domenica 15 febbraio 2009

Soria, i racconti dei testimoni:"Viveva da nababbo, noi maltrattati e senza soldi"

CONFERMATE LE ACCUSE: MALVERSAZIONE E VIOLENZA SESSUALE

Il ciclone della Finanza sul Grinzane



Giuliano Soria, fondatore del premio Grinzane Cavour



Un supertestimone: «Soria viveva da nababbo, noi maltrattati e senza soldi»
MASSIMO NUMA, NICCOLO’ ZANCAN
TORINO
«Povero Giuliano - racconta uno dei più stretti collaboratori - ha passato la mattina a riflettere su un articolo: “L’uomo che scopriva i Nobel”. Si è letto al passato, come un uomo finito, morto...». Giuliano Soria arriva davanti alla sede del Premio Grinzane Cavour all’ora di pranzo. Con lui c’è l’avvocato di fiducia, Claudio Morra. Dentro, nei locali di uno dei più prestigiosi premi letterari europei, gli ispettori della procura stanno continuando il lavoro. Ora si dedicano alle copie di tutti gli hard-disk dei computer. Seguono un doppio filone di indagine. Quello che riguarda la gestione dei flussi di denaro: contributi, stipendi, collaborazioni. E quello delle molestie sessuali e dei maltrattamenti denunciati da un uomo di 28 anni, nato alle Mauritius.

L’ira dei collaboratori
«Lo avete definito maggiordomo - dice l’avvocato Morra - credo che abbiate esagerato. Si occupava dell’archivio del Grinzane. Per un periodo è stato anche il badante dell’anziana madre del professor Soria». Sulle accuse: «Mi sembrano risibili. Finora non siamo stati convocati in procura ma potremo spiegare ogni cosa. Ho già parlato con i pm Longi e De Montis. Mi sono sembrati molto cauti. Ed è un invito che estendo a tutti: non si può distruggere una persona così importante». Il professore cammina atterrito verso l’ingresso: «So di avere un carattere difficile ma non mi spiego questo accanimento contro di me». Semplificando, per quello che si può capire di un’indagine agli inizi e ancora tutta da pesare, sembra la rivolta dei sudditi. Segretarie, archivisti, decoratori, addetti stampa, collaboratori a progetto. In procura sfila la rabbia di tutti quelli che lavoravano ai margini dell’impero.

C’è un supertestimone ansioso di raccontare la sua storia. Ha lavorato al Grinzane per quattro anni, adesso ha tre cartelle piene di documenti, dati, registri, estratti conto. «Soria vive come un re, mentre i suoi dipendenti, che lavorano anche 15 ore al giorno, li ha sempre lasciati crepare di fame. Li arruola all’Università, con il miraggio di entrare nel salotto buono. Per due anni stagisti a costo zero. Dopo propone contratti a progetto, fra 500 e 800 euro al mese. Spesso non paga. A me deve ancora migliaia di euro. Quando ho cercato di ottenere quanto mi spettava, lui mi ha riso in faccia. “Tu non sei nessuno”, ha detto». Lui invece, era il presidente. E in un decalogo specificava: «Fedeltà al presidente e all’istituzione». Ed ecco la casa del Grinzane, quasi una leggenda: «L’enorme cantina colma di vini pregiati. Soprattutto Barolo: lo regala agli amici, dettagliando il numero di bottiglie in base a ruolo, simpatia, importanza. Fra i pochi esclusi, per antipatia conclamata, il sindaco Chiamparino».

Casa Soria è un cantiere aperto. Stanno ristrutturando tutto. «Lui vive in un loft pazzesco - racconta il testimone - 600 metri da favola. Grandi finestre sulla Mole. Dicono che la copia originale del poster del film Cabiria sia attaccata alle sue pareti, non a quelle del Museo del Cinema». I dipendenti stanno ai piani bassi, l’anziana madre Iolanda Beccaris ha un’ala per sé. Poi c’è il piano dei misteri: «Conserva i regali ricevuti da aziende, società, artisti e cittadini. Un museo della vanità».

Le case
Ecco il documento archiviato, sotto la voce disposizioni di servizio, martedì 17 giugno: «Pietro Malerba e Davide Agnello (custode del palazzo e collaboratore di fiducia) verificano gli omaggi giunti. Agnello sollecita le aziende che non hanno ancora inviati gli omaggi...». Il supertestimone racconta dei viaggi pagati dalla fondazione, 20 voli da fine dicembre a oggi, quasi tutti a Francoforte: «La gestione economica del Grinzane era su computer separati, anche i più stretti collaboratori non avevano accesso. Ma tutti sapevamo della casa di Soria nel centro di Parigi, chiamata la casa di Matisse. Tutti sapevano delle proprietà a Costigliole d’Asti». Anche lì sono andati i finanzieri. Soldi e molestie. «Ho visto piangere il ragazzo che ha fatto scattare la denuncia - racconta il testimone - chiedeva aiuto: si era preso delle botte per un cappuccino fatto male. Diceva di essere maltrattato, segregato in casa, per giorni senza stipendio. Gli abbiamo consigliato di registrare tutto. Così ha fatto, poi è scappato».

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