venerdì 29 febbraio 2008

BARI: QUESTORE, INQUIRENTI NON HANNO PARLATO DI CADUTA ACCIDENTALE

Bari, 29 feb. - ''Ognuno si inventa quello che vuole. E' una notizia falsa. Nessuna fonte investigativa ha parlato con i giornalisti''. Con queste parole lapidarie il questore di Bari, Vincenzo Maria Speranza, liquida, parlando con l'ADNKRONOS, la notizia secondo la quale le fonti investigative e inquirenti si sarebbero fatte la convinzione di una caduta accidentale dei due fratellini Pappalardi, di Gravina in Puglia, nel cunicolo che li ha portati alla morte. Sempre secondo questa notizia, questa convinzione sarebbe maturata dopo le prime perizie medico-legali. Stamane il questore ha partecipato, insieme al dirigente della Squadra Mobile Luigi Liguori, a un vertice con il procuratore capo, Emilio Marzano per avere un quadro della situazione prima che l'ufficio della Procura fornisca al giudice per le indagini preliminari Giulia Romanazzi il suo parere sulla richiesta di scarcerazione presentata dalla difesa di Filippo Pappalardi, padre dei fratellini, in carcere con le accuse di duplice omicidio e occultamento di cadaveri. Poi Marzano ha ricevuto i due medici legali, i professori Francesco Introna e Vito Romano del Policlinico di Bari.
(Pas/Ct/Adnkronos)
29-FEB-08 19:03

Gravina: i fratellini forse caduti accidentalmente

Domenica sarà osservato un minuto di silenzio negli stadi

Il consulente della difesa: «Una morte orribile, specie per Salvatore».
Il padre: «L'avevo detto alla polizia»

BARI - Francesco e Salvatore Pappalardi potrebbero essere caduti accidentalmente nella cisterna dove sono stati trovati i loro cadaveri. Lo si è appreso da fonti investigative. I due bambini potrebbero essere caduti uno dopo l'altro, è la convizione di alcune fonti investigative dopo l'esito dei primi esami medico legali.
«MAI VISTO NIENTE SIMILE» - «In quarant'anni di professione come medico legale non ho mai visto niente di simile». Lo ha detto il professor Luigi Strada, dell'istituto di medicina legale dell'Università di Bari e consulente della difesa di Filippo Pappalardi. «È stata davvero una morte orribile, specialmente per Salvatore, che si è spento alcune ore dopo la morte del fratello. Dalla scena si ricava che Tore cercò disperatamente una via di uscita indicata da un raggio di luce, ma resosi conto dell'impossibilità di salvarsi, raschiò freneticamente con le unghie una parete del cunicolo», ha spiegato il consulente in un'intervista all'emittente pugliese Telenorba. Strada è sicuro del fatto che Francesco, il primo a cadere nel pozzo, non si rese assolutamente conto del rischio e cadde sul fondo. Tore, invece, nel tentativo di soccorrere il fratello, è sceso cercando di utilizzare gli appigli esistenti nel condotto, riducendo gli effetti della caduta. Nella cisterna non sono stati trovati altri oggetti che un pennarello in una scarpa.
IL PADRE: «L'AVEVO DETTO ALLA POLIZIA» - «L’avevo detto alla polizia che doveva cercare là dentro». Lo ha dichiarato il padre dei bambini, Filippo Pappalardi, all'avvocato difensore Angela Aliani che è andato a trovarlo in carcere a Velletri. Appena l'ha vista, ha raccontato il legale, Pappalardi ha iniziato a piangere. Aliani ha riferito, dopo un colloqui di tre ore, di essere molto provata e di non voler rilasciare dichiarazioni oltre alle poche parola che ha detto ai giornalisti.
Corriere della Sera 29 febbraio 2008

FRATELLINI GRAVINA:PROF.STRADA AL TG NORBA, MAI VISTO NIENTE DI SIMILE

''IN QUARANT'ANNI DI PROFESSIONE COME MEDICO LEGALE NON HO MAI VISTO NIENTE DI SIMILE”.SONO LE PAROLE DEL PROF.LUIGI STRADA, DELL’ISTITUTO DI MEDICINA LEGALE DELL’UNIVERSITA’ DI BARI, AL TG NORBA.STRADA DESCRIVE L’AGGHIACCIANTE SCENA DELLA CISTERNA:”UNA MORTE ORRIBILE, SPECIALMENTE PER TORE CHE SI E' SPENTO ALCUNE ORE DOPO LA MORTE DEL FRATELLINO.TORE CERCO' DISPERATAMENTE UNA VIA DI USCITA INDICATA DA UN RAGGIO DI LUCE,RASCHIANDO FRENETICAMENTE CON LE UNGHIE UNA PARETE DEL CUNICOLO''.SECONDO STRADA, CICCIO, IL PRIMO A CADERE NEL PRECIPIZIO, NON SI RESE ASSOLUTAMENTE CONTO DEL RISCHIO E CADDE DI PIOMBO SUL FONDO.TORE, INVECE, NEL TENTATIVO DI SOCCORRERE IL FRATELLO, SCESE LENTAMENTE NEL FONDO UTILIZZANDO GLI APPIGLI DEL CONDOTTO.IN FONDO AL POZZO E’ STATO TROVATO UN PENNARELLO ALL’INTERNO DI UNA SCARPA.
29/02/08 16:12:17 Telenorba

Gravina, il padre accusa: "Dovevate cercare là dentro"

Cronaca Mentre si fa strada l'ipotesi che i due fratellini siano caduti accidentalmente

