"Quei figli non li sopportava più"
Videoclip, iperlink, intercettazioni ambientali e telefoniche: c'è voluta una vera e propria indagine multimediale per 'incastrare' Filippo Pappalardi, il padre dei due fratellini di Gravina di Puglia, Francesco e Salvatore, scomparsi il 5 giugno del 2006. Intercettate le conversazioni di 82 persone. Da questi registrazioni arrivano i gravissimi sospetti contro Pappalardi: "I figli non li sopportava più, erano disobbedienti e li ha uccisi".
La prova decisiva ancora non c'è. Anche le macchie di sostanza organica ritrovate su un tappetino della Peugeot 205, di proprietà del cugino di Pappalardi hanno dato esito negativo. E del resto mancano all'appello anche i due corpi. La Procura ritiene che Francesco e Salvatore siano stati uccisi la sera stessa della loro scomparsa e che poi il padre li abbia fatti sparire in un crepaccio della Murgia, un territorio che lui conosce molto bene.
Per mesi le 'gravine, le tipiche cavità naturali e artificiali, le campagne, le cisterne, i casolari della zona, sono stati passati al setaccio da un imponente schieramento di forze dell'ordine e volontari. Ma di Ciccio e Tore, che ora avrebbero 14 e 12 anni, nessuna traccia. Fu l'ira per una nuova disobbedienza dei ragazzi a scatenare la furia omicida di Filippo Pappalardi. Almeno a questa conclusione sono giunti la Procura di Bari (il capo Emilio Marzano e il sostituto Antonino Lupo) e il dirigente della Squadra Mobile della Questura, Luigi Liguori, le cui tesi sono state accolte dal gip Giuseppe De Benedictis.
LA SERA DELLA SCOMPARSA
Francesco e Salvatore, che avevano fatto tardi già una settimana prima, la sera del 5 giugno, in occasione della Festa del Crocifisso, erano di nuovo in giro e stavano giocando nella zona delle Quattro Fontane, vicino al centro storico di Gravina. E questo nonostante fossero stati per la loro disobbedienza redarguiti e puniti dal padre. Secondo l'accusa, dunque, Pappalardi, un "padre che sapeva essere violento" con Ciccio e Tore si infuriò quando,tornato a casa, si accorse che i bambini non erano ancora rientrati e uscì a cercarli.
Secondo il racconto del baby testimone, li avrebbe trovati proprio verso le 21,30. A quel sarebbe scattata la punizione. Una punizione dura, severa, degenerata in omicidio. Insomma, Pappalardi avrebbe perso il controllo e i due bambini, secondo gli investigatori, sarebbero morti "per mano del padre". Poi, secondo la procura, l'uomo avrebbe cominciato la sua messa in scena, cercando i bambini in giro, per esempio a Santeramo in Colle, a casa della sua ex moglie, Rosa Carlucci. Un atteggiamento che per gli inquirenti non fu altro che una simulazione.
Infine, verso mezzanotte, Pappalardi si recò in Commissariato ma non formalizzò la denuncia che fece la mattina seguente, prima di recarsi a Taranto per lavoro. L'uomo si è sempre giustificato, dicendo che non era la prima volta che i ragazzini scappavano dalla madre, per questo era andato a lavorare. La sera successiva scattarono le ricerche degli inquirenti.
"PUO' INQUINARE LE PROVE"
In base all'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Giuseppe De Benedictis sussistono diverse
esigenze cautelari nei confronti di Pappalardi, dal pericolo di fuga all'inquinamento delle prove fino alla reiterazione del reato per il particolare contesto che si è venuto a creare dopo il fatto. Le indagini sono durate 16 mesi e si sono racchiuse in una voluminosa informativa multimediale che ha utilizzato videoclip, collegamenti ipertestuali, intercettazioni ambientali e telefoniche.
LE INTERCETTAZIONI
I poliziotti hanno intercettato i telefoni di 82 persone. Sono 27, invece, le intercettazioni ambientali eseguite e 411 i testimoni ascoltati, alcuni per numerose volte. "L'arresto di Filippo Pappalardi è avvenuto dopo una valutazione attenta e molto meditata sulla base di quanto raccolto nelle indagini", hanno detto gli inquirenti. Il procuratore Marzano ha dato risalto all'ultima intercettazione ambientale, quando Filippo Pappalardi ha incrociato il bambino che ha testimoniato agli inquirenti di averlo visto il giorno della scomparsa mentre portava via con la forza i due bambini in piazza delle Quattro Fontane. "Sembra proprio spaventarsi - ha detto Marzano riferendosi alle intercettazioni ambientali di Pappalardi - di aver incontrato colui che sarà il suo accusatore. L'idea che in qualche modo emerge dalla nostra inchiesta e dal racconto che fa il giudice - ha sottolineato lo stesso capo della Procura - è quella di una premessa nella quale i rapporti del padre con i figli non erano affatto buoni". Secondo Marzano "Pappalardi era un personaggio iracondo, che sapeva anche essere violento".
