giovedì 13 marzo 2008

Mistero su sangue e farmaci trovati nel pozzo di Gravina

La Procura ordina nuovi esami. Scontro con il gip. C'era un paio di scarpe numero 37
Disposte indagini scientifiche su alcuni peli e capelli, su una pinza sterile e sulla batteria di un cellulare

DAL NOSTRO INVIATO
La scarcerazione di Pappalardi (Ansa)GRAVINA IN PUGLIA — La lista dei reperti misteriosi è lunga una decina di pagine. Si parla di una fiala vuota con il collo spezzato e con l'etichetta del farmaco Midazolam (un potente sedativo); di un paio di scarpe numero 37 dalle tomaie in simil-pelle; di un brandello di tessuto blu sul quale si legge la scritta NG «rinvenuto in un punto adiacente al margine destro del varco d'accesso del pozzo » e di una «formazione pilifera » (peli o capelli) sull'ultimo gradino della scalinata al primo piano ammezzato dell'edificio, comunicante con il cunicolo del pozzo». Ma nell'elenco dei reperti ci sono anche diverse macchie risultate positive al tampone luminol (che individua il sangue): sono rilevate sia all'interno del pozzo sia in altri punti attorno al suo varco d'accesso. Nella lista anche la confezione vuota di una pinza sterile, vicino all'accesso del pozzo; una maglietta di cotone taglia 12 e altri oggetti di uso comune, fra i quali la famosa batteria di cellulare che non si sa a chi appartenga. È tutto raccolto nei verbali degli investigatori scientifici ed è il frutto dei sopralluoghi nella casa delle cento stanze, custode per venti mesi dei corpi senza vita di Ciccio e Tore. Se e quanto sia importante ciascuno di quegli oggetti lo diranno gli accertamenti tecnici ordinati dalla procura e in corso da ieri. Il sangue che il luminol rileva all'imbocco del pozzo, per esempio. Oppure la «formazione pilifera» prelevata sul gradino: sono dettagli che potrebbero anche cambiare lo scenario dell'inchiesta se si scoprisse che non appartengono a nessuna delle persone coinvolte nel ritrovamento o nei soccorsi dei due fratellini. La difesa di Filippo Pappalardi, il padre di Ciccio e Tore accusato fino a due giorni fa di omicidio volontario (in carcere) e ora di «abbandono seguito dall'evento morte» (ai domiciliari), dà molta importanza alle due palline da bigliardo trovate nella cisterna-tomba.
Perché nella casa delle cento stanze ci sarebbero vecchi bigliardi e i due fratellini, quindi, potrebbero averla raggiunta per giocare prima dell'ultimo (contestato) avvistamento assieme al padre, alle 21.30. Sul minorenne e teste-chiave di quel contatto serale era stato chiesto un incidente probatorio (una nuova audizione in presenza di accusa e difesa) al giudice delle udienze preliminari Giuseppe De Benedictis. Ma ieri il gup lo ha respinto aprendo così le porte a una sempre più probabile remissione in libertà per Filippo Pappalardi. Perché proprio a quell'incidente probatorio era ancorata l'ipotesi che lui potesse inquinare le prove. Adesso, per tenerlo ai domiciliari non resta che la sua ipotetica capacità di reiterare il reato. Un altro colpo che la procura incassa continuando a sostenere che Pappalardi fosse consapevole della fine dei suoi figli.
Lo scontro fra la procura e il gip (che ha modificato accuse e misure contro Pappalardi) sta nelle parole del procuratore Emilio Marzano, premessa per un probabile ricorso: «Le valutazioni del Gip e la qualificazione da lui attribuita ai fatti non sono vincolanti nella fase delle indagini preliminari per l'ufficio del pubblico ministero, che è l'unico titolare dell'esercizio dell'azione penale». Una presa di posizione che arriva dopo giorni di silenzio e proprio mentre da Roma il ministro della Giustizia Luigi Scotti dice che «i magistrati parlano troppo» e che «è un illecito disciplinare parlare dei propri procedimenti, per di più in una maniera che finisce per confondere ulteriormente l'opinione pubblica».
Corriere della Sera Giusi Fasano 13 marzo 2008

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