sabato 29 marzo 2008

Erba: «Utile la perizia su Olindo e Rosa»

GLI PSICHIATRI


L'interesse attorno al processo per la strage di Erba, considerato da molti osservatori chiuso o «finito» ancora prima di essere celebrato, è tornato a crescere. Sono stati due i fatti importanti che hanno 'riaperto', per così dire, il dibattimento.Primo: la testimonianza della psicologa del Bassone, Grazia Mercanti, la quale ha parlato chiaramente della necessità di un «approfondimento» di analisi della personalità dei due imputati, i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. Secondo: la lunga deposizione di Carlo Torre, medico legale torinese che ha cercato di ribaltare (peraltro usando argomenti parsi a tratti convincenti) alcune certezze sulla modalità degli omicidi dell'11 dicembre.scintille in aulaLunedì si torna in aula. La Procura di Como, in queste ore, prepara il controesame di Carlo Torre. Si annunciano scintille, anche perché durante la sua deposizione il criminologo piemontese ha usato toni poco amichevoli verso il collega Giovanni Scola, l'anatomopatologo del Sant'Anna al quale venne affidato l'incarico di effettuare le autopsie sui corpi delle vittime.Secondo Torre, la metodologia utilizzata da Scola è stata in alcune circostanze addirittura «incomprensibile». È facile presumere che nel suo controinterrogatorio il pm Massimo Astori usi la mano pesante. D'altronde, il magistrato incaricato di rappresentare la pubblica accusa in Corte d'Assise non ha mai concesso nulla ai testi della difesa. E ha sempre dimostrato una fortissima determinazione nel condurre il sul lavoro, arrivando spesso allo scontro verbale con gli avvocati del collegio difensivo degli imputati.La periziaUna parte decisiva del processo si giocherà, poi, sulla richiesta di perizia psichiatrica. Temuta dall'accusa e dalle parti civili e certo voluta dalla difesa (che tuttavia non l'ha finora chiesta formalmente), la perizia potrà essere decisa ovviamente soltanto dalla Corte d'Assise sulla base di una valutazione di mera opportunità. In funzione, cioè, di una maggiore conoscenza degli imputati e della loro personalità e al fine di giudicarli in modo più sereno.Spiega Sergio Tomaselli, psichiatra comasco: «Pensare che una perizia possa offuscare il giudizio dei magistrati è sbagliato. Semmai, è vero il contrario. Conoscere meglio il funzionamento psichico degli imputati dovrebbe dare ulteriori elementi di giudizio al collegio giudicante. Non è quindi uno svantaggio né un pericolo, vederlo come tale mi riesce difficile e non per motivi professionali».Tomaselli ricorda come «il giudice possa anche decidere senza tenere conto degli esiti della perizia», cosa che dovrebbe rassicurare tutti coloro che temono una riduzione di pena o, addirittura, una dichiarazione di non punibilità per i coniugi Romano.Della stessa idea è anche Roberto Pozzetti, psicologo e magistrato onorario a Milano, responsabile di un progetto nel carcere di Como ('Gente di parola'). «Gli elementi per ritenere opportuno un approfondimento nel caso in questione ci sono, è evidente che è accaduto qualcosa di assolutamente grave e anomalo. Sarebbe interessante e utile comprendere in che termini è successo».A detta di Pozzetti, ogni timore è superfluo. Intanto perché una perizia «non solleva dalle responsabilità i singoli. E poi perché aiuta a capire meglio».Nessuna paura nemmeno delle strategie di camuffamento della personalità. La finzione, per essere espliciti. Il tentativo di apparire matti quando non lo si è affatto, magari per ottenere sconti di pena o regimi carcerari meno rigidi. «Spesso accade che qualcuno tenti questa carta, ma il risultato è scontato. Ci sono metodi per scoprire chi finge di essere folle. Ci sono test specifici e attraverso il lavoro clinico gli psichiatri evidenziano sempre ciò che caratterizza la follia: le idee deliranti, le allucinazioni e il passaggio all'atto violento». Perizia sì, quindi, per gli psichiatri. Ma la decisione finale, come detto, spetterà alla Corte.
Corriere di Como 29 marzo 2008
Dario Campione

venerdì 28 marzo 2008

Erba, verso la perizia psichiatrica per i coniugi Romano

Consulente della difesa: ''Autopsie non soddisfacentI''


Il pm: ''Ok purché sia fatta attraverso l'analisi dei colloqui fatti in carcere''. L'avvocato difensore Enzo Pacia si oppone: "L'opera degli psichiatri in carcere era finalizzata solo a stabilire se gli imputati andavano tutelati da gesti suicidari". Carlo Castagna a Olindo: ''Assassini, dovete restare in cercere, ma separati''. Si riprende lunedì

ascolta la notizia Como, 27 mar. - (Adnkronos/Ign) - Incapaci di intendere e volere. Questo il dubbio da sciogliere nell'aula del Tribunale di Como, dove oggi si è tenuta la quindicesima udienza del processo per la strage di Erba. Un quadruplice omicidio che vede imputati i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. La possibilità di richiedere una perizia psichiatrica continua ad aleggiare nell'aula.

A rompere gli indugi è stato stamane il pm Massimo Astori che ha proposto la perizia psichiatrica purché sia fatta attraverso l'analisi dei colloqui fatti in carcere. Un vero e proprio diario clinico composto di 42 colloqui per Olindo e 46 per Rosa, in cui vengono scandagliate la psiche dei due coniugi. Gli psichiatri parlano di entrambi come tranquilli, collaborativi, senza tentazioni autolesive.

Una 'diagnosi' quindi sufficiente per il pm, i cui documenti sono stati acquisiti dalla Corte. Ad essi poi si aggiunge l'ennesina confessione di Olindo avvenuta il 29 gennaio 2007 in un colloquio con gli specialisti. Nell'incontro l'uomo si dice non pentito, mentre la moglie, il 13 gennaio 2007, ha ''un po' di rimorso per il bambino ma senza particolare partecipazione emotiva'', scrive uno degli psichiatri. La richiesta di un'eventuale perizia psichiatrica sarebbe così superflua per il pm, già in possesso di un ''diario clinico'' di oltre un anno, ma la difesa non esclude di chiederla presto.

L'avvocato difensore Enzo Pacia ha infatti sottolineato che "l'opera degli psichiatri in carcere è stata solo al fine di stabilire che gli imputati andavano tutelati da gesti suicidari". A decidere eventualmente, sarà la Corte presieduta da Alessandro Bianchi.

Nell'udienza di oggi sono stati ascoltati come testimoni anche tre esperti del Ris, tra cui il colonnello Luciano Garofano. Gli esperti della scientifica hanno parlato di tracce e impronte trovate nella corte di via Diaz a Erba. Carlo Torre, consulente della difesa ed esperto di medicina legale all'Università di Torino, ha poi messo in discussione la consulenza medico legale effettuata sulle 4 vittime.

Torre parla di autopsie ''non soddisfacenti'' eseguite in poche ore nonostante ''lesività molto complesse''. Un'analisi che parte non solo dalla consulenza medico legale ma anche con il supporto di indagini tecniche, l'analisi di alcuni reperti e un sopralluogo. Quanto alla traccia ematica appartenente Valeria Cherubini rinvenuta nell'auto degli imputati, secondo Torre sarebbe stata portata nell'auto dai Romano, ma non necessariamente la sera della strage. L'intervento dei vigili del fuoco e dei primi soccorritori ha infatti reso la corte piena di tracce di sangue, che potrebbero essere state calpestate dagli imputati, ma anche da altri vicini di casa delle vittime.

In una pausa dell'udienza, poi, duro scontro verbale tra Olindo Romano e Carlo Castagna, che ha perso la la moglie, la figlia e il nipote. Castagna avrebbe incrociato lo sguardo dell'ex netturbino, che dalla gabbia gli avrebbe detto: 'Va fa'...''. Rosa Bazzi ha cercato di mettere una mano davanti alla bocca del marito per impedirlo. "Bastardo, assassini tutti e due, devono darvi 50 anni e dovete rimanere divisi. Io non abbasso lo sguardo", ha risposto Castagna ad alta voce.

Durante la prossima udienza, in programma lunedì, Carlo Torre verrà nuovamente ascoltato. Il presidente della Corte Alessandro Bianchi dovrà inoltre decidere se affidare ai Ris di Roma una perizia fonica sul colloquio tra il pm e l'unico sopravvissuto alla strage, Mario Frigerio, avvenuto nell'ospedale Sant'Anna di Como il 15 dicembre 2006. Una perizia richiesta dalla difesa per mettere fine alle divergenze tra i consulenti delle due parti.

Olindo insulta Castagna

COMO - La difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, imputati per la strage di Erba (Como), ha cercato di smontare la ricostruzione dell’eccidio fatta dalla Procura di Como, ieri, durante la quindicesima udienza del processo. Secondo il consulente dei coniugi Romano, Carlo Torre, ci sarebbero lacune nelle indagini scientifiche e nelle autopsie. Il pm Massimo Astori, invece, ha chiesto la perizia psichiatrica per i coniugi. E c’è stato un duro scontro verbale tra Carlo Castagna, marito, padre e nonno di tre delle vittime, e Olindo. Castagna ha guardato l’ex netturbino. Dalla gabbia, prima che la moglie riuscisse a chiudergli la bocca, la reazione di Olindo è stata: «Vaffan...». L’uomo ha risposto: «Bastardi, siete degli assassini, vi devono dare 50 anni».
27 marzo 2008 Julie News

Strage di Erba, bufera sulle autopsie delle vittime


Il processo Consulente della difesa all'attacco. Contro la perizia psichiatrica il pm si appella a «un anno di osservazioni specialistiche» in carcere
Drammatico scontro in aula con scambio di epiteti tra papà Castagna e Olindo Romano



Gioca d'anticipo, Massimo Astori. Butta sul piatto l'intera posta. Sa che la testimonianza della psicologa del Bassone, Grazia Mercanti - che mercoledì aveva tracciato un profilo dei due imputati ai margini della follia - deve essere depotenziato. Subito. Troppo forte la suggestione di quelle parole. Troppo alta la probabilità che la Corte d'Assise decida di far scrutare l'animo dei coniugi Romano da uno psichiatra.
Il pubblico ministero si rende conto che la strada di una condanna può improvvisamente farsi impervia proprio perché opposta alle montagne russe di una perizia. Il cui esito non è mai prevedibile.
E così, ieri mattina in apertura d'udienza Astori ha chiesto la parola. E ha fatto la sua mossa. La perizia psichiatrica «non serve», ha chiarito Astori. Semplicemente perché c'è già stata.
«Diceva uno dei difensori che bisogna rischiarare gli angoli bui. Noi vogliamo che questo angolo buio venga illuminato, anche perché spesso negli angoli bui i colpevoli trovano la via di fuga processuale. Vi propongo io la perizia psichiatrica. Che si è già svolta». E non per incarico del pubblico ministero. «Vi offro un anno di osservazioni specialistiche. Illumino quell'angolo buio affinchè non si dica che questo processo abbia lasciato sulla strada uno sfondo psichiatrico non sufficientemente chiarito. Dal 9 gennaio 2007 al 2 febbraio 2008, Rosa Bazzi ha avuto 46 visite da due psichiatri esterni. Chiamati dalla direzione carceraria, cosa che ha suscitato anche le proteste dei detenuti. Il signor Romano dal giorno dopo il fermo e sino al 2 febbraio 2008 ha avuto 42 visite psichiatriche, anche lui da due professionisti diversi».
Gli psichiatri hanno osservato Rosa e Olindo settimana dopo settimana. «E hanno annotato un diario», spiega Astori. Che, da consumato attore del processo, sventola il mazzo di carte e lo propone alla Corte. «Chiedo che questa documentazione venga acquisita, per superare definitivamente il dubbio lasciato cadere lungo il corso del processo».
Il dubbio che i due imputati non fossero, al momento del delitto, capaci di intendere e di volere. E per questo motivo non possano essere processati.
Il magistrato, che con un pool di colleghi seguì l'inchiesta sulla strage sin dal primo momento, si permette anche una frecciata a quella parte di stampa che nutre dubbi sulla ricostruzione fatta dalla Procura. «Anche quest'angolo buio può una volta per tutte essere finalmente rischiarato. E nel rischiarare quest'angolo buio penso di portare una nuova luce: l'ennesima confessione dei coniugi Romano».
Nella visita psichiatrica del 29 gennaio 2007, racconta Astori, Olindo riferisce di non pentirsi di quanto fatto. La moglie Rosa, il 13 gennaio, in un discorso interrotto di continuo dal pianto, afferma di «sentire un po' di rimorso per il bambino».
«Di luce, in questo processo, ce n'è anche troppa, tanto che pare che qualcuno abbia preso un 'grande abbaglio'», chiosa il pm citando il titolo di un libro scritto da due cronisti milanesi convinti dell'innocenza dei due imputati.
La replica della difesa è stata immediata. E anche dura, sollecitata peraltro da una pesante considerazione di Astori sulla mancanza di veridicità delle dichiarazioni di Nunzia Chieppa, psichiatra, chiamata dai legali dei Romano per tracciare a sua volta un profilo della coppia. «Il pm ha deciso di produrre documenti, in via preventiva, per opporsi a una eventuale perizia. E ha fatto di questi documenti citazioni distorte, personali, soggettive, disgiunte da ogni valore scientifico - ha detto l'avvocato Enzo Pacia - Ancora una volta in quest'aula si è usato un termine pesante a cui non ci abituiamo più. False sono le interpretazioni di queste cartelle, non il nostro consulente». Pacia ha parlato di «messa in scena» e di «presunte visite psichiatriche» mirate «soltanto a dimostrare» che Olindo e Rosa non avessero intenzioni suicide. «Hanno esaminato unicamente i pazienti al fine di stabilire se andavano tutelati da gesti suicidari. E in tale senso hanno affermato che questo pericolo non esisteva».
«La nostra consulente ha affacciato un dubbio - ha concluso Pacia - Prima di decidere sulla responsabilità penale degli imputati, vediamo chi sono dentro, se capiscono il rito processuale cui sono sottoposti, cerchiamo di capire se fossero capaci di intendere e di volere al momento in cui gli viene attribuito il reato che peraltro contestano. Ci sono due diagnosi diverse, i diari degli psichiatri del carcere vengono citati per dimostrare che i nostri assistiti erano capaci di intendere e di volere e non sarebbero meritevoli di una perizia. Mentre la nostra consulente, «una scienziata, viene definita falsa soltanto perché non aderisce alla tesi dell'accusa».
Alla fine la Corte ha acquisito i diari. Sulla perizia si deciderà in seguito.


