YARA,IN CAMPO FORZE SPECIALI. SI INDAGA SUI MOLESTATORI
SEGNALATI IN PAESE -
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Le parole del 19enne Enrico Tironi, che rivelò per primo di aver visto la 13enne parlare con due uomini, trovano conferma. Un altro testimone, poco tempo dopo la scomparsa della 13enne, ha detto alla polizia di averla vista, a pochi metri dal palazzetto dello sport, vicino a una Citroen rossa.
Proseguono senza sosta le ricerche di Yara Gambirasio, tanto che adesso entrano in scena le forze speciali. Adesso al caso lavorano anche il Reparto prevenzione crimine e il Servizio centrale operativo diretto da Gilberto Caldarozzi, protagonisti nella risoluzion di casi importanti come l'omicidio del piccolo Tommy e la cattura di Provenzano. Adesso gli inquirenti stanno setacciando ogni angolo della vita di Yara, parlando con conoscenti, parenti, amici, compagni di scuola e chiunque altro possa aver avuto un contatto, anche minimo con la tredicenne scomparsa. Addirittura la polizia ha provato a percorrere in borghese, le strade e le vie che la piccola percorreva ogni giorno, per andare a scuola o in palestra, cercando possibili indizi o tracce.
LE DUE IPOTESI Le due piste che stanno seguendo gli investigatori sono quelle dei maniaci di Brembate e dei conoscenti. Infatti, prima della scomparsa di Yara, erano stati segnalati due tentati rapimenti, da parte di presunti molestatori. Ad Almè, vicino Brembate, un uomo aveva tentato di far salire sulla propria auto una bambina, all'uscita di una scuola elementare, cosa potrebbe essere successa a Yara, almeno secondo la testimonianza di un giovane compaesano della ragazza. La pista dei conosenti viene battuta perchè secondo la polizia la ragazza avrebbe potuto conoscere la persona che l'ha fatta salie in macchina, così si cerca tra il diario e il cellulare di Yara, per capire se ci sia o no, un personaggio sospetto tra le sue conoscenze.
RICERCHE SUL TORRENTE Le ricerche di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa il 26 novembre scorso, riprese stamani nella zona di Brembate Sopra (Bergamo) sono proseguite in mattinata anche nel greto di un torrente. Si tratta del torrente Silena, che scorre tra Mapello (Bergamo) e Brembate Sopra in un greto costellato di arbusti e rovi, che alcuni agenti del Reparto prevenzione crimine hanno ispezionato lungo entrambe le sponde. Il punto in cui le forze dell'ordine stanno ispezionando il torrente si trova nei pressi di una zona dismessa, la cascina Silena, appunto, abituale rifugio per la notte di extracomunitari. Anche nella cascina sono entrati gli agenti. Le ricerche, nel corso della mattinata, sono state effettuate anche nel grande cantiere del centro commerciale di Mapello, dove sono stati ispezionati dei tombini e in alcuni campi sempre tra Mapello e Brembate Sopra dove vigili del fuoco e polizia si spostano di continuo per controllare invasi, canali, scavi e rogge.
CONOSCEVA L'AGGRESSORE Yara conosceva il suo aggressore. Questa la pista più battuta dagli investigatori nelle ultime ore. La conosceva e si fidava. Questo perché, è evidente, la piccola promessa della danza, dopo aver consegnato uno stereo a una delle sue istruttrici, lascia la sua palestra a Via Morlotti, distante 700 metri da casa, prendendo un'uscita opposta alla direzione abituale, quella che porta verso la sua abitazione. I tre cani specializzati utilizzati in quest'operazione puntano tutti su quell'uscita. Nessuno nota Yara mentre si allontana dalla palestra, ma è chiaro che, se avesse urlato, tutti avrebbero potuto sentirla. Chi la conosceva, è disposto a giurare che la ragazzina non si sarebbe mai allontanata da sola con uno sconosciuto. Nessun amore adolescenziale nascosto, niente segreti nel computer o nella rubrica del cellulare, se Yara ha scelto di uscire da una porta inconsueta, deve esserci un motivo, si ripetono gli investigatori. La risposta che trapela è sempre una: Yara conosceva chi l'ha aggredita.
CELLULARE, TRACCE FINO AL CANTIERE Alle 18.49 il telefonino della 13enne aggancia la cella di Mapello, dove è in costruzione un grande centro commerciale e dove lavora come operaio il 22enne marocchino scarcerato ieri. Un'area isolata distante circa tre chilometri dal punto di partenza e dove le tracce di Yara si perdono. Chi ha spento il cellulare, pochi minuti dopo, non si è limitato, probabilmente, a quello: ha tolto la batteria impedendo finora il ritrovamento. L'ultima certezza arriva, anche in questo caso, dai cani addestrati: tutti fiutano le tracce della 13enne fino al cantiere. Impossibile che Yara abbia percorso da sola quelle strade buie e isolate, improbabile che abbia accettato un passaggio da uno sconosciuto per percorrere i 700 metri che la separavano da casa. Accantonata la pista di Fikri, ieri i carabinieri del Racis, il raggruppamento investigazioni scientifiche di Roma, hanno incontrato i genitori di Yara nella caserma di Ponte San Pietro. Il colloquio, con la madre Maura e papà Fulvio, è durato alcune ore. I genitori hanno ricostruito i contatti della 13enne, studentessa modello e giovane campionessa sportiva. L'obiettivo è quello di ricostruire i legami con parenti e conoscenti per capire se ci sia un possibile sospetto. Prende di nuovo vigore, dopo il rilascio di Fikri pronto a ripartire per il Marocco e a dimenticare l'esperienza del carcere, la pista che ad agire siano stati due uomini. Le parole del 19enne Enrico Tironi, che rivelò per primo di aver visto la 13enne parlare con due uomini, trovano conferma. Un altro testimone, poco tempo dopo la scomparsa della 13enne, ha detto alla polizia di averla vista, a pochi metri dal palazzetto dello sport, vicino a una Citroen rossa. La seconda testimonianza dà peso a quanto visto dal giovane, che ritrattò quanto detto, ma a quasi due settimane dalla scomparsa questa pista non ha portato a nessuna svolta.
