mercoledì 30 settembre 2009
Garlasco,svolta: spunta l'orma di una donna
Svolta nel giallo dalla superperizia
Svolta a Garlasco. Nella villetta dove è stata uccisa Chiara Poggi c'era l'orma di una scarpa da donna. Probabilmente la suola appartiene all'omicida o a una sua complice. Lo rivela Libero, citando la relazione del perito nominato dal giudice chiamato a decidere se Alberto Stasi è colpevole o innocente. La traccia, lunga 24-26 cm, corrisponderebbe a un numero di piede 36-37 e avrebbe forma e dimensioni di una scarpa da donna.
La superperizia verrà depositata in tribunale il 14 ottobre, infittendo il giallo sull'omicidio di Chiara. Secondo la relazione, infatti, l'assassino non era solo. Sulla scena del delitto è stata rinvenuta anche l'orma di una scarpa presumibilmente femminile.
Le tracce individuate sul luogo del delitto sono di due tipologie. Alcune, di identica foggia, sono state trovate di fronte al tappeto del bagno. Altre, definite "parziali", sono state invece rintracciate al piano terreno, in cima alla scala che conduce alla cantina, dove è stato trovato il corpo di Chiara.
Una di queste impronte, stando alla superperizia, sembrerebbe corrispondere per forma e dimensioni alla scarpa di una donna. Di sicuro, ha precisato l'esperto nominato dal giudice, non appartiene ad Alberto Stasi. Si tratta di una novità nel quadro investigativo che pone nuovi interrogativi. Chi ha ucciso Chiara Poggi? Se le orme trovate nella villetta non appartengono ad Alberto, allora a chi appartengono? Perché in due anni di indagini non sono state rilevate e analizzate dai consulenti della procura?
Nell'autopsia effettuata sul corpo di Chiara risulta inoltre che sulla coscia sinistra della vittima sono presenti echimosi da calpestamento (tacco e punta). Le Lacoste calzate da Stasi di sicuro non hanno né tacco né punta. E dunque ricompare l'ipotesi di una scarpa da donna.
tgcom 30 settembre 2009
domenica 27 settembre 2009
GIALLO DI GARLASCO: 4 TELEFONATE SOTTO LA LENTE DEI PERITI
La sua fu una testimonianza in mezzo a molte altre: "Mi sono svegliata alle 7, ho fatto colazione alle 7,30 e fino alle 13 ho lavorato alla mia tesi di laurea", fece scrivere a verbale. Ora quel verbale è diventato però oggetto di accertamenti da parte dei super periti informatici incaricati dal gup di Vigevano, Stefano Vitelli, di eseguire nuovi supplementi d'indagine. Perché, nonostante la ragazza abbia dichiarato di non essersi mai mossa di casa (molto vicina a quella dell'omicidio), la mattina di quel 13 agosto il suo cellulare agganciò due celle diverse, come risulterebbe dai tabulati telefonici. Se le tre chiamate di mezzogiorno agganciarono una centralina di Garlasco, infatti, la prima delle quattro, quella delle 9,18, si 'attacco'' alla seconda cella. Ora, delle due l'una: o esiste una spiegazione tecnica al cambio di cella oppure la ragazza non avrebbe detto la verità. A questo interrogativo stanno cercando di rispondere i periti del giudice che, entro il 7 ottobre, dovranno consegnare la loro perizia informatica sul caso di Garlasco. Secondo molti esperti del settore, comunque, non è inusuale che, in un Comune piccolo e ricco di edifici bassi (come nel caso di Garlasco), un telefonino si possa agganciare a due celle diverse. Un'eventualità che si registra più spesso quando il chiamante si trova a cavallo di due celle. L'amica di Alberto Stasi non sarebbe l'unica persona finita al centro dei controlli informatici. Altri testimoni, infatti, sono stati oggetto di accertamenti sui propri telefonini per incrociare i dati di chiamate e sms.
sabato 26 settembre 2009
Meredith:PC Sollecito collegato a internet la notte in cui fu arrestato
Il consulente informatico: qualcuno navigò mentre lui era in questura
PERUGIA
Il pc di Raffaele Sollecito, che si trovava nella sua abitazione, si collegò a Internet la notte in cui lui e Amanda Knox vennero arrestati, quando erano già in questura, secondo uno dei consulenti della difesa del giovane pugliese per il quale tale attività potrebbe avere portato alla cancellazione di file anche della sera dell’omicidio di Meredith. Dati che proverebbero che Sollecito era a casa sua e non sulla scena del delitto. «Nessuna traccia di cancellazione di dati e orari comunque compatibili con l’omicidio» invece secondo l’avvocato Francesco Maresca, legale della famiglia Kercher. Si chiude così, con un confronto sul computer portatile di Sollecito, l’esame dei testimoni sentiti per 41 udienze davanti alla Corte d’assise di Perugia. Le parti si ritroveranno il 9 ottobre per esaminare le richieste di integrazione probatoria che si annunciano particolarmente consistenti dalle difese intenzionate a chiede nuove perizie sulle tracce di Dna e sul coltello considerato l’arma del delitto.
Oggi, intanto, Antonio D’Ambrosio, uno dei consulenti dei legali di Sollecito, ha sostenuto che sul computer portatile del giovane venne registrata «interazione» dalle 22.22 del 5 novembre del 2007 alle 9.24 del giorno successivo, collegandosi tra l’altro all’una e alle 2.47 con le notizie relative all’omicidio Kercher presenti sul sito dell’Ansa. «Nessuna ipotesi su chi possa essere stato a collegarsi, ma abbiamo fornito un dato oggettivo» ha detto l’avvocato Luca Maori, uno dei difensori di Sollecito, secondo il quale «quella interazione ha provocato la perdita di alcuni dati». Come quelli - per il legale - relativi ai film «Il favoloso mondo di Amelie» e «Stardust» che il giovane ha sostenuto di avere visto insieme alla Knox il primo novembre nell’orario in cui Mez veniva uccisa. D’Ambrosio ha anche parlato di un’interazione di quattro secondi con la home page della Apple rilevata 58 minuti dopo mezzanotte del 2 novembre. In aula, oggi, anche la genetista Sara Gino, consulente della difesa Knox, che ha riproposto la questione della contaminazione delle tracce di Dna. «Il rischio esiste e va preso in considerazione» ha sottolineato.
