giovedì 17 gennaio 2008

Il diario segreto di Olindo: «Qualcuno ha messo la prova nella mia auto»

Felice Manti Edoardo Montolli da Milano
Tra le carte dell’accusa per la strage di Erba spunta una Bibbia. Nei giorni scorsi la Procura ha inserito tra gli atti d’indagine contro Olindo Romano e Rosa Bazzi, accusati di aver ucciso 4 persone nella casa di via Diaz l’11 dicembre del 2006, alcune lettere d’amore indirizzate a Rosa e soprattutto i pensieri che Olindo scrive sin dall’inizio della sua detenzione nel carcere del Bassone e che il Giornale è in grado di anticipare.Un diario pieno di pensieri per la moglie («Ciao Rosa mi manchi. Ti penso. Ti abbraccio amore ti amo tuo Olly»), e anche frasi apparentemente senza senso scritte tra un salmo e un brano del Vecchio Testamento.Il 20 aprile 2006 Olindo scrive alla «Madonnina della neve» alla quale, evidentemente è devoto: «45 lune sono passate (dall’arresto, ndr) mi hai dato il dono della vita ho visto la luce. Oggi sono un peccatore che io e la mia sposa chiedono il tuo perdono. Un giorno tornerò con la mia sposa da te in quel luogo a noi sacro con delle rose rosse e 1 bianca, con il nostro pentimento nel tuo perdono».Non è l’unico messaggio a sfondo religioso. Ce ne sono moltissimi. Come quello del 24 aprile 2006: «Lucia Giacinta Francesco, Nostra signora di Fatima, Signore del Rosario. (...). Solo gli sciocchi dicono che non c’è Dio» Nello stesso appunto, Olindo rivolge una preghiera per le vittime della strage che sembra confermare le accuse nei suoi confronti: «Accogli nel tuo regno il piccolo H. Yussef, sua mamma Raffaella, sua nonna G. Paola e C. Valeria a cui noi abbiamo tolto il tuo dono, la vita». Non è l’unica riflessione sulla vicenda, ce ne sono molti altri. Ma già ad agosto le riflessioni sembrano dischiudere verità sino ad allora taciute, segreti difficili da rivelare. Si tratta di pensieri che fanno riflettere su quelle confessioni rese davanti ai pm il 10 gennaio 2007, due giorni dopo la carcerazione, dopo aver manifestato alla moglie il suo stupore per le prove che lo avevano incastrato, come confermeranno le intercettazioni telefoniche pubblicate dal Giornale nelle quali Rosa dirà che il marito non è mai salito in quell’appartamento. Circostanza confermata dai Ris. Scrive Olindo nei suoi appunti: «Dietro l’angolo l’inganno degli uomini è in agguato. Alla base l’avidità di denaro completa l’opera. Tanti sono i dubbi che ci tengono compagnia, molte le domande senza risposta, false o mezze verità. Sbagli, errori in buona o malafede, verità taciute le menzogne hanno tanto figli». Poi attacca il mondo dell’informazione: «Divulgano valanghe di notizie che lasciano il tempo che trovano, l’importante è fare notizia, apparire. “Com’è povero il vostro pensiero”. La carta stampata li segue a ruota con infinite pagine che non portano a nulla, fine a se stesse. A voi non importa la verità, altri sono i vostri scopi, neppure un cagnolino scodinzola per nulla. Noi perfetti capri espiatori stiamo già pagando, portati e indotti dalle circostanze e dagli eventi, non per quello che una parte di voi pensa. Ma non pagheremo per ciò che non abbiamo commesso». Nel suo diario-Bibbia c’è anche una foto tratta dal film Il miglio verde.
Il 26 agosto del 2007 Olindo ha già deciso di proclamarsi innocente: «Quando abbiamo reso le confessioni io pensavo che mi avessero messo in cella con mia moglie, anche lei aveva questa speranza. In quei momenti eravamo smarriti e confusi, non ci rendevamo conto quasi di cosa facessimo e dicessimo. Ci volevamo proteggere a vicenda. Dopo la mia prima e la sua deposizione ci hanno richiamato dentro, sempre uno alla volta, per rettificare le due deposizioni, dargli una logica. Sembravano degli avvoltoi che volessero le nostre teste. Della verità non gliene frega niente, volevano solo fare in fretta. Per il nostro silenzio, la nostra rassegnazione, le nostre sofferenze. Poi la deposizione di mia moglie che non so neanche che cosa ha detto».
L’obiettivo dei pm, secondo quanto è trapelato dal Palazzo di giustizia comasco, intenderebbe «sfruttare» gli appunti di Olindo contenuti in quelle pagine per confermare la bontà dell’impianto accusatorio, che si regge sul riconoscimento del superstite Mario Frigerio, e sulla piccola macchia di sangue di una delle due vittime nel battitacco della Seat Arosa dei Romano. Una circostanza che fa infuriare Olindo: «La prova biologica non ripetibile trovata dai carabinieri di Como dopo vari giorni chi ce l’ha messa? La mia auto è sempre aperta».
Ecco perché il processo del prossimo 29 gennaio si annuncia tutt’altro che scontato. Le confessioni dei due imputati sono state ritrattate davanti al gup Vittorio Anghileri il 12 ottobre scorso; ci sono divergenze nel riconoscimento del testimone, Mario Frigerio, (delle quali il Giornale ha dato conto nei mesi scorsi) che davanti ai pm comaschi il 15 dicembre 2006 prima individua l’aggressore come un uomo di carnagione olivastra e di etnia araba, che non aveva mai visto prima poi qualche giorno dopo riconosce nel «bianco» e ben noto volto del vicino quello del suo aggressore; e soprattutto la totale assenza di dna dei due imputati nella scena del delitto e di tracce di sangue delle vittime a casa dei Romano, come si evidenzia nel rapporto dei Ris. Le cui indagini preliminari, con tanto di ferogrammi del dna trovato sulla scena del delitto, dopo molte richieste, sono in mano alla difesa.
felice.manti@ilgiornale.it

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