Gli sviluppi dopo l'esito dei primi rilievi medico-legali

Bari, 29 feb. – Un lungo pianto e un'accusa. Così Filippo Pappalardi ha accolto Angela Aliani, il suo avvocato difensore, venuta a fargli visita nel carcere di Velletri per la prima volta da quando i due figli dell'uomo, Ciccio e Tore, sono stati ritrovati morti nella "casa delle cento stanze" a Gravina di Puglia (Bari). "L'avevo detto io alla polizia che dovevano cercare là dentro", ha urlato al legale prima di esplodere in un pianto liberatorio. Altro per il momento non è trapelato dall'interno del carcere dove il detenuto e l'avvocato hanno avuto circa tre ore di colloquio. Lo stesso legale, appena fuori, ha riferito di essere molto provato e di non voler rilasciare interviste. Per sabato, poi, è attesa la decisione del giudice sulla richiesta di scarcerazione di Filippo Pappalardi presentata dal suo difensore perchè dopo il ritrovamento dei corpi e i primi esami autoptici lo scenario accusatorio sarebbe decaduto. Infatti sembra prendere corpo la convinzione, trapelata da alcune fonti investigative dopo l'esito dei primi esami medico legali, che i due ragazzi siano caduti insieme nel pozzo "accidentalmente". Forse Francesco è stato il primo a precipitare, seguito dal fratellino Salvatore che probabilmente gli è caduto addosso. Intanto, nell'edificio sottoposto a sequestro sono continuati i rilievi della polizia scientifica, che sta ispezionando la cisterna e tutta la costruzione alla ricerca di elementi che possano aiutare a definire le circostanze che hanno portato i due fratellini a cadere lungo il cunicolo del pozzo. Un minuto di silenzio in memoria dei fratellini di Gravina sarà rispettato sui campi di calcio italiani sabato e domenica, ad inizio di partita. La richiesta, partita dall'amministrazione comunale di Gravina, è stata accolta dal presidente della Federazione italiana gioco calcio, Giancarlo Abete. E martedì scenderanno in strada gli studenti di Gravina per ricordare i loro compagni Francesco e Salvatore. R. R.
La Gazzetta del Mezzogiorno 29 febbraio 2008

Fratellini Gravina: Il Sindaco tentò di murare il labirinto

Gravina in Puglia. Qui a Gravina, nel paese che ingoia i bambini, il sindaco Rino Vendola si lamenta perché quando un anno fa provò a murare l’ingresso di alcuni ruderi i proprietari minacciarono di metterlo in croce. Perciò, ancora oggi nelle mille caverne sparse ovunque si può precipitare un giorno sì e un altro pure. E insomma: che razza di paese è un paese che non protegge i suoi figli più fragili? E che li ingoia nei suoi antri più osceni? E che addirittura protesta e minaccia se c’è chi almeno vuol provare a introdurre un rimedio? Sgomento, disagio, poca voglia di commentare. Ora, al di là dei fiori e delle poesie accumulate sul marciapiede davanti alla «casa delle cento stanze», nelle stradine è tutto un rincorrersi di mezze frasi e di sguardi oblunghi e di occhiolini che fanno intendere che si sa e non si sa ma che però, se qualcosa davvero si sa, poco o nulla in concreto si dice. In tanti, anzi in troppi, qui giurano di ricordare, e di aver visto, e di aver sentito, e di aver a suo tempo perfino avvertito. Già, ma avvertito chi? Sentito che cosa? E dove? E come? E quando? È quasi un’orgia di rimembranze, o di un qualcosa che vi assomiglia, però tutte labili e alla fine inconcludenti. I testimoni? Trattasi per lo più di adolescenti, in età di fantasie assai spinte e di immaginazione esasperata spesso al massimo dei decibel. E allora ecco che pure lui, 13 anni, il ragazzino che l’altra sera ha invocato i soccorsi per salvare l’amico Michele finito nella cisterna in cui erano sepolti i fratellini, adesso parla e parla e ricorda e addirittura ammonisce: «Ciccio e Tore? Ma certo che li ho visti giocare anche loro nella casa delle cento stanze». E altri, categorici: «Spesso li sfottevamo perché sembravano intimoriti. Era una sfida entrare in quelle stanze buie». Già, ma alla polizia tutto ciò lo hai confidato? «Certo che l’ho detto - è la risposta - ma forse non mi hanno creduto». E a complicare il già ingarbugliato mosaico spunta il racconto di Annarosa Melillo, psicologa del consultorio familiare di Gravina. Altro che paurosi. Lei disegna Ciccio e Tore esattamente al contrario rispetto ai loro amichetti. E assicura: «Erano bambini abituati ad andare per strada fin da piccolissimi. Sprezzanti di ogni pericolo». E ancora, immaginandoli quasi funamboli qui nel paese dei precipizi: «Camminavano sui cornicioni di casa. E si cimentavano in imprese impossibili». Insomma: vero, verosimile e palesemente improbabile continuano a mescolarsi come se niente fosse in questa orrenda favola raccontata assai male. Un micidiale cockaitl di contraddizioni. E per chi deve scoprire una verità, non è mica facile lavorare. «Le indagini sono state animate da una volontà senza pari», precisa il prefetto di Bari Carlo Schilardi rintuzzando le critiche piovute da più parti. E aggiunge: «Non abbiamo scuse da chiedere. nelle indagini si può dire che si sia magari strafatto ma di sicuro non si è mai sottovalutato alcun dettaglio». E le ricerche? È vero o no che partirono in ritardo? «Partirono immediatamente e con tutti i mezzi disponibili», assicura il prefetto. E si scava, nella vita dei due fratellini. E rispuntano le loro letterine, quelle in cui Ciccio e Tore sussurrano di minacce e violenza, di affetti rarefatti e persi per strada, di quella famiglia sfortunata finita in mille pezzi sparpagliati qua e là. Come poveri resti. Come quei poveri resti ritrovati in cisterna. Sparpagliati. Come le mezze frasi ricucite nei verbali delle intercettazioni, quelle che per i magistrati di Bari inchiodano papà Filippo nel suo ruolo di assassino senza se e senza ma. O quasi. e. c.
Il Mattino 29 febbraio 2008

"Processo Erba: "Confessare? Noi non abbiamo ucciso nessuno. Stiamo scherzando?"

