domenica 3 febbraio 2008

Strage di Erba: i giudici popolari alla prova emotiva . Ricercatori studiano il "Codice Olindo"

Lunedì udienza cruciale

Staccare la spina delle emozioni e lasciare che sia soltanto la mente a giudicare, in modo razionale, l'irrazionale, l'assassinio brutale di quattro innocenti. È quello che dovranno riuscire a fare i giudici popolari impegnati nel processo per la strage di Erba aperto in questi giorni in Corte d'Assise, a Como. Per loro, la prova più dura è iniziata già durante l'ultima udienza, quando hanno dovuto guardare con i propri occhi la galleria delle immagini dell'orrore scattate nella casa di via Diaz dopo la mattanza dell'11 dicembre 2006.Le immagini più crude sono state risparmiate al pubblico in aula. Ma non ai sei giudici popolari, tra i quali cinque donne, oltre che ai due membri supplenti della stessa giuria, che non potranno chiudere gli occhi neppure davanti al più drammatico e macabro dei dettagli. Lo stesso accadrà lunedì prossimo.«I giudici popolari dovranno avere necessariamente una buona dose di equilibrio razionale ed emozionale - dice lo psichiatra comasco Sergio Tomaselli - strumento indispensabile per fare una valutazione seria e obiettiva. Saranno chiamati a distanziare il proprio sé, le emozioni e le sensazioni che proveranno davanti a quelle immagini per riuscire a fare una valutazione oggettiva della situazione». Ad aiutare i giudici in questo difficile compito ci sarà un antidoto purtroppo sempre più comune. «Ormai siamo tutti vaccinati davanti a questo tipo di disagio - commenta ancora Tomaselli - Siamo sempre più avvezzi a confrontarci con immagini macabre, scene di delitti, povertà, indigenza, malattie. In termini tecnici parliamo di stimolazione nocicettiva, ovvero legata a esperienze di lesione e di danno, una situazione con la quale siamo sempre più abituati a confrontarci».«Piuttosto dovremmo chiederci perché ci sia tutto questo interesse - continua lo psichiatra lariano - Chi sia cioè il direttore d'orchestra di questi processi patologici. Inutile puntare tutta la colpa sui mass media, è ciascuno di noi che accetta e ricerca questi stimoli. Ci stiamo abituando a convivere con questa realtà. Non è un atto dovuto e inevitabile. Piuttosto, dovremmo riuscire a pensare in termini più costruttivi che distruttivi all'umanità».I giudici popolari, ricorda poi lo specialista comasco, dovranno riuscire a non farsi influenzare neppure dal desiderio di vendetta e di giustizia sommaria che sempre più spesso emerge di fronte a crimini efferati di questa natura.«Queste persone dovranno riuscire a essere asettiche anche davanti alla richiesta di una parte della società che vuole in modo gratuito e fuori luogo vendetta - dice Tomaselli - È infatti poco utile, inopportuno e poco intelligente usare la logica del processo sommario, che porta soltanto a disgrazie. La stessa cosa vale anche se si basa il giudizio sui processi vissuti in modo emozionale».«Le scene violente e truci generano in tutti i casi una vastissima gamma di emozioni - sottolinea lo psicologo lariano Gabriele Stampa - che dipende sempre dal singolo e dalla sua sensibilità. Le persone chiamate a vestire i panni di giudice popolare dovranno riuscire a controllare e gestire il proprio stato emotivo. Questo non è impossibile perché anche davanti all'orrore più straziante le persone sono in grado di governare il proprio universo emotivo, a metterlo in un angolo e fare riferimento soltanto alla ragione». Un processo che accade molto più frequentemente di quanto si possa immaginare.«Siamo immersi in un contesto che purtroppo ci propone sempre più spesso situazioni e immagini anche molto crude - dice Stampa - e quindi governare questo mondo emozionale è una pratica che facciamo spesso, quasi senza accorgerci, tanto che sta entrando a far parte della normalità quotidiana».Le immagini dell'orrore del massacro di via Diaz si legheranno indissolubilmente a quelle dei due imputati in aula, delle tenerezze di Olindo e Rosa dietro le sbarre della gabbia in cui sono rinchiusi durante il processo in Corte d'Assise. «Entrambe queste gallerie di immagini sono molto forti - sottolinea ancora Gabriele Stampa - È inevitabile che suscitino sensazioni. Queste ultime, a seconda della sensibilità personale, possono variare dalla compassione alla pietà, dalla rabbia al terrore fino allo schifo. Questo perché vanno oltre la comune prassi e il modo di vivere e affrontare le situazioni delle persone 'normali'».
Corriere di Como 2 febbraio 2008

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