Amanda Knox in tribunale ha chiesto di parlare per difendersi | |
"Quel giocattolo sessuale nel mio beauty? Era soltanto uno scherzo"
GUIDO RUOTOLO
PERUGIA
Mezzogiorno e passa. Nell'aula del Tribunale per quasi quattro ore un'amica inglese di Meredith, Robin, l'aveva rappresentata come una ragazza dai facili costumi, sporcacciona perchè non puliva il bagno - e per questo Mez provava disagio nel rapporto con lei -, e quando la sera del 2 novembre si ritrovarono tutti in questura, lei rideva, scherzava con Raffaele, non piangeva. E poi raccontava d'aver visto il povero corpo di Mez nell'armadio, coperto da una coperta. E la storia del vibratore e dei preservativi lasciati in un beauty in bagno e gli uomini - sicuramente uno - che riceveva in casa. E Amanda che fumava. Amanda ascolta prendendo appunti. Poi, terminato l'interrogatorio di Robin, chiede al presidente della Corte d'assise, Gianfranco Massei, di poter parlare: Buongiorno - esordisce in un buon italiano - vorrei fare un breve chiarimento a proposito del mio beauty, che deve essere ancora in quel bagno. Quel vibratore esiste, è uno scherzo, un regalo di una mia amica quando sono partita per l'Italia, per Perugia.
Gesticola, Amanda. Alza la mano sinistra. Allarga il pollice e fissa la lunghezza dell'oggetto con l'indice: Era un coniglietto rosso di queste dimensioni. Il presidente Massei fa mettere a verbale: Di circa dieci, quindici centimetri. Brusio degli avvocati difensori di Amanda e Raffaele. La studentessa di Seattle aggiunge: Volevo anche dire che ho fiducia che la verità verrà fuori e tutto si sistemerà. Okay. E' il giorno di Amanda, che prova a difendersi in aula, che parla una manciata di secondi per dire che lei con quell'Amanda rappresentata dall'accusa non c'entra nulla. Perversa? No. L'oggetto delle sue morbosità sessuali, il vibratore, è solo un gadget, uno scherzo di una amica. Lei è innocente e il processo lo dimostrerà.
Raffaele Sollecito sospira. Non si guardano i due che pure sono a pochi metri di distanza l'uno dall'altra. Raffaele è come se fosse depresso, borbotta che per San Valentino vorrebbe scrivere una lettera alla sua Amanda. E' come se per lui il tempo si fosse fermato a quella notte di Halloween o a poche ore dopo. A quei giorni, insomma, in cui sboccia l'amore. La terza udienza del processo per l'omicidio di Meredith Kercher il corale e concordante racconto delle amiche inglesi di Mez. Parlano dei dubbi, dei sospetti che iniziano a prendere corpo a poche ore dalla scoperta del corpo di Mez, quando tutti, amiche e coinquilini di via della Pergola 7, si ritrovano in questura.
Quell'Amanda che non piange (Amy dice che era partita, come dire fuori di testa), fa a pugni con la fragilità e purezza di Meredith che, raccontano le sue amiche, era fortemente preoccupata perchè gli inquilini del piano di sotto le avevano chiesto di innaffiare le piantine di marijuana. E poi, raccontano le testimoni ingelesi, lei che rivela di aver visto il corpo di Mez nell'armadio, salvo poi aggiungere che l'aveva saputo dalla coinquilina Filomena. Le amiche inglesi erano arrivate in Tribunale sotto i fiocchi di neve, strette l'una all'altra, protette dagli angeli custodi in borghese. Mano nella mano, occhi bassi, i genitori le guardano entrare e poi si sistemano nella zona riservata al pubblico e ai giornalisti.
Nei giorni dell'inchiesta, delle testimonianze, della ricostruzione del contesto, i loro racconti rappresentavano un pilastro dell'accusa. Quasi il movente della furia omicida di Amanda (con Raffaele e Rudy in posizione subalterna), perchè le due si odiavano, litigavano. Ma ieri, quel rancore si è trasformato in disagio tra due ragazze diverse tra loro. E in aula ci sono stati anche momenti di commozione. Come quando Sophie ha ricordato quell'ultimo viaggio di Mez verso la morte, dopo aver lasciato la casa delle amiche dove avevano cenato vedendo un film. Una commozione diventata pianto quando il pm Giuliano Mignini le ha mostrato la foto del giubbetto che indossava l'amica inglese.
