mercoledì 2 gennaio 2008

Viaggio in un feudo clerical-berlusconian-fascista: la Comunità Incontro di Don Gelmini



di Marco Bazzichi - resistenzalaica@gmail.com


Amelia, 26 dicembre 2007


Ore e ore di melassa e retorica che, al confronto, una convention del Pd è fitta di sostanza. Tra problemi di salute e supposte persecuzioni mediatico-giudiziarie di un sistema che, nonostante tutto, ha ancora da ridire sulla pedofilia, è mancata la persona dell’ottantenne Don Gelmini, che seguiva in videocollegamento da casa. Eppure la Comunità Incontro, nell’arco di una tre giorni natalizia all’insegna “della speranza di chi vuole uscire dal buio della droga” ha dispiegato tutte le sue impressionanti forze finanziarie, politiche e clerico-fasciste. Sono stati numerosissimi i partecipanti alla tre giorni, incensati da una telefonata di Silvio Berlusconi che, ancora una volta, ha ribadito il proprio sostegno economico alla Comunità, e dalle presenze di Maurizio Gasparri, Amedeo Minghi, i coniugi Ripa di Meana, Ronconi e tante altre belle facce del dagli-al-drogato. Ma, a dire il vero, anche se il culmine è stato nel pomeriggio di Santo Stefano col rilascio di ben 300 giovani che possono finalmente tornare alla vita normale, di droga non si è parlato mai, tantomeno di tossicodipendenza e di uscita dal tunnel. Se dalla droga si esce è solo grazie a Cristo, che tra i tanti problemi del mondo trova sempre il tempo di occuparsi di coloro che non riescono a smettere nemmeno con lo spinello. Quindi, perché andare ad occuparsi di una qualsiasi metodologia del recupero? “Don Pierino fa e farà con noi tantissime cose” ha gridato dal palco Maurizio Gasparri, suscitando l’applauso più grosso. Per l’imitazione riuscita di Neri Marcorè, vero idolo di casa, “l’obbedienza [il credere è implicito, per il combattere si vedrà] è d’obbligo per tutti noi. Oggi i ragazzi che lasciano la comunità non potranno condividere con Don Pierino, ma vorrei proporre che in primavera i 300 che partono tornino per un bis con Don Pierino, che così potrà farci anche le critiche pubbliche. Noi dobbiamo dire la verità a quelli che conosciamo, andare nelle tv locali, nei giornali, dire la verità di quello che fa la Comunità, di quello che fa Don Gelmini! Dobbiamo dirlo alla magistratura! Io mi auguro che, quelli che oggi giudicano, alla fine della loro vita, possano dire di averne salvata almeno una, quella di Don Pierino che, lui, di vite ne ha salvate migliaia. C’è da credere [eccolo], da testimoniare: oggi come ieri perché Don Gelmini e la verità vincano contro tutto e tutti. Viva la vita e abbasso la droga!” Soltanto dai politici, a dire il vero, si è più o meno inconsapevolmente rievocato lo spettro del vero motivo per cui questi ragazzi finiscono in comunità: come Gasparri, così Berlusconi che ha parlato di uscire dall’assuefazione. Per il resto, tutta la comunità e i parenti dei ragazzi è solo un inno all’amore di Cristo e alla devozione per Maria, che, dall’alto dei cieli, guarda agli uomini con più tenerezza del solito, ora che il premio Madonna del sorriso 2008, hanno annunciato dal palco di Amelia, andrà proprio a Maurizio Gasparri. Come Berlusconi, Don Gelmini raggiunge il pubblico di Amelia per telefono – secondo noi in un messaggio registrato – in questo “momento che possiamo chiamare di liberazione, di redenzione, un momento di vita. Quanto mi piacerebbe essere lì con voi, abbracciarvi, salutarvi! E voi gabbiani della libertà (per l’abuso della figura del gabbiano, si rimanda alla raccolta di poesie di Federico Sardelli, nota a margine sulla poesia contemporanea) e dell’amore tra poco volerete nel cielo della vita per dire ‘quanto è bella la vita’. Siete rinati! Siete rinati! Portate questa vostra luce nelle vostre case, portatela dove andrete a lavorare, dove formerete una nuova famiglia. E dalla vostra camera, la sera guardate la stella più luminosa. Io la guarderò benedicendovi”, chiude citando, cercando una figura letteraria assai ricercata, ma imbattendosi nella Tamaro di Va’ dove ti porta il cuore. Si mette poi a piangere Marina Ripa di Meana che dal palco, subito dopo il messaggio di Don Gelmini, trasmette tutta l’emozione di una donna che, guardandosi indietro, non ha che da ergersi a icona di questo Cristianesimo del terzo millennio. E fanno tutti a gara per chi ha fatto più colazioni con Don Gelmini, chi vi ha bisticciato di più, chi gli vuole più bene, chi gli ha parlato di più in questi anni (nessuno che gli abbia portato dei figli). Pure Amedeo Minghi si vanta di aver avuto come regista Don Gelmini per un proprio video della cui proiezione non veniamo risparmiati, mentre ci accorgiamo, nel suo stucchevole medley, che la base di Vita mia è identica a quella di Vattene amore. Lasciamo Amelia, feudo della destra più clericale, di quella destra popolana laziale la cui violenza e intolleranza si percepisce ad ogni pié sospinto, con la sensazione che questi sanno proprio cos’è la vita, la propria e non quella degli altri, e l’amore, quello unicamente dedicato a se stessi e intriso di vanità. Nelle nostre orecchie riecheggia il lunghissimo ed estenuante elenco non dei 300 giovani usciti dalla Comunità in questo Santo Stefano, ma del loro nuovo direttivo. Quante vite lacerate davvero dalla violenza, dall’ignoranza, dalla miseria e dalla droga! Quanti bei poster di Don Gelmini in camera da letto!
Resistenza laica

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