L’autodifesa di Rudy nella chat con l’amico: "Non saprei riconoscere il suo volto".
L'ivoriano presto sarà estradato dalla Germania. Memoriale di Amanda: "Sono innocente".
PERUGIA, 22 NOVEMBRE 2007 — «AMANDA non c’era» quella maledetta notte in via Pergola 7 quando Meredith Kercher è stata assassinata, sgozzata «da un ragazzo italiano, castano, senza occhiali da vista». Rudy Hermann Guede, l’ivoriano di 21 anni bloccato martedì in Germania per il delitto della studentessa inglese, risponde in chat all’amico che ha accettato di tendergli il tranello e ‘copre’ la studentessa americana che non l’ha mai tirato in ballo.
DAGLI UFFICI della questura di Perugia, M. scrive le domande sotto dettatura degli investigatori. «Ti stanno cercando per il delitto di Meredith, cosa hai fatto?», digita. E Rudy risponde, nega, si difende. Racconta di aver fatto l’amore con Mez. Era stata lei a invitarlo, sostiene. Poi è andato in bagno e ha sentito qualcuno suonare alla porta. Poco dopo le grida strazianti della ragazza. È un racconto confuso. «Abbiamo avuto una colluttazione, mi sono anche ferito ma non ricordo precisamente il volto di quel giovane (il presunto killer, ndr)», aggiunge, ignaro che la squadra mobile sta assistendo alla conversazione telematica. «Poi sono scappato, avevo paura. Non sono stato io a ucciderla». E potrebbe essere stato lui il ragazzo africano visto quella sera da una perugina, secondo la quale «mentre scendevo le scalette che portano al parcheggio di Sant’Antonio il mio ragazzo è stato urtato violentemente da un uomo di colore che correva verso via Pinturicchio». Poco prima dell’una un’altra testimone giura di aver sentito un «ghigno» vicino a casa di Mez. Le tracce di Rudy, il ‘barone’, sono sulla scena del crimine. L’impronta palmare intrisa di sangue sul cuscino sotto il corpo di Meredith l’ha incastrato.
MA NEI LABORATORI della Scientifica di Roma i biologi stanno comparando in queste ore il dna dell’ivoriano, ricavato dal sequestro del suo spazzolino da denti (nel sopralluogo nel monolocale di via Canerino) con il codice genetico estratto dalla carta igienica trovata nel bagno della casa del massacro. È la stessa ‘y’ dell’uomo che ha avuto con la studentessa un rapporto sessuale, dicono gli scienziati della polizia. Il ‘barone’ dovrà spiegare tutto al gip Claudia Matteini. Ieri mattina al giudice tedesco che ha convalidato il suo arresto, confermando la validità del mandato di cattura europeo, ha negato di aver commesso l’omicidio, aggiungendo di essere arrivato in Germania il 2 novembre (ma per la polizia italiana il 3 era a Perugia, in un internet point).
DALL’UDIENZA davanti al tribunale di Coblenza, dove Rudy ha accettato la procedura semplificata che entro dieci giorni dovrebbe portarlo in Italia, è emerso inoltre che il 13 novembre il giovane ivoriano avrebbe presentato sotto falso nome una domanda di asilo all’ufficio stranieri di Düsseldorf, a nome di Kevin Wade. Proprio da Düsseldorf martedì notte Rudy ha preso il treno per Chiasso, senza biglietto, e senza soldi, tanto che dormiva come un barbone su un barcone. «Non ci risulta che volesse costituirsi», ha detto il questore Arturo De Felice.
SABATO INVECE i legali nominati dal padre naturale di Rudy — Nicodemo Gentile, Walter Biscotti e Vittorio Lombardo — potrebbero raggiungerlo a Coblenza. Dall’indagine sul passato del ‘barone’ emerge che tra il 2005 e il 2006 aveva vissuto per un anno a Pavia, mentre a Milano era stato detenuto per un mese, tra settembre e ottobre scorso, in seguito a un tentato furto. Proprio grazie alle impronte registrate nell’Afis la polizia ha scoperto il ‘quarto uomo’. Ma potrebbe non essere l’ultimo: le analisi scientifiche non sono concluse. Di Rudy aveva parlato uno dei ragazzi che vivono al piano di sotto nel casolare dove è stata uccisa Mez («una volta, ubriaco, aveva dormito sul water»). E il fidanzato della studentessa inglese, Giacomo Silenzi, conferma: «Sì, lo conoscevamo, lo vedevamo al campetto di basket, ma non eravamo amici». Intanto il 30 novembre sarà il tribunale del riesame a valutare i ricorsi presentati dai due presunti complici dell’ivoriano: Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Mentre i giudici non si pronunceranno su Patrick Lumumba, scarcerato martedì dal gip su richiesta del pm. «Pur permanendo incertezze sulla sua posizione — scrive il giudice Matteini — soprattutto per le discrasie ancora presenti tra quanto emerso in sede di indagine e le dichiarazioni nel corso dell’interrogatorio, nonché tra queste e quelle dei testimoni, non ci sono più ragioni per mantenere la custodia in carcere».