Corriere di Como Dario Campione 28 marzo 2008

domenica 23 marzo 2008

GB/ MORTE STUDENTESSA NORVEGESE,INTERROGATI INVITATI FESTA LONDRA

Martine Vik Magnussen è stata vista viva l'ultima volta al Maddox
postato 1 giorno fa da APCOM

Roma, 21 mar. (Apcom) - La polizia che indaga sulla morte di una studentessa norvegese a Londra ha interrogato gli invitati alla festa nel locale in cui fu vista viva l'ultima volta, una settimana fa. Lo riferisce il sito internet della tv satellitare britannica Sky News. Un caso che presenta alcune analogie con il delitto di Meredith Kerch a Perugia.

Martine Vik Magnussen, 23 anni, uscì dal Maddox - una delle discoteche più "in" della capitale britannica, nell'esclusivo quartiere di Mayfair - nelle prime ore di venerdì mattina. Il giorno dopo ne fu denunciata la scomparsa e domenica il suo corpo fu ritrovata semi-nuda e parzialmente sotterrato sotto le macerie in un blocco di appartamenti a Great Portland Street.

Scotland Yard non ha voluto chiarire se ci sia uno sfondo sessuale nell'aggressione che ha provocato alla studentessa vistose ferite al collo. Gli inquirenti stanno dando la caccia a un amico di Vik Magnussen, Farouk Abdulhak, che viveva nello stesso condominio: è partito per il suo Paese d'origine, lo Yemen, alcune ore prima il ritrovamento del corpo.

Sono state nel frattempo diffuse immagini di oggetti simili a quelli appartenenti alla vittima che non sono ancora stati ritrovati. Si tratta di un orologio Guess, una borsetta Marc Jacobs, scarpe di pelle di serpente e un paio di orecchini Christian Dior.

Gli agenti stanno ancora cercando i suoi jeans, descritti come blu e di una taglia molto snella. L'autopsia si è rivelata inutile e gli inquirenti hanno ordinati ulteriori esami scientifici per stabilire esattamente le cause della morte della studentessa norvegese.

La famiglia miliardaria di Farouk Abdulhak, 21 anni, ha annunciato pubblicamente che ripudierà se sarà dimostrato che è lui il responsabile dell'omicidio. Abdulhak e Vik Magnussen studiavano entrambi "International business relations" alla Regent's Business School, un istituto privato a Regent's Park.

Erba:primi giorni ai dominciliari di un Azouz inappuntabile

Non vuole uscire prima dell'ora stabilita dal giudice. Neppure il piede in cortile.
«Non si sa mai, avvocato». È un Azouz diventato attento e prudente quello che ieri mattina - per la seconda volta da quando è finito agli arresti domiciliari a Lecco - è uscito di casa per andare con l'inseparabile legale a fare la spesa.
Un salto alla macelleria islamica della vicina via Turati, uno al supermercato per acquistare i generi di prima necessità per i prossimi giorni. Di ritorno, anche una puntata alla tabaccheria. Poi di nuovo a casa. Alle 11,28 è davanti al cancello. Due minuti prima dell'orario limite che il gip di Como gli ha concesso per la 'libera uscita' vigilata.
Un saluto veloce ai giornalisti che lo seguono passo passo e si infila in casa. Nell'abitazione in cui deve rimanere agli arresti domiciliari in attesa che finisca 'inchiesta sullo spaccio di droga che lo ha visto finire in carcere con l'accusa di essere stato uno dei referenti del giro dei cosiddetti 'tunisini di Merone'.
Venerdì sera, fuori dalla casa, hanno manifestato alcuni rappresentanti di Forza Nuova, ragazzi di estrema destra. Non erano in molti, ma hanno fatto sentire la loro voce.
Azouz era dentro e non ha sentito nulla. Ma al giovane tunisino, rimasto vedovo della moglie nella strage di Erba, le testimonianze di affetto e di vicinanza, in questi giorni, non sono mancate. Superati quindi la diffidenza iniziale e i primi giorni un po' turbolenti. Ieri mattina, ad esempio, una signora che abita a poca distanza si è avvicinata e gli ha donato un grosso cesto: dentro prodotti alimentari, una colomba, alcune uova di cioccolato. Il giorno prima una vicina gli aveva portato la pasta a casa. «Piccole cose, ma significative - precisa il suo legale Roberto Tropenscovino - Cosa di cui, del resto, non avevo dubbi. I lecchesi si stanno dimostrando generosi come li conosco. Gente che non vuole fastidi, ma che ti dà tanto. E Azouz, fastidi, non ne creerà di sicuro. Garantisco io».
Ieri Azouz è uscito dopo le 10,30 con giornalisti e telecamere al seguito. È andato alla macelleria islamica per prendere la carne e fare due chiacchiere. Poi al supermercato. Una spesa buona, visto che la prossima uscita sarà martedì mattina. È tornato con due grosse borse in mano tra pacche sulle spalle e incoraggiamenti. Alcune signore lo hanno avvicinato per stringergli la mano. Altre lo hanno salutato al passaggio. Qualche commessa si è pure affacciata al negozio anche se con discrezione.
Non sono però mancati i momenti di tensione in via Turati. Quando Azoiuz e il suo avvocato sono passati davanti a uno dei bar più frequentati di Lecco, dalla porta si sono sporti alcuni avventori. Un paio di loro hanno alzato la voce. Invitando Tropenscovino a portare a casa sua il tunisino. «Via da qui - ha urlato uno visibilmente contrariato - Tienitelo tu se ti piace tanto», ha detto l'uomo all'avvocato.
Il quale, da parte sua, ha risposto per le rime. Ed è stato proprio Azouz, in quel caso, ad invitare il legale a lasciare perdere.
«Dai, avvocato, vieni via», gli ha detto a bassa voce. Azouz mercoledì sarà in Assise alla ripresa del processo ai coniugi Romano. Lo accompagnerà il legale e senza alcuna scorta. Il giudice gli ha concesso la possibilità di andare in aula senza particolari vincoli.


Marco Romualdi Corriere di Como 23 marzo 2008

sabato 22 marzo 2008

Erba: Sarà battaglia in aula sulla voce di Frigerio

PROCESSO PER LA STRAGE DI ERBA

«Questa perizia non corrisponde al vero», attaccano i tre avvocati dei coniugi Romano, Enzo Pacia, Fabio Schembri e Luisa Bordeaux, che ora chiamano in causa, in modo diretto, il consulente della società di Padova che ha effettuato l'ultima 'traduzione' per conto della Corte di Assise di Como. La perizia depositata ieri riporta una frase pronunciata da Mario Frigerio davanti al pm Simone Pizzotti, quattro giorni dopo la strage: «Occhi neri come Olindo».
Ora la perizia ha valore di prova nell'ambito del processo. Le prime parole di Mario Frigerio al suo risveglio dal brutto incubo della strage fanno litigare ancora le varie parti in causa. Secondo Manuel Gabrielli, avvocato dell'unico superstite della strage, la perizia è l'ulteriore conferma della bontà delle dichiarazioni fatte da Mario Frigerio in aula.
E se anche i legali di parte civile leggono favorevolmente l'esito della consulenza, quelli della difesa ribattono che i loro consulenti non hanno trovato traccia di queste parole. Sarà aspra battaglia in Corte d'Assise mercoledì prossimo alla ripresa del processo. Probabile che l'intera registrazione possa essere fatta sentire in aula per cercare di risolvere gli ulteriori contrasti. A Lecco, intanto, ieri ha avuto luogo la prima uscita ufficiale di Azouz Marzouk dalla casa dove si trova agli arresti domiciliari. Un'uscita all'insegna della cortesia. Prima al supermercato vicino a casa, poi in un negozio di frutta e verdura, infine in tabaccheria per le sigarette. Il tutto in un'ora. Tra sorrisi e strette di mano. Ma anche qualche abbraccio e pacche sulle spalle. Azouz ha cancellato così quasi di colpo le polemiche e le proteste per la sua presenza nello stabile di via Trento a Lecco, a due passi dal lungolago, dove si trova da martedì per avere ottenuto una misura meno pesante del carcere dal gip di Como, Luciano Storaci.
E se martedì qualche residente aveva osteggiato il giovane tunisino, rimasto vedovo della moglie nella strage di Erba e poi finito nei guai per spaccio di droga, ieri gli stessi vicini si sono presentati a casa sua con un piatto di pasta fumante. La conferma viene dal legale di Azouz, Roberto Tropenscovino, che ha accompagnato il ragazzo stamane nella sua ora a disposizione per le incombenze quotidiane. «Una situazione che mi ha persino commosso - ha detto Tropenscovino - Ho visto l'affetto vero a dispetto di qualche voce fuori dal coro dei giorni scorsi. Per Azouz, comunque, garantisco io».


Marco Romualdi Corriere di Como 21 marzo 2008

Procura di Como patteggia ma Azouz deve rimpatriare

Angela Oliva del 21/03/2008

COMO. La Procura di Como è pronta a scendere a patti per raggiungere un accordo con Azouz Marzouk, accusato di spaccio di droga. Ma le condizioni poste sono molto severe: una pena superiore a quella proposta e l’immediata espulsione dall’Italia con accompagnamento forzato dal bilocale in via Trento a Lecco all’aeroporto per il rientro in Tunisia, patria natale di Marzouk. L’alternativa è stata proposta dal sostituto procuratore Massimo Astori, titolare dell'inchiesta sul traffico di droga sgominato dalla Guardia di Finanza lo scorso dicembre, che è stato da sempre contrario alla concessione dei domiciliari al 29enne tunisino. L’avvocato di Marzouk, Roberto Tropenscovino, non ha, per adesso, rilasciato nessuna dichiarazione ma si prospetta un futuro difficile per Azouz che potrà scegliere di accettare le condizioni poste dal magistrato concludendo il tutto, rimanendo in Italia, oppure potrà farsi rinviare a giudizio correndo il rischio di incappare in una condanna più severa, rinunciando ai benefici previsti dai riti alternativi, come il patteggiamento, e rimpatriando in Tunisia.
Venerdì 21-03-2008 21:35 Data articolo: 21-03-2008

Gravina: Cibo intatto nello stomaco di Ciccio


Secondo la difesa, per Filippo Pappalardi sembra tramontare l'accusa di abbandono di minori

Secondo i primi risultati autoptici, la caduta nella cisterna ha determinato un choc digestivo


di Antonio Scotti
Novità sulle cause della morte di Ciccio e Tore, i due fratellini scomparsi il 5 giugno 2006 e ritrovati il 25 febbraio all’interno di una cisterna di una casa abbandonata di Gravina. Secondo i primi risultati sui corpicini dei due fratellini, sembra assai probabile che entrambi siano finiti nel pozzo molto prima di quanto ipotizzato in prima battuta dalla procura di Bari.
Le analisi sull’apparato digerente dei due fratellini, infatti, sembrano attestare che il cibo trovato nello stomaco di Francesco sia stato conservato al proprio interno almeno due ore prima la caduta. Ciò stravolgerebbe quanto sostenuto dai pubblici ministeri, che hanno ritenuto attendibile la testimonianza di un minorenne, amico di Ciccio e Tore, che dichiarò di aver visto Pappalardi, la sera della scomparsa dei due fratellini, andarli a prelevare in piazza delle Quattro Fontane a bordo della sua Lancia Delta color blu. Una versione che ora rischia di essere stravolta dagli esami scientifici.
Nello stomaco di Ciccio pare che il cibo sia stato trovato in maniera intatta. E’ molto probabile, quindi, che dopo aver impattato con il fondo del pozzo si sia determinato un choc digestivo che ha conservato tutto il contenuto gastrico. Ciò secondo, il perito della difesa Luigi Strada, dimostrerebbe come "sia trascorsa un'ora e mezza, al massimo due da quando il bambino ha mangiato fino al blocco digestivo provocato dalla caduta".
Solo qualche giornò fa il gip Giulia Romanazzi ha concesso a Pappalardi gli arresti domiciliari con l'accusa di abbandono di minori. Una decisione che di fatto derubricava l'accusa di duplice omicidio e occultamento di cadaveri formalizzata dalla procura a novembre dello scorso anno.

FRATELLINI GRAVINA: TORNEO CALCIO IN LORO RICORDO

I VECCHI COMPAGNI DI SCUOLA E I COETANEI DI CICCIO E TORE HANNO VOLUTO SFIDARSI IN UN MINI-TORNEO DI CALCIO PER RICORDARE I FRATELLINI DI GRAVINA.VI HANNO PRESO PARTE 150 ALUNNI, FRA I 6 E I 18 ANNI, DIVISI IN SQUADRE PER CATEGORIA.L'INIZIATIVA E' STATA PROMOSSA DA ELIA PACE, PRESIDENTE DI UN'ASSOCIAZIONE DILETTANTISTICA DI PALO DEL COLLE.C'ERANO ANCHE BAMBINI PROVENIENTI DA PALO E DA BITONTO.ALLA FINE MEDAGLIE PER TUTTI I GIOCATORI, DIETRO LE LORO MAGLIETTE UN'UNICA SCRITTA: CICCIO E TORE NEI NOSTRI CUORI.

mercoledì 19 marzo 2008

Strage Erba: Frigerio, killer aveva occhi neri come Olindo

19 marzo 2008 alle 17:36 — Fonte: repubblica.it

L’uomo che sgozzò Mario Frigerio aveva gli occhi neri come quelli di Olindo.

