lunedì 4 febbraio 2008

Erba, nuovo giallo sulla morte del bimbo

Felice Manti - Edoardo Montolli Como -
Processo di Erba, oggi si ricomincia. E l’orrore di quella notte dell’11 dicembre 2006 vivrà nuovamente, nell’aula del tribunale di Como, nelle parole dell’anatomo-patologo Giovanni Scola. Il medico che eseguì le autopsie sui corpi martoriati delle quattro vittime (Raffaella Castagna, Paola Galli, Valeria Cherubini e il piccolo Youssef), dovrà confermare davanti ai giudici popolari e togati della Corte d’Assise le sue conclusioni consegnate nelle mani dei pm. Dovrà chiarire, per esempio, come venne ucciso il figlioletto di Raffaella, e soprattutto da quante persone. Perché nella relazione preliminare, depositata a gennaio, si legge che il bambino è stato ucciso da una persona sola e destrimane: «Il decesso fu causato dalla ferita penetrante il collo in sede sottomandibolare sinistra, che causò shock emorragico. La ferita fu prodotta da aggressore situato di fronte alla vittima, che impugnava l’arma con la mano destra, bloccando il capo del bambino con la mano sinistra».

Anche sull’uccisione di Valeria Cherubini ci sono delle circostanze poco chiare. Bisognerà innanzitutto capire a quale arma possa corrispondere il corpo contundente dotato di «spigolo acuto e liscio» di cui si fa riferimento nella relazione definitiva di Scola (arma mai trovata). In secondo luogo, bisognerà chiarire se la donna, trovata rannicchiata con le mani a protezione della testa, nel disperato tentativo di sfuggire agli otto colpi che le hanno fracassato il cranio, sia stata finita nel suo appartamento. Luogo nel quale peraltro nessuno dei due imputati afferma di essere mai salito, e sul quale in effetti non ci sono tracce di dna dei due coniugi.
Ma solo un’impronta di scarpa, trovata dai Ris di Parma, diversa da quella rinvenuta sempre dai Ris nell’appartamento della Castagna. Secondo la testimonianza dei soccorritori, che per colpa del fumo non sono riusciti a salire a casa sua, la Cherubini era ancora viva poco dopo le 20.20 e urlava aiuto. Forse, chi l’ha uccisa era ancora nel suo appartamento all’arrivo dei soccorritori. Forse.
Sarà importante anche sentire le parole del dottor Nicola Fazzari, il medico del 118 che soccorse l’unico superstite di quella mattanza, Mario Frigerio, marito della Cherubini, e il racconto di tre colleghe di lavoro di Raffaella Castagna. Che in quei giorni, secondo il racconto di un teste ai magistrati durante le indagini, si sentiva pedinata e minacciata. Ma non solo dai Romano.

Il Giornale 4 febbraio 2008

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