sabato 24 gennaio 2009

Aborto, Vaticano attacca Barack Obama: scelta peggiore

CITTA' DEL VATICANO - "Tra le tante cose buone che poteva fare, Barack Obama ha scelto invece la peggiore" quella di non fermare "la strage di innocenti" nel mondo: così il presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita, mons. Elio Sgreccia, ha commentato con l'ANSA, la decisione del nuovo inquilino della Casa Bianca di concedere nuovamente i finanziamenti alle Ong e alle cliniche che contemplano anche l'aborto come mezzo di pianificazione familiare.

"Si tratta di un duro colpo non solo per noi cattolici ma per le persone che in tutto il mondo si battono contro la strage degli innocenti che si compie con l'aborto", ha detto mons. Sgreccia. "Il diritto alla vita è il primo da tutelare e difendere", ha aggiunto. "E del resto, da una statistica condotta di recente dai vescovi americani, mi pare che l'80% dei cittadini degli States fossero contrari all'aborto. Con tutto il rispetto verso la politica di Obama , questo è qualcosa che come chiesa dobbiamo dire".

ABORTO, OBAMA: ORA BASTA POLITICIZZARE IL TEMA
"E' tempo che noi smettiamo di politicizzare il tema": in questi termini il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è intervenuto in serata con una dichiarazione scritta, per spiegare le ragioni della sua posizione in tema di aborto.

Secondo Obama, "i vincoli posti dalla 'Mexico City Policy' (la legge voluta da Reagan che vietava i finanziamenti a organizzazioni non governative impegnate nell'ambito di iniziative di pianIficazione familiare, ndr) sono ingiustificatamente ampi nella legislazione vigente, e negli ultimi otto anni hanno minato gli sforzi di promuovere una pianificazione famigliare sicura ed efficace nel Paesi in via di sviluppo. Per queste ragioni, riteniamo corretto superare questa politica e rilanciare i tentativi di proteggere e rafforzare in modo consapevole le donne e promuovere un sviluppo economico globale". "Per troppo tempo l'assistenza internazionale della pianificazione familiare è stata usata come un tema politico - ha proseguito il presidente americano - in un dibattito senza sbocco che è servito solo a dividerci. Non ho intenzione a continuare in questo dibattito stantio e infruttuoso". "E' tempo - ha affermato Obama - che la finiamo con la politicizzazione del tema. Nelle prossime settimane la mia amministrazione comincerà una franca conversazione sulla pianificazione familiare, lavorando per trovare aree di un terreno comune in cui fare incontrare al meglio i bisogni delle donne e delle famiglie in America e nel mondo".

Nella sua dichiarazione, diffusa dall'ufficio stampa della Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti prosegue poi in questi termini: "Ho dato indicazioni al mio staff di raccogliere e mettere insieme tutti gli aspetti del tema per raggiungere l'obiettivo di ridurre le gravidanze indesiderate. Lavoreremo anche per promuovere la maternità sicura, per ridurre i tassi di mortalità materna e infantile e per aumentare le opportunità educative ed economiche per donne e ragazze". "Inoltre - ha proseguito - mi auguro di lavorare con il Congresso per ripristinare il supporto finanziario americano al fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA). In questo modo - ha concluso - gli Stati Uniti si uniranno alle 180 altre Nazioni donatrici, lavorando in modo collaborativo per ridurre la povertà, promuovere la salute di donne e bambini, prevenire hiv/aids e provvedere alla assistenza della pianificazione familiare delle donne in 154 Paesi".
(di Marco Bardazzi)
Con un previsto colpo di spugna su una legge di George W.Bush e l'affermazione dell'impegno a "proteggere il diritto di scelta della donna", il presidente Barack Obama ha riaperto il dibattito sull'aborto negli Usa e potrebbe riaprire anche quello sulla ricerca sull'embrione. Ma per ora si tratta di un approccio soft, che lascia la porta aperta al dialogo, a conferma dell'esigenza di Obama di non scatenare battaglie culturali nel paese, in un momento in cui ha bisogno di unità bipartisan per le emergenze economiche. Ma i vescovi cattolici hanno espresso "grande disappunto" per la mossa di Obama.