GIGI DI FIORE Per il momento, di rispondere alle domande del pm Massimo Astori non se ne parla. Olindo Romano, consigliato dai suoi avvocati, evita l’interrogatorio. E si ripresenta davanti alla corte d’Assise di Como solo per una seconda deposizione spontanea. Piange Rosa Bazzi, chiusa in una insospettata fragilità che le impedisce di fare dichiarazioni. Piange, stretta tra rimorsi tardivi e sensazioni di vuoto, mentre il marito ripropone la versione della confessione in qualche modo indotta dalle pressioni dei carabinieri. Sembrava il più debole, Olindo, succube di una donnina istigatrice e salda. Invece, finora, è apparso il più fermo nel presentarsi per due volte dinanzi alla corte. Lo fa anche alla nona udienza, «Cosa dobbiamo confessare? Noi non abbiamo ucciso nessuno, stiamo scherzando?», dice al microfono. Ricorda il 10 gennaio 2007, data delle ammissioni al pm. Lo definisce «il giorno più brutto della mia vita» e aggiunge: «Ci dissero che ci aspettava l’ergastolo, che ci avrebbero separati per sempre. Non potevo sopportare di non vedere più mia moglie, ho solo lei nella mia vita. Mi dissero, se fai il pentito, tra 5 anni sarai fuori. Per noi fu una legnata morale». Una ricostruzione non nuova. Accenna al filmato del criminologo Massimo Picozzi, consulente del primo difensore, registrato nel febbraio 2007: «Abbiamo rimarcato la confessione, chiamiamola falsa, perchè dovevamo sostenere la tesi dei pentiti. In cuor mio speravo che Picozzi capisse, invece non capì nulla. Siamo andati avanti, nel disprezzo che avevano per noi. Ci trattavano come bestie». Un racconto senza contraddittorio, con un elemento smentito dalle indagini. Olindo racconta la giornata dell’11 dicembre 2006, ripete l’alibi dell’uscita a Como a mangiare il panino da Mc Donalds. E spiega che la loro lavatrice era in funzione come tutte le sere, per risparmiare. Ma l’analisi dei consumi di energia elettrica in casa Romano lo smentisce. Olindo Romano trova anche il coraggio di fornire la sua versione sull’incontro con Carlo Castagna, la notte della strage. Aveva detto il padre di Raffaella: «Incrociai il suo sguardo, mi sembrava addolorato». Dice Olindo: «Vedo il signor Castagna, stava male, un uomo distrutto. Incrociamo gli sguardi e mi vengono in mente le liti, le banalità. Volevo andare a chiedergli scusa, ma non ce l’ho fatta». Ogni imputato ha il diritto di mentire, ma Carlo Castagna scuote la testa e commenta: «Disgustoso». La ritrattazione a ottobre? «Ci riprendemmo la dignità», spiega il netturbino di Erba. Poi, partono la registrazione del primo interrogatorio degli imputati l’8 gennaio 2007. Lunedì, il bis con l’audio della confessione del 10 gennaio. Sempre che Rosa Bazzi non accetti di farsi interrogare. Ipotesi improbabile: un crollo psicologico di Rosi dinanzi al pm renderebbe inutile i testi della difesa. Gli avvocati lo sanno bene.
Il Mattino 29 febbraio 2008

Le scuse di Gravina a Ciccio e Tore:" Non siamo riusciti a salvarvi"

Il giallo della perlustrazione all´edificio

Lello Parise
I proprietari: "Nessuno ci ha chiesto di ispezionare il palazzo"
Il questore: abbiamo ispezionato la casa per tre volte
Speranza: i bambini non andavano a giocare in quel posto