RITROVATO GIUBBOTTO NERO Questa mattina un giubbotto nero e' stato ritrovato da una pattuglia della polizia del reparto prevenzione crimine di Milano, che stava partecipando alle operazioni di controllo all'interno della ditta "Roncelli" (dove ieri era stato trovato un cellulare risultato poi non appartenente a Yara e dove questa mattina sono in corso le operazioni di svuotamento di una grossa cisterna per l'acqua piovana). I poliziotti sono stati avvicinati da un uomo con un cane. che ha raccontato di abitare a Masate (Milano) e di venire da cinque giorni a Brembate Sopra con il cane. "Il mio cane - ha raccontato - ha un buon fiuto e spero che riesca a scoprire qualche cosa". L'uomo ha condotto i poliziotti all'interno di un boschetto che sorge lungo via Marconi, a poca distanza dal cantiere ispezionato piu' volte. L'area verde viene spesso utilizzata da sbandati e senza tetto. Nei giorni scorsi le piante a ridosso del boschetto erano state tagliate, ma nessuno c'era entrato.Tra gli alberi sono stati trovati una tenda verde per due persone, uno scooter Malaguti abbandonato e appunto un giubbotto nero, quindi dello stesso colore di quello che indossava Yara al momento della scomparsa. Sul posto stanno ora intervenendo anche gli uomini del Corpo forestale con le unita' cinofile.
CUGINO DI FIKRI: "NON CONOSCO LA FIDANZATA" Abderrazzak, il cugino di Mahammed Fikri, in un colloquio dalla sua casa di Montebelluna, ha detto, tra l'altro, di non conoscere la fidanzata del cugino. La ragazza era stata chiamata in causa da una delle intercettazioni ambientali, in cui il giovane le chiedeva di buttare via una scheda telefonica, per evitare le chiamate del suo ex. «Non l'ho mai vista - dice - non sapevo neppure che Mohammed avesse una ragazza».
PARROCO: "SCONCERTATO DAI GIORNALISTI" Don Corinno Scotti, parrocco di Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo, si affida a una lettera per spiegare il suo disappunto nei confronti dei giornalisti, soprattutto televisivi, che si occupano della scomparsa della 13enne Yara Gambirasio. In una lunga missiva spedita al direttore del quotidiano 'L'Eco di Bergamò, il parrocco ricorda che «la comunità sta vivendo uno dei momenti più dolorosi della sua storia, per una vicenda che ha portato il nostro paese sulle prime pagine dei giornali e nelle prime notizie dei telegiornali. Grazie a Dio ci sono giornali che con i loro articoli ci aiutano a 'leggerè con verità e con una visione di fede questo avvenimento. Lasci però che le dica tutto il mio sconcerto per il comportamento di certi giornalisti, soprattutto della televisione». C'è stato un giorno di settimana scorsa in cui, racconta «c'erano giornalisti di cinque canali tv nei dintorni della chiesa e facevano domande, a dir poco, insulse. Vuole saperne qualcuna? 'In una parrocchia qui vicina pregano la Madonna delle Ghiaie. Lei e la sua comunità quale Madonna pregate?', 'Che cosa dicono i bambini di Brembate Sopra di questa vicenda?', 'Secondo lei, Yara è ancora viva?', 'Qual è il messaggio della lettera che lei leggerà in chiesa a nome dei genitori?'. E ancora: »'Perchè non dice tutto quello che sa?'. E quando rispondo che non so nulla, mi ribattono: 'Ma allora anche lei è omertosò. E potrei continuare«. Per don Scotti »Il fatto che giorno e notte, nella strada a fondo chiuso dove abitano i genitori di Yara, sia necessario che una pattuglia della polizia locale stia di guardia per preservare l'intimità della famiglia, la dice lunga. E non per tenere lontano i curiosi, ma le telecamere e i giornalisti«. Per fortuna, aggiunge, »non tutti i giornalisti sono così. Settimana scorsa alla messa delle diciotto c'era una signora. Dopo la funzione chiede di parlarmi: «Sono una giornalista della Rai». Mi sono irrigidito e le ho risposto che non volevo dire niente. È scoppiata in lacrime: 'No, non voglio sapere nulla. Solo mi lasci piangerè. E per tre quarti d'ora ho ascoltato i drammi che ogni giorno deve conoscere e la sua sofferenza per Yara. Abbiamo pregato e pianto insieme«. Un atteggiamento che sembra non indispettire i genitori di Yara e in particolare il papà. »Quando gli ho detto: 'Scusa, ma io non ho mai detto alla stampa che tu avresti scritto un messaggio da leggere in chiesà, lui ha sorriso e ha soggiunto: 'Non preoccuparti, anche i giornalisti hanno bisogno di lavorarè«.
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