A sostenerlo fu lo stesso superstite della strage di Erba durante il primissimo colloquio con il sostituto procuratore Simone Pizzotti avvenuto il 15 dicembre 2006, quattro giorni dopo il massacro. Un particolare inedito emerso solo in queste ore dopo il deposito delle trascrizioni, con la forma della perizia, delle dichiarazioni che l’anziano commerciante rese in ospedale appena uscito dal coma. Rispondendo ad una specifica domanda del magistrato, Frigerio rispose senza esitazioni “occhi neri, come Olindo”. Purtroppo le difficoltà nel parlare causate dalla recisione di una corda vocale, impedirono all’uomo di farsi capire tanto che il Pm pare non si fosse reso conto di quella affermazione che, ora, riemerge proprio dalla perizia disposta dal Presidente della Corte d’Assise di Como, Alessandro Bianchi, e che verrà discussa nell’udienza del 26 marzo.

Il collegio peritale (Massimiliano Favarato di Parma per il Tribunale, Luca Ganzetti di Como per la Procura e da Raffaele Pisani di Rivoli per le difese; le parti civili non hanno nominato alcun perito) nelle loro conclusioni depositate in cancelleria scrivono fra l’altro che il killer di Frigerio “aveva occhi neri, come (Olindo) e abbastanza grossi”. Il nome dell’ex netturbino viene scritto fra parentesi perché l’interpretazione delle parole non è nitida da consentire assoluta certezza. Tuttavia sembra apparire un’ulteriore ‘mazzata’ per la difesa degli imputati(gli avvocati Enzo Pacia, Luisa Bordeaux e Fabio Schembri) che hanno sempre contestato la testimonianza.

Proprio per fugare i dubbi, il tre marzo scorso Bianchi dispose la perizia sui tre colloqui avuti da Frigerio con gli inquirenti. Il primo risale al 15 dicembre 2006, quello in cui fornisce una prima ricostruzione dell’accaduto e una prima descrizione dell’aggressore spiegando che era “un uomo grande e grosso, con la pelle olivastra”. La seconda registrazione, è del 20 dicembre, quando, davanti al luogotenente dei carabinieri di Erba Luciano Gallorini e ai Pm Astorri e Pizzotti, perfeziona il suo racconto indicando in Olindo Romano colui che lo sgozzò.

Strage Erba, il perito: Frigerio indicò subito Olindo

COMO (19 marzo) - Il perito incaricato dalla Corte d'Assise di trascrivere le parole pronunciate con un filo di voce da Mario Frigerio nel suo primo colloquio in ospedale con il pm Simone Pizzotti, ha depositato oggi in tribunale le sue conclusioni. Secondo il perito, già quel 15 dicembre 2006 Frigerio avrebbe fatto il nome di Olindo Romano come colui che lo aveva aggredito la sera dell'11 dicembre 2006. Fu poco più che un sussurro, che né il magistrato, né i figli di Frigerio né il suo avvocato, riuscirono a cogliere.

Frigerio avrebbe detto che l'aggressore aveva «occhi neri come Olindo». Non ci sarebbe la certezza al cento per cento che sia stata proprio quella la parola pronunciata, tanto che il perito avrebbe trascritto tra parentesi il nome di Olindo, in quanto la qualità dell'audio non consentiva un'attribuzione certa. L'indicazione, tuttavia, potrebbe smentire la ricostruzione della difesa, che ha sottolineato come, inizialmente Frigerio non avesse chiaramente indicato il vicino di casa come colui che lo aggredì la sera dell'11 dicembre. Solo in un secondo tempo il testimone si mise a piangere e alla fine riconobbe con certezza Olindo Romano.
la Repubblica 19 marzo 2008

Strage di Erba, difesa:false perizie su dichiarazioni di Frigerio

(AGI) - Como, 19 mar. - "La relazione del perito nominato dal Tribunale di Como sulle prime dichiarazioni di Frigerio e' falsata. Le cose non stanno cosi', quel nome non viene detto".
E' la prima reazione dell'avvocato Fabio Schembri, che con i colleghi Luisa Bordeaux e Enzo Pacia assiste Olindo Romano e Rosa Bazzi, accusati di essere gli autori della strage di Erba.
Secondo il legale milanese, nel primo interrogatorio, avvenuto il 15 dicembre 2006 davanti al Pm Simone Pizzotti, il superstite "non pronuncia il nome di Olindo, ma non dice neppure qualcosa di lontanamente somigliante. Il perito ci spieghera' il perche' delle sue conclusioni". Nella relazione depositata stamani, infatti, e' riportata una frase che all'epoca nessuno si rese conto fosse stata pronunciata ma che sarebbe stata individuata durante la trascrizione con la forma di perizia disposta dalla Corte d'Assise. Rispondendo a una domanda specifica del Pm Pizzotti, Frigerio risponde: "Occhi neri, come quelli di Olindo. E abbastanza grosso". Una frase che, stando all'avvocato Schembri, non e' assolutamente contenuta nella registrazione di quell'interrogatorio. Proprio in vista delle prevedibili controffensive del collegio di difesa degli imputati, probabilmente mercoledi' prossimo il Presidente della Corte, Alessandro Bianchi, potrebbe decidere di ascoltare direttamente in aula la registrazione. Dal canto suo l'avvocato Manuel Gabrielli, che assiste come parte civile Frigerio, non ha dubbi: "Anche se non serviva, e' l'ennesima conferma che il mio assistito riconobbe senza dubbio il suo carnefice". Dello steso parere l'avvocato Francesco Tagliabue (parte civile per la famiglia Castagna), mentre i colleghi Roberto Tropenscovino e Ruggero Panzeri (parte civile per Azouz Marzouk) ribadiscono: "Il processo e' ormai concluso. La sentenza sta in tutto quello che finora e' emerso". (AGI)

Strage Erba: rinvio audizione per impegni testimoni

18 Marzo 2008, 10:16


COMO - E' stata rinviata l'audizione prevista per oggi nell'ambito del processo sulla strage di Erba, a causa di impegni dei carabinieri dei Ris citati come testi dalla difesa. I difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi hanno convocato i militari che, nella loro relazione conclusiva, non avevano trovato tracce dei coniugi imputati nell'appartamento in cui furono uccise quattro persone e fu gravemente ferito Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage. (Agr)

Romano continua a proclamarsi innocente. Marzouk esce dal carcere

ERBA (18/03/2008) - Questa mattina si è tenuta la tredicesima udienza del processo a carico di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba dell'11 dicembre 2006.

Tra i testimoni chiamati dalla difesa non c'erano gli esperti del Ris di Parma chiamati a rispondere su alcune tracce ematiche trovate nell'auto degli imputati. Nell'aulaal piano terra del Tribunale di Como, sono stati ascoltati alcuni operatori del carcere del Bassone e alcuni assistenti sociali che hanno avuto contatti con i coniugi Romano.

All'inizio dell'udienza la difesa ha chiesto la riammissione di alcuni testimoni e la possibilità di mettere a disposizione della corte le intercettazioni ambientali che riguardano l'unico sopravvissuto alla strage. Elementi su cui il presidente della Corte d'Assise Alessandro Bianchi si è riservato.

Il primo testimone di oggi è stato Pietro Ramon, il vicino di casa delle vittime. La parola è passata, poi, a un volontario dei vigili del fuoco di Erba che è intervenuto pochi minuti dopo la strage.

Nel frattempo Olindo Romano, dal carcere del Bastone di Como, continua a dichiararsi innocente. Sia a un'educatrice del carcere che a un detenuto suo vicino di cella l'uomo, imputato insieme alla moglie Rosa Bazzi per il quadruplice omicidio, non ammette la sua presunta responsabilità nella strage.

«Io non ho fatto niente, nè io nè mia moglie». Sono queste le parole che l'ex netturbino ha detto a Sergio Domenichini, detenuto nel carcere di Como dal 2 giugno scorso. Il vicino di cella di Olindo ha riferito nell'aula del tribunale alcune conversazioni tra lui e l'imputato. «A me - riferisce il detenuto - non si è mai presentato come il mostro di Erba».

Sempre in mattina è giunta la notizia che il Gip di Como, Luciano Storace, ha concesso gli arresti domiciliari ad Azouz Marzouk, marito e padre di due delle vittime della strage. Azouz era stato arrestato il primo dicembre dell'anno scorso per spaccio di droga con alcuni suoi parenti.

L'aggiornamento della misura di sicurezza è stata data dal legale del tunisino, Roberto Tropenscovino, in una pausa del processo per la strage. Azouz trascorrerà gli arresti domiciliari in un appartamento di Lecco nei pressi dello studio del suo avvocato.

Il processo di Erba ricomincerà il 26 marzo prossimo, con altri testimoni della difesa. È infatti saltata l'udienza prevista per il 20 marzo. Un'altra udienza è fissata il 27 dello stesso mese.
Cronaca qui 18 marzo 2008

martedì 18 marzo 2008

Concessi i domiciliari a Azouz Marzouk

Il gip ha accolto la richiesta dei suoi avvocati nell'ultimo giorno utile

L'uomo, marito e padre di due vittime della strage di Erba, era in carcere per questioni di droga


Marzouk esce dal tribunale (Lapresse)
COMO - Il giudice per le indagini preliminari di Como, Luciano Storace, ha concesso gli arresti domiciliari ad Azouz Marzouk, marito e padre di due delle vittime della strage di Erba. Azouz era stato arrestato il primo dicembre dell'anno scorso per spaccio di droga in concorso con alcuni suoi parenti.

DOMICILIO A LECCO - La notizia è stata data dal legale del tunisino, Roberto Tropenscovino, in una pausa del processo per la strage che vede oggi assente Azouz. Il tunisino trascorrerà gli arresti domiciliari in un appartamento di Lecco nei pressi dello studio del suo avvocato. La richiesta dei domiciliari, già avanzata oltre un mese fa, era stata in un primo tempo respinta. Oggi, con i termini per la decisione in scadenza, il gip ha concesso ad Azouz di lasciare il carcere.


Corriere della Sera 18 marzo 2008

Rosa e Olindo, i dubbi restano ancora tanti

Cambia ancora una volta la strategia difensiva del legali di Rosa Bazzi e Olindo Romano. Durante l’ultima sentenza, avvenuta a Como, lo scorso 13 marzo gli avvocati Enzo Pacia, Fabio Schembri e Luisa Bordeaux hanno ricostruito in aula i tempi del quadruplice omicidio, escludendo il coinvolgimento dei propri assistiti.

Per la difesa, non sarebbero mai potuti bastare poco meno di cinque minuti per aggredire, uccidere, appiccare un incendio e poi fuggire via senza essere notati: anche un testimone sembrerebbe aver dichiarato di aver visto le luci dell’appartamento dei Romano spente, la sera dell’11 dicembre, e affermato che alle 19.30 la loro auto già non c’era più.



L’obiettivo dei legali mira a collegare la strage alle aggressioni subite in carcere da Azouz Marzouk, il marito di Raffaella Castagna finito, finito in manette per spaccio di stupefacenti. Si punta quindi a dimostrare il presunto reale movente della strage, riconducibile ad alcuni testimoni depennati precedentemente dal Presidente Alessandro Bianchi della Corte d’Assise.



Si tratterebbe dunque di liti banali che avrebbero portato il tunisino (che nella strage ha perso la moglie e il figlio) a subire aggressioni reiterate da parte di detenuti italiani legati alla criminalità organizzata, costringendolo in questo modo, come raccontato in aula da due agenti della polizia penitenziaria, a cambiare più volte sezione all'interno del penitenziario del Bassone di Como. E secondo gli avvocati, anche Raffaella Castagna, moglie di Azouz, sarebbe stata coinvolta in queste “discussioni” e persino minacciata in un’occasione.



Alcuni testimoni avrebbero raccontato che proprio Raffaella avrebbe riferito di essere stata seguita da un’auto di grossa cilindrata e poi minacciata. Una circostanza confermata anche da Maria Ines Valli, amica della donna, che però ha sottolineato che la Raffaella fosse “molto più spaventata quando era stata seguita dagli imputati … Ricordo il terrore di quando l’hanno seguita e delle tantissime minacce subite da loro”. Il processo riprenderà martedì 18 marzo con la testimonianza di tre carabinieri del Ris di Parma che hanno eseguito alcune analisi sul luogo della strage.

