Quarantadue immagini nella memoria del suo pc Stasi le ha guardate un’ora prima del delitto
Giallo di Garlasco, l’hobby di Alberto: bimbi di cinque anni stuprati dai pedofili
IMMAGINI ORRIBILI
Sono chiari i volti dei bambini, neanche adolescenti, costretti a subire abusi. Piccoli soli o insieme ad altri compagni di sventura che con occhi terrorizzati guardano in faccia chi li abusa o chi filma la scena. Bambini, qualcuno non ha neanche cinque anni, costretti a svestirsi, a toccare corpi di adulti, a sorridere nonostante tutto. Impossibile confondere i loro volti con quelli di maggiorenni, impossibile dimenticare i loro sguardi.
Diversi i file trovati nel computer del 25enne laureato in Economia e Commercio alla Bocconi, ma sono pochi i frammenti inseriti nella consulenza tecnica. «Fotografie e filmati, di manifesto contenuto pedo-pornografico», scrivono il capitano Aldo Mattei e l’appuntato scelto Saverio Paolino incaricati dalla Procura di Vigevano.
«CHIARA NON HA VISTO»
Contenuti che Chiara, uccisa nella sua villetta a Garlasco il 13 agosto 2007, non guardò mai. Non emerge che la sera prima del delitto, come spesso ipotizzato, la 26enne scoprì l’esistenza di quelle immagini nel computer del fidanzato. Così uno dei moventi ipotizzati sembra perdere forza. Nessuna immagine rubata e la possibilità di svelare quel mistero sarebbe stata la molla di un delitto ancora irrisolto. Nei giorni precedenti al delitto non ci sono stati accessi a quelle immagini. L’hard disk, utilizzato per memorizzare quei filmati, non è stato usato tra il 5 e il 13 agosto 2007, sostengono gli esperti. Immagini al centro di un’operazione della polizia postale della Lombardia che ha portato alla denuncia di 102 persone. Dall’indagine della Scientifica che ha scrutato tra documenti, accessi a internet ed email private di Alberto emergono quei video memorizzati dopo il 22 ottobre 2006, data in cui è stato installato il programma “eMule” usato per acquisire e condividere filmati.
SU E-MULE
Secondo gli esperti del Ris di Parma «la presenza delle copie dei film sull'hard disk esterno, evidenzia la volontà dell'utente di archiviare detto materiale per poterne usufruire in momenti successivi». L’ex studente modello, in sintesi, ha volontariamente memorizzato quei video. Nessun errore, quindi. Pochi margini di difesa anche se i legali preferiscono non rispondere. La relazione degli esperti, però, svela anche un altro retroscena inedito: Alberto, poco prima dell’uccisione di Chiara, stava guardando un film porno. Esattamente, secondo l’analisi del suo computer, la visione è iniziata alle 10.05. «Un’anteprima - viene definita nella consulenza tecnica - creata dal programma “Windows Media Player” riferita, in questo caso, a un filmato dai contenuti pornografici».
Nessuna indiscrezione in più su una rivelazione che non lo scagiona. «L'analisi corrente evidenzia l'assenza di attività dalle 10.37 alle 11. 57 del 13 agosto» si legge nella relazione. Secondo il medico legale, però, la 26enne fu uccisa tra le 11 e le 11.30, quindi l'unico indagato avrebbe avuto tutto il tempo di raggiungere via Pascoli e compiere il delitto. Nessun alibi dietro quel computer su cui Alberto ha cercato di costruire la sua innocenza.
«Stavo lavorando alla tesi» si è sempre limitato a dire davanti agli inquirenti. Oggi, gli esperti dimostrano che mentiva. Dovrà spiegare anche questo se, dopo l’udienza preliminare fissata per il 24 febbraio, Alberto sarà processato per omicidio e detenzione di immagini pedo-pornografiche.
Antonietta Ferrante
Gli avvocati Giarda e Colli: «Per i nostri periti i fotogrammi che descrivono i carabinieri non sistono»
«Quei video noi non li abbiamo trovati. Sono prove nulle»
GARLASCO 13/01/2009 - «I nostri periti, seguendo le indicazioni date dai carabinieri, non hanno trovato il materiale descritto dall’accusa. E poi, soprattutto, quel computer è stato analizzato e controllato senza la presenza di noi legali o dei nostri periti, senza rispettare i più elementari diritti dell’indagato. Quelle prove, pertanto, che avrebbero dovuto se mai essere utilizzate in sede di incidente probatorio, sono nulle».La pensano così i legali di Alberto Stasi, gli avvocati Angelo Giarda e Giulio e Giuseppe Colli, in merito alle fotografie a sfondo pedopornografico rinvenute nel pc e nella “chiavetta” dell’unico indagato per il delitto.