GRAVINA - Il "giallo della perlustrazione" colora con una luce tutt´altro che rassicurante la tragedia di Ciccio e Tore. Due fratellini, feriti, intrappolati in fondo alla cisterna all´interno di un edificio abbandonato nel centro della città, e nessuno che decida di perquisirlo prima di tutti quanti gli altri cunicoli o gravine o grotte. L´idea che i bambini potessero essere salvati è tanto insistente quanto raccapricciante visto come finisce questa storia.Gli abitanti di via Consolazione - Giovanni Consolazione, un pittore di queste parti - appiccicano al muro del palazzo maledetto un manifesto per implorare il perdono di Ciccio e Tore: «Scusateci se non siamo riusciti a sentirvi in quei momenti in cui sicuramente avete chiesto aiuto». Non li avrebbero sentiti neppure i soccorritori giacché, come aveva fatto sapere qualche giorno fa il questore Enzo Speranza, c´era stata la perquisizione della residenza nobiliare, ma non anche del pozzo dove poi quasi due anni più tardi avrebbero scoperto, ormai mummificati, i figli di Filippo Pappalardi. Ma in queste ore, dolorose e insieme cariche di rabbia, la voce del capofila della cordata di padroni dell´immobile finito nel tritacarne mediatico, allunga ombre non proprio tranquillizzanti. Dice Serafino Di Palma, della società Edilarco, un´impresa edile: «No, nessuno ha mai domandato a noi proprietari così come dovrebbe accadere in casi del genere, di essere autorizzato perché fossero effettuate ricerche all´interno dello stabile di via Consolazione». Né nessuno dei residenti in questa strada, sembra che abbia mai visto qualsiasi tipo di uomo in divisa aggirarsi nelle sterpaglie. Insiste Gino Dinicolamaria, commercialista, lo studio che confina col rudere: «No, nessuno. Almeno dal lunedì al venerdì di ogni settimana: i giorni in cui il mio studio, appunto, è aperto. Però, quando quattro giorni fa mi sono ritrovato a parlare per un´ora col piccolo Michele nell´attesa che arrivassero i pompieri e lo tirassero su, ho notato una freccia rossa, quella dipinta da chi aveva già esplorato l´area».Dubbi e malumori si accavallano. Il questore Speranza non ha incertezze. Sostiene che «la casa di via Consolazione è stata ispezionata tre volte, tra giugno e agosto del 2006». Punta l´indice contro quella che chiama «la disinformazione». «Ho sentito in tivù la testimonianza di qualcuno che sostiene la circostanza secondo cui Ciccio e Tore andavano spesso a giocare in quella casa. E´ falso. I bambini frequentavano più o meno abitualmente un altro posto abbandonato: quello alla salita San Michele». E´ seccato, Speranza, ma non rinuncia ad un´ironia amara: «Sarà pure vero che qualcuno di noi sia entrato senza ottenere prima il via libera dai proprietari, ma non bisogna dimenticare che quello è un porto di mare. Spiegatemi una cosa: il ragazzo caduto lunedì scorso, aveva il permesso in tasca per intrufolarsi là dentro?». Speranza aggiunge: «Nelle mappe in nostro possesso, inoltre, non c´era traccia dell´esistenza di quella cisterna». E conclude, per metà orgoglioso e per metà pignolo: «Credeteci, abbiamo fatto le cose con cura».
(Espresso Local 29 febbraio 2008)

Gravina - Nuovi rilievi nel casolare

Un corteo per ricordare Ciccio e Tore è stato organizzato per martedì prossimo dagli studenti e dai docenti gravinesi. Sembra che un testimone abbia già ritrattato di aver visto i ragazzi il giorno della scomparsa

GRAVINA IN PUGLIA (BARI) - Aumentano di ora in ora i mazzi di fiori che vengono deposti lungo il muro di cinta del casolare abbandonato dove lunedì scorso sono stati recuperati i corpi di Francesco e Salvatore Pappalardi i due bambini di Gravina in Puglia scomparsi oltre un anno e mezzo fa e ritrovati casualmente in fondo a un pozzo. Nell’edificio sottoposto a sequestro continuano anche oggi i rilievi della Polizia scientifica che sta ispezionando la cisterna e tutta la costruzione alla ricerca di elementi che possano aiutare a definire le circostanze che hanno portato i due fratellini a cadere lungo il cunicolo del pozzo. All’esterno c'è un via vai continuo e commosso di cittadini di Gravina, ma anche di persone che vengono da fuori che portano fiori, leggono i messaggi lasciati lungo il muro e chiedono ai giornalisti che stazionano fuori risposte che nessuno può dare. Per la morte dei due fratellini è tuttora in carcere il padre, Filippo Pappalardi arrestato nel novembre scorso con l'accusa di duplice omicidio e occultamento di cadavere. Benché la procura ritenga ancora intatte le motivazioni che hanno portato all’arresto di Filippo Pappalardi, uno dei testimoni, pare che abbia già ritrattato: «Ho sempre detto alla polizia di non ricordare bene la data, a distanza di tre mesi non era semplice. Ma loro volevano una data certa». Filippo Pappalardi, si trova in regima di detenzione carceraria dallo scorso 27 novembre, quando la procura di Bari gli notificò l'ordine di carcerazione accusandolo di aver: «sequestrato, picchiato, ucciso e occultato i cadaveri dei suoi figli». L'uomo che in carcere piange e si dispera, si è sempre dichiarato innocente. Intanto, domani il Gip potrebbe decidere sulla richiesta di scarcerazione presentata dal legale di fiducia perchè, dopo il ritrovamento dei corpi e i primi esami autoptici lo scenario accusatori è decaduto.
La Gazzetta del Mezzogiorno 29/2/2008

Erba.Gli avvocati incontrano Rosa, ma senza la psicologa del Bassone

venerdì 29 febbraio 2008
Gli avvocati di Rosa Bazzi tornano ad incontrarla. Dopo la lunga e difficile giornata di ieri in Corte di Assise - con pianto quasi continuo e la testa fra le mani in segno di disperazione - oggi Enzo Pacia ed i giovani colleghi Schembri e Bordeaux vanno al Bassone per poter parlare con lei. "Ci auguriamo di poter riuscire a tranquillizzarla...", così la Bordeaux ieri lasciando il Tribunale di Como dopo la nona udienza del processo per la strage di Erba. L'incontro di oggi, però, avverrà senza la presenza dela psicologa del carcere del Bassone anche perchè la stessa è stata citata come teste dalla difesa stessa. Il presidente della Corte, Alessandro Bianchi, nel respingere la richiesta di colloquio "allargato" ha detto che la psicologa la potrà visitare prima o dopo, ma non presenziare all'incontro con i legali.Resta da decidere, viste le precarie condizioni psicologiche della donna, se deciderà si sottoporsi all'esame lunedì prossimo in aula alla ripresa del dibattimento. Difficile pensare anche a dichiarazioni spontanee della Bazzi come quelle fatte ieri dal marito Olindo Romano che ha detto di non avere fatto nulla di male. In lacrime, davanti ai giudici, ha ripetuto:"Noi non abbiamo ucciso nessuno... Abbiamo confessato perchè abbiamo deciso di fare i pentiti e perchè pensavamo che in pochi anni saremmo stati fuori".
Ciao Como 29 febbraio 2008

