venerdì 3 aprile 2009

Garlasco, requisitoria PM: ''tutte le bugie di Alberto Stasi''

Per il 25enne chiesto il rito abbreviato

Giallo di Garlasco, le carte dell'accusa


(IGN 1 APRILE) I pm Muscio e Michelucci ricostruiscono le fasi dell'assassinio: ''C'è un quadro di indizi grave, preciso e concordante'', mentre da parte del fidanzato, unico che può aver ucciso Chiara Poggi, c'è un "racconto manifestamente illogico, contraddittorio e smentito dagli elementi oggettivi''

ultimo aggiornamento: 01 aprile, ore 21:38
Milano, 1 apr. (Adnkronos) - E' un puzzle che ricostruisce, senza esitazioni, l'omicidio di Chiara Poggi quello che prende forma nelle parole dei pm Rosa Muscio e Claudio Michelucci. Un racconto, quasi un giallo, che svela il nome dell'assassino: ''solo il fidanzato Alberto puo' averla uccisa'' il finale scritto dall'accusa. Un mosaico che ripercorre ogni attimo del 13 agosto 2007, giorno del delitto, e mostra tutte le bugie dell'unico indagato pronto a essere processato, davanti al gup di Vigevano Stefano Vitelli, con rito abbreviato.

E' un quadro di indizi ''grave, preciso e concordante'' quello raccolto per dimostrare, al di la' di ogni ragionevole dubbio, la colpevolezza del 25enne. Su di lui puntano da subito gli inquirenti, di fronte a un ''racconto manifestamente illogico, contraddittorio e smentito dagli elementi oggettivi''. In 209 pagine di 'requisitoria' i due titolari dell'inchiesta ricostruiscono il delitto di Garlasco. E' Alberto, pochi minuti prima delle 14, a scoprire il corpo di Chiara.

Entra dalla porta socchiusa della villetta di via Pascoli, deve scendere almeno due gradini delle scale che portano alla tavernetta per notare il corpo della fidanzata. Non sa dire se e' ancora viva, ma la paura lo porta a uscire e a chiedere aiuto al 118 e ai carabinieri. Anche sui gradini bui, sa descrivere ogni particolare del pigiama rosa e del viso pallido di Chiara, eppure non si avvicina per accertarsi delle sue condizioni. Lui, l'uomo che le stava accanto da 4 anni, le volta le spalle. Un ''comportamento che appare del tutto innaturale'', scrivono i due pubblici ministeri.

''La sensazione di panico che lo avrebbe indotto ad allontanarsi verso i carabinieri, prevalendo sull'istinto di portare qualsivoglia aiuto alla fidanzata, appare una debole giustificazione, vista la freddezza e la padronanza di se', sicuramente del tutto anomale, mostrate fin dalla chiamata al 118'' e' l'osservazione di chi punta il dito contro l'ex studente modello. Una telefonata di 59 secondi che Alberto sostiene di aver fatto davanti alla villetta del delitto. A smentirlo, pero', e' la voce in sottofondo di un carabiniere: la richiesta di aiuto al 118 e' stata fatta soltanto quando era gia' davanti alla caserma, l'unica ''conclusione inevitabile'' per l'accusa.

A tradirlo e' anche il tenore della conversazione fatta ''senza fare alcun riferimento al fatto che si trattasse della fidanzata, ne' lasciando trasparire dalla voce alcuna particolare commozione. Addirittura si puo' notare un sostanziale atteggiamento di reticenza di Stasi, il quale non riferisce spontaneamente all'operatore la ragione della richiesta di intervento''. E' una messa in scena con troppi errori quella di Alberto, secondo gli inquirenti. Una ''concatenazione di azioni innaturali, contraddittorie'' che rendono la sua versione di fatti ''incoerente e inverosimile''. Una recita per nascondere la sua colpevolezza che non ha convinto gli investigatori.