Ora il processo si avvia alla sua fase finale e forse per questo oggi Amanda è stata notata nel gesto scaramantico di incrociare le dita in aula. «Siamo stati molto fortunati perchè sono emersi dati oggettivi che hanno escluso ogni responsabilità di mio figlio in questa terribile vicenda» è stato il commento su quanto successo finora di Francesco Sollecito, il padre di Raffaele. Ma di bilancio «assolutamente positivo» ha parlato anche l’avvocato Maresca da sempre convinto della ricostruzione accusatoria.
la stampa 26 settembre 2009
Garlasco:Un'amica di Stasi fra i sospetti
Chiara Poggi: la ragazza ora e' "oggetto di nuovi approfondimenti del caso". Lo scrive il Corriere della Sera: secondo il quotidiano il racconto della ragazza ("ero a casa e ci sono rimasta fino al primo pomeriggio") non coincide con i rilievi tecnico informatici, dato che il suo cellulare il giorno dell'omicidio aggancio' due celle diverse del Comune. Questo significa, secondo la ricostruzione del Corriere, che la copertura del cellulare quel giorno fu garantita da due centrali diverse, cosa che di solito succede quando una persona di sposta da un'area all'altra.La ragazza pero' ha sempre testimoniato che la mattina in cui Chiara fu uccisa, il 13 agosto del 2007, resto' in casa a Garlasco, non lontano dalla villetta dei Poggi, a scrivere la tesi e non usci' prima delle quattro. Sono dunque molte le domande
che nascono da questa scoperta, e il perito informativo del giudice Stefano Vitelli, scrive il Corriere, "vuole andare a fondo dei dettagli tecnici e chiedere al gup nuovi accertamenti". La parola d'ordine per gli inquirenti e' "non lasciare niente al
caso".Gli avvocati di Alberto Stasi, unico indagato per l'omicidio, un anno fa avanzarono l'ipotesi che ci fossero due persone sul luogo del delitto: le perizie e gli esami dovrebbero dare risposte anche in merito. Sembra pero', conclude il quotidiano milanese, che gli ulteriori accertamenti riportino alla teoria di una sola persona presente quel giorno nella villetta di Garlasco.
Meredith/ Lumumba: Amanda ha fatto il mio nome per depistare
Meredith/ Lumumba: Amanda ha fatto il mio nome per depistare Udienza di oggi caratterizzata dai consulenti difesa Knox
Perugia, 25 set. (Apcom) - E' ormai prossimo alla conclusione il processo sulla morte di Meredith Kercher, la ragazza inglese uccisa a Perugia il primo novembre del 2007, che vede sul tavolo degli imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Domani udienza con due testimoni chiamati dalla difesa di Raffaele Sollecito e poi tutto rinviato il 2 e 3 ottobre quando si discuterà su integrazione probatoria proposte dalle parti. Oggi in aula è stata la volta di due consulenti della difesa di Amanda Knox. Il medico legale Patumi ha ribadito che le ferite al collo di Meredith non sono compatibili con il coltello sequestrato in casa di Raffaele Sollecito, dato che la ferita è solo di 8 centimetri contro i 17 della lama dell'arma sequestrata. Per Patumi la ferita mortale è stata prodotta da più colpi di arma e tutti sono penetrati per l'intera lunghezza della lama. Da qui l'incompatibilità. Inoltre Patumi ha espresso la sua convinzione scientifica che chi ha ucciso Meredith prima abbia tentato di violentarla. La violenza sessuale non è stata mai accertata dai medici legali del Pm. E' certo che Meredith però ha avuto un approccio sessuale prima di morire. La relazione del medico legale Patumi mette un ulteriore tassello sulla strada della teoria delle difese che individua in Rudy Guede il killer di Meredith. Guede ha confessato - prima della condanna a 30 anni per l'omicidio - che aveva iniziato un rapporto sessuale con la ragazza inglese quando è stato costretto ad interromperlo per via dei dolori alla pancia che lo hanno costretto ad andare in bagno. In quei minuti poi una coppia, secondo Guede, ha ucciso Meredith. Si è parlato anche in aula delle accuse di Amanda Knox nei confronti di Patrick Lumumba durante un interrogatorio senza avvocato e dove aveva affermato di essere stata a casa, mentre il ragazzo congolese uccideva la sua coinquilina. Per il neurologo Carlo Caltagirone quel racconto è stato frutto dello stress che la ragazza americana ha subito. Lo stress, secondo il consulente, contribuisce a elaborare falsi ricordi. Lumumba, presente in aula e parte offesa in un procedimento per calunnia contro Amanda Knox, non ha creduto a questa ricostruzione. Fuori dall'aula ha ribadito ai giornalisti: "Amanda voleva depistare le indagini. Per questo ha fatto il mio nome".
l'eco di Bergamo 25 settembre 2009
OMICIDIO GARLASCO: NOVITA' SULLA SUPERPERIZIA, CHIARA UCCISA DA UNA SOLA MANO
Milano, 25 set. (Adnkronos) - E' un'attivita' frenetica quella dei periti impegnati a risolvere il giallo di Garlasco e a consegnare, gia' dalla settimana prossima, le conclusioni finali sulle quali il gup di Vigevano, Stefano Vitelli decidera' se assolvere o condannare Alberto Stasi. E' lui, l'allora fidanzato di Chiara Poggi uccisa nella sua villetta di via Pascoli il 13 agosto 2007, l'unico indagato per l'omicidio.
Azzerata l’inchiesta si attende l’esito delle perizie per stabilire se Alberto è innocente o colpevole
Dal nostro inviato Giusi Fasano
VIGEVANO — Mancano pochi giorni e molte carte. Mercoledì 30 settembre metà dei periti e consulenti impegnati sul caso Garlasco consegneranno al giudice Stefano Vitelli le loro relazioni: le risposte ai quesiti che lui pose, a sorpresa, cinque mesi fa, azzerando di fatto l’inchiesta invece di decidere per l’assoluzione o la condanna di Alberto Stasi, il biondino di Garlasco accusato di aver ucciso la sua fidanzata, Chiara Poggi, la mattina del 13 agosto 2007.