Processo Erba: il 3 marzo interrogatorio Rosa Bazzi

COMO - E' previsto nell'udienza del 3 marzo l'interrogatorio di Rosa Bazzi, imputata con il marito Olindo Romano per la strage di Erba. I giudici oggi non hanno autorizzato, come chiedevano i difensori della coppia, un incontro tra gli stessi legali e Rosa, alla presenza della psicologa che l'ha assistita dal giorno del fermo. (Agr)

STRAGE ERBA: OLINDO PIANGE, E RACCONTA LA "FALSA CONFESSIONE"

(AGI) - Como, 28 feb. -
La dichiarazione spontanea dell'imputato arriva a raccontare il giorno dell'arresto: "Rosetta mi telefono' dicendomi che c'era una marea di giornalisti. Lei aveva gia' preparato il pranzo e allora sono rientrato da un altro ingresso, quello che da' su via Volta. Quando sono arrivato, i giornalisti mi hanno preso d'assalto. Avevano bloccato tutte le vie d'uscita, tanto che mia moglie e' stata aiutata dai carabinieri a rientrare in casa. Doveva andare da quella famiglia dove fa le pulizie". Ancora in lacrime Romano ringrazia cappellano, psicologa, gli attuali avvocati (Luisa Bordeaux di Lecco, Fabio Schembri di Milano e Enzo Pacia di Como), l'educatrice carceraria. Soprattuto ribadisce il suo alibi: "Quella sera siamo stati al McDonald's di Como. Quando tornammo a casa c'era folla ho viso il signor Castagna, era un uomo distrutto. Abbiamo incrociato lo sguardo, mi vennero in mente le liti, le banalita', perche' lo insultavo. Poi un vicino, che era stato nell'appartamento mi disse che la dentro era peggio di un film dell'orrore".

Prosegue la dichiarazione spontanea di Romano: "Siamo andati avanti a fare i pentiti perche' dovevamo essere credibili. Pensi - dice guardando prima la Corte, poi il Pm Massimo Astori - che disprezzo da parte di quella gente, degli agenti, non di tutti, verso noi che avevamo confessato di aver ucciso un bambino cosa che non avevano fatto". Spiega le sue sensazioni quando l'8 ottobre dello scorso anno, davanti al Gip Vittorio Anghileri, ha fatto la sua clamorosa ritrattazione: "Quando a ottobre ho dichiarato la mia innocenza - ho riacquisto la mia dignita' e abbiamo deciso di lottare per la liberta', per la verita' e basta. Quel che viene, viene. Tutto qua, ecco che cosa avevo da dire'' e cosi' finisce la sua dichiarazione spontanea iniziata alle 11.26 per concludersi giusto un'ora dopo. Poi rinuncia all'esame dell'imputato: "Non sono ancora pronto". Si alza e l'udienza viene sospesa per la pausa pranzo. Olindo, fra l'altro, riferisce che la sera del massacro, rientrando da Como, poco dopo aver saputo delle quattro vittime, aveva incrociato lo sguardo di Carlo Castagna che nell'eccidio dell'11 dicembre 2006 perse moglie, figlia e nipotino. "Quando tornammo a casa c'era folla ho visto il signor Castagna, era un uomo distrutto. Abbiamo incrociato lo sguardo, mi vennero in mente le liti, le banalita', perche' lo insultavo. Volevo chiedergli scusa per quelle discussioni. Non ebbi il coraggio di avvicinarmi a luDopo una breve pausa, su accordo delle parti, si e' proceduto con l'ascolto dell'interrogatorio cui fu sottoposta Rosetta il giorno del suo arresto. Oltre un'ora di registrazione che inizia con il Pm Astori che da lettura del verbale di interrogatorio come persona informata sui fatti reso ai carabinieri nei giorni precedenti l'arresto. In quel verbale sono contenuti i æveleni' che Rosetta riversa contro Raffaella Castagna, ma soprattutto contro Azouz Marzouk, marito di Raffaella, papa' di Youssuf. Vengono riportati quelli che lei ritiene essere æ'strani giri di tossicodipendenti iniziati quando "e' arrivato quello li' (Azouz, ndr)". Rievoca le frequenti liti che sarebbero avvenute fra i coniugi del piano di sopra. "Quando era in carcere le cose erano piu' tranquille, ma poi e' tornato l'inferno insieme alla sua scarcerazione". Poi si passa al racconto di cosa lei e il marito Olly avrebbero fatto il pomeriggio precedente la strage e nei giorni successivi. Un racconto del tutto simile a quello che fece l'ex netturbino per ricostruirsi l'alibi del McDonald's". Tuttavia questo particolare non lo racconto' all'epoca ai Pm Massimo Astori e Mariano Fadda l'otto gennaio dello scorso anno. Parla di tutto, ma non di quel presunto "incrocio di sguardi".

