sabato 17 gennaio 2009

VENDEVA I FIGLI AL FRATELLO PER AVERE SOLDI DA GIOCARE ALLE SLOT

'Vendeva' i figlioletti al fratello in cambio di soldi da giocare alle slot machine: il tribunale di Como ha condannato a 16 e 10 anni di carcere i due uomini, rispettivamente zio e padre di due bambini - un maschio e una femmina - sottoposti a sevizie e abusi sessuali fin dalla tenera eta', dietro il pagamento di svariate somme di denaro.

I giudici hanno accolto in pieno le richieste dell'accusa, costringendo i due imputati a pagare anche una provvisionale di 70mila euro per ciascuno dei piccoli e una di 30mila euro a favore della madre, separata da tempo dal marito e costituitasi parte civile nel processo. Nonostante le violenze siano state confermate dalla perizia medica, la difesa ha già annunciato ricorso in appello.
Un dramma familiare, un mix tremendo di alcune tra le patologie psichiche più gravi di cui un uomo possa soffrire: la pedofilia e il gioco compulsivo.
La mano del Giudice del tribunale di Como è stata pesante e non poteva essere altrimenti. La pericolosità di questi soggetti è evidente e la madre dei bambini 'violati' aveva già capito che qualcosa non andava e presumibilmente anche per questo si era separata dal marito già tempo fa.
Il caso di Como ha probabilmente toccato il fondo dei crimini commessi per racimolare denaro da inserire nelle gettoniere delle slot. Casi isolati, ci mancherebbe altro, ma pur sempre molto gravi.
I precedenti vedono giovani aitanti rubare la pensione alla nonna per cercare di 'svuotare' le macchinette. Addirittura, è notizia di qualche giorno fa, c'è anche chi è stato capace di rubare la questua in Chiesa per andare a scommettere ai cavalli oppure versare qualche soldo nelle slot machine.
La speranza è che questi tragici fatti di cronaca non si ripetano più. O almeno rimangano casi isolati. L'attenzione delle forze dell'Ordine è comunque molto alta.
www.giochi e giochi.com- 17/01/2009 - 10:29

Due fratelli condannati per violenze Pesanti sentenze per zio e padre

Sesso dai nipoti minori in cambio di denaro


Una sentenza shock. Non tanto per il peso in anni della condanna, quando per l’argomento. Un padre ritenuto responsabile di aver “affidato” al fratello i propri figli - ancora molto piccoli - per una lunga serie di violenze sessuali, in cambio, secondo l’accusa, di denaro. Un quadro mostruoso, che dopo mesi di processo ha messo nero su bianco il giudizio di primo grado, affidato al collegio composto dal presidente Angiolini, a latere Ortore e Cecchetti: 26 anni di reclusione per i due fratelli, 16 allo zio, 10 al padre che, dunque, per i giudici sapeva tutto. Entrambi, dunque, sono stati ritenuti dal tribunale di Como ideatori e autori di una lunga serie di violenze sessuali sui figli di uno di loro, di fatto “ceduti” dal padre per essere sottoposti alle morbose attenzioni del fratello. Ad incastrare i fratelli brianzoli sono state le dichiarazioni dei bimbi e pure alcune perizie mediche che avrebbero accertato le violenze subite da entrambi.
Il maggiore responsabile, secondo i giudici, è stato lo zio, tuttora agli arresti domiciliari. Il padre dei due, invece, è irreperibile ed è stato giudicato in contumacia. Visibilmente provato, al termine della giornata - la sentenza è stata attesa per 3 ore e mezza, ma il collegio aveva già avuto modo di studiare il caso fin dallo scorso 11 dicembre, giorno delle richieste - anche il pubblico ministero Giulia Pantano, che aveva invocato 28 anni in due di condanna, 18 allo zio e 10 al padre. Decisamente contrariato, dopo la lettura del dispositivo della sentenza, l’avvocato che difendeva i due fratelli brianzoli per i fatti che risalirebbero ai primi mesi 2007. «È una sentenza completamente ingiusta - dice il legale, Ferdinando Paglia - in quanto il padre è stato condannato a 10 anni di reclusione sulla base di una frase detta dalla figlia, in un processo però con oltre 10mila pagine. Faremo ricorso in Appello contro questa ingiustizia. E sono anche curioso di vedere come verrà motivata la sentenza». Lo zio era presente in aula: era e rimarrà ai domiciliari. «È innocente e lo dimostrerà in Appello e in Cassazione». Del padre invece non si hanno notizie da mesi.

Corriere di Como, Mauro Peverelli, 17 gennaio 2009

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