«Emergono significative incompletezze d’indagine che per la loro rilevanza devono essere oggetto di approfondimento istruttorio», scrisse Vitelli. E giù sette pagine di ordinanza per disporre una valanga di accertamenti super partes . Esami biologici, medico- legali, analisi chimiche, riaudizione di testimoni, esperimenti «semi-virtuali» per definire percorsi, tracce, movimenti sul luogo del delitto. Insomma, una rivoluzione.
Difficile, nel panorama giuridico italiano, imbattersi in un altro giudice Vitelli: da una parte apprezzato (da suoi colleghi e da un numero crescente di avvocati) perché «è la prova vivente che un giudice non sempre si attiene solo a quello che dice la pubblica accusa», dall’altra criticato (da altri colleghi e altri legali) perché «questo è il processo della sua vita e lui fa la parte del pm per protagonismo». Parliamo di un processo che si svolge con rito abbreviato: niente dibattimento pubblico, sconto di pena in caso di condanna e, dice il codice, «decisione presa allo stato degli atti». Salvo che «lo stato degli atti» sia ritenuto, appunto, «incompleto». Il gup di Vigevano non si è accontentato praticamente di niente. E, almeno sul fronte della nuova superperizia informatica, ha già incassato un successo professionale per il solo fatto di averla ordinata: perché sono emersi dati nel computer di Alberto che nessuna analisi aveva focalizzato prima. Non cose di poco conto: l’utilizzo certo del pc fra le 9.36 e le 12.20, orario nel quale la procura collocava l’omicidio di Chiara. Anche la perizia voluta per stabilire se Alberto ha potuto o meno camminare nella casa dell’omicidio senza sporcarsi le scarpe di sangue ha segnato passi avanti rispetto agli accertamenti precedenti. Il giudice aveva visto giusto riproponendo il quesito ai suoi periti: perché ora, con strumenti particolari, risulterebbe una scena del delitto con sangue più esteso di quello visibile a occhio nudo. I risultati definitivi, in questo caso, arriveranno il 14 ottobre perché proprio per consentire analisi più approfondite, il giudice ha concesso una proroga alla consegna della relazione.
Slitta al 7 ottobre, invece, l’esito degli esami informatici. Anche qui: si tratta di andare a fondo di alcuni dati marginali anche se in realtà sembra non esserci nulla che Vitelli ritenga davvero marginale. Lui vuole portare in aula tutti, ma proprio tutti, i tasselli di questo puzzle e ricomporlo sapendo che stavolta può servirsi delle relazioni dei suoi periti per sciogliere ogni dubbio. Mercoledì avrà sul tavolo le perizie chimica e medico-legale. Il dato più importante riguarda l’ora della morte. Se la fascia oraria indicata sarà compresa fra le 9.36 e le 12.20 Alberto avrà un alibi difficilmente smontabile: lavorava alla testi di laurea, al computer.
Il biondino di Garlasco ha già avuto la meglio sulla procura che centrava l’ora del delitto fra le 11 e le 11.30. Avere dalla sua il perito del giudice su questo dettaglio lo autorizzerebbe a sperare in un’assoluzione, anche se altri particolari, in realtà, non vanno nella sua direzione. Le analisi chimiche dimostrerebbero che le sue scarpe (senza tracce di sangue) non sono di materiale idrorepellente, come ha sostenuto la difesa giustificando il fatto che fossero linde. E poi ci sono i tempi del delitto. Può Alberto averlo commesso fra le 9.10 (quando Chiara ha disattivato l’allarme) e le 9.36? La difesa dice di no. La parte civile è convinta di sì e mette agli atti un video che simula azione e tempo di fuga: 9 minuti e 4 secondi. Quel video è girato sul luogo del delitto, casa Poggi. Ma né la madre né il padre di Chiara, Rita e Giuseppe, hanno voluto vederlo. «Sarebbe emotivamente troppo forte», valuta la signora Rita, «anche se è solo finzione». Le dispiacerebbe, dice, vederlo scorrere sullo schermo della televisione o su qualche sito Internet. «Per favore», chiede, «non mandatelo in onda».
corriere della sera 25 settembre 2009
venerdì 25 settembre 2009
VIA POMA, PARLA IL FIDANZATO DI SIMONETTA: "CHI SA, PARLI"
Ex fidanzato vittima: "Chi sa parli"
Indicato dal 2007 come il presunto assassino dell’ex fidanzata Simonetta Cesaroni, Raniero Busco ha deciso di raccontare la sua verità sul giallo passato alle cronache come il delitto di via Poma. "Accordi, bugie, depistaggi. E ricatti. Questo c'è dietro la morte di Simonetta - rivela Busco - . "Per anni sono rimasto in silenzio, ma ora basta". Il processo riprenderà il 19 ottobre.
(Simonetta Cesaroni -lapresse)
"Non sono andato in aula. Non ho voluto ascoltare chi ha trasformato la mia vita in un inferno. Chi ha voluto rubare la mia serenità con un'accusa infame", racconta Busco sul prossimo numero del settimanale "Vivo".
La ragazza venne uccisa il 7 agosto 1990. Si indaga sul portiere dello stabile, scagionato dalle accuse dopo un mese. Gli investigatori si concentrano allora su un nipote di un inquilino del palazzo e successivamente sul datore di lavoro di Simonetta. Nessuno viene rinviato a giudizio. I protagonisti della vicenda, a vario titolo, entrano ed escono più volte di scena.
Nel 2007 una nuova perizia indica in Raniero Busco un nuovo indagato: gli esperti trovano il suo Dna sulle tracce di saliva sul reggiseno di Simonetta.
"Chi ha mandato Simonetta in via Poma quel martedì? C’era già stata il venerdì precedente in quell’ufficio, ed era pagata per lavorare due giorni la settimana, il martedì e il giovedì. Perché va ancora in via Poma se c’era già stata il venerdì prima? Perché hanno sempre cercato di non lasciarla da sola in quell’ufficio? Qualcuno ha ricevuto due telefonate la sera dell’omicidio: chi le ha fatte? E chi cercavano? E perché?", sono le domande che si pone Busco che chiede a chi sa di parlare.
"Ci vuole coraggio a dire la verità. E i vigliacchi non parlano. E, forse, chi sa non ha solo paura di un’accusa di favoreggiamento. Quella è ormai prescritta. Potrebbe esserci dell’altro.... Il nome di chi l’ha uccisa è negli atti. Basta cercare. Voler capire al di là di quelle che sono le battaglie di consulenti e periti", spiega l'ex fidanzato della vittima.