Quando la notizia del rinvenimento da parte dei carabinieri del materiale shock è rimbalzata sulle pagine di tutti i giornali, comportando per Alberto l’accusa di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico, gli avvocati hanno precisato che «il computer di Stasi è stato prelevato dalla sua camera da letto, insieme con tre paia di scarpe, già il 14 agosto 2007, il giorno dopo il delitto».
I carabinieri, secondo la difesa, lo avevano ispezionato già allora. In quella sede, Alberto ha dichiarato di non avere mai ceduto via internet le immagini per le quali invece è stato poi incriminato. Il computer, quindi, è al centro di una ‘guerra’ tra accusa e difesa. Un possibile mo- vente del delitto di Chiara secondo qualcuno, una prova nulla secondo la tesi difensiva che sostiene una lettura unilaterale e non garantita del computer che la rende inutilizzabile ai fini processuali. Secondo l’avvocato Giarda «il computer andava esaminato con incidente probatorio. L’esame di un pc costituisce un atto intrinsecamente irripetibile».
Recentemente, poi, le immagini pornografiche (ma con protagonisti adulti) erano state al centro di una diatriba fra e difesa e parte civile. Secondo Giarda, infatti, Chiara era a conoscenza dei filmati “hard” contenuti nel pc del fidanzato. Secondo la famiglia, invece, Chiara non ne era a conoscenza, e non li avrebbe mai approvati. Particolarmente dura è stata la mamma della vittima, Rita Preda: «Mia figlia era una ragazza senza ombre. Mai e poi mai avrebbe accettato una situazione del genere».
[a.fe.]
Le analisi sul disco fisso incastrano il 25enne
La relazione dei Ris: «Un’ora e mezza per uccidere Chiara»
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Foto e frame di filmati che non lasciano dubbi sull’età dei protagonisti e che sono state spesso indigate come il movente di un delitto ancora irrisolto. È questo uno degli aspetti che emerge dalla relazione firmata dal capitano Aldo Mattei e all’appunta to scelto Saverio Paolino. Un altro, non meno importante, svela un retroscena inedito: alle 10.05 del 13 agosto Alberto, poco prima d el l’uccisione di Chiara, stava guardando un film porno.
LA MATTINA DEL DELITTO
Una mattina, quella dell’omicidio, che per Alberto inizia poco dopo le 9. L’ex studente modello accende il computer alle alle 9.36, un minuto dopo si accredita, poi alle 9.57 apre un programma per effettuare piccole modifiche delle immagini. «Stavo lavorando alla tesi» è l’alibi del 25enne, ma a quel documento non lavora mai.
Poco dopo le 10 guarda un’immagine: «Un’anteprima - si sottolinea nella relazione del Ris- creata dal programma “Windows Media Player” riferita, in questo caso, a un filmato dai contenuti pornografici». Alle 10.17 viene registrata sulla cronologia di Internet Explorer l’apertura o la chiusura del file della tesi. «Si è accertato - si spiega nella relazione tecnica - che dopo le ore 10.17 non sono presenti tracce informatiche che comportano la presenza attiva di un utente che interagisce con il pc».
In mattinata, secondo gli esperti, non sono stati apportati cambiamenti alla tesi «in quanto non esistono file temporanei che identificano la digitazione di nuove parti di testo con relativo salvataggio». L’ipotesi che siano stati rimossi definitivamente appare irreale, in caso contrario significa che il documento è stato chiuso correttamente e che Alberto «abbia smesso di lavorare al file ’core preventivo.doc’ alle 10.17.30».
GLI ORARI
Un orario che gli lascia tutto il tempo per realizzare il delitto. La morte di Chiara risale tra le 11 e le 11.30, secondo gli esami dell’au topsia. Solo alle 11.57 Alberto ricomincia a lavorare al computer. Un lasso di tempo, tra le 10.18 e le 11.56, che lo rende un perfetto colpevole. Alberto ha il tempo materiale per uccidere e non ha più un alibi. In più di un’ora, il 25enne può infierire sul corpo della fidanzata, lavarsi, disfarsi degli abiti e dell’arma insanguinata, tornare a casa, crearsi un alibi e solo poco prima delle 14 dare l’allarme.
Un piano quasi perfetto che l’accusa dovrà dimostrare in ogni dettaglio. La prima partita si gioca il 24 febbraio prossimo: Alberto potrebbe essere processato per omicidio.
CRONACA QUI 13 GENNAIO 2009
Antonietta Ferrante
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