sabato 23 febbraio 2008

Erba: Azouz torna in aula, l'sms di Raffaella

(da.c.) Azouz Marzouk scandisce le parole come se stesse sillabando. «Non ho paura di nessuno». Dopo aver risposto alle domande della Procura, il marito di Raffaella Castagna si trova di fronte il collegio della difesa. Gli avvocati di Olindo Romano e Rosa Bazzi hanno un obiettivo primario: dimostrare che qualcuno minacciasse Azouz. E che queste minacce si siano poi trasformate in una terribile vendetta. Incalzano il tunisino, i legali dei Romano, chiedendogli perché volle essere trasferito dal carcere di Como. E se avesse pestato i piedi a qualche boss o se fosse stato picchiato qualche volta tra le sbarre. Ma il 28enne maghrebino nega. Nega tutto. Conosce la legge del carcere. Dove le spie non vengono mai perdonate. Parla invece di «discussioni», di «battibecchi». Evita accuratamente di fare nomi. Ammette di essere stato portato al Sant’Anna, ma per una visita oculistica. E quando l’avvocato Luisa Bordeaux gli chiede se in cella, a Como, avesse avuto paura e per questo avesse chiesto con insistenza il trasferimento, sibila al microfono: «Non ho paura di nessuno». Il ritorno sulla scena di Azouz, da oggi riammesso in aula dopo aver testimoniato, si colora di tinte forti. Soprattutto nel duello a distanza tra il tunisino e la difesa degli imputati, che sul passato turbolento del giovane marito di Raffaella Castagna punta buona parte della propria stragegia processuale. Perché la tesi dei difensori di Rosa e Olindo è fin troppo chiara. Qualcuno voleva far male al giovane nordafricano, e nell’impossibilità di fargliela pagare direttamente ha sfogato tutta la sua rabbia contro la famiglia. Argomentazione senz’altro suggestiva, ma difficile da dimostrare. Per quanto gli avvocati dei coniugi Romano siano comunque intenzionati, nelle prossime udienze, a portare in aula alcuni testimoni che spieghino nel dettaglio i turbolenti rapporti di Azouz con alcuni detenuti calabresi. Ma la pista della vendetta trova un ostacolo, duro da superare, proprio nello stesso Marzouk. Che smentisce. Nega che la moglie avesse subito minacce telefoniche. Nega di aver minacciato il suicidio qualora non fosse stato trasferito dal Bassone verso un altro carcere (cosa che poi avvenne anche per le insistenze di Raffaella con la direttrice del penitenziario lariano). Nega, in continuazione, di essere stato oggetto di attenzioni particolari in galera, di avere cioè dovuto fronteggiare l’ostilità aperta di altri detenuti. «Mia moglie era una pacifista, non aveva problemi con nessuno. Anch’io non ho mai avuto questioni, qualche battibecco in carcere succede. L’unico problema che abbiamo avuto è stato con loro, con gli imputati». Per il resto, la testimonianza di Azouz è servita anche per tracciare il quadro di una famiglia costruita con tenacia pur se non senza difficoltà. «Dopo il matrimonio ho avuto discussioni con Carlo Castagna - ha ammesso Azouz - Ma la mamma era molto vicina e aiutava Raffaella economicamente. Tra me e mia moglie c’erano normali discussioni ma non ho mai usato violenza contro di lei. Il giorno che sono partito ho ricevuto un sms in cui Raffaella mi scrisse di sentirsi insicura senza di me. Non era mai accaduto che lo facesse, non era il suo genere di messaggi». Azouz accenna poi a quel futuro progettato con la compagna ma spezzato da una notte di delirio omicida (nel Paese nordafricano Marzouk voleva aprire un ostello per studenti insieme con i fratelli, ndr). «Mia moglie aveva abbracciato la religione musulmana, anche per questo volevamo trasferirci tutti in Tunisia. Cercavamo pure di avere un altro figlio, Raffaella mi aveva chiamato, in Tunisia, qualche giorno prima della strage. dicendomi che pensava di essere incinta».

Corriere di Como 23 febbraio 2008

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