Fiore Angela
Barimia 18 marzo 2008

Erba, e la testimonianza dei Ris diventa un giallo

Edoardo Montolli

Al processo per la strage di Erba oggi doveva essere il giorno dei Ris, il nucleo scientifico dell’Arma che lo scorso ottobre depositò oltre 400 pagine di perizia sulla mattanza di via Diaz 25. Doveva. I Ris infatti hanno annunciato che non saranno in aula. Niente testimonianza, niente particolari sulla notte della strage. Per conoscere la verità delle indagini scientifiche bisognerà aspettare ancora. E dovrà aspettare soprattutto la difesa che sul rapporto dei Ris punta, sin dall’udienza preliminare, per scagionare gli unici imputati della strage, Olindo Romano e Rosa Bazzi. «Nonostante gli sforzi analitici compiuti», scrisse allora il colonnello dei carabinieri Luciano Garofano, non fu possibile trovare tracce di Dna dei due coniugi nella scena del delitto né tracce di sangue delle vittime nell’appartamento di Olindo e Rosa.
I Ris devono spiegare se e come è possibile ripulire dal sangue l’appartamento dei Romano e il locale lavanderia senza lasciare alcun residuo neanche nei vestiti di ricambio. Abiti che peraltro i due coniugi affermano di aver indossato dopo la strage (in pochi secondi, secondo la ricostruzione dell’accusa; in dieci minuti secondo la ricostruzione di Giuseppe Castagna, fratello di Raffaella) e rimessi per recarsi nella caserma dei carabinieri di Erba. E ancora resta da chiarire come mai l’unica traccia di sangue (da schizzo, ndr) del supertestimone Mario Frigerio è sulle scale e non nell’appartamento dove afferma che gli è stata recisa la gola. I Ris saranno anche chiamati a spiegare com’è possibile che il sangue delle vittime arrivi fino al portoncino d’ingresso della palazzina, poi improvvisamente scompaia per tutta la corte, e poi riappaia sull’auto dei due coniugi. E ancora bisognerà fugare ogni dubbio sul «famoso» cerotto che Rosa Bazzi ha consegnato, la sera della strage, ai carabinieri. «Mi ha morso Raffaella», disse la donna in una delle sue confessioni, ma in quel cerotto non c’è traccia di saliva di Raffaella né tracce di Dna di Rosa tra i denti della vittima.
Ma l’aspetto più interessante riguarda le strane tracce di sangue, tra cui quella ritrovata sul balconcino di casa Castagna. I Ris dovranno chiarire che cosa si nasconde dietro quella dicitura che risulta dal rapporto: «Non scientificamente interpretabile». E cioè se la quantità di materiale ematico è insufficiente per stabilire a chi appartengano, o se invece quella traccia di sangue non è né delle vittime né degli imputati. Ma di qualcun altro.
Il Giornale 18 marzo 2008

Erba/Linea dura della Procura:Azouz resti in carcere

Un altro no alla liberazione del vedovo della strage di Erba, detenuto con l'accusa di spaccio di droga. Il pm si oppone ai domiciliari, ora deve decidere il gip

Azouz Marzouk spera nei domiciliari
COMO - Azouz Marzouk si trova davanti a un altro no alla concessione dei domiciliari.
La richiesta è stata presentata la scorsa settimana dal suo legale Roberto Tropenscovino.
Siamo alla scadenza dei termini in cui il gip deve pronunciarsi sulla concessione o meno degli arresti domiciliari.
Azouz, qualora fosse autorizzato a lasciare la sua cella a Vigevano, non sarebbe ospite di alcuno (a gennaio la famiglia Sancassani si era proposta per accoglierlo) ma andrebbe a vivere da solo in un appartamento a Lecco, non distante dallo studio legale dello stesso Tropenscovino, in centro città.
La Provincia di Como 17 marzo 2008

lunedì 17 marzo 2008

FRATELLINI GRAVINA,CONCERTO IN MEMORRIA DI CICCIO E TORE

GRAVINA NON VUOLE DIMENTICARE I DUE FRATELLINI MORTI NELLA CISTERNA DI VIA CONSOLAZIONE.

IERI - IN MEMORIA DI FRANCESCO E SALVATORE PAPPALARDI - SI E' SVOLTO UN EVENTO ORGANIZZATO DALLA PROVINCIA DI BARI IN COLLABORAZIONE CON IL COMUNE.
NELLA CHIESA DI SAN PIETRO E PAOLO IN SCENA VIA CRUCIS, VIA LUCIS, SACRA RAPPRESENTAZIONE PER ORCHESTRA, CORO E VOCI, SCRITTA DAL GIORNALISTA DI AVVENIRE MIMMO MUOLO E DAL MUSICISTA MARTINO PALMITESSA.
L'ESECUZIONE MUSICALE ERA AFFIDATA ALL'ORCHESTRA SINFONICA DELLA PROVINCIA DI BARI, VOCE RECITANTE QUELLA DI CLAUDIA KOLL, AFFIANCATA DA UN GRUPPO DI GIOVANI ATTORI CHE INSIEME ALLA COMPAGNIA DI MARIENBAD, I CORI DELL'ODEGITRIA E LA SONORA ALTERNANZA, HANNO ESALTATO IL SIGNIFICATO DELLA VIA CRUCIS.
MOMENTI AI QUALI HANNO FATTO DA SFONDO LINGUAGGI MUSICALI DIVERSI, DAL CLASSICO AL MODERNO, DAL CORALE AL LITURGICO.

Telenorba 15/03/08 16:46:15

Roberto Spaccino davanti al Giudice per l'omicidio della moglie Barbara Cicioni

A dieci mesi dal delitto, il Gip sarà chiamato a decidere sul rinvio a giudizio dell'uomo che continua a proclamarsi estraneo; l'accusa, racchiusa in settimila pagine, gli contesta sei ipotesi di reato

Domani, martedì 18 marzo, Roberto Spaccino comparirà davanti al Giudice delle indagini premilinari di Perugia che dovrà decidere se rinviarlo a giudizio per l'omicidio volontario della moglie Barbara Cicioni, la moglie incinta di otto mesi, uccisa la sera del 24 maggio dell'anno scorso nell'abitazione di Compignano di Marsciano dove la coppia risiedeva insieme ai due figli, di 4 e 9 anni, che dormivano in una camera della casa.
Da quello che è stato anticipato dal suo collegio difensivo, Spaccino non intende chiedere il processo con il rito abbreviato o il patteggiamento, dato che continua a sostenere la sua estraneità alla morte della moglie, pur avendo ammesso di averla picchiata prima di allontanarsi dall'abitazione, dove sostiene siano entrati degli estranei per rendersi autori di una rapina culminata poi nel delitto.

Oltre che per l'omicidio, il pm Antonella Duchini ha chiesto che Spaccino venga processato per i maltrattamenti della moglie, per aver simulato un furto nella villetta e per false dichiarazioni agli inquirenti, avendo appunto attribuito agli autori del colpo la responsabilità della morte della donna.
Secondo la ricostruzione accusatoria, raccolta in nove faldoni contenenti più di settimila pagine di documenti, Roberto Spaccino, che fu arrestato il giorno del funerale della moglie, l'avrebbe uccisa al termine di una lite, provocandone la morte anche tramite "una inibizione da compressione del nodo del seno, con conseguente bradicardia-arresto circolatorio" e preoccupandosi poi di simulare una rapina per sviare le indagini.

La ricostruzione è contestata dai difensori di Spaccino, i quali sostengono che l'inchiesta presenti diversi lati oscuri sui quali punteranno nell'udienza preliminare in cui chiederanno il proscioglimento del loro assistito.
In agosto Spaccino è stato trasferito dal carcere di Perugia a quello di Terni, dove nei giorni scorsi ha potuto confrontarsi con i suoi avvocati per mettere a punto la linea difensiva. A loro avrebbe anche ribadito di essere provato dal non aver potuto avere più contatti con i suoi figli, affidati nei mesi scorsi dal tribunale dei minorenni ad uno zio materno residente a Roma.

L'accusa contesta a Spaccino, 38 anni, sei ipotesi di reato: l'omicidio volontario pluriaggravato (dall'unione coniugale, dai futili motivi, dalla particolare crudeltà verso la vittima); i maltrattamenti in famiglia sia ai danni della moglie che nei confronti dei figli, costretti ad essere presenti alle violenze; l'interruzione volontaria della gravidanza; la calunnia verso ignoti ed il tentativo di inquinamento delle prove (per aver simulato tracce tali da far ritenere consumato un furto, con cassetti rovesciati e la cassaforte vuota con le chiavi inserite).
Tutto il materiale è al vaglio del Giudice Paolo Micheli che è chiamato a mettere un primo punto fermo sulla vicenda.
Tam Tam 16 marzo 2008

venerdì 14 marzo 2008

Ci pensa Castagna a smontare tutta la ricostruzione della difesa

venerdì 14 marzo 2008
Toni pacati, ma decisi. La rabbia che cova dentro, il dolore di una famiglia distrutta, ma ancora orgogliosamente unita ed in piedi. E' stato Giuseppe "Beppe" Castagna a cercare di smontare la ricostruzione cronologica fatta ieri mattina in Corte di Assise a Como dai legali di Olindo e Rosa nel processo per la strage di Erba. Una cronologia che per l'avvocato Enzo Pacia è inattaccabile e dimostra come i due coniugi non avrebbero potuto prendere parte al massacro, ma che per il figlio di Castagna è facilmente smontabile. Lo ha fatto ieri sera, con un intervento di oltre 20 minuti, nella trasmissione di Etv "Il Dariosauro", replicando a distanza proprio all'intervento in diretta di Pacia. Castagna ha fatto la sua crono-tabella di quella maledetta sera per arrivare a dire che quanto la difesa dice "non ha senso e non dice nulla".Poi il figlio dell'imprenditore erbese ha anche spiegato i sentimenti della famiglia di fronte al processo ed agli imputati. Si è detto certo della loro colpevolezza ed ha attaccato il collegio di difesa, in particolare l'avvocato Fabio Schembri che sarebbe in contatto - anche perchè nati allo stesso paese in Calabria - con l'autore del libro "Il grande abbaglio" Felice Manti. Posizioni distanti anni luce da quelle del trio della difesa, ma senza polemiche. Beppe Castagna ha concluso il suo lungo intervento, molto articolato e supportato anch'esso con orari, dicendo che "è impossibile poter cercare di scagionare due persone in base a dei tempi per stima. Io stesso - ha aggiunto - non so dire con assoluta precisione a che ora sono arrivato oggi al Tribunale. Eppure sono passate poche ore. Come è possibile dire con precisione cosa è avvenuto l'11 dicembre del 2006, a così tanta distanza di tempo ?".
Ciao Como 14 marzo 2008

BARI: FRATELLINI GRAVINA, COMUNE ORDINA SICUREZZA LUOGHI PERICOLOSI

Bari, 14 mar. - (Adnkronos) - Il sindaco di Gravina in Puglia, Rino Vendola, ha firmato ieri sera un'ordinanza con cui ordina la messa in sicurezza di tutti i luoghi pericolosi come la grande casa abbandonata in via Consolazione dove sono stati trovati morti in una cisterna sotterranea Francesco e Salvatore Pappalardi. L'ordinanza richiama proprio questa tragedia nelle premesse e riconosce che da un'istruttoria tecnica ''e' emerso che insistono nel territorio comunale edifici privati in stato di abbandono in potenziali condizioni di pericolo che possono risultare provvisti di pozzi e cisterne incustoditi, non censiti''. Per queste ragioni viene ordinato ai proprietari di siti nei quali esistono accessi a cave a cielo libero, cavita' sotterranee, naturali o artificiali, di non lasciarne incustodito l'ingresso e di impedirne l'accesso e di chiudere eventuali aperture di luoghi di passaggio, comprese le fosse ed i pozzi, con solide coperture, parapetti o recinzioni che impediscano la caduta. E' inoltre obbligatorio per i proprietari di edifici in stato di abbandono in potenziali condizioni di pericolo realizzare tutte le opere necessarie a garantire la salvaguardia della pubblica e privata incolumita'. Inoltre a chiunque e' vietato introdursi in cavita' sotterranee naturali o artificiali e in cave a cielo aperto. Per i trasgressori e' previsto anche l'arresto fino a tre mesi oppure un'ammenda. (Nfr/Gs/Adnkronos)

14-MAR-08 08:53

giovedì 13 marzo 2008

Strage Erba, "Olindo e Rosa non hanno avuto il tempo di uccidere"

Il processo riprenderà martedì con la testimonianza dei Ris

La difesa ricostruisce in aula i tempi del quadruplice omicidio. ''Non potevano essere sul luogo del delitto e non essere notati da nessuno''. Secondo i legali, le aggressioni subite in carcere da Azouz Marzouk potrebbero essere il movente della strage. Chiesta la riamissione di alcuni testimoni

Como, 13 mar. - (Adnkronos/Ign) - Olindo e Rosa(nella foto)non avrebbero avuto il tempo materiale per commettere il quadruplice omicidio e fuggire dalla corte di via Diaz senza essere visti. E' tutta in una questione di minuti la linea difensiva presentata oggi dagli avvocati dei coniugi Romano, Enzo Pacia, Fabio Schembri e Luisa Bordeaux, nel corso della dodicesima udienza per la strage di Erba. Cronometro alla mano, gli avvocati della difesa hanno ricostruito nel dettaglio quanto avvenuto la sera dell'11 dicembre 2006 e hanno escluso che i loro assistiti possano essere gli esecutori della strage di Erba. Sono le 19.48, secondo le dichiarazioni rese in aula da diversi testimoni, quando il treno con a bordo Raffaella Castagna, una delle quattro vittime, arriva nella stazione di Erba. Nove minuti e la donna, insieme alla madre Paola Galli e al figlio Youssef di 2 anni, arriva nell'appartamento di via Diaz. Alle 20, il vicino e unico sopravvissuto alla strage, Mario Frigerio, sente le urla provenire dall'appartamento di Raffaella. Grida che durato almeno cinque minuti, poi la moglie Valeria Cherubini esce con il cane e al rientro si accorge del fumo che proviene dalla casa di Raffaella. Col marito, va verso l'appartamento per capire cosa sta accadendo ma viene aggredita e uccisa. Sono le 20.21 e, secondo la difesa, solo due minuti più tardi arrivano i primi soccorsi e i primi curiosi. A stento cinque minuti dunque durante i quali i coniugi Romano avrebbero dovuto uccidere quattro persone, riparare nella lavanderia, cambiarsi d'abito e uscire dalla corte senza essere visti da nessuno. Inoltre, sottolinea la difesa, uno dei vicini di casa ''afferma che alle 19.30 e successivamente nell'abitazione dei Romano le luci erano spente e l'auto degli stessi non figurava parcheggiata nella corte''. Per gli avvocati della difesa è questo ''il racconto fedele di quello che il processo finora ha svelato senza nessun dubbio''. Un racconto che dimostrerebbe l'estraneità dei coniugi Romano alla strage e che, secondo i legali, potrebbe essere dimostrata ancora più chiaramente dalla riamissione di alcuni dei testimoni depennati dal presidente della Corte d'Assise Alessandro Bianchi. Un punto questo su cui il presidente ha però mantenuto la sua posizione, pur riservandosi di rivedere la decisione durante il processo. E intanto i cinque testimoni ascoltati oggi hanno fornito ulteriori tasselli per la ricostruzione dei fatti. La difesa punta a collegare la strage con le aggressioni subite in carcere da Azouz Marzouk, il tunisino marito di Raffaella. Liti Liti banali che hanno portato il tunisino (che nella strage ha perso la moglie e il figlio) a subire aggressioni reiterate da parte di detenuti italiani legati alla criminalità organizzata e lo hanno costretto, come raccontato in aula da due agenti della polizia penitenziaria, a cambiare più volte sezione all'interno del penitenziario del Bassone di Como. E secondo gli avvocati, anche Raffaella Castagna, moglie di Azouz, sarebbe stata coinvolta in queste 'discussioni' e persino minacciata in un'occasione. Alcuni testimoni hanno raccontato che proprio Raffaella avrebbe riferito di essere stata seguita da un'auto di grossa cilindrata e poi minacciata. Una circostanza confermata anche da Maria Ines Valli, amica della donna, che però ha sottolineato che la donna ''era molto più spaventata quando era stata seguita dagli imputati. Ricordo il terrore di quando l'hanno seguita e delle tantissime minacce subite da loro''.Il processo riprenderà martedì con la testimonianza di tre carabinieri del Ris di Parma che hanno eseguito alcune analisi sul luogo della strage.

