domenica 6 dicembre 2009

MEREDITH, SOLLECITO IN CELLA CON UN PEDOFILO. AMANDA, "PERCHE' NON MI CREDONO"

LA SENATRICE CANTWELL: L'ANTIAMERICANISMO HA INQUINATO IL PROCESSO
Amanda e Raffaele guardati a vista
Gli Usa contro la giustizia italiana
La notte in carcere. Lei: «Alla fine vincerò»: Lui: «Perché sono ancora qui?»


(Ansa)
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI PERUGIA — Amanda Knox non ha dormito, neanche un minuto: dopo la condanna a ventisei anni, ha passato la notte a piangere. Le compagne di cella l'hanno accolta con una tazza di latte, ma non è servito a calmarla. La direzione del carcere l'ha fatta sorvegliare, c'era paura che si suicidasse. Al mattino ha incontrato i suoi avvocati: «Lottate per me, per dimostrare la mia innocenza. Alla fine vinceremo noi, non è vero? Ma perché nessuno mi crede? Sono ferita nel cuore e nell'anima, ma so una cosa con certezza, ve la prometto: io non muoio». Raffaele Sollecito, invece, quando ha visto il suo avvocato Luca Maori gli ha chiesto: «Ma dove sono? Perché mi trovo ancora qui?». Completamente sotto choc, spiega il legale, sembra abbia perso contatto con la realtà. «Facciamo un appello alla direzione delle carceri, al Dap — dice il legale —, perché non lo trasferisca. Intanto chiediamo di rafforzare il supporto psicologico e nei prossimi giorni lo faremo visitare, valuteremo se le sue condizioni sono compatibili con il carcere». La condanna per omicidio ha lasciato il segno.

USA CONTRO GIUSTIZIA ITALIANA - Anche in America: le tv hanno dato il verdetto in diretta, scatenato critiche al nostro sistema giudiziario. La senatrice Maria Cantwell, per esempio, sostiene di avere «seri interrogativi sul funzionamento del sistema giudiziario italiano» e sul fatto che «l'antiamericanismo possa avere inquinato il processo». Severi sia i giornali, sia gli avvocati statunitensi che hanno definito «oltraggioso il verdetto». L'attacco della Cantwell è totale: «Non esistevano prove sufficienti per spingere una giuria imparziale a concludere oltre ogni ragionevole dubbio che Amanda fosse colpevole. Il processo ha messo in evidenza una serie di difetti nel sistema di giustizia italiano, compresi il trattamento aggressivo dei poliziotti nei confronti di Amanda, il fatto che la giuria non sia stata tenuta in isolamento — consentendo così ai giurati di leggere gli articoli spesso scandalistici sulla vicenda — e la negligenza mostrata dagli inquirenti nella raccolta delle prove». Sostiene di averne parlato sia con l'ambasciata in Italia sia con il segretario di Stato Hillary Clinton. Non è stata l'unica, in America, a schierarsi apertamente contro la sentenza. I media hanno criticato «il mancato isolamento della giuria», e più di un aspetto dell'impianto accusatorio. Diversi esperti legali statunitensi hanno giudicato «scandaloso» il verdetto.

AMANDA E RAFFAELE SOTTO CHOC - Ma le polemiche arrivate dagli Usa non riescono a portare serenità ad Amanda Knox. Anche lei, così come Raffaele, è parsa sotto choc durante l'incontro coi suoi avvocati. «Non ricordo quasi niente di ieri sera, chi ho abbracciato al momento della sentenza?». Luciano Ghirga le sorride: «Hai stretto me, non ricordi?». Lei cambia discorso: «Io non vi ho mai preso in giro, sono innocente. Ma perché non mi credono? Perché mi hanno condannato? Con quali prove?». Prima della sentenza Raffaele le ha fatto arrivare un messaggio d'affetto. Lei però non ha voglia di parlarne: «Gli voglio bene anch'io, ma oggi sono troppo delusa». Alla stessa ora, a metà mattina, Raffaele Sollecito confessa al suo legale un dettaglio: «Ho capito di essere stato condannato solo quando sono tornato in carcere. L'ho scoperto dalla televisione». Lui è in cella con un anziano condannato per pedofilia. Il padre Francesco dice che non lo abbandonerà «mai». Per i genitori di Meredith Kercher, nessun trionfo: «Giustizia è fatta ma non possiamo dirci felici. Ci sono due ragazzi in carcere e nessuno ci ridarà la nostra Mez». Una posizione ribadita, in conferenza stampa, anche dal fratello Lyle: «È una sofferenza non soltanto per noi e per le persone che conoscevano Meredith. A vivere una profonda sofferenza oggi sono anche i due ragazzi che hanno ricevuto la sentenza di condanna per un lungo periodo di detenzione». «Mez ci manca tanto, anche se è sempre con noi», ha aggiunto la sorella Stephanie. La procura di Perugia, intanto, ha annunciato che non ricorrerà in appello: per il pm Manuela Comodi, la sentenza di venerdì è «un dispositivo già equilibrato».

Al. Cap.
corriere della sera 06 dicembre 2009

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