Rosa, mentre l'impianto audio diffonde quelle parole vecchie di oltre un anno, e' nella gabbia. Raggomitolata su se stessa. Indossa un maglioncino bianco. Le braccia incrociate e appoggiate alle ginocchia. Il mento poggiato sulle braccia. Il suo corpo dondola lievemente. Di tanto in tanto porta una mano alla testa. Solo un attimo, poi riabbassa il capo e riprende a ciondolare. Olindo e' li' accanto e ascolta con attenzione, la mano sul mento. Indossa un maglione in lana bianco latte con righe grigie. Probabilmente nella loro mente rivedono le immagini di quell'otto gennaio. L'audio in sottofondo offre il racconto di Rosetta. Alle orecchie piu' attente non sfugge la contraddizione del tabaccaio. Olindo disse che quella sera compero' le sigarette ad Albavilla, Rosa riferidsce di un altro luogo. Di una tabaccheria che si trova a Lipomo, in cima, andando verso Erba, alla salita del San Martino. Respinge fermamente ogni accusa: "Ma perche' ce l'avete con noi? Si e' vero che litigavamo con quelli di sopra, ma mica per questo li abbiamo uccisi noi". Neppure l'invito di Astori a dire "una volta per tutte la verita' perche' con queste prove qualsiasi Corte d'Assise vi da l'ergastolo in cinque minuti, benedetta donna" piega Rosa Bazzi.(AGI)
(AGI)

giovedì 28 febbraio 2008

Sindaco Gravina, per sicurezza città ci vorrebbe mezza Finanziaria Regione

Scritto da Pasquale Dibenedetto
giovedì 28 febbraio 2008 21:06

''Il territorio di Gravina e' fatto cosi'. Chiese e case rupestri dovunque. Ogni edificio contiene pozzi, cisterne, raccoglitoi dell'acqua piovana, neviere. Per mettere in sicurezza la citta' ci vorrebbe mezza Finanziaria della Regione Puglia''. Lo afferma il sindaco di Gravina, Rino Vendola. Il primo cittadino risponde a chi ha parlato di ''negligenze amministrative'' che renderebbero insicura la cittadina dove i bambini giocano spesso e volentieri nelle grotte e nelle case abbandonate, specie del centro storico. E, potrebbero averlo fatto la sera della loro scomparsa anche Francesco e Salvatore Pappalardi, ritrovati morti lunedi' in una cisterna sotterranea. E nello stesso edificio, dove sono stati scoperti i loro cadaveri e' caduto anche il 12enne Michele D., rimasto ferito per una caduta nello stesso pozzo. ''E' in questo ambiente architettonico - aggiunge il primo cittadino - che la comunita' ha sempre abitato, sin dai tempi antichi. Nel centro storico abitavano 25 mila persone. E poi la stessa comunita' ha costruito una citta' nuova sulla citta' antica. Meta' territorio comunale poi e' vincolato. Quasi sempre, quando occorre intervenire, bisogna informare la Soprintendenza''. Circa la casa padronale in cui sono stati trovati i corpi, il sindaco sottolinea che ''quell'edificio non e' un bene di appartenenza pubblica. E' una proprieta' privata. I privati avevano la recinzione e un cancello in ferro. Cosa devo fare io? Non c'e' stata una segnalazione - prosegue - e non c'era nessuna denuncia di muri pericolanti. Solo in quel caso avrei potuto esercitare i poteri sostitutivi per motivi di pubblica incolumita'. Al limite. la domanda va fatta ai privati ma non al sindaco. Del resto di li' sono passati per controllare ma non hanno visto''.
A proposito dei funerali il sindaco dice: "Io avevo offerto la disponibilita' a dare una sepoltura gratuita ai due fratellini. La famiglia Pappalardi mi ha risposto che possono provvedere da soli e che non hanno bisogno di soldi. Io rispetto questa decisione''.
Notizie online

FRATELLINI GRAVINA: IL LUMINOL NELLA CISTERNA

OGGI GLI SPECIALISTI DELLA POLIZIA SCIENTIFICA GIUNTI DA ROMA SONO TORNATI NEL CASOLARE IN VIA CONSOLAZIONE CON IL LUMINOL, L'ESAME CHE SERVE A RILEVARE TRACCE DI SANGUE.GLI ACCERTAMENTI SONO STATI COMPIUTI NELLA CISTERNA IN CUI SONO STATI TROVATI I CORPI DI FRANCESCO E SALVATORE E SERVIRANNO A CAPIRE COME SI SIANO MOSSI I FRATELLINI, CHE ERANO ANCORA VIVI QUANDO SONO CADUTI.INOLTRE IL LUMINOL POTREBBE FORNIRE QUALCHE INDICAZIONE SUL PUNTO DA CUI CICCIO E TORE SONO PRECIPITATI: SE DAL FORO AL SECONDO PIANO, COME IL RAGAZZINO SALVATO DAI VIGILI DEL FUOCO LUNEDÌ SCORSO, O SE DALL'APERTURA NEL SOTTOSCALA, AD UN'ALTEZZA DI SEI METRI.NEL FRATTEMPO GLI INVESTIGATORI STANNO ASCOLTANDO I RAGAZZI CHE GIOCAVANO NEL CASOLARE E GLI ABITANTI DI VIA CONSOLAZIONE PER TENTARE DI STABILIRE DA CHI FOSSE FREQUENTATO.SECONDO GLI INQUIRENTI I FRATELLINI POTREBBERO ESSERE FUGGITI DOPO ESSERE SALITI NELL'AUTO DEL PADRE ED ESSERE CADUTI MENTRE TENTAVANO DI NASCONDERSI NEL CASOLARE.SEGUENDO QUESTA IPOTESI PERÒ, BISOGNEREBBE CAPIRE PERCHÉ PAPPALARDI ALLE 23.50 DELLA STESSA SERA ANDÒ IN COMMISSARIATO PER DENUNCIARE LA SCOMPARSA DEI SUOI FIGLI.
Telenorba 28/02/08 20:43:50

