LA REPUBBLICA BARI
DOPO L´ARRESTO IL PADRE DEI DUE BAMBINI È STATO ASCOLTATO PER DIECI MINUTI DAL GIUDICE
L´arrivo in questura: "Con voi non parlo". Poi al gip: "Sono innocente"
Un testimone chiave ha raccontato di aver visto l´autotrasportatore.
La delusione: Aveva sperato, per molti anni, che i suoi maschi fossero come lui voleva, diversi da Rosa Carlucci
Le manette sono scattate alle due di notte: duplice omicidio e occultamento di cadavere
Il progetto : Per coprire tale lasso di tempo, egli ha letteralmente costruito a tavolino un alibi naufragato di fatto
Parla per dieci minuti. Poi è il gip Giuseppe De Benedictis a chiudere l´interrogatorio. Filippo Pappalardi cerca di giustificarsi. Ancora una volta dice di essere innocente. Lo fa, per la prima volta, da detenuto. Non è più un uomo libero. Alle due di notte è stato arrestato, accusato formalmente di duplice omicidio e occultamento di cadavere. E dopo sedici ore, arriva in procura, in un cellulare della polizia penitenziaria. Il giudice chiede spiegazioni su alcune frasi captate nelle intercettazioni. Una in particolare. E´ considerata dagli agenti della squadra mobile molto importante. E´ il sette luglio del 2006, un mese dopo la scomparsa di Francesco e Salvatore. Filippo Pappalardi è in auto da solo, pensa ad alta voce. «In mezzo all´arco stava...proprio il figlio di quello, il figlio di quello stava quella sera...". Passa un minuto. E dice ancora: «Sono rimasto da solo», poi, tra le lacrime, «ragazzi, lasciatemi perdere». Il riferimento, ragionano gli investigatori, è al ragazzino che, ad agosto, quindi trenta giorni dopo l´intercettazione, viene individuato dalla polizia. Di Filippo Pappalardi diventerà il principale accusatore. Il testimone chiave che ha raccontato di aver visto l´autotrasportatore, in piazza Quattro Fontane, insieme ai figli, la sera della scomparsa. Commentando le parole, captate da una microspia, il gip Giuseppe De Benedictis scrive: «Quella mattina Filippo Pappalardi si era venuto a trovare in una crisi profonda, forse per la prima volta si era reso conto che aveva definitivamente perso la battaglia. Aveva contato sui suoi figli che aveva strappato alla moglie ed aveva sperato, per molti anni, che i suoi figli maschi fossero come lui voleva, soprattutto diversi da Rosa Carlucci». Della frase nell´interrogatorio, il giudice chiede conto a Filippo Pappalardi. Lui tentenna, «non riconosco la mia voce», dice, alla contestazione, di fatto, non risponde. Parla, invece, di quella sera. E fornisce la sua versione. La ricostruzione del 5 giugno, nelle duecento pagine dell´ordinanza di custodia cautelare, è un passaggio decisivo. C´è un buco di due ore nel racconto dell´autotrasportatore. «Per coprire tale lasso di tempo, egli ha letteralmente costruito a tavolino un alibi che è miseramente naufragato: di fatto oggi vi è che Pappalardi non ha un solo testimone che affermi di averlo visto alla ricerca dei suoi figli, fatta eccezione per la Ricupero, che ostinatamente, continua a dire di essere stata sempre con lui». Filippo Pappalardi avrebbe cercato di depistare, rilanciando e sposando la tesi rumena, avrebbe tentato di precostituirsi un alibi, indicato due testimoni che avrebbero potuto confermare la sua presenza in paese, dalle 9,30 alle 23 e che, invece, lo hanno smentito. «Il Pappalardi - scrive il gip - non si è solo preoccupato di sviare da Gravina le indagini, cercando di farle perdere nella lontana e infruttuosa ricerca in paesi esteri e mantenendo nel contempo viva la possibilità della loro sopravvivenza negli inquirenti, ma ha anche scientemente e reiteratamente cercato di occultare non solo il clima di grave costrizione in cui i suoi due figli vivevano nel suo nuovo nucleo famigliare, ma anche le prove a suo carico». Un passaggio dell´ordinanza è dedicato alle pressioni che l´autotrasportatore avrebbe esercitato sulle figlie della compagna. Alle «accortezze» adottate per sviare le indagini «quando nessuno lo sospettava, quando nessuno ipotizzava una tragica fine dei suoi due figli, quando il principale sospettato era la ex moglie». A Maria Ricupero, in un´intercettazione del giugno del 2006, spiega: «Non tanto a parlare più al telefono...è me che vogliono acchiappare». Frasi che, spiega l´avvocato Angela Aliani, non provano la colpevolezza di Filippo Pappalardi. Lui, in carcere, appare tranquillo. Anche quando gli agenti della squadra mobile, alle due della notte, sono arrivati nel suo appartamento di via Casale, non si è scomposto. «Non solo ho perso due figli, ora mi arrestate anche». Al capo della mobile Luigi Liguori, prima di essere tradotto in carcere, dice: «Con te non voglio parlare». E poi: «Tanto dopodomani esco».
(28 novembre 2007)
La Repubblica Bari 28 novembre 2007
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