GLI PSICHIATRI
L'interesse attorno al processo per la strage di Erba, considerato da molti osservatori chiuso o «finito» ancora prima di essere celebrato, è tornato a crescere. Sono stati due i fatti importanti che hanno 'riaperto', per così dire, il dibattimento.Primo: la testimonianza della psicologa del Bassone, Grazia Mercanti, la quale ha parlato chiaramente della necessità di un «approfondimento» di analisi della personalità dei due imputati, i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. Secondo: la lunga deposizione di Carlo Torre, medico legale torinese che ha cercato di ribaltare (peraltro usando argomenti parsi a tratti convincenti) alcune certezze sulla modalità degli omicidi dell'11 dicembre.scintille in aulaLunedì si torna in aula. La Procura di Como, in queste ore, prepara il controesame di Carlo Torre. Si annunciano scintille, anche perché durante la sua deposizione il criminologo piemontese ha usato toni poco amichevoli verso il collega Giovanni Scola, l'anatomopatologo del Sant'Anna al quale venne affidato l'incarico di effettuare le autopsie sui corpi delle vittime.Secondo Torre, la metodologia utilizzata da Scola è stata in alcune circostanze addirittura «incomprensibile». È facile presumere che nel suo controinterrogatorio il pm Massimo Astori usi la mano pesante. D'altronde, il magistrato incaricato di rappresentare la pubblica accusa in Corte d'Assise non ha mai concesso nulla ai testi della difesa. E ha sempre dimostrato una fortissima determinazione nel condurre il sul lavoro, arrivando spesso allo scontro verbale con gli avvocati del collegio difensivo degli imputati.La periziaUna parte decisiva del processo si giocherà, poi, sulla richiesta di perizia psichiatrica. Temuta dall'accusa e dalle parti civili e certo voluta dalla difesa (che tuttavia non l'ha finora chiesta formalmente), la perizia potrà essere decisa ovviamente soltanto dalla Corte d'Assise sulla base di una valutazione di mera opportunità. In funzione, cioè, di una maggiore conoscenza degli imputati e della loro personalità e al fine di giudicarli in modo più sereno.Spiega Sergio Tomaselli, psichiatra comasco: «Pensare che una perizia possa offuscare il giudizio dei magistrati è sbagliato. Semmai, è vero il contrario. Conoscere meglio il funzionamento psichico degli imputati dovrebbe dare ulteriori elementi di giudizio al collegio giudicante. Non è quindi uno svantaggio né un pericolo, vederlo come tale mi riesce difficile e non per motivi professionali».Tomaselli ricorda come «il giudice possa anche decidere senza tenere conto degli esiti della perizia», cosa che dovrebbe rassicurare tutti coloro che temono una riduzione di pena o, addirittura, una dichiarazione di non punibilità per i coniugi Romano.Della stessa idea è anche Roberto Pozzetti, psicologo e magistrato onorario a Milano, responsabile di un progetto nel carcere di Como ('Gente di parola'). «Gli elementi per ritenere opportuno un approfondimento nel caso in questione ci sono, è evidente che è accaduto qualcosa di assolutamente grave e anomalo. Sarebbe interessante e utile comprendere in che termini è successo».A detta di Pozzetti, ogni timore è superfluo. Intanto perché una perizia «non solleva dalle responsabilità i singoli. E poi perché aiuta a capire meglio».Nessuna paura nemmeno delle strategie di camuffamento della personalità. La finzione, per essere espliciti. Il tentativo di apparire matti quando non lo si è affatto, magari per ottenere sconti di pena o regimi carcerari meno rigidi. «Spesso accade che qualcuno tenti questa carta, ma il risultato è scontato. Ci sono metodi per scoprire chi finge di essere folle. Ci sono test specifici e attraverso il lavoro clinico gli psichiatri evidenziano sempre ciò che caratterizza la follia: le idee deliranti, le allucinazioni e il passaggio all'atto violento». Perizia sì, quindi, per gli psichiatri. Ma la decisione finale, come detto, spetterà alla Corte.
Corriere di Como 29 marzo 2008
Dario Campione
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