La Stampa 14 febbraio 2009
Mezzogiorno e passa. Nell'aula del Tribunale per quasi quattro ore un'amica inglese di Meredith, Robin, l'aveva rappresentata come una ragazza dai facili costumi, sporcacciona perchè non puliva il bagno - e per questo Mez provava disagio nel rapporto con lei -, e quando la sera del 2 novembre si ritrovarono tutti in questura, lei rideva, scherzava con Raffaele, non piangeva. E poi raccontava d'aver visto il povero corpo di Mez nell'armadio, coperto da una coperta. E la storia del vibratore e dei preservativi lasciati in un beauty in bagno e gli uomini - sicuramente uno - che riceveva in casa. E Amanda che fumava. Amanda ascolta prendendo appunti. Poi, terminato l'interrogatorio di Robin, chiede al presidente della Corte d'assise, Gianfranco Massei, di poter parlare: Buongiorno - esordisce in un buon italiano - vorrei fare un breve chiarimento a proposito del mio beauty, che deve essere ancora in quel bagno. Quel vibratore esiste, è uno scherzo, un regalo di una mia amica quando sono partita per l'Italia, per Perugia.
Gesticola, Amanda. Alza la mano sinistra. Allarga il pollice e fissa la lunghezza dell'oggetto con l'indice: Era un coniglietto rosso di queste dimensioni. Il presidente Massei fa mettere a verbale: Di circa dieci, quindici centimetri. Brusio degli avvocati difensori di Amanda e Raffaele. La studentessa di Seattle aggiunge: Volevo anche dire che ho fiducia che la verità verrà fuori e tutto si sistemerà. Okay. E' il giorno di Amanda, che prova a difendersi in aula, che parla una manciata di secondi per dire che lei con quell'Amanda rappresentata dall'accusa non c'entra nulla. Perversa? No. L'oggetto delle sue morbosità sessuali, il vibratore, è solo un gadget, uno scherzo di una amica. Lei è innocente e il processo lo dimostrerà.
Raffaele Sollecito sospira. Non si guardano i due che pure sono a pochi metri di distanza l'uno dall'altra. Raffaele è come se fosse depresso, borbotta che per San Valentino vorrebbe scrivere una lettera alla sua Amanda. E' come se per lui il tempo si fosse fermato a quella notte di Halloween o a poche ore dopo. A quei giorni, insomma, in cui sboccia l'amore. La terza udienza del processo per l'omicidio di Meredith Kercher il corale e concordante racconto delle amiche inglesi di Mez. Parlano dei dubbi, dei sospetti che iniziano a prendere corpo a poche ore dalla scoperta del corpo di Mez, quando tutti, amiche e coinquilini di via della Pergola 7, si ritrovano in questura.
Quell'Amanda che non piange (Amy dice che era partita, come dire fuori di testa), fa a pugni con la fragilità e purezza di Meredith che, raccontano le sue amiche, era fortemente preoccupata perchè gli inquilini del piano di sotto le avevano chiesto di innaffiare le piantine di marijuana. E poi, raccontano le testimoni ingelesi, lei che rivela di aver visto il corpo di Mez nell'armadio, salvo poi aggiungere che l'aveva saputo dalla coinquilina Filomena. Le amiche inglesi erano arrivate in Tribunale sotto i fiocchi di neve, strette l'una all'altra, protette dagli angeli custodi in borghese. Mano nella mano, occhi bassi, i genitori le guardano entrare e poi si sistemano nella zona riservata al pubblico e ai giornalisti.
Nei giorni dell'inchiesta, delle testimonianze, della ricostruzione del contesto, i loro racconti rappresentavano un pilastro dell'accusa. Quasi il movente della furia omicida di Amanda (con Raffaele e Rudy in posizione subalterna), perchè le due si odiavano, litigavano. Ma ieri, quel rancore si è trasformato in disagio tra due ragazze diverse tra loro. E in aula ci sono stati anche momenti di commozione. Come quando Sophie ha ricordato quell'ultimo viaggio di Mez verso la morte, dopo aver lasciato la casa delle amiche dove avevano cenato vedendo un film. Una commozione diventata pianto quando il pm Giuliano Mignini le ha mostrato la foto del giubbetto che indossava l'amica inglese.
La Stampa 14 febbraio 2009
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