mercoledì 27 febbraio 2008

IL SUPERTESTIMONE ALLA PROVA DELL'AULA

La giornata più lunga
di Mauro Peverelli
Inizia all'alba, la giornata di Mario Frigerio. Un po' come quando andava in montagna a camminare, fin sul Bernina, la sua grande passione. Un passatempo che oggi ha chiuso in un cassetto, consegnato al libro dei ricordi. Doloroso, come tanti altri.
Alle 7.25 il supertestimone è già pronto a salire in macchina, lasciando alle spalle Alzate Brianza, la sua nuova casa, in cui vive da solo, a un passo dalla figlia. «Mi devo abituare, questa è la mia nuova realtà».
La notte non è passata insonne, ma la tensione è comunque tanta. Alle 7.40 c'è l'incontro con i carabinieri, il passaggio dalla macchina dei figli a quella civetta dell'Arma che lo scorta fino in Tribunale. Alle 8.05, eludendo i fotografi presenti nei pressi dell'autosilo, Mario Frigerio è già all'interno della saletta a fianco alla Corte d'Assise. Con lui i figli, Andrea ed Elena, ciò che è rimasto della sua famiglia dopo il barbaro assassinio della moglie. È per questo che è qui. Per ricordare, raccontare, ribadire ciò che ha già ricordato, raccontato, ribadito. Ed è qui anche per guardare negli occhi, a poco più di un anno dalla strage, colui che dice essere stato l'autore di quell'efferata mattanza. Le porte dell'aula si aprono alle 11.05. Zoppica, Mario Frigerio. Lentamente e a fatica raggiunge la sedia dei testimoni. «L'emozione è stata fortissima», dirà poi al suo avvocato, Manuel Gabrielli. Parla, Mario Frigerio. La sua voce è un sibilo per le orecchie e una pugnalata per il cuore di chi ascolta. Il presidente della Corte d'Assise, Alessandro Bianchi, lo accoglie: «Mi rendo conto della fatica nell'esprimersi - dice - Se avesse bisogno di una interruzione lo dica».
Inizia il racconto. Le urla, il silenzio, il fumo sulle scale. Lui e sua moglie che scendono per vedere cosa succede. Quella porta che si apre, quegli occhi. «Sì, erano i tuoi - dice rivolto alla gabbia e a Olindo Romano, che ascolta impassibile - È inutile che mi guardi, disgraziato». I figli, alle sue spalle, non smettono un secondo di piangere. Anche il padre non regge, la seduta è sospesa. Un inviato di una televisione, fuori dall'aula, parla con la sua redazione al telefono: «Metti nel servizio tutte le immagini che hai in archivio di Frigerio. Il resto ormai non conta nulla». È il turno delle domande della difesa. Non c'è il tappeto rosso, e non è nemmeno giusto che ci sia. A Frigerio scappa anche un «vergognatevi» rivolto agli avvocati. Il pm Massimo Astori definisce addirittura il controesame «scandaloso». Anche il pubblico, alle spalle dell'avvocato Fabio Schembri, sbotta: «Basta». Il legale, seccato, risponde: «Visto che vi urtano tanto le mie domande passo la mano alla collega». Bianchi lo riprende: «Eviti di fare commenti». Nuova interruzione di pochi minuti. L'avvocato Gabrielli, nella pausa, parla con il suo assistito: «Stia calmo», gli dice.
Il controesame riprende, sempre senza cortesie.
Dopo due ore abbondanti Mario Frigerio può lasciare l'aula e sfogarsi con i figli. Un pianto liberatorio. Ora può non ricordare. Ora può cercare di dimenticare.
«Cosa mi ha detto' - dice ancora Gabrielli - Che sperava di non aver creato qualche problema arrabbiandosi per le domande della difesa». «Il controesame è stato un po' duro - ammette poi Schembri - Oggi Frigerio è stato preciso nel riconoscere Olindo. Ha detto più volte che è strasicuro che sia lui. Del resto non ci aspettavamo che dicesse: scusate mi sono sbagliato. Però prendiamo atto che in aula ha aggiunto il particolare di una figura di donna, un elemento ulteriore da approfondire anche da un punto di vista psicologico, in quanto è un ricordo che affiora a distanza di un anno».
Anche se, per la verità, il 15 dicembre 2006 Frigerio già indicò al piemme Simone Pizzotti di aver percepito la presenza di due persone. «Nella stessa circostanza - ribatte però Schembri - in cui parlò di pelle olivastra. Frigerio nervoso' Probabilmente mi sono innervosito più io, o forse tutti e due. Ci sta, del resto».
Il pubblico ministero in aula ha definito il controesame scandaloso.
«Ne prendo atto - dice ancora il legale di Olindo e Rosa - ma io potrei dire il contrario, ovvero che l'esame è stato scandaloso. Noi facciamo gli avvocati, non possiamo fare le mammolette. Dobbiamo fare il nostro dovere, sarebbe stato scandaloso non fare il controesame, li sì che non sarei stato a posto con la mia coscienza».
Roberto Tropenscovino, avvocato di Azouz Marzouk, non entra nel merito del controesame. «Non mi permetto di giudicare l'operato dei colleghi. Frigerio è stato molto sicuro, preciso, la tensione era palpabile. Il nervosismo è comprensibile per una persona che ha perso la moglie e rischiato la vita. Ma è stato straordinario quando ha indicato con il dito indice la persona che lo aveva aggredito e che aveva ucciso sua moglie».
Azouz ha ascoltato in aula ogni terribile momento del racconto di Frigerio.
«Aveva gli occhi gonfi di lacrime, faceva fatica a contenerle, poi ha messo la mano sul viso - conclude Tropenscovino - Quando è finita l'udienza mi ha detto: 'Finalmente giustizia sarà fatta'». Un verdetto che, qualunque esso sia, non potrà mai restituire le mogli, le figlie e il nipotino alle proprie famiglie. E nemmeno cancellare dal cuore il dolore.
Corriere di Como 27 febbraio 2008

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