mercoledì 23 settembre 2009

Garlasco: una perizia aggrava la posizione di Alberto Stasi

Garlasco, cambia la scena del delitto
La nuova perizia sulle tracce di sangue sconfessa Alberto Stasi: non poteva non sporcarsi le scarpe

Dal nostro inviato Giusi Fasano

VIGEVANO (Pavia) - Si parte dalla scena del delitto, o meglio: dalle immagini digitali del luogo. E si ricostruisce una mappa delle tracce di sangue più dettagliata ed estesa di quella che si può vedere a oc­chio nudo, grazie a sofisticati strumenti tecnologici e infor­matici che aiutano a disegnare il «nuovo» luogo del crimine e a rilevare dettagli finora mai messi a fuoco. Per esempio il siero sanguigno, chiaro e non evidente nelle fotografie e nei filmati del dopo-omicidio. Ecco. È questo l’ultimo col­po di scena del caso-Garlasco. Ed è questo che il professor Nel­lo Balossino, docente e mago dell’elaborazione di immagini alla facoltà di Scienze di Tori­no, vorrebbe mettere agli atti del processo contro Alberto Stasi, il biondino di Garlasco accusato di aver ucciso la sua fidanzata, Chiara Poggi, la mat­tina del 13 agosto 2007 nella villetta di lei, a Garlasco. Balos­sino è uno dei superperiti no­minati dal gup di Vigevano Ste­fano Vitelli che al professore ha chiesto di sciogliere due no­di sull’omicidio di Chiara. Pote­va o no Alberto camminare in casa Poggi secondo il percorso che dice di aver fatto senza sporcarsi le scarpe consegnate poi linde ai carabinieri? E anco­ra: esiste, e qual è la posizione per aprire la porta di accesso al­la cantina (dove Chiara fu tro­vata) senza calpestare il san­gue?

Tutte e due le risposte, ov­vio, sono legate all’estensio­ne del sangue sul pavimen­to. E, stando ai primi accer­tamenti - che Balossino ora vorrebbe approfondire assieme ai consulenti di par­te civile, difesa e accusa - la sostanza ematica comparireb­be su una superficie più ampia del 20-30% rispetto a quella vi­sibile nelle perizie eseguite fin qui. Perché in quelle perizie non sono stati utilizzati gli stru­menti tecnici di cui si dispone in questo caso. «Marchinge­gni », per dirla con l’espressio­ne di chi li usa, dai quali è pos­sibile vedere «oltre» la mac­chia di sangue e quindi indivi­duare anche il siero sanguigno, di colore chiaro e non visibile nelle immagini usate fino ades­so dai consulenti. Certo è che se si rivede al rial­zo la mappatura ematica a casa Poggi le cose per Alberto si complicano, quantomeno sulla questione del sangue calpesta­to o non calpestato. Stavolta un punto a favore dell’accusa, dopo il clamoroso esito della perizia informatica con la qua­le è stato dimostrato che fra le 9.36 e le 12.20 di quel 13 ago­sto Alberto lavorava al compu­ter, come ha sempre sostenu­to, mentre il pubblico ministe­ro ha centrato il delitto fra le 11 e le 11.30.

Vero è che le analisi informa­tiche sono importanti per la conferma dell’alibi nella fascia oraria 9.36-12.20, ma quel dato da solo salva Alberto in quel­l’orario. Non demolisce gli altri elementi sostenuti finora dal­l’accusa fra i quali la questione, appunto, delle scarpe. La procu­ra sostiene che Alberto uccise Chiara, andò a casa e cambiò le scarpe prima di inscenare un finto ritrovamento del corpo. Per questo non ci sarebbero sta­te tracce di sangue. Il perito del pm, il professor Boccardo, nella sua prima relazione aveva soste­nuto che, fatte 800 mila simula­zioni al computer, c’erano zero possibilità che le scarpe restas­sero pulite. L’obiezione del con­sulente di Alberto, il professor Pedotti, fu che si era considera­ta una falcata troppo piccola: «L’estensione del passo del ra­gazzo è fra 80 e 100 centimetri» si disse. E allora Boccardo fece altre prove, stavolta con falcata 70-90 centimetri. Il computer ri­petè il percorso fatto dal biondi­no: per 10 mila volte in entrata e altre 10 mila in uscita da casa Poggi. Risultato: zero possibili­tà di non calpestare il sangue al­l’andata e 0,07 al ritorno. E la «mappa» del sangue era più pic­cola di quella ipotizzata ora.

(ha collaborato Erika Camasso)
corriere della sera 23 settembre 2009

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