mercoledì 16 gennaio 2008

Gesuiti: "violenze sessuali" su bambini eschimesi

Una storia che sarebbe durata trent'anni
15/01/2008
Più di 110 eschimesi di alcuni villaggi dell'Alaska occidentale hanno dichiarato di avere subito per decenni abusi sessuali da parte di alcuni gesuiti e volontari cattolici.Secondo Newsweek, che ha raccontato la storia, i fatti si sarebbero svolti tra il 1959 e il 1986.Per questa vicenda, la Jesuit Oregon Province - che rappresenta la società di Gesù in tutto il nord-ovest degli Stati Uniti - ha già accettato di pagare 50 milioni di dollari per danni soprattutto di carattere psicologico e morale.I responsabili sarebbero 12 preti e 3 volontari. Gli abitanti dei villaggi inseriscono nel computo delle vittime altre 22 persone che si sarebbero tolte la vita nel corso degli anni in seguito alle conseguenze psicologiche delle molestie.Secondo Chris Cooke - un avvocato di Anchorage che rappresenta la parte lesa - durante il periodo in cui si sarebbero svolti i fatti gesuiti e volontari "avevano un potere assoluto sulle persone e sulla loro cultura. Avevano il potere del linguaggio, il potere politico e quello razziale. Avevano il potere di mandarti all'inferno. Per le vittime non c'era modo di sfuggirvi".Solo tre dei religiosi al centro della vicenda sono ancora vivi, di due si conoscono nome e cognome. Sono padre James Jacobson e padre Jim Poole.John Whitney, responsabile della Jesuit Oregon Province, sostiene che vivono sotto stretto controllo in un istituto per anziani religiosi. Non sono raggiungibili dai giornalisti.Secondo gli atti del processo, Jacobson avrebbe avuto quattro figli da quattro donne diverse e avrebbe messo incinta una 16enne; gravidanza che si concluse con un aborto. Anche Poole avrebbe ingravidato una ragazza eschimese, spingendola poi ad abortire.
Il maggiore responsabile dei fatti sarebbe però Joseph Lundowski, un volontario che svolgeva molti dei compiti dei religiosi, ora deceduto.Secondo le testimonianze, nel corso di 7 anni avrebbe abusato di pressoché ogni ragazzo del villaggio di St.Michel e delle zone limitrofe. 38 di queste vittime oggi hanno trovato il coraggio di raccontare la storia. Dopo il catechismo o la messa, Lundowski invitava i ragazzi a giocare in quella che aveva battezzato "the monkey room". Qui gli faceva bere della birra che lui stesso produceva. In una stanza limitrofa, c'era un letto.Oggi a St.Michel non è difficile trovare uomini di mezza età che raccontano degli abusi di "Brother Joe"."Sapeva che questi ragazzi erano molto vulnerabili, sapeva che avevano fame e freddo. Sapeva che non avevano nulla. Lui offriva loro cibo, caramelle e soldi, e così perseguiva i suoi scopi".A parlare è Patrick Wall, un ex monaco benedettino che ha fatto da consulente nel procedimento penale e che oggi punta il dito anche contro le gerarchie dei gesuiti: "Questi preti avevano commesso violenze anche altrove e sono stati sguinzagliati nell'ambiente più incontrollabile". I gesuiti arrivarono nell'Alaska occidentale alla fine dell'Ottocento, dopo un'epidemia che aveva sterminato più di metà dei nativi. Il cattolicesimo colmò il vuoto lasciato dai vecchi culti e dagli sciamani, ormai impopolari in quanto "poco efficaci".
15 gennaio 2008

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