L'OMICIDIO DI SARAH SCAZZI
Le conversazioni in carcere tra il contadino e sua figlia
Dieci giorni prima che confessasse il delitto della nipote
Michele Misseri
TARANTO - L’ho presa per i piedi e l’ho buttata nel pozzo così…. nell’acqua... patapom». Smentendo ogni racconto da lui riferito fino ad allora, Michele Misseri descrive così in un documento inedito (depositato agli atti dell’inchiesta sull’uccisione di Sarah Scazzi), le drammatiche fasi della soppressione del corpo della nipote. Il nuovo scenario emerge da un colloquio intercettato in carcere tra lui e la figlia Valentina che chiedeva i particolari di quell’episodio. Era il 25 ottobre dello scorso anno, dieci giorni prima Michele aveva confessato il delitto dicendo di averlo commesso con il concorso della figlia Sabrina rettificando la versione precedente in cui si addossava ogni responsabilità.
La primogenita lo va a trovare nel carcere di Taranto e le cimici registrano la conversazione. «Ma l’hai buttata per basso, cioè ... per così?», chiede. «No, l’ho buttata così.. patapom .. difatti mi hanno chiesto come hai fatto a non farti nessun graffio», risponde il padre simulando con le mani e con il rumore l’impatto del corpo sull’acqua. La figlia insiste, vuole sapere i particolari. «L’ho messa con la testa dentro - spiega Misseri - ... l'ho presa per i piedi ... mi sono calalo tutto dentro che per poco non andavo io giù». È ancora lei a chiedere. «Però per sotto, tu l’hai presa per i piedi?». E lui conferma: «Per i piedi l’ho presa». In seguito zio Michele (sia nell’incidente probatorio che nelle numerose interviste televisive che rilascerà dopo la sua scarcerazione) darà una diversa versione di quella manovra introducendo l’uso di una lunga fune con la quale si sarebbe aiutato per calare il corpo nella cisterna sfilandola a lavoro ultimato. La stessa cosa ha raccontato nelle recenti dichiarazioni spontanee davanti al gup lo scorso 17 ottobre: «L’ho denudata, l’ho messa sulla corda e l’ho calata nel pozzo, a testa in giù. Poi quando io ho lasciato la corda, che ho tirato la corda fuori, si è girata capovolta». In altre occasioni spiegherà che quella tecnica utilizzata per imbracare il corpo con la corda l’aveva appresa in Germania quando lavorava come becchino.
Nazareno Dinoi
02 novembre 2011
02 novembre 2011
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