giovedì 13 marzo 2008

Strage Erba, "Olindo e Rosa non hanno avuto il tempo di uccidere"

Il processo riprenderà martedì con la testimonianza dei Ris

La difesa ricostruisce in aula i tempi del quadruplice omicidio. ''Non potevano essere sul luogo del delitto e non essere notati da nessuno''. Secondo i legali, le aggressioni subite in carcere da Azouz Marzouk potrebbero essere il movente della strage. Chiesta la riamissione di alcuni testimoni

Como, 13 mar. - (Adnkronos/Ign) - Olindo e Rosa(nella foto)non avrebbero avuto il tempo materiale per commettere il quadruplice omicidio e fuggire dalla corte di via Diaz senza essere visti. E' tutta in una questione di minuti la linea difensiva presentata oggi dagli avvocati dei coniugi Romano, Enzo Pacia, Fabio Schembri e Luisa Bordeaux, nel corso della dodicesima udienza per la strage di Erba. Cronometro alla mano, gli avvocati della difesa hanno ricostruito nel dettaglio quanto avvenuto la sera dell'11 dicembre 2006 e hanno escluso che i loro assistiti possano essere gli esecutori della strage di Erba. Sono le 19.48, secondo le dichiarazioni rese in aula da diversi testimoni, quando il treno con a bordo Raffaella Castagna, una delle quattro vittime, arriva nella stazione di Erba. Nove minuti e la donna, insieme alla madre Paola Galli e al figlio Youssef di 2 anni, arriva nell'appartamento di via Diaz. Alle 20, il vicino e unico sopravvissuto alla strage, Mario Frigerio, sente le urla provenire dall'appartamento di Raffaella. Grida che durato almeno cinque minuti, poi la moglie Valeria Cherubini esce con il cane e al rientro si accorge del fumo che proviene dalla casa di Raffaella. Col marito, va verso l'appartamento per capire cosa sta accadendo ma viene aggredita e uccisa. Sono le 20.21 e, secondo la difesa, solo due minuti più tardi arrivano i primi soccorsi e i primi curiosi. A stento cinque minuti dunque durante i quali i coniugi Romano avrebbero dovuto uccidere quattro persone, riparare nella lavanderia, cambiarsi d'abito e uscire dalla corte senza essere visti da nessuno. Inoltre, sottolinea la difesa, uno dei vicini di casa ''afferma che alle 19.30 e successivamente nell'abitazione dei Romano le luci erano spente e l'auto degli stessi non figurava parcheggiata nella corte''. Per gli avvocati della difesa è questo ''il racconto fedele di quello che il processo finora ha svelato senza nessun dubbio''. Un racconto che dimostrerebbe l'estraneità dei coniugi Romano alla strage e che, secondo i legali, potrebbe essere dimostrata ancora più chiaramente dalla riamissione di alcuni dei testimoni depennati dal presidente della Corte d'Assise Alessandro Bianchi. Un punto questo su cui il presidente ha però mantenuto la sua posizione, pur riservandosi di rivedere la decisione durante il processo. E intanto i cinque testimoni ascoltati oggi hanno fornito ulteriori tasselli per la ricostruzione dei fatti. La difesa punta a collegare la strage con le aggressioni subite in carcere da Azouz Marzouk, il tunisino marito di Raffaella. Liti Liti banali che hanno portato il tunisino (che nella strage ha perso la moglie e il figlio) a subire aggressioni reiterate da parte di detenuti italiani legati alla criminalità organizzata e lo hanno costretto, come raccontato in aula da due agenti della polizia penitenziaria, a cambiare più volte sezione all'interno del penitenziario del Bassone di Como. E secondo gli avvocati, anche Raffaella Castagna, moglie di Azouz, sarebbe stata coinvolta in queste 'discussioni' e persino minacciata in un'occasione. Alcuni testimoni hanno raccontato che proprio Raffaella avrebbe riferito di essere stata seguita da un'auto di grossa cilindrata e poi minacciata. Una circostanza confermata anche da Maria Ines Valli, amica della donna, che però ha sottolineato che la donna ''era molto più spaventata quando era stata seguita dagli imputati. Ricordo il terrore di quando l'hanno seguita e delle tantissime minacce subite da loro''.Il processo riprenderà martedì con la testimonianza di tre carabinieri del Ris di Parma che hanno eseguito alcune analisi sul luogo della strage.

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