''Falsita''' che cominciano con la ricostruzione del ritrovamento. I magistrati titolari dell'inchiesta parlano di ''inverosimiglianza intrinseca del racconto, impossibilita' materiale di aver compiuto i movimenti descritti, falsita' di quanto riferito circa i tempi e le modalita' della telefonata''. Bugie per nascondere la propria responsabilita'. Contro Alberto c'e' una lunga serie di prove: impossibile non sporcarsi le scarpe entrando nella villetta di via Pascoli, per gli investigatori. Lui puo' aver visto la scena descritta con precisione e dovizia di particolari solo identificandosi nell'''unica persona che ha lasciato le impronte nell'abitazione e quindi con l'autore del delitto''.

Non solo: le sue impronte digitali, miste al Dna della vittima, sono state trovate sull'erogatore del sapone liquido nel bagno al piano terra dell'abitazione. Nello stesso bagno dove ''sicuramente l'assassino di Chiara e' entrato per lavarsi''. Inutile provare a cercare tracce di estranei nella villetta, mentre resta da spiegare perche' il Dna della fidanzata si trovi sui pedali della bicicletta del 25enne. E' con quella che si e' dato alla fuga quando, ancora con le scarpe sporche di sangue, si e' allontanato da via Pascoli, sostengono i colpevolisti.

''Nonostante abbia occultato armi e indumenti, sono state ritrovate sulla sua bicicletta tracce di natura ematica di Chiara in tale quantitativo da escludere che possano essere state lasciate al di fuori di una situazione del tutto anomala. Solo l'aver calpestato grosse quantita' di sangue della vittima puo' giustificare la presenza di quelle tracce'', afferma l'accusa. In chi colpisce c'e' una ''precisa volonta' di uccidere Chiara'': sono tanti i colpi che le vengono sferrati alla testa con un'arma ancora sconosciuta.

''Uno strumento pesante vibrato con notevole forza'', forse un martello come quello che manca dalla casa della vittima. Nessun segno di scasso, nessuna rapina. Chiara, la vittima descitta come una ragazza ''timida'', ''attenta'' o ''riservata'' ha aperto la porta al suo assassino. Lei, con ''un atteggiamento certamente schivo e pudico'' subiva l'influenza del fidanzato ''l'unica persona che riusciva a forzare questi aspetti del carattere. Alberto, la cui influenza e capacita' manipolatoria sulla ragazza appaiono evidenti'', per gli accusatori.

Inoltre, il bocconiano non ha un alibi mentre la fidanzata veniva uccisa tra le 11 e le 11.30, secondo il medico legale Marco Ballardini. La mattina del delitto guarda immagini 'hot' e pedopornografiche. Un particolare che dimentica di raccontare ai carabinieri, sostenendo di essere impegnato a scrivere la tesi. Una bugia che ''rivela come Stasi considerasse il suo interesse per la pornografia come un aspetto della sua personalita' che non doveva essere rivelato e conosciuto da terzi, e quindi da tenere nascosto''. Un elemento su cui tacere per ''accreditare un'immagine di se' stesso tranquillizzante come studente modello''. Menzogne plurime e segreti che potrebbero aver armato la sua mano fino a fargli compiere un omicidio ''di impeto ed estremamente efferato'', il cui movente e' ''certamente da collocarsi all'interno della dinamica di coppia, nel rapporto interpersonale tra Alberto e Chiara''.

Lei potrebbe aver rifiutato di realizzare un video 'piccante' oppure, la sera prima del delitto, potrebbe aver visto delle immagini compromettenti. Un rifiuto o una scoperta che potrebbero esserle costata la vita. Per i pm non e' possibile ''trascurare la propensione maniacale di Alberto per la pornografia e la sua ossessiva sensibilita' per il tema della sessualita'. Un interesse che va oltre quello che puo' attendersi da un ragazzo di 24 anni, che viveva da tempo una stabile appagante relazione con una ragazza''.

Filmati e foto, oltre 10mila, che costano all'ex studente modello l'accusa di detenzione di materiale pedopornografico. Un tassello della sua personalita' che, aggiunte alle bugie, non lascia spazio ai dubbi: Alberto ''ha avuto tutto il tempo per commettere l'omicidio, per cancellare ogni traccia direttamente a lui riconducibile e per costruire il ritrovamento casuale del cadavere. Non esiste - concludono i pm - un'ipotesi ricostruttiva dei fatti compatibile con tutte le emergenze probatorie diversa da questa''.

IGN 1 PARILE 2009

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