Argentina /Figlia desaparecidos denuncia genitori adottivi:"Ladri di bambini"

Argentina È la prima vittima dei golpisti a portare in tribunale la famiglia

«Voglio per loro 25 anni di carcere»
Marìa Eugenia Sampallo Barragàn (foto Ap)Quelli che pensi siano i tuoi genitori, irascibili e violenti ma comunque la tua famiglia, un giorno scopri che sono dei «ladri», che t'hanno sottratto neonata a una donna rinchiusa in un centro clandestino di tortura «per soddisfare il desiderio egoista di avere un figlio»: «In nome di tutti i bambini nelle mie condizioni, nell'interesse dell'intera società» María Eugenia Sampallo Barragán vuole adesso — ed è il primo caso in Argentina — che quella coppia sia riconosciuta colpevole di sequestro e negazione di identità, e condannata al massimo della pena, 25 anni di galera. Gli stessi chiesti ieri dal pm. Più o meno il periodo che lei, ora trentenne, ha passato a casa dei due impostori, la signora Gómez e il signor Rivas, con la finta madre che non faceva che gridare e una volta — così ha testimoniato in aula una vicina — arrivò a dirle: «Se sei tanto ribelle devi essere figlia di una guerrigliera...».
Comunque non sua. Il 24 luglio del 2001 l'esame del Dna ha provato definitivamente che María Eugenia è nata da due militanti comunisti, Mirta Mabel Barragán e Leonardo Ruben Sampallo, operai attivi nel sindacato e per questo nel 1977 sequestrati e fatti sparire dalle squadre al servizio dei militari golpisti. Rinchiusa nel centro di tortura Club Atlético e poi a El Banco, Mirta viene tenuta in vita fino al '78: è incinta, e la bimba che dà alla luce a febbraio di quell'anno può rientrare nel «traffico» di figli di dissidenti (almeno 500, calcolano le Nonne di Plaza de Mayo, 88 ritrovati finora) affidati a famiglie vicine al regime. È la sorte di María Eugenia. Grazie all'intervento dell'ex capitano Berthier — coimputato dei finti genitori nel processo in corso a Buenos Aires — vecchio amico della Gómez, la coppia a maggio del '78, riceve la neonata e usando un falso certificato di nascita la registra come figlia propria. «Un oggetto — accusa l'avvocato della ragazza —. Rivas e Gómez non sono mai stati una famiglia per lei. La trattarono come un oggetto, cancellarono la sua identità e la privarono del legame con la sua famiglia, che l'ha cercata per 24 anni».
Certamente l'ha fatto la nonna Barragán. Ma anche un fratello maggiore, nato dalla precedente unione della madre, come nella trama del film Hijos (figli) dell'italoargentino Marco Bechis si è impegnato tanto per ritrovarla. I primi dubbi a María Eugenia vengono già da bambina e sono gli stessi genitori a instillarglieli. Quando la piccola ha 7 anni, Rivas e Gómez le confessano che è stata adottata, inventando però via via delle storie sempre più perverse: che i suoi veri genitori sono morti in un incidente d'auto, che sua madre è una domestica che ha regalato loro la bambina, anzi no, che è un'hostess rimasta incinta in Europa in seguito a una relazione extraconiugale... Una marea di bugie, unite a liti furibonde e maltrattamenti, che nel 2000 — María Eugenia già è andata via di casa da due anni — convincono la ragazza a bussare alla porta della Commissione nazionale per il diritto all'identità (Conadi), istituita presso il ministero della Giustizia argentino.
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A riceverla è Claudia Carlotto, coordinatrice della Conadi — nonché figlia della leader delle Nonne di Plaza di Mayo, Estela — che l'aiuta ad avviare le ricerche per l'identificazione dei veri genitori (è proprio lei a comunicarle il nome della madre), e a impostare il processo ora arrivato alla fase del dibattimento. Un percorso faticoso e commovente per María Eugenia, raccontano, fatto anche di pressioni psicologiche, di telefonate mute e intimidazioni, soprattutto da parte di quel capitano Berthier, l'intermediario coimputato, il vecchio e ambiguo amico di famiglia. «María Eugenia è una ragazza molto coraggiosa — dice al telefono Estela Carlotto —, la prima vittima in Argentina a portare in tribunale i "ladri" che l'hanno sequestrata. Ci auguriamo che la condanna sia esemplare».
Alessandra Coppola 13 marzo 2008

Mistero su sangue e farmaci trovati nel pozzo di Gravina

La Procura ordina nuovi esami. Scontro con il gip. C'era un paio di scarpe numero 37
Disposte indagini scientifiche su alcuni peli e capelli, su una pinza sterile e sulla batteria di un cellulare

DAL NOSTRO INVIATO
La scarcerazione di Pappalardi (Ansa)GRAVINA IN PUGLIA — La lista dei reperti misteriosi è lunga una decina di pagine. Si parla di una fiala vuota con il collo spezzato e con l'etichetta del farmaco Midazolam (un potente sedativo); di un paio di scarpe numero 37 dalle tomaie in simil-pelle; di un brandello di tessuto blu sul quale si legge la scritta NG «rinvenuto in un punto adiacente al margine destro del varco d'accesso del pozzo » e di una «formazione pilifera » (peli o capelli) sull'ultimo gradino della scalinata al primo piano ammezzato dell'edificio, comunicante con il cunicolo del pozzo». Ma nell'elenco dei reperti ci sono anche diverse macchie risultate positive al tampone luminol (che individua il sangue): sono rilevate sia all'interno del pozzo sia in altri punti attorno al suo varco d'accesso. Nella lista anche la confezione vuota di una pinza sterile, vicino all'accesso del pozzo; una maglietta di cotone taglia 12 e altri oggetti di uso comune, fra i quali la famosa batteria di cellulare che non si sa a chi appartenga. È tutto raccolto nei verbali degli investigatori scientifici ed è il frutto dei sopralluoghi nella casa delle cento stanze, custode per venti mesi dei corpi senza vita di Ciccio e Tore. Se e quanto sia importante ciascuno di quegli oggetti lo diranno gli accertamenti tecnici ordinati dalla procura e in corso da ieri. Il sangue che il luminol rileva all'imbocco del pozzo, per esempio. Oppure la «formazione pilifera» prelevata sul gradino: sono dettagli che potrebbero anche cambiare lo scenario dell'inchiesta se si scoprisse che non appartengono a nessuna delle persone coinvolte nel ritrovamento o nei soccorsi dei due fratellini. La difesa di Filippo Pappalardi, il padre di Ciccio e Tore accusato fino a due giorni fa di omicidio volontario (in carcere) e ora di «abbandono seguito dall'evento morte» (ai domiciliari), dà molta importanza alle due palline da bigliardo trovate nella cisterna-tomba.
Perché nella casa delle cento stanze ci sarebbero vecchi bigliardi e i due fratellini, quindi, potrebbero averla raggiunta per giocare prima dell'ultimo (contestato) avvistamento assieme al padre, alle 21.30. Sul minorenne e teste-chiave di quel contatto serale era stato chiesto un incidente probatorio (una nuova audizione in presenza di accusa e difesa) al giudice delle udienze preliminari Giuseppe De Benedictis. Ma ieri il gup lo ha respinto aprendo così le porte a una sempre più probabile remissione in libertà per Filippo Pappalardi. Perché proprio a quell'incidente probatorio era ancorata l'ipotesi che lui potesse inquinare le prove. Adesso, per tenerlo ai domiciliari non resta che la sua ipotetica capacità di reiterare il reato. Un altro colpo che la procura incassa continuando a sostenere che Pappalardi fosse consapevole della fine dei suoi figli.
Lo scontro fra la procura e il gip (che ha modificato accuse e misure contro Pappalardi) sta nelle parole del procuratore Emilio Marzano, premessa per un probabile ricorso: «Le valutazioni del Gip e la qualificazione da lui attribuita ai fatti non sono vincolanti nella fase delle indagini preliminari per l'ufficio del pubblico ministero, che è l'unico titolare dell'esercizio dell'azione penale». Una presa di posizione che arriva dopo giorni di silenzio e proprio mentre da Roma il ministro della Giustizia Luigi Scotti dice che «i magistrati parlano troppo» e che «è un illecito disciplinare parlare dei propri procedimenti, per di più in una maniera che finisce per confondere ulteriormente l'opinione pubblica».
Corriere della Sera Giusi Fasano 13 marzo 2008

Processo Erba: Rosa, intercettazione inedita

Processo per la strage Attese le mosse della difesa nell'udienza di domani

La donna voleva evitare le ammissioni di Olindo

Sembra seduta su una sedia che scotta. Sa che, nella sala vicina, il pm Massimo Astori sta torchiando il marito. Teme che Olindo possa cedere e così Rosa Bazzi tenta un gesto quasi disperato. Non sapendo di essere 'spiata' dalle cimici piazzate dal magistrato e dai suoi collaboratori. Si avvicina alla giovane agente della polizia penitenziaria del Bassone, sezione femminile, e tenta di 'corromperla'. «Senta - chiede una Rosa Bazzi intenerita - riesce a portare una notizia a mio marito'». La ragazza abbozza un sorriso. «Cosa dovrei dire a suo marito, signora'». «Che mi prendo tutto io' (la colpa della strage, ndr). E glielo dica che a me non pesa stare qui dentro».Ma il tentativo di Rosa va a vuoto. L'agente spiega che non può fare nulla di tutto ciò. «Senta, se lei vuole queste cose le deve dire al magistrato, non a me'».Rosa sospira e chiude gli occhi. Sono le 15.22 del 10 gennaio 2007, giorno in cui i coniugi di Erba hanno confessato la strage. L'interrogatorio di Olindo è appena iniziato e Rosa prova la carta della disperazione. Dal fascicolo della Procura, però, emergono anche altre conversazioni di quel giorno. In diversi orari della giornata. Con una Rosa sempre più agitata. Fino a quando arriva a chiedere alla ragazza che la sorveglia a vista: «Ma adesso che abbiamo detto queste cose, voi ci tratterete male' Mi raccomando di no, ve lo chiedo per mio marito». Una Rosa che si prodiga per limitare i danni di Olindo. Forse perché - come lei stessa ha poi ammesso nella confessione trasmessa in Corte di Assise - si è resa conto di avere «rovinato la vita al marito» con la sua scelta di salire nella casa di Raffaella Castagna. Ma poi tutto questo è stato ritrattato.
Corriere di Como Marco Romualdi

STRAGE ERBA: DOMANI LA PAROLA ALLA DIFESA, SFILANO I PRIMI TESTIMONI

Milano, 12 mar. - (Adnkronos) - Parola alla difesa. Domani, nell'aula del Tribunale di Como, comincera' la sfilata dei primi testimoni pronti a dare voce alla ricostruzione della strage di Erba del collegio difensivo di Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi accusati del quadruplice omicidio. E' prevista la testimonianza di alcuni agenti dellla polizia penitenziaria del carcere del Bassone di Como, dove i due indagati sono rinuchiusi dall'8 gennaio 2007. Poi, davanti alla Corte D'assise presieduta da Alessandro Bianchi dovrebbe parlare alcuni vigili del fuoco intervenuti la sera dell'11 dicembre 2006 quando, a colpi di spranga e coltelli, persero la vita Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la nonna del piccolo Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini. Si e' salvato solo per miracolo il marito di quest'ultima, Mario Frigerio. Tra i testimoni dovrebbero esserci anche alcuni amici di Raffaella. Secondo la difesa, rappresentata da Fabio Schembri, Luisa Bordeaux ed Enzo Pacia, sia Olindo che Rosa dovrebbero essere presenti alla dodicesima udienza. Lunedi' la gabbia dell'aula, invece, era rimasta vuota per la prima volta dall'inizio del processo.
(Afe/Zn/Adnkronos)
12-MAR-08 20:04

STRAGE ERBA: DOMANI LA PAROLA ALLA DIFESA, SFILANO I PRIMI TESTIMONI

Milano, 12 mar. - (Adnkronos) - Parola alla difesa. Domani, nell'aula del Tribunale di Como, comincera' la sfilata dei primi testimoni pronti a dare voce alla ricostruzione della strage di Erba del collegio difensivo di Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi accusati del quadruplice omicidio. E' prevista la testimonianza di alcuni agenti dellla polizia penitenziaria del carcere del Bassone di Como, dove i due indagati sono rinuchiusi dall'8 gennaio 2007. Poi, davanti alla Corte D'assise presieduta da Alessandro Bianchi dovrebbe parlare alcuni vigili del fuoco intervenuti la sera dell'11 dicembre 2006 quando, a colpi di spranga e coltelli, persero la vita Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la nonna del piccolo Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini. Si e' salvato solo per miracolo il marito di quest'ultima, Mario Frigerio. Tra i testimoni dovrebbero esserci anche alcuni amici di Raffaella. Secondo la difesa, rappresentata da Fabio Schembri, Luisa Bordeaux ed Enzo Pacia, sia Olindo che Rosa dovrebbero essere presenti alla dodicesima udienza. Lunedi' la gabbia dell'aula, invece, era rimasta vuota per la prima volta dall'inizio del processo.
(Afe/Zn/Adnkronos)
12-MAR-08 20:04