FRATELLINI GRAVINA:PER TORE UNA AGONIA PIU’ LUNGA

SONO RIPRESI OGGI GLI ESAMI SUI CORPI DI CICCIO E TORE PAPPALARDI, RITROVATI DOPO 19 MESI, IN FONDO AD UNA CISTERNA IN UN CASOLARE NEL CENTRO STORICO DEL PAESE.OGGI L’EQUIPE MEDICO LEGALE DIRETTA DAL PROF.INTRONA, HA EFFETTUATO LA TAC.GLI ESITI SI CONOSCERANNO ENTRO SABATO POMERIGGIO.SUCCESSIVAMENTE, I MEDICI PROCEDERANNO AGLI ESAMI DEGLI ORGANI INTERNI, CHE CONSENTIRANNO DI ACCERTARE I TEMPI DELL'AGONIA VISSUTA DAI BAMBINI.SEMBRA CERTO, CHE IL PIU' GRANDE, CICCIO, SAREBBE MORTO PIU' RAPIDAMENTE, IN SEGUITO AD UNA TRIPLICE FRATTURA AD UNA GAMBA, CHE GLI HA PROCURATO SUBITO UNA FORTE PERDITA DI SANGUE.SALVATORE, CHE NELLA CADUTA NELLA CISTERNA E' RIMASTO ILLESO, TRANNE UNA PICCOLA FRATTURA AD UN PIEDE, SAREBBE MORTO, SECONDO STRADA, DI FREDDO E FAME.L'AUTOPSIA DOVREBBE COMINCIARE LA PROSSIMA SETTIMANA.
Telenorba 28 febbraio 2008

GRAVINA/ CONFERMATE ACCUSE PAPPALARDI,DOMANI INCONTRA LEGALE

Fratellini potrebbero essere caduti cercando di sfuggire al padre

Gravina in Puglia, 28 feb. (Apcom) - "Ciccio e Tore scusateci se non siamo riusciti a sentirvi in quei momenti in cui sicuramente avete chiesto aiuto. firmato, gli abitanti di via Giovanni Consolazione. Una prece da tutti noi". Con questo manifesto e la via listata a lutto, gli abitanti della via dove sorge la casa delle cento stanze hanno voluto in qualche maniera chiedere scusa ai due fratellini, ritrovati morti lunedì scorso, dopo oltre venti mesi di inutili ricerche.

Ciccio e Tore, frequentavano la scuola media "Benedetto XIII" di Gravina in Puglia. A scuola andavano bene ed erano seguiti anche dalla famiglia. "Ormai ci aspettavamo questo epilogo. Lo stesso Procuratore aveva già detto che ormai non si aveva nessuna speranza di trovarli vivi", sottolinea Giacomo Manfredi, dirigente scolastico della scuola "Benedetto XII°" all'epoca dei fatti. Secondo il preside rimangono alcune zone d'ombra, in tutta questa vicenda: " Secondo me - racconta - si poteva fare molto di più, per prima cosa, quando Filippo Pappalardi si è presentato in commissariato, a tarda sera, perché non sono partite subite le ricerche? Come si fa a dire ad un padre, "torni domani per la denuncia"? Troppo tempo è stato perso e specie nei primi giorni c'è stata molta confusione, anche per quanto riguarda le mansioni e la gestione dei soccorsi". Alla domanda se ha mai conosciuto Rosa Carlucci, risponde secco: "Mai. La prima volta che ho vista la signora Carlucci è stato nella trasmissione dedicata alla scomparsa dei bambini, dove mi è stata presentata".

Domani l'avvocato difensore di Filippo Pappalardi, Angela Alliani, incontrerà in carcere il padre dei due fratellini. E' la prima volta che il legale incontra Pappalardi da quando lunedì sera, sono stati ritrovati i corpi di Ciccio e Tore.

La novità della giornata arriva dalla procura della Repubblica di Bari che resta convinta delle responsabilità di Filippo Pappalardi, il padre di Ciccio e Tore, che avrebbe potuto, la sera del 5 giugno del 2006, aver sgridato i suoi bambini ed averli rincorsi per le vie del paese, fino a quanto Ciccio e Tore si sarebbero rifugiati all'interno della 'casa delle 100 stanze'. Una volta lì dentro i fratellini si sarebbero avventurati nel buio per sfuggirgli. Per il Procuratore capo della Procura della Repubblica di Bari, Emilio Marzano, e per il suo sostituto Antonino Lupo, la situazione non cambia: Pappalardi nelle sue intercettazioni telefoniche potrebbe riferire proprio questo alla sua convivente quando dice 'non dire dove sono i bambini altrimenti mi ammazzo'.

Dagli esami autoptici che si stanno eseguendo all'istituto di medicina legale Luigi Strada, ordinario di medicina legale all'università di Bari e consulente di parte dell'avvocato Alliani, ha detto che "Ciccio è il primo ad essere caduto all'interno del pozzo rimanendo gravemente ferito subendo delle fratture e perdendo molto sangue, mentre il fratellino Salvatore gli è caduto addosso, rimanendo praticamente illeso". "Le cause e i tempi della morte - spiega Strada - potranno essere accertati solo dopo l'esame degli organi interni che molto probabilmente verrà effettuato la settimana prossima". Il piccolo Francesco sarebbe rimasto in vita per poche ore dopo la caduta. "Ha perso molto sangue e i forti dolori in un corpo magro, la temperatura rigida e la fame hanno fatto il resto. Credo - ha spiegato Strada - che la sua vita, purtroppo, non è durata più di sei-sette ore".

