ha infilato in una lettera. Al secondino ha chiesto che fosse recapitato alla Corte Suprema, senza fornire spiegazioni più chiare. Ivan Milat è stato subito portato in ospedale dove un intervento di chirurgia ricostruttiva tenterà di riattaccargli l'arto. L'uomo venne condannato nel 1996 per l'uccisione di 7 turisti.
I turisti, tra cui due britannici e tre tedeschi, che stavano compiendo un giro del Paese con lo zaino, furono trovati senza vita in una foresta. La polizia è convinta che Mailat sia responsabile di almeno altri trenta casi di sparizioni.Dopo il gesto improvviso, il serial killer appariva calmo e per nulla alterato. Non è chiaro quale messaggio volesse inviare alla Corte Suprema nell'inviare l'arto amputato.

tERAMO: DONNA IN ATTESA CASA POPOLARE SI RIFUGIA ALL'OBITORIO

Senza casa, dorme all'obitorio
Teramo, donna aspetta una casa popolare
Iside Sciampacone vive da tre anni in un'automobile. La donna, originaria di Teramo, è disoccupata da quattro anni e aspetta un alloggio popolare da 24 mesi. Il Comune le ha risposto che non le spetta, perché non ha figli. "Ho domito anche nell'obitorio dell'ospedale, almeno ho passato una notte al caldo", ha raccontato la donna, malata di diabete, in un'intervista. Il sindacato teramano: "Stiamo valutando di darle un alloggio provvisorio".
La triste storia di Iside è stata raccolta in una lunga intervista sul quotidiano abruzzese Il Centro. "Il primo anno, dei tre senza casa, vivevo in un furgone, ma poi i vandali me l’hanno distrutto. Ma d’inverno in auto fa freddo, allora cerco di arragiarmi. Sono arrivata a dormire dentro la camera mortuaria. Ma dato che di notte è chiusa, se fa troppo freddo, mi riparo nel pronto soccorso. Per mangiare mi accontento di quello che posso permettermi: ci sono alcune persone che mi aiutano dandomi qualche soldo o facendomi lavare".La donna teramana ha avuto un passato tribolato, che l’ha portata a interrompere i rapporti con la famiglia. "Sono senza lavoro da quattro anni - ha raccontato - e da un paio ho chiesto una casa popolare, ma mi dicono che non mi spetta perchè non ho figli. Devo vivere in un’auto che non è nemmeno mia. Il fatto di non avere una residenza rende praticamente impossibile trovarmi un lavoro".Iside è preoccupata perchè adesso ha scoperto di avere il diabete e non si può curare. Ora spera che il Comune le dia un sussidio, anche minimo, per sopravvivere. "A dire il vero tempo fa ho chiesto anche che mi pagassero un ricovero, anche momentaneo, ma il Comune mi disse di no - ha precisato la donna - non so proprio più che fare, sono disperata".Antonio Di Berardo, segretario del Sicet Cisl di Teramo, sta gestendo il caso. "Per Iside Sciampacone il Comune ha mandato una lettera in cui chiede la documentazione per accedere all’alloggio provvisorio - ha detto al quotidiano abruzzese -. Speriamo che questa pratica vada a buon fine, così come per quella di Fulgenzi, a cui sono state fatte promesse non mantenute. Siamo disponibili a un tavolo di confronto con le istituzioni, dal Comune al prefetto, per arrivare all’assegnazione in entrambi i casi".

