domenica 15 novembre 2009

Avvocato si uccide a via Poma,un palazzo di delitti e misteri


Arriva la polizia e i condomini pensano che sia ancora per Simonetta
Quel palazzo Anni Trenta tra delitti e misteri
di RAFFAELLA TROILI


Di nuovo le volanti a via Poma 4, parcheggiate di corsa, vicino all’entrata. E gente che grida o piange in silenzio, portoni sbarrati, ambulanze, vigili del fuoco, sirene. «E ora, che altro è successo?», esclamano i condomini. C’è un uomo, un noto avvocato, che si è ucciso nel suo studio, ma la gente pensa ancora a lei, a Simonetta Cesaroni, al processo riaperto in questi giorni, «forse sono qui per cercare nuovi indizi e testimoni». Quasi vent’anni dopo, poco probabile. Invece un altro fattaccio è appena avvenuto tra le mura dell’ormai noto stabile Anni Trenta con il cortile al centro e la fontana circondata da sei palazzine. Quartiere Delle Vittorie, a pochi metri da piazza Mazzini.
Se nel ’90 - era il 7 agosto, Roma era calda e deserta - Simonetta tentò di difendersi come potè, perché era giovane, bella e voleva vivere, ieri l’affermato avvocato cinquantenne non è riuscito a fuggire dal suo personale momento di disperazione. Se allora, sempre nel ’90, Simonetta scappò impaurita in un’altra stanza dell’appartamento, ma venne immobilizzata, sbattuta a terra e colpita 29 volte con un tagliacarte, ieri il noto penalista si è seduto lentamente al suo posto, ha scritto una lettera e scelto di morire perché a volte la vita appare peggio della morte.
Di nuovo in via Poma, stavolta nella palazzina di fronte a quella dove dal primo luglio del ’90 Simonetta lavorava, due pomeriggi a settimana, nella sede dell’Aiag, III piano, interno 7, scala B. Ma al piano terra, in uno dei tanti studi legali del complesso e del quartiere. «Non è un palazzo maledetto, è che siamo tanti, ci sono settantadue uffici», dice un’elegante signora. E una giovane donna, che rientra col suo cane: «Non se ne può più, in questo condominio...», sussurra angustiata.
Non è un mistero, non è un giallo, stavolta. Nessuna similitudine, nessun parallelo, se non che siamo di nuovo in via Poma non in una via qualunque e la gente si ferma più incuriosita del solito pensando a un ennesimo sopralluogo. Risale all’84 il primo delitto: scala E, I piano, via Poma 4. Renata Moscatelli, 68 anni, nubile, figlia di un ex generale dei carabinieri viene trucidata. E’ il 24 ottobre, a trovarla cadavere nel suo appartamento è la sorella. Ha il pomo d’Adamo rotto, la fronte lacerata. Si è trascinata in camera da letto dal soggiorno, forse per arrivare al telefono. Nessun ipotesi, nessun movente, mai trovato alcun segno di scasso, la sua morte resta un mistero. Lascia un mistero dietro di sè anche l’avvocato, però: in tanti ieri, quanti l’hanno amato e come sempre accade, stavano a chiedersi in lacrime il perché del suo gesto.

di MARCO DE RISI

Un colpo di pistola alla tempia destra. Si è tolto la vita così, seduto nel suo studio in via Poma, un noto avvocato penalista di 50 anni, patrocinante in Cassazione. E’ stato trovato riverso sulla scrivania, la testa immersa nel sangue. A terra la pistola che deteneva regolarmente, una calibro 9. Sulla scrivania un cellulare e una lettera di addio e di scuse. Il legale era tornato nello studio dopo aver assistito ad alcuni interrogatori di suoi clienti.
Il suicidio si è verificato nello stesso condominio dove è stata uccisa Simonetta Cesaroni. A trovare il cadavere dell’avvocato, nel suo studio al piano terreno, sono stati i vigili del fuoco che per entrare hanno dovuto forzare la porta. A chiamare i pompieri, verso le due del pomeriggio, era stata la suocera preoccupata dopo che il legale per ore non aveva risposto al cellulare. Aveva provato a telefonargli anche il figlio, un bambino di 11 anni.
Ai primi soccorritori è apparso subito chiaro che ormai non c’era più nulla da fare. L’avvocato, probabilmente in mattinata, s’era seduto alla scrivania, aveva scritto la lettera di addio. Poi ha impugnato la sua Beretta calibro 9 e dopo avere appoggiato la canna alla tempia ha premuto il grilletto. A via Poma, proprio nello stabile del “giallo” ora tornato alla ribalta con il rinvio a giudizio dell’ex fidanzato di Simonetta, sono nuovamente apparse le “volanti” del 113 e le auto del commissariato “Prati”. E’ iniziato un lungo sopralluogo per verificare che si trattasse effettivamente di suicidio. Dai primi rilievi della polizia scientifica, pare non ci siano dubbi. La posizione del corpo, le tracce di sangue, il punto in cui è stata trovata la pistola non lascerebbero spazio ad altre indagini. L’avvocato lascia il figlio piccolo e la moglie avvocato da cui era separato da un anno. Le cause del gesto sono probabilmente racchiuse nella lettera presa in consegna dalla scientifica insieme alla pistola e al cellulare del professionista. Alcuni parenti accorsi a via Poma hanno raccontato di non aspettarsi un gesto simile. L’avvocato era un professionista serio e stimato, dagli amici descritto come persona piena di umanità e buon padre. Era stato il difensore di uno degli indagati e condannati per la truffa alle “Coop Casa Lazio” e aveva difeso anche i presunti assassini di Rosanna Iannaccone, uccisa a Torpignattara a colpi di pistola in faccia in un regolamento di conti del crimine organizzato.
Il Messaggero 15 novembre 2009

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