FRATELLINI GRAVINA: AMICI PAPPALARDI ORGANIZZANO PARTITA CALCIO

UNA PARTITA DI CALCIO ALLA QUALE PARTECIPERANNO BAMBINI E RAGAZZI DAI 6 AI 16 ANNI, DELLE SCUOLE GRAVINESI, SI TERRA' IL 21 MARZO NELLO STADIO COMUNALE DI GRAVINA E SARA' INTITOLATA A ''CICCIO E TORRE NEL NOSTRO CUORE''.E' ORGANIZZATA DA UN GRUPPO DI AMICI DI FILIPPO PAPPALARDI INSIEME CON L'ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA 'MANHATTAN' DI PALO DEL COLLE.I PROMOTORI SONO ALCUNI AMICI DI FILIPPO PAPPALARDI CHE QUALCHE VOLTA HANNO GIOCATO A CALCIO CON LUI CHE RICOPRIVA IL RUOLO DI PORTIERE.
Telenorba 12/03/08 16:57:08

Gravina, lite fra toghe: pg e pm attaccano il gip

Bari - "Le valutazioni del gip e la qualificazione da lui attribuita ai fatti non è vincolante di per sé, e, nella fase delle indagini preliminari, per l’ufficio del pubblico ministero, che è l’unico titolare dell’esercizio dell’azione penale". Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Bari, Emilio Marzano, riferendosi alla modifica delle accuse che il gip ha ieri contestato a Filippo Pappalardi. Il gip Giulia Romanazzi ha infatti derubricato le accuse di duplice omicidio volontario e di occultamento di cadavere in quella meno grave di abbandono di minorenni seguito dalla morte. Con la modifica fatta dal gip, si è passati quindi dalla contestazione di un reato che prevedeva l’ergastolo a uno per il quale la pena massima è di otto anni, scrivendo un’altra verità rispetto a quella della procura sulla triste storia dei due ragazzini di Gravina.
Forse ricorso "Di fronte al provvedimento del gip, di cui l’ufficio del pm ha appena avuto conoscenza ufficiale, è necessario approfondire gli argomenti del giudice per le indagini preliminari". Sono queste le parole di Marzano, che sta indagando sulla scomparsa e la morte dei due fratellini di Gravina, Ciccio e Tore. Incontrando i cronisti Marzano ha voluto illustrare quali saranno le valutazioni della procura: "Bisogna riflettere sulle argomentazioni del gip e confrontarci all’interno dell’ufficio inquirente sull’interpretazione e sulla determinazione del pubblico ministero potrà adottare rispetto al provvedimento". Adesso la procura ha dieci giorni di tempo per valutare e, casomai, presentare ricorso in appello contro la decisione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari.
Il Giornale 12 marzo 2008

Ciccio e Tore, Marzano:"Stiamo studiando la decisione del gip"

12 marzo 2008

Il giorno dopo la scarcerazione di Pappalardi, il procuratore sottolinea che "l’ufficio del pubblico ministero è l’unico titolare dell’esercizio dell’azione penale”

di Antonio Scotti
”Le valutazioni del gip e la qualificazione da lui attribuita ai fatti non è vincolante di per sè, in quanto l’ufficio del pubblico ministero è l’unico titolare dell’esercizio dell’azione penale”. All’indomani dalla scarcerazione di Filippo Pappalardi, il padre di Ciccio e Tore, i due fratellini ritrovati morti lo scorso 25 febbraio all’interno di una cisterna, il procuratore della Repubblica di Bari, Emilio Marzano, rispondendo alle domande di alcuni cronisti, ha lasciato intendere che prima di presentare eventuali ricorsi alla decisione del gip Giulia Romanazzi, il pool inquirente dovrà studiare nel dettaglio il provvedimento: “E’ necessario approfondire gli argomenti del giudice, riflettere sulle considerazioni dal medesimo svolte e, quindi, confrontarci all’interno dell’ufficio inquirente sull'interpretazione e sulle determinazioni che il pubblico ministero potrà adottare rispetto al provvedimento”. Il gip Giulia Romanazzi ha di fatto derubricato nei confronti di Filippo Pappalardi l’accusa di duplice omicidio e occultamento di cadaveri. Al momento, al papà dei due fratellini viene contestato il reato di abbandono seguito da morte, secondo l'articolo 591 comma 3 del codice penale.
Ieri, intanto, Filippo Pappalardi ha trascorso la sua prima notte a Gravina dopo la detenzione in carcere durata circa quattro mesi. L’uomo è stato accolto da un applauso da parte di alcuni suoi concittadini, che da sempre hanno sposato la causa della sua totale estraneità ai fatti. Il papà di Ciccio e Tore si è sempre dichiarato innocente rispetto il decesso dei suoi due figli, anche se a pesare come un macigno nel quadro accusatorio formalizzato dagli inquirenti c’è la testimonianza di un baby testimone. Il quale dichiarò di aver visto Pappalardi la sera del 5 giugno 2006, data della scomparsa dei due fratellini, andare a prelevare Ciccio e Tore da piazza delle Quattro Fontane. Dove i due fratellini stavano giocando con alcuni loro coetanei a lanciarsi palloncini pieni d’acqua. Pappalardi ha sempre negato di essersi recato in quel luogo.
A ciò si aggiungono alcune intercettazioni ambientali che sembrano incastrare l’uomo. Tuttavia dai primi esami autoptici pare non siano stati rilevati segni di violenza sui corpi dei due ragazzini. Ciò fa salire le quotazioni dell’ipotesi della caduta accidentale di Ciccio e Tore all’interno della cisterna. Quello che rimane da stabilire è in quale circostanza i due fratellini si siano trovati nella casa padronale oltre che l’esatta dinamica della loro caduta.
Baei live 12 marzo 2008

mercoledì 12 marzo 2008

Pappalardi piange all'uscita dal carcere

VELLETRI (ROMA) – Testa bassa e lacrime trattenute a stento asciugate con un fazzoletto bianco. Così Filippo Pappalardi è uscito nel primo pomeriggio dal carcere di Velletri, a una quarantina di chilometri da Roma, a bordo di un’Audi A6 di colore blu, per partire alla volta di Gravina in Puglia, in provincia di Bari, dove sconterà i domiciliari disposti oggi dal gip Giulia Romanazzi. Il padre dei due fratellini, Ciccio e Tore, è uscito dalla casa circondariale con la barba incolta, con indosso pantaloni scuri e una giacca scamosciata di colore marrone e stringendo tra le mani una busta di carta. Nell’auto, era seduto sul sedile posteriore tra due persone, una delle quali era il suo difensore Angela Aliani. A confermare l’emozione di Pappalardi era stato, qualche ora prima che i cancelli del carcere si aprissero, il suo avvocato che ha detto che quando ha saputo della decisione del Gip «ha solo ripreso a piangere». «Era emozionato», ha detto il direttore del carcere di Velletri, Giuseppe Makovech, che ha sottolineato come Pappalardi abbia reagito «in maniera composta». Un provvedimento, quello dei domiciliari, che l’avvocato Aliani ha ritenuto «corretto sotto il profilo formale». «Non stiamo facendo un processo, – ha sottolineato il difensore – abbiamo solo stabilito i contorni di eventuali e presunte responsabilità». E alla domanda dei cronisti se il Gip abbia voluto mantenere valide alcune responsabilità attribuite al suo assistito, l’avvocato ha risposto: «Mi attengo allo stato degli atti; ho letto il dispositivo ma non ho letto le motivazioni. Per ora i contorni che aveva tracciato l’ordinanza custodiale non ci sono più perchè il Gip ha revocato quell'ordinanza». Dall’avvocato del padre di Ciccio e Tore era giunto in mattinata un appello: «Mi ha chiesto di non parlare con nessuno, rispettate la sua volontà». Una richiesta dettata anche dall’“espresso divieto – ha spiegato Makovech – di colloqui con persone che non siano i familiari». Pena «la revoca dei domiciliari». Fin dalla prima mattinata di oggi, ancor prima che il gip disponesse i domiciliari, decine di cronisti, teleoperatori e fotografi hanno affollato il piazzale davanti al carcere, circondato da coltivazioni di viti ed ulivi, ad alcuni chilometri di distanza dalla cittadina dei Castelli Romani. Nello stesso carcere è detenuto Angelo Izzo, uno dei massacratori del Circeo, che sta scontando l’ergastolo per l'assassinio di Maria Carmela Linciano e di sua figlia Valentina Maiorano avvenuto il 28 aprile 2005 in una villetta di Ferrazzano, in provincia di Campobasso. «In questo carcere – ha detto Aliani – il mio assistito è stato trattato benissimo». In questi mesi di detenzione Pappalardi «non ha dato particolari problemi – ha sottolineato Makovech – anzi ha sempre avuto un atteggiamento piuttosto dimesso, disciplinato nel controllare le sue emozioni».
Marialuisa Di Tullio 11/3/2008 La Gazzetta del Mezzogiorno

BARI: LEGALE PAPPALARDI, SOLLEVATA DAL FATTO CHE NON E' PIU' IN CARCERE

Bari, 11 mar. - (Adnkronos) - ''Mi sento sollevata dal fatto che Filippo Pappalardi non si trova piu' in carcere, anche se non condivido l'impostazione del gip. Gli arresti domiciliari sono il male minore''. Lo dice all'ADNKRONOS l'avvocato Angela Aliani, legale di Filippo Pappalardi, il padre dei due fratellini di Gravina, Francesco e Salvatore, collocato oggi agli arresti domiciliari dal gip del Tribunale di Bari, Giulia Romanazzi. Il legale si dichiara soddisfatta del fatto che il suo assistito sia tornato a casa e soprattutto che il giudice abbia smentito ''l'impianto accusatorio della Procura'', secondo la quale continuava a gravare su Pappalardi, nonostante le modalita' di ritrovamento dei corpi dei ragazzini nella cisterna sotterranea di via Consolazione, l'ipotesi che potesse avere ucciso volontariamente i suoi figli. ''Aspettiamo che si chiariscano alcune cose'', aggiunge. Sulla ricostruzione del gip circa una fuga volontaria dei fratellini, per nascondersi da una punizione del padre o sul fatto che Filippo Pappalardi e la stessa Maria Ricupero li abbiano visto insieme per ultimi la sera del 5 giugno 2006, l'avvocato Aliani preferisce per il momento non commentare. ''Leggero' con calma le carte - dice ma afferma ''di non credere a una confusione del baby testimone'' tra la figlia della coppia e la stessa Ricupero.
(Pas/Gs/Adnkronos)

martedì 11 marzo 2008

Video shock di Rosa, "Violentata da Azouz".Il tunisino:" Il racconto di Rosa non merita commenti"

Video shock di Rosa«Violentata da Azouz»

IL TUNISINO: «NON MERITA COMMENTI»