TG COM 26 GENNAIO 2009

Cogne bis: Franzoni a giudizio per calunnia


26/1/2009

Cogne, lo chiede la procura di Torino
Anna Maria Franzoni a giudizio per calunnia. E' quanto chiede la Procura di Torino nell'ambito dell'inchiesta Cogne-bis per un presunto tentativo di inquinare la scena del delitto durante un sopralluogo del 2004 nella villetta dove avvenne l'omicidio del figlio Samuele.
L'inchiesta Cogne-bis, che vede indagate undici persone fra cui la Franzoni e il marito Stefano Lorenzi, oltre all'ex difensore della donna, l'avvocato Carlo Taormina, era stata avviata dopo il sopralluogo eseguito nella villetta nella notte fra il 28 e il 29 luglio 2004, a pochi giorni dalla condanna in primo grado, dal pool difensivo di allora.La Procura di Aosta, su richiesta dei difensori della Franzoni, aveva aperto un procedimento contro ignoti affidando una nuova perizia le cui conclusioni avevano sostenuto l'artificiosita' di alcune delle tracce rinvenute nella villetta di Cogne. Per questo i magistrati aostani avevano aperto un fascicolo per calunnia e frode processuale trasmettendo gli atti ai colleghi di Torino.La donna, che sta scontando 16 anni per l'omicidio del figlio Samuele dovrà ora fronteggiare l'accusa di aver cercato di creare false prove: un maldestro tentativo di far emergere un diverso assassino fuggito attraverso il garage. Insieme a lei è stato chiesto il rinvio a giudizio anche per un consulente svizzero, Eric Dust, che dovrà rispondere solo di "frode processuale". Fu lui a lasciare nel garage della casa di Cogne un'impronta del dito medio della mano sinistra e rinvenuta grazie al Luminol. E' la prova sulla quale si basa la certezza dei giudici che si trattò di un tentativo di depistaggio.Da assolvere, invece, l'avvocato Carlo Taormina e i consulenti Claudia Sferra ed Enrico Manfredi che, in un primo momento, erano stati individuati come gli ideatori e gli esecutori del tentativo di frode. Anche il marito della Franzoni, Lorenzo Stefani, è stato assolto.
TGCOM 26 GENNAIO 2009

Cogne bis, richiesta di archiviazione per Taormina e i suoi consulenti
"Processate la Franzoni per calunnia"
Meo Ponte
Un difensore che non legge le carte processuali, consulenti medico-legali che si vantano di scoperte mirabolanti per poi rivelare una professionalità ai limiti del ridicolo, investigatori privati che elaborano teorie fantasiose per individuare il colpevole. E´ un ritratto tra il grottesco e il patetico quello che i magistrati torinesi fanno dell´avvocato Carlo Taormina, primo difensore di Annamaria Franzoni, e dei suoi consulenti (Enrico Manfredi, Claudia Sferra, e il «detective» Giuseppe Gelsomino) nella conclusione di «Cogne bis», l´inchiesta nata nel 2004 (a latere di quella sull´omicidio del piccolo Samuele) sulla presunta manipolazione delle prove e sulla calunnia nei confronti di Ulisse Guichardaz, un vicino indicato come «colpevole alternativo». Dopo cinque anni di indagini i pm Marcello Maddalena, Annamaria Loreto, Maurizio Laudi e Giuseppe Ferrando hanno deciso di chiedere il rinvio a giudizio per calunnia solo per Annamaria Franzoni e per apposizione di false tracce solo per Eric Durst, uno degli «esperti» svizzeri coinvolti nell´indagine difensiva. Per Carlo Taormina, Stefano Lorenzi, Enrico Manfredi, Claudia Sferra e Giuseppe Gelsomino invece hanno deciso di chiedere l´archiviazione. Una decisione presa a fatica (e con un evidente rammarico) tanto che Marcello Maddalena nell´illustrarla ammette: «Non siamo riusciti a trovare le prove di un intento doloso nelle indagini difensive». Leggendo le 82 pagine delle conclusioni dei magistrati torinesi però emerge un ritratto desolante dei personaggi coinvolti nella vicenda.
Tutto è nato dall´esposto presentato alla Procura di Aosta il 30 luglio 2004 dalla Franzoni e dal marito, per il tramite di Taormina, in cui Guichardaz veniva indicato come il vero assassino del piccolo Samuele. La sera prima i consulenti Manfredi, Sferra e il team «svizzero» avevano effettuato un sopralluogo nello chalet di Montroz millantando scoperte mirabolanti: tracce ematiche nel garage, impronte di un estraneo sulla porta. L´inchiesta approdata a Torino aveva invece stabilito che Eric Durst aveva fotografo le sue stesse impronte, che le tracce ematiche tali non erano e che tutte le insinuazioni nei confronti di Guichardaz erano campate in aria. Annamaria Franzoni, il suo legale e i consulenti erano finiti così indagati. Un errore madornale dei periti del gip sulla sostanza scambiata per sangue (idrossiapatite a loro parere di difficile reperibilità ma, secondo il professor Carlo Torre, presente negli escrementi di cani e gatti) aveva però messo in serio imbarazzo gli investigatori.
Ora per la Procura Annamaria Franzoni è la sola colpevole della calunnia perché essendo l´assassina del figlio, accusando Guichardaz era consapevole di mentire. In realtà la perizia della Corte di Assise ha stabilito che la donna ha rimosso l´omicidio e quindi si ritiene del tutto innocente. La sua unica colpa probabilmente è quella di essersi affidata a consulenti il cui lavoro è definito dai magistrati «operazione colposamente sprovveduta» ed ad un avvocato «colpevole» , per i pm, «di leggerezza e trascuratezza dell´esame delle carte processuali». (La Repubblica 27 gennaio 2009)