MENTRE televisioni e giornali si contendono la sua storia a colpi di migliaia di euro, a suo favore gli inquirenti hanno raccolto anche la testimonianza di un uomo di 47 anni (oltre a quella del professore svizzero) che dice d’essere stato con Lumumba al pub Le Chic almeno fra le 21,55 e le 22,40. Il musicista congolese, libero dopo 14 giorni, ha trascorso la giornata a casa con la moglie, il figlioletto e alcuni amici. E non è escluso che voglia ora agire contro la sua accusatrice: Amanda.
di ERIKA PONTINI
DAGLI UFFICI della questura di Perugia, M. scrive le domande sotto dettatura degli investigatori. «Ti stanno cercando per il delitto di Meredith, cosa hai fatto?», digita. E Rudy risponde, nega, si difende. Racconta di aver fatto l’amore con Mez. Era stata lei a invitarlo, sostiene. Poi è andato in bagno e ha sentito qualcuno suonare alla porta. Poco dopo le grida strazianti della ragazza. È un racconto confuso. «Abbiamo avuto una colluttazione, mi sono anche ferito ma non ricordo precisamente il volto di quel giovane (il presunto killer, ndr)», aggiunge, ignaro che la squadra mobile sta assistendo alla conversazione telematica. «Poi sono scappato, avevo paura. Non sono stato io a ucciderla». E potrebbe essere stato lui il ragazzo africano visto quella sera da una perugina, secondo la quale «mentre scendevo le scalette che portano al parcheggio di Sant’Antonio il mio ragazzo è stato urtato violentemente da un uomo di colore che correva verso via Pinturicchio». Poco prima dell’una un’altra testimone giura di aver sentito un «ghigno» vicino a casa di Mez. Le tracce di Rudy, il ‘barone’, sono sulla scena del crimine. L’impronta palmare intrisa di sangue sul cuscino sotto il corpo di Meredith l’ha incastrato.
MA NEI LABORATORI della Scientifica di Roma i biologi stanno comparando in queste ore il dna dell’ivoriano, ricavato dal sequestro del suo spazzolino da denti (nel sopralluogo nel monolocale di via Canerino) con il codice genetico estratto dalla carta igienica trovata nel bagno della casa del massacro. È la stessa ‘y’ dell’uomo che ha avuto con la studentessa un rapporto sessuale, dicono gli scienziati della polizia. Il ‘barone’ dovrà spiegare tutto al gip Claudia Matteini. Ieri mattina al giudice tedesco che ha convalidato il suo arresto, confermando la validità del mandato di cattura europeo, ha negato di aver commesso l’omicidio, aggiungendo di essere arrivato in Germania il 2 novembre (ma per la polizia italiana il 3 era a Perugia, in un internet point).
DALL’UDIENZA davanti al tribunale di Coblenza, dove Rudy ha accettato la procedura semplificata che entro dieci giorni dovrebbe portarlo in Italia, è emerso inoltre che il 13 novembre il giovane ivoriano avrebbe presentato sotto falso nome una domanda di asilo all’ufficio stranieri di Düsseldorf, a nome di Kevin Wade. Proprio da Düsseldorf martedì notte Rudy ha preso il treno per Chiasso, senza biglietto, e senza soldi, tanto che dormiva come un barbone su un barcone. «Non ci risulta che volesse costituirsi», ha detto il questore Arturo De Felice.
SABATO INVECE i legali nominati dal padre naturale di Rudy — Nicodemo Gentile, Walter Biscotti e Vittorio Lombardo — potrebbero raggiungerlo a Coblenza. Dall’indagine sul passato del ‘barone’ emerge che tra il 2005 e il 2006 aveva vissuto per un anno a Pavia, mentre a Milano era stato detenuto per un mese, tra settembre e ottobre scorso, in seguito a un tentato furto. Proprio grazie alle impronte registrate nell’Afis la polizia ha scoperto il ‘quarto uomo’. Ma potrebbe non essere l’ultimo: le analisi scientifiche non sono concluse. Di Rudy aveva parlato uno dei ragazzi che vivono al piano di sotto nel casolare dove è stata uccisa Mez («una volta, ubriaco, aveva dormito sul water»). E il fidanzato della studentessa inglese, Giacomo Silenzi, conferma: «Sì, lo conoscevamo, lo vedevamo al campetto di basket, ma non eravamo amici». Intanto il 30 novembre sarà il tribunale del riesame a valutare i ricorsi presentati dai due presunti complici dell’ivoriano: Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Mentre i giudici non si pronunceranno su Patrick Lumumba, scarcerato martedì dal gip su richiesta del pm. «Pur permanendo incertezze sulla sua posizione — scrive il giudice Matteini — soprattutto per le discrasie ancora presenti tra quanto emerso in sede di indagine e le dichiarazioni nel corso dell’interrogatorio, nonché tra queste e quelle dei testimoni, non ci sono più ragioni per mantenere la custodia in carcere».
MENTRE televisioni e giornali si contendono la sua storia a colpi di migliaia di euro, a suo favore gli inquirenti hanno raccolto anche la testimonianza di un uomo di 47 anni (oltre a quella del professore svizzero) che dice d’essere stato con Lumumba al pub Le Chic almeno fra le 21,55 e le 22,40. Il musicista congolese, libero dopo 14 giorni, ha trascorso la giornata a casa con la moglie, il figlioletto e alcuni amici. E non è escluso che voglia ora agire contro la sua accusatrice: Amanda.
di ERIKA PONTINI
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