Rosa Bazzi non c'è. La gabbia della Corte d'Assise è vuota. Per la prima volta, anche Olindo, il marito, ha rinunciato a comparire davanti ai magistrati togati e popolari che lo stanno giudicando nel processo per la strage di Erba. Sono rimasti in carcere, i coniugi Romano. Perché, ha spiegato la difesa nei giorni scorsi, non vogliono riascoltare i nastri delle loro confessioni. Quelle rese prima alla Procura, poi al gip. E ancora, i colloqui con lo psichiatra.Non ci sono, Olindo e Rosa. Ma è come se fossero in aula. Perché le loro voci risuonano ugualmente nella lunga aula del Palazzo di Giustizia. Voci registrate. Voci che cambiano, ancora una volta, un quadro processuale in continuo divenire. Adesso è la donna che accusa: «Azouz mi ha violentata». E spiega, in questo modo, anche il movente degli omicidi. La vendetta. Dura. Violenta. Liberatoria. «Quando sono salita vedevo lui (Azouz, ndr), vedevo la scena, quello che abbiamo fatto sul divano. Lui che mi strappava i vestiti, io che pensavo di aver fatto male a Olindo. Mi sentivo addosso il suo odore, potevano esserci cento persone ma io vedevo la sua faccia. Anch'io mi sono tolta una soddisfazione, non c'era nessuna legge, non c'era nessuno che mi aiutava, me la sono fatta da me. E non mi trovo pentita». Le confessioniFacciamo un passo indietro. Dopo la rinuncia dei due imputati di sottoporsi all'esame, la Procura ha voluto far ascoltare ai giudici tutti gli interrogatori resi dai coniugi Romano nel corso della lunga istruttoria, oltre a una serie di intercettazioni ambientali. La difesa, per non essere da meno, ha chiesto la trasmissione integrale del colloquio in carcere di Rosa con Massimo Picozzi, psichiatra nominato dal primo legale della coppia, l'avvocato Pietro Troiano.Una procedura «estenuante», l'ha definita il presidente della Corte, Alessandro Bianchi. Ma anche suggestionante. Di forte impatto emotivo.Sono così stati diffusi gli interrogatori del 10 gennaio, quelli in cui Olindo e Rosa confessavano davanti ai pm la strage. Gli interrogatori di convalida del 12 gennaio, condotti dal gip Nicoletta Cremona. Il colloquio psichiatrico avuto da Rosa con Massimo Picozzi in carcere nel febbraio dello scorso anno e, infine, le dichiarazioni rese sempre da Rosa Bazzi ai sostituti procuratori Massimo Astori e Antonio Nalesso il 6 giugno 2007.La parte più interessante è sicuramente quest'ultima (insieme con il colloquio psichiatrico). Una ricostruzione-fiume della sera dell'11 dicembre, segnata da passaggi assolutamente non credibili.«Quella sera Raffaella e sua madre discutevano, stavano parlando male di me. È arrivato l'Olindo, mi ha preso il ferro dalle mani ed è entrato in casa. 'Cos'è che hai contro di noi'', le ha detto». Raffaella risponde a male parole, spiega la Bazzi. «Allora l'Olindo le ha dato un colpo in testa. Poi ha colpito la madre. La Raffaella s'è alzata, lì non ho capito più nulla. Abbiamo lottato tanto, io e la Raffaella. Le ho dato un colpo in testa abbastanza forte perché quando l'ho presa mi sono arrivati schizzi di sangue. Nel frattempo la mamma mi ha detto: 'Non è giusto che mi fai questo' e io le ho dato una coltellata».Un racconto in cui le due vittime sono colpite a ripetizione e, come nei cartoni animati, si rialzano di continuo. E in cui Rosa si ritaglia pure spazi di improvvisa umanità: «Dopo averla colpita la mamma di Raffaella faceva fatica a parlare e a respirare e le ho messo un cuscino sotto la testa».Lo stuproLa ricostruzione quasi fantascientifica della carneficina della casa del ghiaccio si interrompe bruscamente. Per lasciare spazio a un'altra storia. La presunta violenza sessuale subita qualche settimana prima dell'11 dicembre. Lo stupro commesso da Azouz sul divano del salotto. Rosa Bazzi spiega che il giovane tunisino la molestava di continuo.«Diceva che era cotto di me. Quando aveva rapporti con la Raffaella pensava di stare con me. Tutti i posti in cui andavo, lui c'era, si affacciava al balcone, abbassava i pantaloni, faceva i suoi gesti, tante volte lasciavo perdere, se lo dicevo all'Olindo si incavolava». Poi narra, con dovizia di particolari, la violenza. «Tre settimane prima di quello che ho fatto (i delitti dell'11 dicembre, ndr) lui è arrivato alle 9 con il furgone. Era un martedì, me lo ricordo perché non andavo a stirare, ero libera dal lavoro. Ha suonato il campanello, ho spostato la tenda della sala ma non mi sono affacciata. Dopo ho messo fuori la biancheria, lui era seduto sul marciapiede davanti casa, a fumare. Quella mattina, con la Raffaella, stavano litigando. Erano botte a tutto andare. Io ho messo fuori il piumino. Purtroppo ho il vizio di non chiudere le porte. Quando sono rientrata ho visto un'ombra in cucina. Pensavo fosse Olindo». Invece no. Rosa dice di essersi trovata di fronte ad Azouz. «In quel momento mi sono sentita fredda, ho preso un vaso e gli ho detto di uscire. Ero arrabbiata, tremavo dalla paura, dentro di me stavo male. Lui ha cominciato a dirmi che in galera pensava sempre a me. Gli ho detto se gli mancava una rotella, di tornare dalla moglie che aveva un figlio. Ho fatto uno sbaglio a girarmi, lui mi ha preso, mi ha detto che voleva lasciare la Raffaella ma gli dissi che era Raffaella che voleva lasciare lui. Mi ha strappato la maglietta, ho cercato di difendermi più che potevo ma mi ha sbattuto sul divano. Mi ha detto che avevo un corpo più bello di quello di sua moglie, ho lottato tantissimo, ma mi ha strappato la gonna e le mutandine, si è abbassato i pantaloni e ha fatto quello che aveva da fare. Ha detto che voleva ammazzare l'Olindo, che mi voleva come moglie e di volermi portare al suo Paese. Ho cercato in tutti i modi di dargli calci ma è entrato nel mio corpo».Da quel momento, Rosa Bazzi medita la vendetta. Tre settimane dopo si fa 'giustizia da sola'. Ma Azouz è in Tunisia.

Dario Campione

Il racconto di Rosa non merita commenti»

Il marito di Raffaella: «La amavo troppo per tradirla»La difesa: «Smentiremo la Procura con elementi scientifici»




Ride, in aula Azouz Marzouk. Il tunisino, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, due delle quattro vittime della strage di Erba, non riesce a trattenere un sorriso quando la Bazzi parla della presunta attrazione fisica che poi avrebbe portato lo stesso Azouz a violentare l'imputata. Secondo Rosa, in quelle dichiarazioni, uno dei motivi scatenanti della carneficina. Scuote la testa, il giovane tunisino, poi ride, infine si copre il volto.All'uscita il suo pensiero è affidato a un foglietto, l'ennesimo di questo processo, scritto a mano dal suo legale, Roberto Tropenscovino.«Non ho mai tradito Raffaella, la amavo troppo - dice Azouz - Il racconto della bella signora non merita commenti, e comunque, come è facile immaginare, non è mai stata il mio tipo». Tropenscovino poi aggiunge: «Se non fossimo in un processo di Corte d'Assise come questo avremmo potuto farci una risata, perché non si può che sorridere di fronte a una accusa così infamante che, ribadisco, non potrà che portarci nelle giuste sedi per tutelare il nome del mio assistito».Il riferimento è alla querela per calunnia nei confronti dell'ex vicina di casa di Marzouk.Al termine dell'ennesima giornata di ascolti e filmati che riguardano i due imputati, nonché dell'ultima udienza affidata alla guida della Procura, il bilancio degli avvocati di parte civile è comunque più che positivo«La ricostruzione della Procura è stata per l'ennesima volta confermata - dice Francesco Tagliabue, legale della famiglia Castagna - Abbiamo sentito ancora una volta confessioni degli imputati e credo che nessuno possa avere dubbi sul fatto che fossero genuine, non estorte o indotte come la difesa aveva fatto pensare».«La strategia difensiva' Non l'ho ancora capita. Anche il signor Carlo Castagna non riesce a comprendere come mai, dopo tutte queste confessioni, si stia andando avanti con il processo. Attende anche lui di sapere cosa la difesa avrà da dire».Stessa linea tenuta da Manuel Gabrielli, l'avvocato della famiglia Frigerio. «Dopo la testimonianza del signor Mario Frigerio per me il processo è concluso - dice - Adesso sentiremo la difesa ma non ci saranno sorprese». E sul supertestimone: «Frigerio è indispettito dall'atteggiamento della difesa. Lui, quella sera, ha visto il signor Olindo, l'ha ribadito in aula e quindi è infastidito dal fatto che qualcuno possa permettersi di dire che non sia attendibile». «Anche la Corte ha ridotto la lista dei testimoni della difesa - conclude Gabrielli - Siamo in dirittura d'arrivo».Ovviamente di parere opposto l'avvocato della difesa, Fabio Schembri.«Tante cose di quelle udite oggi dalla voce della Bazzi differiscono dalla versione del 10 gennaio. Si parla, ad esempio, di colloqui con le vittime dopo che erano state colpite, di arrivi delle vittime in modo diverso da quanto dice l'accusa, della presenza o meno della luce. Elementi che non sono particolari ma il nocciolo della storia». Quale sarà, dunque, la strategia della difesa' «Confutare l'ipotesi accusatoria della Procura, a partire dalla ricostruzione dei fatti che cercheremo di smentire basandoci solo su dati scientifici».

Corriere di Como 11 marzo 2008 Mauro Peverelli

Erba: La Corte lascia alla difesa solo trenta testimoni

Si torna in aula dopodomani

“Tagliati” i familiari di Marzouk, un consulente e Giuseppe Castagna

All'origine erano 156. Dopo gli interrogatori del pubblico ministero, da sentire ne erano rimasti 119. La difesa, a sua volta, ha rinunciato ad altri 36, arrivando così a 83. La Corte d'Assise, ieri, ha ulteriormente dato un colpo di forbice alla lista dei testimoni dei legali dei coniugi Romano che ora avranno solo 30 nomi su cui contare per far traballare il castello costruito fin qui dalla Procura che sembra inattaccabile.I primi testimoni saranno in aula giovedì, e si partirà subito dalle guardie carcerarie del Bassone. Il chiaro intento della difesa è puntare sui rapporti tesi di Azouz Marzouk all'interno dell'istituto penitenziario lariano. Infatti, tra i 'superstiti' della lista, non a a caso la gran parte ruota attorno al carcere, dalla psicologa della struttura agli assistenti sociali di Rosa e Olindo, da un detenuto che potrebbe conoscere i guai di Azouz al padre spirituale del Bassone, senza dimenticarsi dell'ex direttrice - che dovrebbe riferire sul timore per le minacce ricevute dal tunisino - e della polizia penitenziaria. Gli altri testimoni saranno tre operatori sanitari, due vigili del fuoco, il vicino di casa Pietro Ramon, più un fotografo presente nella corte la sera dell'11 dicembre 2006 e Ben Brahim, senza fissa dimora nordafricano ascoltato anche dai carabinieri e che avrebbe riferito di aver visto e sentito cose utili alle indagini. La difesa chiuderà poi con i suoi consulenti, ovvero Carlo Torre e Valentina Vasino, medici legali, Oscar Candian, Nello Balossino e Nunzia Chieppa. Tra i nomi che invece sono stati depennati figurano i carabinieri di Como ed Erba - molti di loro erano già stati sentiti dal pubblico ministero - Giuseppe Castagna (fratello di Pietro, già testimone in aula), i parenti di Azouz Marzouk e Sarah Gino, medico legale esperto di genetica consulente del trio difensivo composto dai legali Enzo Pacia, Fabio Schembri e Luisa Bordeaux. «Non è detto però che siano solo trenta - ribatte lo stesso avvocato Fabio Schembri - Può essere che possano essere integrati nuovi testimoni in futuro». Non è da escludere nemmeno che gli stessi imputati possano rilasciare nuove dichiarazioni spontanee. Ieri, tra l'altro e per la prima volta dall'inizio del processo, i coniugi Romano non erano presenti in aula. «La scelta di non partecipare era già stata fatta dalla signora Bazzi nell'ultima udienza quando lasciò l'aula - conclude il legale - Il signor Romano sapeva che in questa udienza ci sarebbero stati audio di ulteriori dichiarazioni della signora e ha deciso di non venire. Da giovedì, però, torneranno in aula».Calendario aggiornatoLa Corte d'Assise ha anche aggiornato il calendario delle udienze. Alle rimanenti sei ne sono state aggiunte 12. L'ultima delle quali fissata il 28 di maggio. Data in cui si spera possa arrivare la sentenza per la strage di Erba.

Mauro Peverelli-Corriere di Como

lunedì 10 marzo 2008

Hollywood : inizia il processo del secolo

Mercoledì scorso, con la selezione dei giurati, è iniziato a Los Angeles il processo contro il detective Tony Pellicano, specialista nelle intercettazioni telefoniche.
E’ il processo più clamoroso nella storia di Hollywood ed è anche il più scomodo. Pellicano è stato il detective privato delle star, un uomo potente e temuto sia dagli amici che dai nemici.“Se siete un suo amico fate parte della sua famiglia” dice di lui Sylvester Stallone “ma se non siete un suo amico allora siete davvero nei guai. Lui sa tutto di tutti. Può rovinare chiunque come e quando vuole.”
Alla sbarra dei testimoni sfileranno poliziotti, tecnici delle telecomunicazioni, avvocati, giornalisti, detectives privati, impresari cinematografici, attori e attrici.
Arrestato nel 2002 per detenzione illegale di armi da guerra, Pellicano si era visto rifiutare la libertà dietro cauzione perché nel suo ufficio sul Sunset Boulevard gli agenti federali avevano scoperto un vero e proprio arsenale.In questi sei anni non ha mai cercato di affrettare i tempi del processo, anzi. Sa di tenere Hollywood con il fiato sospeso e sembra voler prolungare l’attesa il più a lungo possibile.
Incolpato di intercettazioni telefoniche illegali, corruzione di poliziotti e intimidazione di testimoni, il detective aveva raggiunto la fama grazie ai suoi discutibili metodi di lavoro.
Attraverso i propri avvocati gli attori di Hollywood si rivolgevano a lui per risolvere “velocemente e discretamente” questioni spinose.Tom Cruise lo aveva fatto contattare riguardo al divorzio da Nicole Kidman, Chris Rock si era rivolto a lui per “calmare” una ex rimasta incinta; Michael Jackson gli aveva chiesto di negoziare un accordo con un ragazzino che lo accusava di abusi sessuali.
Tony Pellicano operava in puro stile mafioso, era preciso ed efficace ma oggi coloro che hanno fatto ricorso ai suoi servizi sembrano non sapere chi sia, negano di averlo mai conosciuto.E tutti - senza eccezione - hanno paura di quello che verrà svelato dal processo appena iniziato.
“Questo processo aprirà una finestra sui bassi fondi di Hollywood” ha commentato il suo avvocato “questo non capita tutti i giorni. Ne vedremo delle belle.”
Dal canto suo Pellicano assicura che non vuole male a nessuno “ So che molte persone adesso si sentono in pericolo e molto a disagio” dice “perchè io conosco i loro segreti e molti di questi segreti - se rivelati - sarebbero molto imbarazzanti.Ma l’etica professionale mi impedisce di parlare. Sono e rimango un professionista, sono fedele a una certa morale e ad un profondo senso di omertà.”
(10 marzo 2008 Le Figaro)