Per Busco ci sono persone che avrebbero volutamente condizionare le indagini con testimonianze e ricostruzioni confuse. Ma ormai è tardi perché molte vicende processuali sono state archiviate. "Non può chiudersi con me questo delitto - racconta Busco al settimanale - Perché Simonetta merita giustizia".
Udienza rinviata
E' stato rinviato al 19 ottobre il procedimento relativo all'esame della richiesta di rinvio a giudizio di Raniero Busco per l'omicidio di via Poma. Il gup Maddalena Cipriani ha posticipato l'udienza affinché possano essere sentiti tutti i periti e consulenti che si sono occupati della vicenda. Nel dettaglio verranno convocati tutti gli esperti che si sono occupati degli accertamenti sul morso trovato su un seno di Simonetta.
Caos Garlasco, il giallo delle indagini
E lo si capì pure quando il fidanzato di Chiara, ovvero l’unico indiziato, fu arrestato e subito dopo liberato dal giudice che non convalidò il provvedimento. Ieri è arrivata l’ultima sterzata. Il superperito nominato dal gup ha scoperto che su quel pavimento, nella villetta di via Pascoli dove Chiara Poggi fu massacrata, non c’erano soltanto le chiazze rosse di sangue rilevate dalle macchine fotografiche e dai filmati degli investigatori, ma anche altre tracce ematiche invisibili a occhio nudo che Stasi avrebbe dovuto per forza di cose calpestare quando entrò nella villa, sporcandosi quindi le scarpe. Stando alle contorsioni che ormai connotano le indagini sul delitto di Garlasco, ci si aspetta di tutto, tranne che si arrivi a incastrare in modo inoppugnabile colui che ha ucciso con efferatezza quella povera ragazza. E anche se alla fine di questa storia tragica che a volte rasenta la comicità un colpevole sarà individuato, è possibile, visto il caos dell’inchiesta, che il dubbio permanga: sarà davvero lui? La speranza è che le risposte non siano date sulla falsariga delle indagini: sì, no, forse sì, forse no. Mah!
andrea.miola@cronacaqui.it
Giallo di Garlasco: si laurea Stefania Cappa, cugina di Chiara
Stefania Cappa si è laureata con una tesi sulla responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali nelle società di capitali. Il voto finale è stato di 95. Vestito blu, scarpe rosse col tacco alto, molto elegante, Stefania ha tenuto sul capo la tradizionale corona d'alloro per le foto di rito dopo la laurea. Accanto a lei i genitori ed il fratello Cesare.
Non c'era invece la gemella Paola. Presente anche Marco Poggi, fratello di Chiara. Non c'erano invece i genitori della ragazza uccisa, zii di Stefania. Di Stefania e Paola Cappa si era parlato sopratutto all'inizio del giallo di Garlasco per un fotomontaggio fatto realizzare dalle gemelle con la cugina assassinata. Stefania e Paola hanno scelto successivamente di tornare nell'anonimato per vivere la loro vita privata.
cronaca qui 24 settembre 2009
OMICIDIO GARLASCO: LEGALE POGGI, NON TRASMETTERE VIDEO CHE SIMULA DELITTO
24-SET-09 15:21
mercoledì 23 settembre 2009
Associazione a delinquere, rinvio a giudizio per Vittorio Emanuele
ROMA - Il gup di Potenza, Luigi Barrella, ha rinviato a giudizio per l'ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di pubblici funzionari Vittorio Emanuele di Savoia. Il Principe venne arrestato su richiesta dell'ex pubblico ministero di Potenza Henry John Woodcook (ora a Napoli) il 16 giugno del 2006 insieme ad altre 12 persone, sei delle quali condotte nel carcere di Potenza (dove venne portato anche il principe) e altrettante ai domiciliari.
Dopo appena sette giorni venne scarcerato per scontare i domiciliari, in una casa di Roma, in cui vi è rimasto fino al 20 luglio, quando il Tribunale del Riesame di Potenza revocò gli arresti disponendo il solo divieto di espatrio, caduto poi il successivo 16 novembre. "Non c'era da aspettarsi altro per una vicenda inspiegabile", ha commentato il Principe dicendosi addolorato ma fiducioso nell'accertamento dei fatti.
romagnaoggi 23 settembre 2009
L'avvocato, profonda delusione e paura
POTENZA- L'avvocato di Vittorio Emanuele di Savoia, Francesco Murgia, ha espresso "una profonda delusione sul piano tecnico" per la sentenza di rinvio a giudizio del principe emessa poco a fa dal gup di Potenza, Luigi Barrella. Parlando con i giornalisti nel Palazzo di giustizia di Potenza, l'avvocato ha aggiunto che "gli elementi eclatanti che deponevano per l'insussistenza di qualsiasi ipotesi di reato, sono stati riversati in maniera ampiamente esaustiva. Sono deluso come avvocato e impaurito come cittadino perché - ha concluso Murgia - si è usata come prova l'aria".
Uno degli altri legali di Vittorio Emanuele, Gianfranco Robilotta, ha aggiunto che ''come avvocati siamo sereni. Rispettiamo la decisione del giudice, anche se non ce l'aspettavamo. Cercheremo di salvare le ragioni che - ha concluso Robilotta - oggi non siamo evidentemente riusciti a rappresentare al Tribunale''
ANSA 23 SETTEMBRE 2009
Garlasco, Una perizia contro Alberto: "Sulle scarpe ha mentito"
Alberto Stasi all'epoca dell'arresto per l'omicidio di Chiara Poggi
+ "All'ora del delitto Alberto era al pc" Scontro sulla perizia che salva Stasi
Nuova svolta del delitto di Garlasco:vacilla anche l'alibi della bicicletta
CLAUDIO BRESSANI
GARLASCO (Pv)
Le macchie di sangue che imbrattavano il pavimento della villa di Garlasco dove è stata uccisa Chiara Poggi sarebbero molto più numerose ed estese delle 3 mila individuate dall’ingegner Piero Boccardo, consulente del pm. E dunque la posizione per il fidanzato Alberto Stasi, a processo con l’accusa di averla uccisa, si fa più difficile: se già per Boccardo (che aveva simulato al computer 809.186 camminate) era impossibile non calpestare sangue, tale conclusione dovrebbe uscire a maggior ragione rafforzata dalla perizia che sta conducendo il professor Nello Balossino dell’Ateneo di Torino.