lunedì 26 gennaio 2009

Vallettopoli, Leila Virzì: Ha solo testimoniato e la sua vita è stata distrutta


"Vallettopoli mi ha rovinata". Leila Virzì:ora nessun regista mi vuole

Dai set cinematografici ai mercatini dell'usato dove vende i suoi vestiti per sbarcare il lunario. A Leila Virzì, l'attrice 36enne sentita come testimone nell'inchiesta Vallettopoli, si sono chiuse le porte del "dorato" mondo dello spettacolo. La sua vita è cambiata nella primavera del 2007, quando alcuni giornali la indicarono come la protagonista di un presunto video-fantasma a bordo di uno yacht a Capri con un trans e un politico famoso.
"La situazione è pessima, ho messo di nuovo mano al mio guardaroba, ormai scarso, e ho venduto altri vestiti - racconta Leila a Tgcom - per fortuna ci sono i romeni che me li comprano: 150 euro per poter fare la spesa".All'epoca dei fatti, quando è stata ascoltata dal pm Henry John Woodcock come persona informata sui fatti, Leila oltre come comparsa per il grande schermo (era lei la controfigura della Bellucci in Malena, ndr) lavorava anche in una clinica e stava prendendo un attestato di assistente in sala operatoria. Poi i titoli sui giornali, il suo nome e la sua immagine legati per sempre a una vicenda scomoda alla quale lei si è sempre dichiarata estranea: "Non ho mai toccato droga, ma i colleghi e i pazienti dicevano che ero una cocainomane e una prostituta". "Ho venduto anche il mio orologio, una collana della nonna per la comunione e il braccialetto del battesimo", aggiunge Leila che ora vive da sola nell'appartamento di un amico a Roma, sulla Cassia. Non paga affitto, ma solo le spese."A livello caratteriale sono disintegrata. Ho ancora dei debiti e ho avuto l'ultimo attacco di panico venti giorni fa". La sua storia di disperazione è simile a quella di tante altre persone finite in disgrazia, con l'aggravante della notorietà. Tutti sanno chi sei e associano indelebilmente il tuo nome a quello di una poco di buono. Nel processo per Vallettopoli non è stata accusata di nulla, ma soltanto interrogata. Questo è bastato per gettare discredito su di lei e far chiudere tutte le porte del lavoro nello spettacolo. Nessun regista da allora l'ha più contattata per un lavoro davanti alle telecamere.Lo star system può nascondere molte insidie, soprattutto sul piano umano. "Dopo questa vicenda mi si è creato il vuoto attorno, tutti gli amici sono spariti, ne sono rimasti solo tre". E poi i ricatti, le avances, le offerte di aiuto in cambio di favori sessuali. "E' stato uno schifo vero", dice Leila. Ora il suo attuale avvocato ha chiesto un incontro a Woodcock, ma non ha ancora ottenuto risposta. Il suo nome e la storia dello yacht erano stati indicati ai giornalisti da un avvocato potentino che conosceva l'attrice. Da lì è iniziato il suo dramma. Leila aspetta che venga fatta luce sulla vicenda.Adesso, abbandonato il set, la 36enne lavora come cameriera. "Guadagno 35 euro a sera, poi torno a casa con i mezzi e hanno anche provato a scipparmi". Una storia da film che però Leila non avrebbe mai pensato di interpretare.Filippo Tramelli

VIAGGI

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