Potrebbe confermare il racconto del baby-testimone
MARIA CORBI
INVIATA A GRAVINA (Bari) Un palloncino trovato nella tasca di uno dei due fratellini dalla polizia scientifica conferma le testimonianze dei tre amici che la sera della scomparsa dissero di averli visti a piazza quattro Fontane. E rimane credibile, dunque, anche il ragazzino, oggi quattordicenne, che ha raccontato di averli visti salire sull’auto del padre visibilmente arrabbiato perché Ciccio si era bagnato giocando a gavettoni con loro. «Glielo ho strappato ed è scoppiato», raccontava il piccolo teste, aggiungendo che poco dopo, mentre beveva alle fontane, veniva chiamato dalla sorellastra di Francesco, Domenica, che lo invitava ad avvicinarsi all’auto del padre, Filippo Pappalardi. Il ragazzino è stato molto preciso con gli inquirenti nonostante fossero passati due mesi dal fatto. Ricordava anche che Salvatore sedeva dietro al padre e Francesco dietro alla sorella. Le parole di quell’uomo severo gli erano rimaste impresse: «Perché hai strappato il palloncino a mio figlio?». «Con un po’ di timore gli risposi che il mio gesto era stata la risposta a un gesto analogo del figlio». Pappalardi lo lasciò andare : «Se lo fai un’altra volta devi avere le botte...». E quando questo bambino venne a sapere, il giorno dopo, della scomparsa degli amici, disse tutto alla mamma. E lo stesso fecero gli altri due bambini. Informazione che venne passata alla famiglia Pappalardi, come è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare. «Molto stranamente però, Filippo Pappalardi, decideva di riferire la cosa solo il 14 agosto 2006», nota il magistrato, «ad oltre due mesi dalla scomparsa dei figli». E Filippo Pappalardi parlò solo di due ragazzini, lasciando fuori proprio quello che aveva sgridato. I tre testimoni vengono poi ascoltati anche in contraddittorio tra loro, e sempre ripetono la stessa versione. Tanto che nelle motivazioni con cui il Tribunale del riesame respinge la richiesta di scarcerazione, il racconto dei tre minori viene definito «un punto fermo della presente indagine», ossia «l’individuazione del luogo e dell’ora dell’ultimo avvistamento dei fratellini». Rimane critica dunque la situazione del padre. Ma sono troppe le contraddizioni in cui è caduto in questi 20 mesi, come le cose non chiarite. Tra queste anche l’uso «strano» del telefonino fatto da Pappalardi la sera della scomparsa, quando nonostante i due numeri telefonici in suo possesso, andò a telefonare da un bar, il «Roxy», proprio a due passi da questa masseria diroccata. Per questo, quando gli esperti della scientifica hanno trovato una batteria di un cellulare in fondo al pozzo, hanno voluto verificare se fosse compatibile con il telefono dell’indagato (e sembra che non sia così). Per decidere come andare avanti nell’indagine c’è stata ieri una riunione in procura al termine della quale il procuratore Marzano e il capo della mobile Liguori sono tornati nella casa dell’orrore. Ancora aperte tutte le ipotesi: caduta accidentale o causata da un inseguimento, omicidio. Per i periti della difesa la dinamica dei fatti è una sola: Ciccio che cade per sbaglio e Salvatore che scende nel pozzo per aiutarlo (questo spiegherebbe perché il piccolo ha solo una frattura al piede). La speranza di essere liberato, comunque, si fa più remota per Filippo Pappalardi (la risposta all’istanza di scarcerazione dovrebbe arrivare a metà della prossima settimana). Ieri la visita del suo avvocato, Angela Aliani, accolta da «un urlo interminabile». «Anche le guardie - ha detto - sono rimaste sconcertate e di sasso per questa reazione. Come l’ho trovato? Un uomo distrutto, anzi, di più». Si difende e accusa, Filippo Pappalardi: «Lo avevo detto che dovevano cercare da quelle parti». «Mia figlia non dorme da tre giorni; l’altro, il grande non parla, non dice quello che lo turba». Descrive così l’angoscia che attraversa tutte le famiglie di Gravina in Puglia un padre che aspetta il figlio all’uscito dalla scuola media Benedetto XIII, la stessa che frequentavano Francesco e Salvatore Pappalardi. I ragazzini che escono da scuola e i loro fratelli più grandi che li attendono non hanno voglia di parlare di quanto è accaduto. Voltandosi dall’altra parte raccontano solo che in classe se ne parla. Anche i professori evitano di incontrare i giornalisti. Qualcuno dice solo «siamo tutti sconvolti».
La Stampa 1 marzo 2008
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