sabato 28 marzo 2009

Processo Meredith, testimone dell'accusa fornisce alibi ad Amanda

Inaspettata svolta all'udienza per l'omicidio di Perugia. Un clochard "filosofo"
dichiara di aver visto la giovane americana e Sollecito in una piazza

dal nostro inviato MEO PONTE


Processo Meredith, un alibi ad Amanda dal testimone dell'accusa

Amanda Knox in aula

PERUGIA - Doveva essere il teste chiave dell'accusa, la voce che avrebbe irrimediabilmente inchiodato all'uccisione di Meredith Kercher Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Oggi invece Antonio Curatolo, 53 anni, un filosofo di strada che da una decina di anni dorme sulle panchine di piazza Grimana, a pochi passi dalla villetta dove la notte del 1 novembre fu uccisa la studentessa inglese, con la sua sua deposizione ha di fatto dato un alibi ai due imputati.

"Quella sera stavo leggendo l'Espresso su una panchina - ha raccontato il clochard che qualche anno fa aveva testimoniato in un altro processo per omicidio incastrando l'imputato" - mentre fumavo una sigaretta ho notato in fondo alla piazza, vicino al campo da basket due fidanzati, per lo meno mi sono sembrati tali, che discutevano tra loro, come stessero litigando. Li ho osservati dalle 21,30 sino a quando me ne sono andato a dormire nel parco, verso le 23,30. Quei due ragazzi sono in quest'aula. Sono Amanda e Raffaele".

Per gli avvocati dei due imputati la testimonianza di Curatolo si rivela un aiuto inaspettato. Durante l'udienza di venerdì Nara Capezzali, una pensionata che vive a poca distanza dalla casa del delitto, aveva ripetuto di aver sentito un urlo lacerante di donna tra le 23 e le 23,30. E altrettanto aveva fatto Alessandra Monacchia, un'altra vicina di via Della Pergola 7. Che il teste su cui i pm Giuliano Mignini e Manuela Comodi contavano tanto una volta di fronte ai giudici della Corte d'Assise di fatto collochi i due imputati nella piazza nel momento esatto del delitto quindi rappresenta indubbiamente un duro colpo alle tesi dell'accusa.

Alla tredicesima udienza del processo per l'uccisione di Meredith Kercher il tallone d'Achille dell'accusa paiono essere proprio i testimoni chiamati in aula dai pm. In particolare l'albanese Hekuran Kokomani, giudicato già del tutto intattendibile durante l'udienza preliminare dal gup Paolo Micheli e oggi però, masochisticamente, riproposto alla Corte d'Assise. Con un insolito stratagemma: per ridare credibilità al teste che a suo tempo aveva raccontato uno sconcertante incontro con Amanda e Raffaele (armati di coltelli) e Rudy la sera prima del delitto e che era poi caduto nel ridicolo affermando di aver già visto la giovane americana e il suo ragazzo pugliese a luglio insieme ad uno zio made in Usa (è stato accertato che Amanda arrivò in Italia solo nel settembre 2007), i pm hanno convocato in aula anche il suo avvocato, Antonino Aiello che naturalmente non ha potuto far altro che ribadire la credibilità del suo cliente.

Ma Kokomani in aula è dovuto arrivare in manette perché nel frattempo è stato arrestato perché sorpreso con sei grammi di cocaina dai carabinieri. Nonostante gli sforzi del presidente della Corte Giancarlo Massei di mettere ordine nei suoi confusi ricordi, è sostanzialmente caduto in un vortice di contraddizioni. Per Giulia Buongiono, legale di Raffaele Sollecito, non è stato infatti difficile far risaltare la sua assoluta inaffidabilità. E Luciano Ghirga, l'avvocato di Amanda, ha definito la seconda deposizione dell'albanese "il replay di una catastrofe giudiziaria". E poco ha contato anche la deposizione di Fabio Gioffredi, un ragazzo che giura di aver visto insieme Meredith, Amanda, Raffaele e Rudy il 30 ottobre 2007 davanti alla casa di via Della Pergola. Ha voluto rispondergli lo stesso Raffaele: "Non ho mai visto Rudy in vita mia e sono in grado di provare che quel giorno ero da un'altra parte".

In più gran parte dei testimoni si sono presentati al pm quasi ad un anno di distanza dal delitto. Addirittura alcuni di loro lo hanno fatto dopo essere stati rintracciati dai giornalisti de Il giornale dell'Umbria. Un particolare che la dice lunga su come è stata condotta l'inchiesta sulla morte della studentessa inglese. Il processo riprenderà la prossima settimana con le deposizioni dei consulenti medico legali dell'accusa e le deposizioni di Patrick Lumumba, indicato in un primo tempo come l'assassino di Meredith e ora parte lesa, e di Rudy Guede, già condannato a 30 anni con il rito abbreviato, che probabilmente si avvarrà della facoltà di non rispondere.

(La Repubblica 28 marzo 2009)

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