Foto: Saetta aspetta ancora la sua Sarah
di MIMMO MAZZA
AVETRANA - Sono le 3 e 16 minuti del mattino del 7 ottobre. Michele Misseri ha già confessato l’omicidio della nipote Sarah Scazzi, l’occultamento e il vilipendio del suo cadavere e una squadra di sommozzatori dei carabinieri si sta dirigendo nelle campagne di Avetrana per recuperare il corpo della ragazzina. Il provvedimento di fermo di polizia giudiziaria nei suoi confronti è praticamente pronto quando il verbale di interrogatorio viene improvvisamente riaperto, perché lo zio orco vuole aggiungere una frase, questa: «Volevo che Sabrina mi aiutasse a cercare la scheda del cellulare di Sarah che ritenevo fosse caduta nel garage, senza che mia figlia si accorgesse di nulla». Una frase dalla quale i carabinieri del Reparto operativo e del nucleo di polizia giudiziaria, coordinati dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dal sostituto Mariano Buccoliero, sono partiti per giungere al fermo di Sabrina Misseri, avvenuto venerdì sera.
Michele Misseri si agita molto il 29 settembre scorso, giorno in cui fa ritrovare ai carabinieri, in aperta campagna, il cellulare della nipote. Ascolta dai telegiornali che dal telefonino di Sarah manca la scheda Sim e non sa spiegarsi il perché, abboccando così alla trappola tesa dagli inquirenti che volutamente fanno circolare la falsa notizia della scomparsa della scheda del portatile. Misseri allora chiede alla figlia, almeno così fa mettere a verbale, di aiutarlo a cercare nel garage e questa circostanza fa capire agli investigatori che evidentemente Sabrina un ruolo nell’omicidio di Sarah lo aveva avuto, un ruolo tutto da valutare sull’aspetto penale perché il favoreggiamento non è imputabile visto il rapporto di parentela col padre.
Stando ad alcune indiscrezioni ci sono, però, anche altre intercettazioni telefoniche e ambientali che rendono traballante la tesi della più giovane di casa Misseri. In una circostanza, in particolare, Sabrina accusa il padre: «perché ha fatto trovare il cellulare, il giorno prima lo abbiamo toccato tutti quel telefono, ci sono anche le nostre impronte.... ». Una frase che rischia di rivelare altre complicità in famiglia.
Anche le dichiarazioni rese da Mariangela Spagnoletti non rendono credibile la versione di Sabrina perché l’amica con la quale doveva andare al mare quel giorno, dice ai carabinieri di averla trovata fuori dall’abitazione, e non era mai accaduto in precedenza, visibilmente agitata. Mariangela smentisce Sabrina in maniera abbastanza netta su un aspetto, su quello che accade a casa Misseri nei minuti concitati della scomparsa di Sarah, sul quale maggiormente si concentrano le attenzioni dei magistrati. Sabrina in precedenza aveva detto di aver atteso Mariangela nel cortile della sua villetta, una affermazione che serviva anche per giustificare come mai non aveva visto Sarah entrare nel garage. Se era per strada, come dice Mariangela, qualcosa avrebbe dovuto vedere.
Tutto questo però non basta per inchiodare Sabrina, occorre qualcos’altro, qualcosa di più sostanzioso dal punto di vista indiziario e a fornirlo ai carabinieri è Michele Misseri. Non la mattina di venerdì, quando torna nella sua casa di via Deledda per l’esperimento giudiziale e conferma di aver fatto tutto da solo, indicando il luogo dove ha strangolato la nipote. In quella occasione, ripete quanto ha già detto in precedenza e cioè che Sarah è entrata volontariamente e da sola nella cantina e di aver avuto un raptus dopo aver cercato un contatto sessuale.
Ma qualche ora dopo, nella sede della compagnia dei carabinieri di Manduria, quando cambia nuovamente, e chissà se definitivamente, versione. Sereno, serafico, preciso, risponde alla domanda dei magistrati: «Ma possibile che Sarah è venuta da sola in garage, scendendo tutto la rampa?». «No, dice, l’ha portata Sabrina, dovevamo rimproverarla perché non dicesse in giro che io il 23 le avevo toccato il sedere. Sabrina la teneva per i fianchi e io, come avevo concordato con mia figlia, le ho stretto la corda che tenevo sul trattore, attorno al collo. Purtroppo la situazione ci è sfuggita di mano, Sarah è caduta a terra ormai morta». Queste sono le accuse a carico di Sabrina (che continua a proclmarasi innocente), indizi che domattina alle 12 il giudice per le indagini preliminari Martino Rosati dovrà vagliare per decidere, al termine dell’interrogatorio di convalida del fermo, se emettere o meno a suo carico ordinanza di custodia cautelare in carcere per sequestro di persona e concorso nell’omicidio di Sarah.