"Un'amministrazione che vuole ridurre gli aborti non dovrebbe deviare fondi federali verso gruppi che promuovono l'aborto", ha affermato il cardinale di Filadelfia Joseph Rigali, responsabile della commissione per la vita nella Conferenza dei vescovi. La Chiesa teme inoltre che siano in arrivo scelte che rimettano in discussione leggi federali e statali che nel corso degli anni hanno limitato gli effetti della sentenza 'Roe contro Wade', che legalizzò l'aborto 36 anni fa. "Siamo preoccupati - ha detto alla Radio Vaticana il vescovo di Orlando, Thomas Gerard Wenski - per il fatto che gli ideologi pro-aborto possano prevalere in Congresso e presentare a Obama una proposta di legge abortista più radicale". Obama ha firmato un ordine esecutivo con cui rimuove un divieto nell'uso di fondi federali per la promozione dell' interruzione di gravidanza all'estero, che è al centro di un palleggiamento politico da 25 anni. Nel 1984 l'allora presidente repubblicano Ronald Reagan stabilì quella che è stata battezzata la 'dottrina di Citta' del Messicò, dal luogo dove si teneva un vertice dell'Onu sulla popolazione. In pratica, Reagan vietò l'uso di soldi pubblici per organizzazioni non governative, attivisti e cliniche che, nell'ambito di iniziative di pianificazione familiare nei paesi in via di sviluppo, praticavano aborti o li proponevano nei loro consultori. Bill Clinton, al suo arrivo alla Casa Bianca nel 1993, fece della rimozione della 'Mexico City Policy' l'obiettivo del suo primo ordine esecutivo da presidente e scelse di firmarlo il 22 gennaio, nell'anniversario della sentenza 'Roe contro Wade' che nel 1973 ha reso legale l' aborto negli Usa. Bush, non appena diventato presidente nel 2001, annullò la decisione di Clinton sempre nella data simbolica del 22 gennaio, quando a Washington da anni decine di migliaia di persone invadono il Mall per la cosiddetta 'Marcia per la vita', contro l'aborto. Obama aveva fatto sapere da tempo che avrebbe riportato la situazione all'epoca di Clinton, annullando l'ordine di Bush, ma ha scelto - con un altro simbolismo - di non farlo il 22 gennaio.

Un gesto che è stato letto come un segno di volontà di non andare allo scontro con gli antiabortisti, che hanno invaso giovedì la stessa spianata dove, 48 ore prima, circa 2 milioni di persone avevano salutato il giuramento di Obama. Un ulteriore segnale della cautela del presidente su questo terreno, è stata la scelta di firmare l'ordine senza enfasi, lontano dalle telecamere e tenendo un profilo assai più basso di quello scelto per annunciare per esempio l'ordine per la chiusura di Guantanamo e delle prigioni segrete della Cia. I giornalisti in un primo momento dovevano partecipare alla firma, ma la Casa Bianca ha poi cambiato idea. Obama ha diffuso, nell'anniversario di 'Roe contro Wade', una dichiarazione nella quale ha ribadito il proprio impegno per "il diritto di scelta della donna" e sottolineato la convinzione che la sentenza del 1973 "non solo protegge la salute e i diritti riproduttivi delle donne, ma rappresenta un principio più ampio: che il governo non deve interferire nelle questioni familiari più private". Ma le battaglie sul fronte etico sembrano solo rimandate negli Usa.

La Chiesa è pronta a scendere in campo contro Obama se sul suo tavolo arriverà per la firma una legge, il Freedom of Choice Act (Foca), che il Congresso sta sviluppando e che dovrebbe prevedere una rimozione di tutti i limiti all'aborto decisi a livello federale e statale negli ultimi decenni. E un altro possibile scontro potrebbe maturare sul terreno della ricerca sulle cellule staminali embrionali. Obama ha promesso di rimuovere i limiti al finanziamento federale alla ricerca sull'embrione stabiliti da Bush nel 2001. La Fda, l'agenzia federale che vigila sulla ricerca scientifica, ha mandato oggi un segnale di inversione di rotta in questo senso, autorizzando per la prima volta una società privata a svolgere test con staminali embrionali su pazienti umani.

(marco.bardazzi@ansa.it)

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