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di Cristiana Mangani
ROMA (15 giugno) - Legati a doppio filo da una verità che potrebbe farli sprofondare per sempre, o redimerli. Amanda Knox e Raffaele Sollecito, così lontani eppure tanto vicini. Era la fine di novembre del 2007 quando la ragazza di Seattle scriveva dal carcere: «Io sono innocente. A uccidere Meredith potrebbe essere stato Raffaele, anche se non so perché».È passato più di un anno e mezzo da quel giorno. Dopo un tentativo di separare le due posizioni, il processo li ha inevitabilmente riavvicinati. Non più amanti né fidanzati, ma legati a doppio filo, perché se cade lei, trascina Sollecito con sé. E così suonano come una prova di amicizia, di complicità, le lettere scritte nei mesi scorsi dalla Knox al suo ex ragazzo. Le ha pubblicate il “Daily Mail” che, come tutti i giornali stranieri continua a seguire con grande attenzione questo giallo internazionale. «Posso darti la mia mano - scrive Foxy Knoxy - la mia spalla, il mio ascolto, il mio tempo, la mia penna, i miei sorrisi, la mia sciocca carta da lettere rosa, ma sono tornata con il mio ex».
Amanda vicina a Raffaele per sempre, ma non più con il cuore. Ha ripreso a comunicare con il suo boyfriend americano, Dj (venuto anche in Italia per assistere a una udienza), e risponde teneramente ai sorrisi che l’ingegnere pugliese le riserva tra timori e timidezze. Le ha mandato una rosa per San Valentino, lei una mail. Gli fa gli auguri per la festa degli innamorati e poi si dice contenta per averlo rivisto in aula. «Non sono brava a capire le espressioni del viso - aggiunge - né leggere le labbra. Devo ammettere che non ho capito quello che tu volevi trasmettermi». Si parla delle udienze, poi di alcuni testimoni, amici della vittima, persone che definisce estranee al suo mondo, che la giudicano e lei non capisce sulla base di cosa. «Nei loro racconti su di me e sul mio comportamento - è ancora il testo della lettera - hanno certezze che io non ho. Danno una valutazione dei fatti che, ancora, non sono riuscita a collocare».
Nelle fasi successive al delitto, quando - a loro dire - cercavano una giustificazione a quanto stava accadendo, Raffaele ha provato a ricostruire quella notte e ha “abbandonato” Amanda. «Potrebbe essere uscita - ha raccontato al gip - Io dormivo, avevo fumato spinelli e bevuto. Potrei non essermene accorto». Si è pentito per quelle parole, lo ha detto tante volte ai suoi difensori, e ha spiegato anche a lei che non voleva dire quelle cose, ma cercava di capire solo cosa potesse essere successo.
Il primo incrocio di sguardi e i primi sorrisi sono arrivati solo diversi mesi dopo, durante il processo, mentre, poco distanti l’uno dall’altra, stanno tentando di difendersi dall’accusa di omicidio. La frattura è stata sanata, forse anche perché così conviene a tutti e due. Gli avvocati potrebbe aver spiegato loro che c’è già un condannato per il delitto di Mez: l’ivoriano Rudy Guede. Sulla sua presenza sulla scena del crimine la notte in cui la ragazza inglese è stata uccisa non esistono dubbi. Mentre possono prestarsi a doppie interpretazioni le tante contraddizioni degli altri due imputati. Ci vorranno ancora vari mesi prima che la Corte d’assise di Perugia decida se i due ex fidanzatini siano colpevoli o meno della morte della studentessa inglese. Nel frattempo loro restano liberi di esprimere i caratteri, la disperazione, con la speranza finale, come è ancora Amanda a scrivere, che «alla fine gli avvocati riusciranno a tirarmi fuori da qui».
Amanda, Meredith e il processo di Perugia di Valerio Massimo Manfredi>>>
il messaggero. 15 giugno 2009
La giallista Leosini: «Amanda, versioni diverse, c’è il sospetto che stia mentendo»/ di Cristiana Mangani
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