E’ stato quest’ultimo, associato di Elaborazione delle immagini alla facoltà di Scienze, ad anticipare ieri mattina al gup di Vigevano Stefano Vitelli la sua scoperta: servendosi di una nuova strumentazione che si è procurato appositamente, ha analizzato le foto della scena del crimine utilizzate da Boccardo come base per il suo studio e si è accorto che è possibile evidenziare non solo le macchie rossastre sul pavimento ma anche altre tracce ematiche, quelle di siero, che è giallino, quasi incolore, e dunque cromaticamente non risalta. Per approfondire questi accertamenti Balossino ha ottenuto dal giudice una proroga per la consegna della sua perizia, che slitta dal 30 settembre al 14 ottobre, fermo restando che l’udienza in cui si discuteranno le conclusioni rimane fissata per il 24 ottobre.
E’ evidente che, se il pavimento era ancor più imbrattato le probabilità per Alberto di attraversare il corridoio senza sporcarsi le scarpe si riducono ancora. Tali valutazioni devono essere incrociate con quelle cui è pervenuto un altro perito del giudice, il professor Francesco Ciardelli, chimico macromolecolare dell’università di Pisa, secondo il quale il materiale di cui sono costituite le suole delle Lacoste dell’imputato non ha caratteristiche di idrorepellenza. Sotto quelle scarpe non è stata trovata traccia di sangue né di Dna di Chiara, mentre è presente il Dna di Alberto.
Intanto nel fascicolo processuale è entrato anche un elemento nuovo, che ha indotto il giudice a disporre approfondimenti peritali. Si tratta di un video registrato il 5 settembre dal collegio dei consulenti della parte civile. Nella prima scena due attori, uno che interpreta Chiara e l’altro il suo assassino, muovendosi all’interno della villa di via Pascoli, sulla vera scena del crimine, simulano le varie fasi dell’aggressione e poi i movimenti compiuti dal killer, che trascina il cadavere sulle scale della cantina, va in bagno a lavarsi le mani sporche di sangue, perlustra i locali del piano terra e poi esce dalla porta.
Qui parte la seconda scena: l’assassino inforca una bicicletta e attraversa Garlasco fino a via Carducci, dove c’è la villa di Alberto Stasi. Un cronometro in un angolo del fotogramma mostra i tempi: circa 4 minuti per uccidere Chiara e 5 per coprire il tragitto. In altre parole, il fidanzato avrebbe avuto tutto il tempo di commettere il delitto nei 26 minuti di cui teoricamente disponeva, dalle 9,10, quando Chiara ha staccato l’allarme (e quando una pensionata ha notato una bici nera) alle 9,36, quando Alberto ha acceso il suo pc portatile. «Bisogna rilevare nel merito - ha scritto il giudice in un’ordinanza datata 10 settembre - che tale filmato affronta due questioni oggetto di accertamento e valutazione, la tempistica di un tragitto in bicicletta da casa Poggi a casa Stasi e la dinamica della durata dell’aggressione. Tali questioni sono oggetto anche di valutazione peritale».
la stampa 23 settembre 2009
Garlasco: una perizia aggrava la posizione di Alberto Stasi
La nuova perizia sulle tracce di sangue sconfessa Alberto Stasi: non poteva non sporcarsi le scarpe
Dal nostro inviato Giusi Fasano
VIGEVANO (Pavia) - Si parte dalla scena del delitto, o meglio: dalle immagini digitali del luogo. E si ricostruisce una mappa delle tracce di sangue più dettagliata ed estesa di quella che si può vedere a occhio nudo, grazie a sofisticati strumenti tecnologici e informatici che aiutano a disegnare il «nuovo» luogo del crimine e a rilevare dettagli finora mai messi a fuoco. Per esempio il siero sanguigno, chiaro e non evidente nelle fotografie e nei filmati del dopo-omicidio. Ecco. È questo l’ultimo colpo di scena del caso-Garlasco. Ed è questo che il professor Nello Balossino, docente e mago dell’elaborazione di immagini alla facoltà di Scienze di Torino, vorrebbe mettere agli atti del processo contro Alberto Stasi, il biondino di Garlasco accusato di aver ucciso la sua fidanzata, Chiara Poggi, la mattina del 13 agosto 2007 nella villetta di lei, a Garlasco. Balossino è uno dei superperiti nominati dal gup di Vigevano Stefano Vitelli che al professore ha chiesto di sciogliere due nodi sull’omicidio di Chiara. Poteva o no Alberto camminare in casa Poggi secondo il percorso che dice di aver fatto senza sporcarsi le scarpe consegnate poi linde ai carabinieri? E ancora: esiste, e qual è la posizione per aprire la porta di accesso alla cantina (dove Chiara fu trovata) senza calpestare il sangue?
Tutte e due le risposte, ovvio, sono legate all’estensione del sangue sul pavimento. E, stando ai primi accertamenti - che Balossino ora vorrebbe approfondire assieme ai consulenti di parte civile, difesa e accusa - la sostanza ematica comparirebbe su una superficie più ampia del 20-30% rispetto a quella visibile nelle perizie eseguite fin qui. Perché in quelle perizie non sono stati utilizzati gli strumenti tecnici di cui si dispone in questo caso. «Marchingegni », per dirla con l’espressione di chi li usa, dai quali è possibile vedere «oltre» la macchia di sangue e quindi individuare anche il siero sanguigno, di colore chiaro e non visibile nelle immagini usate fino adesso dai consulenti. Certo è che se si rivede al rialzo la mappatura ematica a casa Poggi le cose per Alberto si complicano, quantomeno sulla questione del sangue calpestato o non calpestato. Stavolta un punto a favore dell’accusa, dopo il clamoroso esito della perizia informatica con la quale è stato dimostrato che fra le 9.36 e le 12.20 di quel 13 agosto Alberto lavorava al computer, come ha sempre sostenuto, mentre il pubblico ministero ha centrato il delitto fra le 11 e le 11.30.
