mercoledì 21 novembre 2007

Ma lo studente è sempre pugliese

Razzismo e pregiudizio sul delitto di Perugia

di Lello Gurrado
La questione può sembrare insignificante, di “lana caprina” come si diceva una volta, ma a pensarci bene potrebbe anche nascondere un segnale inquietante. La questione è la seguente: perché ogni volta che si parla o si scrive del delitto di Perugia l’indagato numero uno, Raffaele Sollecito, viene indicato come “lo studente pugliese” e invece Alberto Stasi, indiziato per il delitto di Garlasco non viene mai definito “lo studente lombardo”? Fateci caso: non c’è una volta che in televisione si dimentichino di dire che Sollecito è pugliese, come se fosse un marchio, una razza. E non solo lui. Il distinguo, nel caso di Perugia, va oltre l’indiziato. Leggo su Repubblica di ieri che il “quarto uomo” prima di lasciare la città sarebbe stato visto da un amico “pugliese”. Ma perché non da un amico e basta? O da un amico idraulico, cameriere, macellaio, avvocato? Repubblica avrebbe scritto “un amico “ligure” se il quarto uomo avesse incontrato il signor Parodi? Certamente no, come nessuno ha mai specificato che Erika è lombarda, che Anna Maria Franzoni è emiliana o quel che è, e che i presunti pluriassassini di Erba sono lombardi. Forse la cosa è davvero insignificante, forse mi dà fastidio soltanto perché sono pugliese anch’io e dietro queste definizioni scorgo una piccola vena di intolleranza, ma un po’ di attenzione in più, credetemi, non guasterebbe. Perché la prossima volta, invece di dire “pugliese” a uno potrebbe scappare “terrone” e ci ritroveremmo, d’incanto, al dopoguerra. Un ritorno al passato deprimente.

L'Opinione.it

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