In questo modo, Filippo Pappalardi, padre dei due fratelli di Gravina Ciccio e Tore, apostrofa il ragazzino che sarebbe diventato il suo principale accusatore
BARI - «Handicappato»: in questo modo, in un’intercettazione ambientale, Filippo Pappalardi apostrofa il ragazzino che sarebbe diventato il suo principale accusatore. Parla cioè del baby-testimone compagno di gioco dei suoi figli Francesco e Salvatore, scomparsi e – secondo l’accusa – uccisi la sera del 5 giugno 2006 a Gravina in Puglia (Bari). Per l'omicidio dei suoi figli di 13 e 11 anni, e per l’occultamento dei loro corpi, Pappalardi è in carcere dal 27 novembre scorso. Il ragazzo ha 15 anni e a metà agosto del 2006 disse alla polizia di aver visto Pappalardi alle 21.30 circa del 5 giugno 2006 mentre, in preda all’ira, faceva salire sulla sua auto i due figli che, fino a poco tempo prima, stavano giocando con lui e con altri due ragazzini con dei palloncini d’acqua in piazza Quattro Fontane, nel centro storico di Gravina. In quella circostanza il baby-testimone sostenne di essere stato anche rimproverato dall’uomo per aver bagnato con l’acqua uno dei suoi figli. Della presenza del ragazzino-testimone – secondo la ricostruzione accusatoria – Pappalardi, qualche giorno dopo aver ucciso i figli, durante un soliloquio in auto intercettato dalla polizia, si rammaricò e scoppiò a piangere proprio perchè il ragazzino lo aveva visto mentre faceva salire sulla sua auto i due figli, subito dopo scomparsi. Si trattò infatti dell’ultimo avvistamento di quella sera. Quaranta giorni dopo il soliloquio, la polizia risalì al ragazzino che rivelò i fatti che conosceva e fece iscrivere nel registro degli indagati il nome di Filippo Pappalardi per sequestro di persona. Inoltre, vi è un'altra intercettazione, questa volta di un colloquio tra Pappalardi e Giuseppe Alloggio, suo conoscente, durante il quale l’uomo si informa sulla famiglia di appartenenza del baby-testimone. Pappalardi nell’incrociare casualmente il ragazzino per strada dice ad Alloggio: «Quello è il pisciaturo! l’handicappato!». «Interessante – scrive il gip che ha emesso il provvedimento cautelare, Giuseppe De Benedictis – che per identificare il ragazzo chiamato 'pisciaturo' (...) Pappalardi lo chiami 'handicappato'; in realtà il ragazzo non ha alcun handicap nel senso medico della parola, ma aveva il torto di aver lanciato un gavettone al figlio la sera del 5 giugno 2006, bagnandolo e così attirando su di sè l’ira del Pappalardi, e poi era stato bocciato a scuola l’anno prima, quando era stato in classe con Francesco Pappalardi, e pertanto costretto a ripetere a 14 anni la seconda media a causa di gravi insufficienze formative maturate». «Per questo – prosegue il giudice – Pappalardi lo apostrofa come 'handicappato', anche se, interpellati sulla sua personalità alcuni suoi insegnanti hanno riferito che sebbene non avesse mai raggiunto un profitto superiore alla sufficienza, aveva sempre tenuto un comportamento corretto sia nei confronti degli insegnanti che dei suoi compagni di classe, quindi – conclude – non era certo un handicappato». 30/11/2007
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