Vero è che le analisi informatiche sono importanti per la conferma dell’alibi nella fascia oraria 9.36-12.20, ma quel dato da solo salva Alberto in quell’orario. Non demolisce gli altri elementi sostenuti finora dall’accusa fra i quali la questione, appunto, delle scarpe. La procura sostiene che Alberto uccise Chiara, andò a casa e cambiò le scarpe prima di inscenare un finto ritrovamento del corpo. Per questo non ci sarebbero state tracce di sangue. Il perito del pm, il professor Boccardo, nella sua prima relazione aveva sostenuto che, fatte 800 mila simulazioni al computer, c’erano zero possibilità che le scarpe restassero pulite. L’obiezione del consulente di Alberto, il professor Pedotti, fu che si era considerata una falcata troppo piccola: «L’estensione del passo del ragazzo è fra 80 e 100 centimetri» si disse. E allora Boccardo fece altre prove, stavolta con falcata 70-90 centimetri. Il computer ripetè il percorso fatto dal biondino: per 10 mila volte in entrata e altre 10 mila in uscita da casa Poggi. Risultato: zero possibilità di non calpestare il sangue all’andata e 0,07 al ritorno. E la «mappa» del sangue era più piccola di quella ipotizzata ora.
(ha collaborato Erika Camasso)
corriere della sera 23 settembre 2009
domenica 20 settembre 2009
Usa: ergastolo a una donna pastore, abusò di cinque figlie adottive
Jessica Banks, un pastore donna di sessantacinque anni di una chiesa apostolica di Moreno Valley, in California, è stata condannata all'ergastolo per aver abusato sessualmente, maltrattato e picchiato quotidianamente le sue cinque figlie adottive, bambine tra i quattro e gli undici anni d'età. La donna è stata arrestata nel 2005, quando una delle sue figlie, all'epoca di appena sei anni, venne trovata rannicchiata per terra, pallidissima e piena di lividi, in un centro commerciale. Durante il processo è emersa tutta la crudeltà della donna: le bimbe erano nutrite con cibo scaduto, vivevano nascoste nel garage non riscaldato e subivano ogni forma di sevizie, anche di tipo sessuale.
L'UNIONE SARDA Sabato 19 settembre 2009 16.19
Garlasco, "8 minuti percorso Stasi.Gup: a casa in bici dopo omicidio
Secondo i periti nominati dal Gup di Vigevano (Pavia) Alberto Stasi, unico indagato per l'omicidio della sua fidanzata Chiara Poggi, avrebbe impiegato otto minuti in bicicletta per tornare a casa sua dopo aver commesso il delitto. La perizia è stata calcolata in maniera virtuale. Come viene spiegato in un'anticipazione pubblicata sulla "Provincia pavese", i periti hanno analizzato i vari percorsi possibili.
I periti hanno analizzato i percorsi possibili con eventuali motivi di rallentamento come semafori, rotatorie e sensi unici. E' stato tenuto presente anche che dopo un delitto la velocità può cambiare rispetto a un percorso normale. Il processo contro Alberto Stasi, che ha sempre respinto tutte le accuse contro di lui, riprendera' il 21 ottobre davanti
al Gup di Vigevano Stefano Vitelli.
tgcom 19 settembre 2009
Meredith, Bomba del perito al processo :"Il coltello non è quello dell'omicidio"
di lama "non incompatibile". Poi aggiunge: "Come milioni di altre al mondo"
Il dottor Cingolani spiega: "Al giudice l'ho fatto capire. Non ho le prove
tecniche per affermarlo, ma sono convinto che non lo sia"
dall'inviato MEO PONTE
PERUGIA - Lo proteggono come se fosse una santa reliquia. Custodito in una busta di plastica e poi chiuso in una scatola di cartone con tanto di scritta "evidence", ("prova"), è sorvegliato da due poliziotte. Durante l'inchiesta, quando era analizzato nei laboratori della Polizia Scientifica, era impossibile osservarlo da vicino, non solo per i consulenti di parte ma anche per i periti del gip. E anche oggi, nell'aula della Corte d'Assise testimoni e avvocati devono sottostare al rigido protocollo previsto per l'esame delle prove di più delicate per poterlo guardare: mascherina e guanti in lattice ed estrema attenzione a non contaminarlo.
LE IMMAGINI DEL COLTELLO
Precauzioni che appaiono ridicole, dato che ormai è certo che quel coltello sequestrato a casa di Raffaele Sollecito e su cui la polizia scientifica ha rilevato tracce biologiche di Meredith Kercher e di Amanda Knox non è l'arma usata per uccidere la studentessa inglese ammazzata la sera del 1 novembre 2007 in via della Pergola 7 a Perugia. Per rendersene contro basta ascoltare le deposizioni dei tre periti sentiti nell'udienza di oggi dai giudici della Corte d'Assise perugina. In aula sono infatti comparsi i professori Giancarlo Umani Ronchi, Mariano Cingolani e Anna Aprile, gli unici a ricoprire il ruolo di "periti" nell'inchiesta di Perugia. I tre erano stati infatti nominati a suo tempo dal gip Claudia Matteini (autrice dell'ordinanza con cui indicava Patrick Lumumba, ora parte lesa, come autore materiale del delitto) e avevano esposto le conclusioni delle loro analisi in un incidente probatorio. La loro deposizione che è stata richiesta dall'avvocato Giulia Bongiorno, il legale di Raffaele Sollecito rilancia i dubbi sulla fondatezza delle accuse contro lo studente di Giovinazzo e la sua ex fidanzata americana, Amanda Knox, in carcere dal novembre 2007.
Mariano Cingolani, parlando del coltello, ripete quello che ha già detto durante l'incidente probatorio. Ovvero che quel coltello è "non incompatibile" con le ferite. Una doppia negazione inesistente non solo nella letteratura di medicina legale ma anche nella lingua italiana che sinora ha permesso di poter ancora indicare quel coltello da cucina come l'arma usata per uccidere Meredith. Però ora aggiunge: "Come non sono incompatibili tutti gli altri coltelli monofilari". Come a dire tutti i coltelli del mondo che abbiamo una lama ad un solo filo. In più, fuori dall'aula, lo stesso Cingolani, dice: "Vuol sapere se è l'arma del delitto? No, e l'ho detto anche ai giudici in qualche modo. Non avendo però i dati tecnici per poterlo affermare in aula abbiamo dovuto ricorrere a questa formula della "non incompatibilità". Ecco tutto".