IL RUOLO DELLA CONVIVENTE
Gli inquirenti hanno anche precisato che Maria Ricupero, la convivente di Filippo Pappalardi, non è indagata per "concorso nella commissione del delitto" per l'omicidio di Francesco e Salvatore. Secondo gli investigatori, però, Ricupero avrebbe in qualche modo 'coperto' Pappalardi dopo l'accaduto. Tuttavia tra componenti del nucleo familiare il favoreggiamento non è previsto. Maria Ricupero è invece indagata per maltrattamenti in famiglia nell'ambito di un episodio collegato all'indagine sulla scomparsa dei due fratellini.
CICCIO E TORE MALTRATTATI
La vicenda a monte del caso dei due fratelli è accaduta il 28 maggio del 2006, in occasione della festa del Crocifisso. Ciccio e Tore rientrarono molto tardi e furono picchiati dal padre e dalla convivente. Da quell'episodio nacque la 'punizione' che prevedeva il divieto di uscire di casa fino a nuovo ordine ma questo ordine non sarebbe stato rispettato dai due fratelli che il 5 giugno andarono a giocare dalle parti di piazza delle Quatro Fontane, bagnandosi con i palloncini d'acqua gettati da alcuni amichetti. Ciò avrebbe provocato l'ira di Filippo Pappalardi e la punizione sfociata, secondo gli inquirenti, nel duplice omicidio.
L'uomo e' accusato anche di subornazione. Secondo gli inquirenti, come emerge da numerose intercettazioni, Pappalardi avrebbe indotto i suoi congiunti, tra cui la convivente, a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorita' giudiziaria. Secondo un'intercettazione ambientale, Pappalardi, in dialetto gravinese, avrebbe detto alla convivente, Maria Ricupero, "non lo dire a nessuno dove stanno i bambini. Come è vero Dio, mi uccido". Questa è anche una delle intercettazioni interpretate come indizio accusatorio. Dalla subornazione non discendono comunque esigenze cautelari che invece sussistono in base alle altre tre gravi ipotesi di reato.
LE INTERCETTAZIONI
Ma non è l'unica intercettazione ambientale citata nell'ordinanza del gip De Benedictis. "Mo' (adesso ndr) devo portare l'acqua ai cani, che è da sab..., da domenica che non ci vengo qua, dovessero morire pure i cani qua!...". E' una delle frasi captate nella mattinata dell'8 giugno 2006, a 60 ore della scomparsa dei figli, a Filippo Pappalardi. Il padre dei due ragazzini scomparsi stava parlando con il cognato, Giuseppe Alloggio e si apprestava a recarsi in campagna a dare l'acqua ai cani. Alloggio non avrebbe capito quello che gli diceva e avrebbe risposto "no, figurati". E, invece, secondo gli investigatori, Filippo avrebbe accostato la possibilità che i cani potessero morire di sete a un'altra situazione di decesso già avvenuta. Secondo gli inquirenti si tratta di una frase che "non lascia molti margini interpretativi e che, sebbene pronunciata davanti a terza persona, racchiudeva la consapevolezza che fosse successo un grave lutto".
In sede di interrogatorio, a maggio scorso, dopo aver ascoltato l'intercettazione, Filippo Pappalardi ha fornito come spiegazione il fatto che in quel momento si sentiva poco bene e che il suo stato di malessere poteva ripercuotersi anche sui suoi cani. "Ho detto io: sto male io, dovessero morire pure i cani, senza acqua!". Un paragone, per la Procura, "assolutamente inappropriato nel vano tentativo di accostare il suo precario stato di salute all'ipotizzata morte dei suoi animali".
Ovviamente, scrivono gli inquirenti nell'ordinanza di custodia cautelare che ha disposto l'arresto di Filippo Pappalardi, "quella giustificazione non era convincente ed acuiva i sospetti anche perché il Pappalardi, mentre in presenza di mass media o in dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria si dichiarava convinto dell'esistenza in vita di Francesco e Salvatore, a volte, a 'riflettori spenti', si lasciava andare a frasi molto eloquenti, parlando di 'un caso internazionale' e della consapevolezza che i suoi figli, ormai, non
fossero più in vita".
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