Ciccio e Tore, ricostruita al computer la caduta nella cisterna

Siltta a domani la decisione del gip Romanazzi sulla scarcerazione di Filippo Pappalardi

di Antonio Scotti
La dinamica della caduta di Ciccio e Tore, i due fratellini scomparsi il 5 giugno 2006 e ritrovati il 25 febbraio scorso all'interno di una cisterna profonda 25 metri, è al vaglio degli inquirenti. Stamattina, infatti, polizia scientifica e medici legali hanno rielaborato al computer una possibile ipotesi di come Ciccio e Tore siano precipitati nella cisterna sulla base degli utlimi rilevamenti. Per questo sono state ricostruite le fratture riscontrate sui due corpi e, su questa base, sarà anche simulata la dinamica della caduta con l'ausilio di manichini virtuali. Ciò potra consentire di ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente e che in modo i ragazzini siano finiti in quel pozzo.
Proprio due giorni fa la polizia è tornata nella casa abbandonata per ispezionare i gradini del lungo cunicolo verticale dal quale sono precipitati Ciccio e Tore. Tra gli strumenti utilizzati anche una lampada a raggi ultravioletti utile a rilevare l’eventuale presenza di materiale organico.
Intanto è stata rinviata a domani mattina la decisione del gip Giulia Romanazzi sulla richiesta di scarcerazione di Filippo Pappalardi, padre dei due fratellini, accusato di duplice omicidio e occultamento di cadaveri. Da quanto si è appreso, pare che lo slittamento a domani sia dipeso solo ed esclusivamente da motivi di natura tecnica. Ma non è escluso che la decisione potrebbe essere stata assunta sulla base della richiesta della difesa di considerare gli esami istologici dei medici legali sui corpi dei due fratellini. Per domani, infatti, è prevista la consegna in Procura di una prima relazione delle analisi. Ma tale richiesta, di fatto, allungherebbe ancora di più i tempi di decisione del gip, dacché si dovrebbe attendere che la Procura trasmetta all’ufficio del gip le analisi e che il giudice li possa esaminare.
Bari Live 10 marzo 2008

Rosa contro Azouz in due confessioni:"Era cotto di me, mi voleva"

lunedì 10 marzo 2008
Si scaldano gli animi nel processo per la strage di Erba. E Rosa Bazzi, anche se oggi non presente in aula, punta l'indice verso Azouz Marzouk in ben due confessioni: il video - choc del febbraio 2007 e quella del 6 giugno 2007. La moglie di Olindo ha accusato apertamente il tunisino di averlo non solo importunata con sguardi e commenti. Ma anche di essesi calato ripetutamente i pantaloni davanti a lei. Fino ad ammettere la violenza sessuale:"Era cotto di me, mi voleva ad ogni costo. Voleva portarmi nel suo paese". Ed ancora:"Lui ha cominciato a dirmi che quando era in galera pensava sempre a me e che avevo un corpo migliore di sua moglie. Ho cercato di difendermi, ma non ce l'ho fatta".E la replica di Azouz è affidata alle parole del suo legale Roberto Tropenscovino con un biglietto ironico letto dall'avvocato all'esterno dell'aula di Assise:"Il racconto della bella signora non merita commenti. Non ho mai tradito Raffaella e comunque, come è facile immaginare, lei non è certo il mio tipo".
Ciao Como

STRAGE ERBA; NELLE CONFFESIONI DI R.BAZZI L'OSSESSIONE DI AZOUZ

Ascoltati in Aula i verbali ritrattati, "non mi trovo pentita"

Milano, 10 mar. (Apcom) - Rosa Bazzi, imputata con il marito Olindo Romano per la strage di Erba, era ossessionata da Azouz Marzouk, il vero obiettivo della sua furia omicida. E' quanto emerge dalle tre confessioni del 2007, poi ritrattate, ascoltate oggi in Aula di fronte alla Corte d'Assise di Como. Quella sera "Era lui il mio scopo - ha detto la Bazzi in lacrime il 24 febbraio di fronte alla telecamera del criminologo Massimo Piccozzi, riferendosi al vicino di casa che l'11 dicembre 2006 ha perso moglie, figlio e suocera -. Vedevo lui sulla Raffaella, sulla mamma, sul bambino e sulla signora di sopra. Vedevo lui che mi sorrideva soddisfatto". Per l'imputata, che come il marito oggi ha deciso, per la prima volta, di non partecipare all'udienza, la strage fu una reazione esagerata, "volevamo solo spaventarli", ai tanti torti subiti dai vicini di casa.
Un calvario culminato, tre settimane prima della strage, in una presunta violenza sessuale da parte di Marzouk, che la donna avrebbe nascosto a tutti, perfino al marito, per paura della sua reazione. "Mi ha preso dalla schiena - ha raccontato la donna il 6 giugno ai pm - e ha incominciato a dirmi che senza di me non ce la faceva più a vivere e che voleva lasciare Raffaella". Il tunisino avrebbe poi cominciato a spogliarla: "Ho cercato di difendermi più che potevo. Lui mi ha preso, mi ha sbattuto sul divano e mi ha strappato i vestiti. Si è abbassato i pantaloni e ha fatto quello che doveva fare: è entrato nel mio corpo". Accuse che hanno suscito la reazione di Azouz, presente in Aula fino al primo pomeriggio: "Non ho mai tradito Raffaella - ha scritto in un messaggio affidato al suo legale che annuncia querele - la amavo troppo. Il racconto della bella signora non merita commenti... E comunque, come è facile immaginare, non è mai stato il mio tipo".
"Non ce la facevo più - ha continuato l'imputata di fronte al criminologo riferendosi alla presunta violenza sessuale subita da Marzouk - Ogni volta che chiudo gli occhi vedo quella scena. Quando sono salita vedevo lui sul divano che mi strappava i vestiti. Non so chi ho colpito perché non si vedeva, pensavo di avere fatto del male anche a Olindo, poi, ho toccato anche il bambino. Mi sentivo addosso il suo odore. Vedevo la faccia di lui che mi sorrideva soddisfatto - ha continuato sempre riferendosi a Marzouk - e anche io mi sono tolta una soddisfazione. Non c'era nessuna legge, nessuno che mi aiutasse, me la sono fatta da me e non mi trovo pentita".
Nel video Rosa Bazzi riferisce di avere vissuto l'aggressione come un gesto di liberazione e di riscatto: "Mi sentivo forte anche io. Quando siamo usciti e loro erano ancora vive - ha detto riferendosi a Raffaella Castagna e alla madre Paola - mi sono detta anche io sono diventata forte. Anche io sapevo che potevo difendermi". Una delle vittime è però il piccolo Youssef: "Ho cercato di tenerlo tranquillo e quando lui mi ha visto mi ha detto ciao, si è tranquillizzato". Poco dopo, ha continuato l'imputata, è intervenuta Raffaella e il bambino "si è messo a gridare e nel momento in cui gridava gli ho puntato il coltello alla gola".
L'undicesima udienza del processo si è conclusa con la decisione della Corte di ridurre, da 150 a una trentina, il numero dei testimoni della difesa che inizieranno a deporre il 13 marzo.
10 marzo 2008

STRAGE DI ERBA / ROSA BAZZI: "AZOUZ MI HA VIOLENTATO" LUI:"NON HO MAI TRADITO RAFFAELLA"

LA STRAGE DI ERBA / LE REGISTRAZIONI
Nonostante l'assenza dei coniugi Romano, all'undicesima udienza del processo sono state ascoltate registrazioni che confermano le confessioni rese al pool di magistrati che indagò sul massacro. La Bazzi sul piccolo Youssef: "Mi ha detto 'ciao' e io gli ho puntato il coltello alla gola"

Como, 10 marzo 2008 - Rosa Bazzi ossessionata da Azouz Marzouk. Perseguitata, picchiata, violentata dal tunisino a cui, secondo l'accusa, avrebbe sterminato insieme al marito Olindo Romano la famiglia. Nell'aula del Tribunale di Como dove è in corso l'undicesima udienza del processo per la strage di Erba viene ascoltata la registrazione dell'interrogatorio del 6 giugno 2007 quando la donna aveva parlato di una presunta violenza sessuale subita dal tunisino tre settimane prima della strage dell'11 dicembre 2006.

Era un martedì mattina, intorno alle 9, quando Azouz era entrato a casa sua. "Mi ha preso dalla schiena -racconta- ha incominciato a dirmi che senza di me non ce la faceva più a vivere e che voleva lasciare Raffaella". E ancora: "Ha cominciato a strapparmi la maglietta -spiega Rosa nell'interrogatorio- ho cercato di difendermi più che potevo. Lui mi ha preso, mi ha sbattuto sul divano e mi ha strappato i vestiti. Si è abbassato i pantaloni e ha fatto quello che doveva fare: è entrato nel mio corpo".

È un racconto ricco di particolari quello della donna che sottolinea: "Lui mi teneva con una forza terribile, mi ha detto che era una cosa bellissima perchè mi voleva a tutti i costi". Una violenza che si consuma in via Diaz nella stessa corte in cui l'11 dicembre 2006 hanno perso la vita quattro persone. Una violenza che secondo la donna si conclude con una minaccia. "Se provavo a parlare -dice Rosa- Azouz avrebbe ucciso Olindo. Lui voleva a tutti i costi portarmi nel suo paese". Nell'interrogatorio Rosa racconta ancora diversi episodi in cui Azouz l'avrebbe picchiata, inseguita, minacciata. "Lui diceva che era cotto di me e dopo avermi violentata mi ha salutato dicendo 'Ciao, sei figa'".

Nell'interrogatorio Rosa racconta poi la sera della strage e la convinzione di avere ucciso anche il tunisino. "Era lui la mia ossessione. Ero convinta -sottolinea- di avere accoltellato Marzouk". Una doccia fredda che per lei arriverà solo alcune ore dopo la strage quando insieme al marito cenano al McDonald's. Qui Rosa dice: "Beh, sono contenta perchè... come si chiama Marzouk l'ho sistemato bene. Olindo mi ha dato come una coltellata alla schiena perchè mi ha detto 'guarda che Marzouk non c'erà. E lì -conclude- sono entrata nel tunnel in cui sono ancora adesso".

YOUSSEF
"Quando mi ha visto mi ha detto 'Ciao' e si è tranquillizzato. Poi si è messo a gridare e in quel momento gli ho puntato il coltello alla gola". Così la Bazzi ricorda nell'interrogatorio del 6 giugno 2007 il momento in cui ha accoltellato Youssef di 2 anni. Il piccolo morirà insieme alla madre Raffaella Castagna, alla nonna Paola Galli e ad una vicina di casa Valeria Cherubini sotto i colpi dei killer. Nell'aula del Tribunale di Como dove è in corso il processo per la strage dell'11 dicembre 2006 risuonano le parole della donna che avrebbe compiuto il quadruplice omicidio. E spunta l'odio verso Raffaella. "Mi ha sempre umiliato, mi ha sempre preso a calci in faccia. Sono una vigliacca perchè non sono mai stata capace di difendermi". Fino alla decisione di fargliela pagare e di ucciderla. "Abbiamo lottato tanto io e Raffaella. Le ho dato un colpo in testa abbastanza forte perchè quando l'ho presa è uscito tanto sangue e due schizzi hanno colpito anche me".

MARZOUK
In un biglietto scritto dal suo legale, Roberto Tropenscovino, Azouz Marzouk dice: ''Non ho mai tradito Raffaella, l'amavo troppo''. ''Il racconto della bella signora - ironizza Azouz - non merita commenti... e comunque, come e' facile immaginare, non e' mai stato il mio tipo!''. Il riferimento è alla presunta violenza sessuale subita da Rosa Bazzi per la quale il tunisino ha gia' querelato l'ex vicina di casa per calunnia.
Quotidiano.net 9 marzo 2008

GRAVINA: PAPPALARDI, IL GIORNO DELLA VERITA' SLITTA A DOMANI

IL GIALLO DI GRAVINA
Pappalardi, il giorno della verità slitta a domani
Il padre di Ciccio e Tore, in carcere dal 27 novembre, è accusato di aver sequestrato, ucciso e occultato i cadaveri dei figli, ma il ritrovamento dei corpi ha cambiato il quadro indiziario

Bari, 10 marzo 2008 - La decisione sulla scarcerazione di Filippo Pappalardi, il padre di Ciccio e Tore, slitterà a domani mattina. Lo ha detto il presidente dell'ufficio Gip, Giovanni Leonardi ai giornalisti che stazionavano fuori dall'ufficio della Procura.

La decisione slitta a domani, si apprende da fonti giudiziarie, non perché il gip attenda ulteriori perizie o elementi di indagine ma perchè il gip Giulia Romanazzi avrebbe deciso di utilizzare a pieno i cinque giorni dalla data dell'interrogatorio di Pappalardi avvenuto giovedì scorso, termine peraltro che, è bene ricordario, è ordinatorio e non perentorio.
Altri fonti giudiziarie hanno confermato che in Procura non è stata consegnata alcuna relazione intermedia da parte dei periti, nè sarebbe prevista e che quindi la consegna della relazione sulle perizie medicolegali sarebbero previste, così come annunciato sin dal primo momento,a 30 giorni dal conferimento dell'incarico.


C'era grande attesa per la decisione del Gip Giulia Romanazzi che in giornata dovrebbe pronunciarsi sull'istanza di scarcerazione di Filippo Pappalardi, il padre dei due fratellini Ciccio e Tore scomparsi il 5 giugno del 2006 e ritrovati cadaveri lo scorso 25 febbraio all'interno di una masseria nel centro abitato di Gravina.

Il padre di Ciccio e Tore, in carcere dallo scorso 27 novembre, è accusato dalla Procura della Repubblica di Bari di aver sequestrato, ucciso e occultato i cadaveri dei figli, ma il ritrovamento dei corpi ha cambiato il quadro indiziario, almeno secondo il suo legale, mentre non è dello stesso avviso la Procura diretta da Emilio Marzano.
Alle 9.30 in Tribunale è arrivato Antonino Lupo, sostituto procuratore che rappresenta l'accusa in questo processo, che ha dichiarato: "Siamo sereni e accettiamo ogni decisione, a noi interessa accertare solo come i bambini siano finiti dentro il pozzo". Anche questa mattina ai giornalisti non è stato consentito di entrare all'interno del palazzo di Giustizia, nonostante le proteste della categoria dei giorni scorsi.
Quotidiano.net 10 marzo 2008

VIAGGI

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