Il professor Giancarlo Umani Ronchi è ancora più critico su come è stata condotta l'inchiesta. "Ci hanno chiesto di stabilire l'ora della morte - spiega - ma sono stati commessi inizialmente errori clamorosi. A partire dalla mancata analisi thanatologica del cadavere da parte del primo medico legale intervenuto sulla scena del delitto. Il dottor Luca Lalli è arrivato in via della Pergola 7 alle 14 ma ha dovuto aspettare che fossero effettuati i rilievi della Polizia Scientifica prima di poter esaminare il cadavere. Cosa che ha fatto il giorno dopo, alle 13. Dodici ore dopo quindi con un ritardo le cui conseguenze sono facili da intuire. Ora si cerca di datare la morte di quella povera studentessa attraverso l'analisi dello svuotamento dello stomaco. Un dato che in medicina legale è l'ultimo da esaminare perché soggetto a troppe variabili. E, ritornando al coltello, è impossibile stabilire se quello indicato sia o meno l'arma del delitto dato che non si conosce la dinamica dell'aggressione".
L'unica ad avallare in parte la tesi dell'accusa è la dottoressa Anna Aprile che pur non riuscendo ad affermare senza ombra di dubbio che Meredith sia stata oggetto di violenza carnale spiega: "Ci sono tracce di un rapporto sessuale consumato poco prima della morte. Se consenziente o meno non è possibile dirlo attraverso i dati tecnici". La dottoressa però specifica che comunque una violenza carnale non lascerebbe segni evidenti negli organi genitali di una vittima. Dando di fatto ragione al pm Manuela Comodi (bravissima nel mettere in difficoltà i consulenti delle difese) che sotto una diretta minaccia qualsiasi volontà viene annullata.
Ciò che però è evidente è che il processo di Perugia si sta avvitando sulle indagini scientifiche. Come già successo per il caso di Cogne, si spera in questo modo di dribblare le lacune dell'inchiesta tradizionale. Venerdì però il consulente della difesa di Sollecito, il professor Francesco Vinci, ha dimostrato che le orme di scarpe rilevate sulla scena del crimine e attribuite dalla Scientifica allo studente di Giovinazzo appartengono in realtà a Rudy Guede, già condannato a 30 anni con il rito abbreviato.
Nonostante i dubbi e l'assenza di prove certe (non c'è traccia di rapporti tra Rudy, Amanda e Raffaele, movente e dinamica sono tutt'ora avvolti nel mistero) l'esito del processo appare scontato e la condanna all'ergastolo di Amanda e Raffaele sembra essere inevitabile. E' probabile che per dissipare i dubbi il presidente della Corte d'Assise Giancarlo Massei sia costretto a commissionare una perizia (almeno sul coltello e sul dna trovato sul gancetto del reggiseno di Meredith repetertato con quaranta giorni di ritardi rispetto alla scoperta del cadavere) come d'altronde aveva suggerito il gup Paolo Micheli quando aveva rinviato a giudizio Amanda e Raffaele. Perizia che comunque sarà chiesta dalle difese degli imputati.
(la repubblica 19 settembre 2009)
sabato 19 settembre 2009
Meredith:In aula l'arma del delitto.La morte in sette-dieci minuti
PERUGIA, IL PROCESSO PER L'OMIICIDIO DELLA STUDENTESSA INGLESE
«Meredith morì in sette-dieci minuti»
L'accusa porta in aula l'«arma del delitto»
Il coltello che avrebbe ucciso mostrato in udienza. I periti: «La ragazza potrebbe aver urlato»
Ecco quello che per l'accusa è il coltello con il quale venne uccisa Meredith Kercher mentre viene mostrato nell'aula della Corte d'assise ad Amanda Knox (Ansa) |
GLI ELEMENTI SIGNIFICATIVI - Nella relazione consegnata al gip, i periti avevano comunque spiegato che larghezza e profondità di una ferita da punta e taglio dipendono da vari fattori, tra cui la forza impressa dall'aggressore e i movimenti della vittima. A loro avviso mancano quindi «elementi significativi» per dire se siano stati utilizzati uno o più coltelli. Quello sequestrato dalla squadra mobile di Perugia è stato mostrato oggi in aula durante la deposizione del professor Cingolani che per esaminarlo ha indossato guanti e mascherina. La professoressa Aprile ha invece ribadito che la Kercher ebbe una «attività sessuale» poco prima di morire, spiegando di non poter dire in base ai soli dati biologici se fosse stata consenziente o meno. A suo avviso, tuttavia, il quadro generale suggerisce che «Meredith venne uccisa in un contesto di violenza».
LE DATE - Il collegio presieduto da Giancarlo Massei esaminerà il 2 e il 3 ottobre le richieste di integrazione probatoria che potrebbero essere avanzate dalle parti. Appare scontato che diverse istanze arrivino dalle difese di Sollecito e della Knox sempre più intenzionate a chiedere una superperizia sulle tracce di Dna rilevate nelle indagini condotte dalla polizia. Dalla decisione della Corte dipenderanno i tempi per giungere alla fine del processo e quindi alla sentenza.
corriere della sera 19 settembre 2009
venerdì 18 settembre 2009
Onofri: il tribunale dichiara l’interdizione del “papà di Tommy"
Non c’è pace per la famiglia Onofri. Dopo la tragedia del piccolo Tommaso, il bimbo rapito e ucciso la sera del 2 marzo, oggi il tribunale di Parma ha dichiarato l’interdizione del padre, Paolo Onofri, in coma vegetativo da più di un anno dopo essere stato colpito da un infarto. Valutate le gravissime lesioni cerebrali subite, era gia’ stato dichiarato totalmente incapace di intendere e volere. Poi la moglie, Paola Pellinghelli, ha fatto istanza di interdizione per poter gestire le vicende familiari dopo la doppia tragedia. Durante questa fase istruttoria era anche stato nominato un tutore provvisorio, ma ora, essendo stata depositata la sentenza, spetterà al giudice tutelare sceglierne uno definitivo che si esprimerà sul consenso alle cure mediche.
lunedì 14 settembre 2009
Meredith, Knox-Sollecito alleati contro la procura: "Violati diritti delle difese"
Perugia - Per la prima volta alleati in aula. Amanda Knox e Raffaele Sollecito attaccano la procura, attraverso i loro legali alla ripresa del processo sulla morte di Meredith Kercher. L’udienza si è aperta con un attacco congiunto delle difese per la relazione sul dna, elaborata da Patrizia Stefanoni, e sulla mancanta messa a disposizione di alcuni atti - sulle analisi dei reperti - a favore delle difese.
