venerdì 27 febbraio 2009

Giuliano, il Barolo e il conto aperto coi grandi del vino

Grinzane Cavour, Stefania Sandrelli alla vendemmia letteraria del 2006






Nelle cantine un buco per migliaia di euro
MASSIMO NUMA, ELISA SCHIFFO
TORINO
Nessuno speri che Gigi Rosso, il vignaiolo di Castiglione Falletto, a un passo da Alba, padrone di una delle più prestigiose e antiche cantine della Langa, (con quasi 60 vendemmie alle spalle) racconti l’intricata e sfortunata storia del Barolo Letterario, prodotto con le uve del vigneto - un ettaro e mezzo - del conte Camillo Benso di Cavour, nel castello di Grinzane. Lui, chiuso nel suo ufficio, nella cascina di famiglia in strada Alba-Barolo 46, tace su tutta la linea. E’ un uomo che amava il Premio Grinzane; lo ha visto nascere e svilupparsi. Con qualche amarezza, come quando Giuliano Soria, costigliolese (Asti) doc, decise di dirottare eventi culturali ed enogastronomici, e soprattutto soldi pubblici, nel paese natio. A scapito di Alba, dove restò solo il premio Alba Pompeia. L’ultimo a ritirare il gettone da 6 mila euro, il cantautore Roberto Vecchioni. Gigi Rosso, come s’è detto, tace e mastica amaro. Nella sua splendida cascina di Diano d’Alba, i due fratelli Soria, Angelo (dirigente della Regione) e Giuliano organizzavano la Vendemmia Letteraria. Per quattro anni di seguito.

Dunque, nel 2001, Soria riesce ad ottenere la gestione dell’antico vigneto di Cavour. Lo curano gli studenti dell’istituto agrario. Alle “Vendemmie Letterarie” alla cascina dei Rosso e poi dai Ceretto, la solita compagnia Vip, fotografata mentre staccava qualche grappolo. Tra gli altri, Stefania Sandrelli, Lucia Bosé, Catherine Spaak e Eleonora Giorgi.

La «Gigi Rosso», anche per spirito di servizio, accetta di vinificare le uve del vigneto di Grinzane, in grado di produrre in media dai 3 mila 500 ai 5 mila litri. Nel 2002, il barolo del fu conte Camillo, finì nelle botti dei Rosso. Dove avrebbe riposato, come vuole la norma, per tre anni. Nel 2006, Soria si fa vivo e spedisce nella severa cantina di Castiglione Falletto artisti e grafici. Per disegnare l’etichetta. Poi arrivano le bottiglie: vetro spesso, pesanti, costosissime. Quindi le veline, i pendagli e il libretto. Una parte, circa mille, le ritira il fedelissimo del professore, Davide Agnello, per essere inviate a «ambasciatori, vip, gente importante!». Il resto rimane in cantina.

Qualcuno avrebbe dovuto pagare il conto, ridotto all’osso, sempre per spirito di servizio: 14 mila 500 euro, mentre nelle «barrique» ci sono ancora 8400 litri, pari a 11 mila bottiglie di «Barolo Letterario». Le fatture sono intestate né a Soria, né al «sig. Premio», come è accaduto per altre forniture ma alla società Territori di Cultura, al 95 per cento di proprietà del Premio, il 5 nelle mani di Giuliano. Amministratore unico Carmelo Pezzino, uffici a Torino e Bologna. Una delibera del Premio, con la firma di Soria, indicava la data del bonifico «autorizzato», settembre 2008, destinato alla Territori di Cultura e, quindi, alla «Gigi Rosso». Ma ad Alba non è più arrivato nemmeno un cent. Che fine farà il «Letterario»? Forse sequestrato e poi all’asta. Che malinconia.
La Stampa 25 febbraio 2009

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