sabato 24 novembre 2007

Azouz nella casa degli orrori

«Penso sempre alla pena di morte»
Tutto come un anno fa. Folla di telecamere che presidiano il cancello di via Diaz, Azouz che scende dall'auto e viene preso d'assalto dai cronisti.Tutto come un anno fa, o quasi. Oggi, sul banco degli imputati e in attesa del processo di fronte alla Corte d'Assise, siedono i vicini Olindo Romano e Rosa Bazzi.Azouz Marzouk è tornato ieri mattina nella casa della strage, a Erba, dove lo scorso dicembre vennero uccisi sua moglie, Raffaella Castagna, suo figlio, Youssef, sua suocera, Paola Galli, e la vicina di casa Valeria Cherubini.«Dolore», «rabbia». Ecco i sentimenti che Azouz ha sottolineato ieri. Dopo aver trascorso 40 minuti nell'appartamento di via Diaz ha anche ammesso di «pensare sempre alla pena di morte» e di «sperare nell'ergastolo» per chi ha sterminato la sua famiglia. Il suo avvocato, Roberto Tropenscovino, ha effettuato un sopralluogo nella casa e al termine ha rivelato di aver trovato «elementi molto utili».L'ARRIVOAlle 9.30 si spalancano i cancelli di via Diaz. Da un grosso fuoristrada nero scende l'avvocato Tropenscovino, mentre poco più indietro - a bordo di una Golf grigia - arriva Azouz da solo.Primo 'assalto' delle telecamere, ma il tunisino parla poco. L'idea di dover tornare all'interno dell'appartamento di via Diaz lo turba vistosamente. Tira profonde e nervose boccate da una sigaretta, aspetta a testa bassa che i microfoni gli diano tregua. «È dura tornare qui». Marzouk non entrava nella casa degli orrori dallo scorso 27 dicembre, quasi un anno fa.In pochi secondi lo raggiunge anche l'avvocato e, insieme al comandante dei carabinieri di Erba, Luciano Gallorini, entrano nella palazzina.40 minuti di tensioneDopo quaranta minuti di sopralluogo, dalle 9.35 alle 10.15, il primo a uscire dalla porta della palazzina è proprio Azouz Marzouk. «È stato utile venire qui - spiega il tunisino - ma non l'abbiamo certo voluto noi. Se (la difesa, ndr) avesse accettato il rito abbreviato, oggi non saremmo qui a rivivere lo stesso dolore».E quando gli si chiede quali emozioni, quali sensazioni abbia provato a rientrare in quella casa a quasi un anno di distanza dall'ultima volta, Marzouk scandisce due parole: «Rabbia» e «dolore».E aggiunge: «E la conferma di non perdonare» chi gli ha ucciso figlio, moglie e suocera. Poi ci sono i ricordi. Di Youssef, di Raffaella, di Paola Galli e Valeria Cherubini. Delle quattro vittime della strage. Marzouk dice: «Tutto me lo fa ricordare», riferendosi al figlio. «Ma - aggiunge - non solo lui: anche tutte le persone che sono state ammazzate qui. È brutto rivivere».Fuori dall'aula dell'udienza preliminare Azouz aveva dichiarato che vorrebbe la pena di morte per gli assassini. E ieri ha ribadito di «pensare sempre» alla pena capitale. Poi, però, ha detto di «voler sentire, minimo, la parola 'ergastolo', termine che da parecchio ormai non si sente più».Poche frasi, strappate al tunisino nel breve tragitto dall'uscio della palazzina alla portiera della Golf. Poi l'auto si mette in moto, Azouz parte. E le telecamere si gettano sull'avvocato: tocca a lui, ora, spiegare il perché di questo sopralluogo.
Corriere di Como: Andrea Bambace

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