La Bongiorno La parola è stata presa a inizio udienza dall’avvocato Giulia Bongiorno, legale di Raffaele Sollecito che ha chiesto la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto con il quale è stato disposto il processo e l’inutilizzabilità di alcuni stralci della relazione sul materiale genetico analizzato sui reperti. "È stato leso il diritto della difesa - ha spiegato in aula Bongiorno che ha presentato anche una memoria scitta - sugli esami del dna. Un elemento per noi fondamentale dato che le accuse rivolte a Sollecito si basano esclusivamente su materiale genetico, secondo l’accusa, ritrovato su reperti riguardanti l’omicidio. Le prove del dna non sono una semplice equazione, ma richiede una lettura e un'interpretazione. Infatti i due consulenti interpellati, dell’accusa e della difesa, hanno dato una interpretazione diversa. La relazione del consulente dottoressa Stefanoni è paragonabile a un’etichetta dove si danno risultati senza spiegare il procedimento utilizzato. Mancano grafici e passaggi".
Rinvio a giudizio errato Un’assenza di file che avrebbero leso il diritto della difesa dato che potevano indirizzare differentemente l’operato dei difensori. E per l’avvocato Bongiorno ha creato problemi anche al gup che ha determinato il rinvio a giudizio di Sollecito e Knox. "Il gup - ha spiegato in aula il legale - senza questi atti relativi alla relazione sul dna ha preso una decisione al buio".
I legali di Amanda Anche per gli avvocati Carlo Della Vedova e Luciano Ghirga, legali di Amanda Knox, l’assenza di atti che hanno portato alla elaborazione della relazione sul dna del funzionario della Scientifica, Patrizia Stefanoni, hanno alimentato lesioni al diritto della difesa. Nel corso della udienza del processo quindi si sono associati alla richiesta di nullità del decreto di rinvio a giudizio e lo stralcio di alcune parti della relazione del consulente. "Una serie di eccezioni - ha spiegato Della Vedova - le vogliamo sollevare anche noi. In parte sono le stesse della difesa di Solecito, per il resto riguardano il reperto 36 che è il coltello che secondo l’accusa sarebbe quello utilizzato dagli assassini di Meredith". Continua il legale della Vedova: "Soltanto il 30 luglio scorso abbiamo avuto documenti fondamentali ai fini della nostra strategia difensiva. Nei documenti depositati (300 pagine) risulta accertata la quantità del materiale genetico sulla lama del coltello che è stato attribuito a Meredith. Nei documenti che hanno preceduto la relazione Stefanoni c’è scritto a penna 'troppo basso' riferendosi al materiale genetico. Se avessi saputo questo dai documenti avrei impostato una difesa tutta incentrata su questo aspetto".
il Giornale 14 settembre 2009
domenica 13 settembre 2009
Garlasco, video della perquisizione
Esclusiva trasmessa da Mattino Cinque
La trasmissione “Mattino cinque” ha mandato in onda venerdì mattina su Canale 5 le immagini esclusive del secondo sopralluogo dei carabinieri effettuato il 20 agosto 2007 a casa di Alberto Stasi, l’unico indagato sul caso di Garlasco. La prima perquisizione in casa Stasi è avvenuta il 14 agosto 2007, ma con un mandato ridotto, dal momento che Alberto Stasi non era ancora stato indagato.
Sei giorni dopo, il 20 agosto 2007, un nuovo e più approfondito controllo nella casa fa emergere nuovi particolari utili alle indagini: nessuno degli attrezzi ritrovati è risultato compatibile con le ferite inferte alla vittima. Sono stati analizzati anche tutti gli indumenti di Stasi, ma non sono state ritrovate macchie.
È stato trovato anche un panno sporco di sangue, ma, una volta analizzato, il sangue non è risultato appartenente alla vittima. Analizzate anche le scarpe da ginnastica di Stasi (le foto documentano il controllo su diverse paia di scarpe) che erano pulite e non collimano con le impronte impresse sul sangue ritrovate a casa di Chiara Poggi.
L’unica traccia utile è arrivata dai pedali della bicicletta del fidanzato di Chiara su cui sono state ritrovate tracce del dna della vittima. Non sono passati inosservati neanche gli occhiali di Stasi, ma anche in questo caso nessuna traccia rilevante per le indagini.
Perugia, affittata la casa del delitto. E lunedì riprende il processo
- P
Amanda Knox
Conclusi i lavori per rimetterla a nuovo, la casa di Perugia dove venne uccisa la studentessa inglese Meredith Kercher è di nuovo disponibile per essere affittata dagli studenti universitari, anche se la proprietaria non è ancora riuscita a trovare nessun cliente.
Dopo essere stato dissequestrato, il casolare in via della Pergola ha subito diversi lavori: rinnovati mobili e arredi, tinteggiate le stanze e collocate le grate alle finestre; curato appare anche il giardino circostante. Sistemato anche l’appartamento di sotto, dove vivevano alcuni studenti.
La proprietaria - che si è costituita parte civile nel processo ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito, chiedendo un risarcimento di 100.000 euro attraverso l’avvocato Letizia Magnini - avrebbe anche contattato un’agenzia per affittare quanto prima la casa.
Intanto, lunedì, dopo la pausa estiva, torneranno in aula i due giovani accusati del delitto insieme con Rudy Guede (condannato a 30 anni di carcere e per il quale il 18 novembre incomincerà il processo d’appello): si parlerà ancora di questioni legate al Dna con il medico legale Adriano Tagliabracci, consulente della difesa Sollecito. La sua deposizione venne sospesa il 18 luglio scorso, quando la Corte aveva disposto che tutta la documentazione relativa agli esami di laboratorio compiuti dalla polizia Scientifica fosse messa a disposizione delle parti. Dati sui quali accusa e difese si confronteranno.
Il casolare di via della Pergola |
Le udienze proseguiranno anche martedì, venerdì e sabato della prossima settimana; entro i primi giorni di ottobre potrebbero essere esauriti i testimoni delle difese e quindi i legali di Sollecito e la Knox - che si proclamano innocenti - potrebbero chiedere di disporre una superperizia sulle questioni genetiche dell’indagine.
il secolo XIX 12 SETTEMBRE 2009