la gazzetta del Mezzogiorno 17 ottobre 2010
di MIMMO MAZZA
AVETRANA - Sono le 3 e 16 minuti del mattino del 7 ottobre. Michele Misseri ha già confessato l’omicidio della nipote Sarah Scazzi, l’occultamento e il vilipendio del suo cadavere e una squadra di sommozzatori dei carabinieri si sta dirigendo nelle campagne di Avetrana per recuperare il corpo della ragazzina. Il provvedimento di fermo di polizia giudiziaria nei suoi confronti è praticamente pronto quando il verbale di interrogatorio viene improvvisamente riaperto, perché lo zio orco vuole aggiungere una frase, questa: «Volevo che Sabrina mi aiutasse a cercare la scheda del cellulare di Sarah che ritenevo fosse caduta nel garage, senza che mia figlia si accorgesse di nulla». Una frase dalla quale i carabinieri del Reparto operativo e del nucleo di polizia giudiziaria, coordinati dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dal sostituto Mariano Buccoliero, sono partiti per giungere al fermo di Sabrina Misseri, avvenuto venerdì sera.
Michele Misseri si agita molto il 29 settembre scorso, giorno in cui fa ritrovare ai carabinieri, in aperta campagna, il cellulare della nipote. Ascolta dai telegiornali che dal telefonino di Sarah manca la scheda Sim e non sa spiegarsi il perché, abboccando così alla trappola tesa dagli inquirenti che volutamente fanno circolare la falsa notizia della scomparsa della scheda del portatile. Misseri allora chiede alla figlia, almeno così fa mettere a verbale, di aiutarlo a cercare nel garage e questa circostanza fa capire agli investigatori che evidentemente Sabrina un ruolo nell’omicidio di Sarah lo aveva avuto, un ruolo tutto da valutare sull’aspetto penale perché il favoreggiamento non è imputabile visto il rapporto di parentela col padre.
Stando ad alcune indiscrezioni ci sono, però, anche altre intercettazioni telefoniche e ambientali che rendono traballante la tesi della più giovane di casa Misseri. In una circostanza, in particolare, Sabrina accusa il padre: «perché ha fatto trovare il cellulare, il giorno prima lo abbiamo toccato tutti quel telefono, ci sono anche le nostre impronte.... ». Una frase che rischia di rivelare altre complicità in famiglia.
Anche le dichiarazioni rese da Mariangela Spagnoletti non rendono credibile la versione di Sabrina perché l’amica con la quale doveva andare al mare quel giorno, dice ai carabinieri di averla trovata fuori dall’abitazione, e non era mai accaduto in precedenza, visibilmente agitata. Mariangela smentisce Sabrina in maniera abbastanza netta su un aspetto, su quello che accade a casa Misseri nei minuti concitati della scomparsa di Sarah, sul quale maggiormente si concentrano le attenzioni dei magistrati. Sabrina in precedenza aveva detto di aver atteso Mariangela nel cortile della sua villetta, una affermazione che serviva anche per giustificare come mai non aveva visto Sarah entrare nel garage. Se era per strada, come dice Mariangela, qualcosa avrebbe dovuto vedere.
Tutto questo però non basta per inchiodare Sabrina, occorre qualcos’altro, qualcosa di più sostanzioso dal punto di vista indiziario e a fornirlo ai carabinieri è Michele Misseri. Non la mattina di venerdì, quando torna nella sua casa di via Deledda per l’esperimento giudiziale e conferma di aver fatto tutto da solo, indicando il luogo dove ha strangolato la nipote. In quella occasione, ripete quanto ha già detto in precedenza e cioè che Sarah è entrata volontariamente e da sola nella cantina e di aver avuto un raptus dopo aver cercato un contatto sessuale.
Ma qualche ora dopo, nella sede della compagnia dei carabinieri di Manduria, quando cambia nuovamente, e chissà se definitivamente, versione. Sereno, serafico, preciso, risponde alla domanda dei magistrati: «Ma possibile che Sarah è venuta da sola in garage, scendendo tutto la rampa?». «No, dice, l’ha portata Sabrina, dovevamo rimproverarla perché non dicesse in giro che io il 23 le avevo toccato il sedere. Sabrina la teneva per i fianchi e io, come avevo concordato con mia figlia, le ho stretto la corda che tenevo sul trattore, attorno al collo. Purtroppo la situazione ci è sfuggita di mano, Sarah è caduta a terra ormai morta». Queste sono le accuse a carico di Sabrina (che continua a proclmarasi innocente), indizi che domattina alle 12 il giudice per le indagini preliminari Martino Rosati dovrà vagliare per decidere, al termine dell’interrogatorio di convalida del fermo, se emettere o meno a suo carico ordinanza di custodia cautelare in carcere per sequestro di persona e concorso nell’omicidio di Sarah.
la gazzetta del Mezzogiorno 17 ottobre 2010
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