Gravina, "i fratellini fuggivano dal padre"


Bari - Potrebbero essere finiti nella cisterna mentre tentavano di fuggire dal padre che voleva punirli, Francesco e Salvatore Pappalardi. È un’ipotesi che sta seguendo la procura della Repubblica di Bari dopo il ritrovamento dei cadaveri dei fratellini, pur continuando a ritenere valida la tesi accusatoria e l'accusa al papà delle vittime. Tuttavia dalla procura nessuno spiega (il pm Antonino Lupo non rilascia dichiarazioni, il procuratore Emilio Marzano stamattina non era in ufficio) come potrebbero essere andati i fatti.
Un dato è certo: pur ritenendo valide le accuse mosse finora a Filippo Pappalardi, l’indagine - ammettono alcune fonti investigative - va rivisitata e andrà poi eliminato il reato di occultamento di cadavere perché, concordano fonti medico-legali, quando sono caduti nel pozzo i ragazzini erano vivi. Inoltre, c’è da capire - in base alla ricostruzione dell’accusa - se il papà abbia lanciato i figli, se li ha visti cadere nel pozzo e sia andato via (in questo caso non c’è neppure il reato di omicidio volontario ma, forse, quello di morte come conseguenza di altro delitto) o, ancora, se un figlio sia caduto e l’altro sia stato scaraventato.

Poi c’è almeno un’ipotesi colposa, che al momento non riscuote il favore degli investigatori. Secondo questa ipotesi, i due ragazzini potrebbero essere stati fatti salire dal loro papà (che era arrabbiato e voleva punirli) sulla sua auto, così come dice il supertestimone, ma potrebbero essere fuggiti dall’autovettura per rifugiarsi nella vecchia casa abbandonata dove erano soliti giocare. Mentre si nascondevano, sarebbero precipitati accidentalmente nella cisterna.

Questa tesi non è incompatibile con alcuni risultati investigativi e con il fatto che Filippo Pappalardi, sentendosi quantomeno responsabile moralmente della scomparsa dei figli, il giorno dopo sia andato regolarmente a lavorare e abbia pronunciato alcune frasi intercettate dalla polizia e abbia messo in atto quella che gli investigatori ritengono un’attività di elusione e di depistaggio delle indagini.
Accertamenti per capire il punto di caduta Tramite gli accertamenti in corso nella cisterna, i poliziotti della scientifica cercheranno di capire quali sono stati gli spostamenti di Ciccio e Tore nella cisterna e, soprattutto, capire da quale punto sono caduti. Dovranno accertare infatti se davvero siano caduti dal punto più alto del pozzo, quello dove il 25 febbraio è precipitato Michelino, il dodicenne il soccorso del quale ha fatto ritrovare i corpi dei fratellini, o se non siano invece precipitati da un accesso che si trova ad un’altezza minore.

Esami radiologici Sinora sembra che siano state riscontrate fratture solo alle gambe di Ciccio, che sarebbe caduto per primo, mentre su Salvatore non vi sarebbero stati segni visibili di fratture, anche perché forse è caduto sul corpo del fratellino che avrebbe attutito il colpo. Ad ogni modo saranno gli esami radiologici ad accertare il tipo di fratture e la gravità del ferimento di ciascuno dei due ragazzini. Michelino, caduto il 25 febbraio dalla sommità del pozzo, cioè da un’altezza di circa 25 metri, ha riportato fratture esposte a entrambe le gambe, una frattura del collo del femore, fratture vertebrali.
Il Giornale 28 febbraio 2008

Morte fratellini: a Gravina marcia studenti per ricordarli

Scritto da Pasquale Dibenedetto
giovedì 28 febbraio 2008 17:27

''Ciccio e Tore nei nostri cuori''
: e' la scritta che apparira' su una maglietta bianca che stanno preparando i ragazzi dell'Istituto tecnico Commerciale ''Bachelet'' di Gravina in Puglia per la marcia prevista per sabato 1 marzo nella cittadina barese per ricordare i due poveri fratellini ritrovati morti dopo 20 mesi dalla scomparsa.

L'appuntamento e' per le 9 davanti alla scuola in via Bachelet. L'appello alla partecipazione si sta diffondendo velocemente tra i ragazzi su Msn e coinvolge anche gli studenti dell'Istituto Professionale, unificato al Commerciale, e del Liceo Scientifico. Gli studenti del Tecnico stanno preparando anche un documento.
Notizie Online

Funerali fratellini, no del padre al Municipio

16.32: Il padre dei fratellini Pappalardi ha rifiutato l’offerta del Comune di Gravina in Puglia di farsi carico dei funerali dei due figli. "Ci hanno trattato da famiglia inaffidabile" ha detto l'uomo, in carce con l'accusa di omicidio. Oggi al via gli esami medico-lagali sui resti dei bambini recuperati lunedì in un pozzo. Non prima di un mese i risultati.
Audio news 28 febbraio 2008

FRATELLINI GRAVINA:NEL POMERIGGIO ALTRI ESAMI MEDICO LEGALI



SONO ANCORA IN CORSO, NELL'ISTITUTO DI MEDICINA LEGALE DEL POLICLINICO DI BARI, GLI ESAMI AUTOPTICI DI FRANCESCO E SALVATORE PAPPALARDI, I FRATELLINI TROVATI MORTI IL 25 FEBBRAIO NELLA CISTERNA DI UNA MASSERIA ABBANDONATA NEL CENTRO DI GRAVINA IN PUGLIA.
SUI CADAVERI I MEDICI LEGALI, INTRONA E ROMANO, STANNO ESEGUENDO ANCHE UNA RISONANZA MAGNETICA PER RICOSTRUIRE TRIDIMENSIONALMENTE I CADAVERI.
DAGLI ESAMI GIA’ COMPIUTI È EMERSO CHE FRANCESCO HA FRATTURE ALLA GAMBA DESTRA PROVOCATE DALLA CADUTA NEL POZZO.
AL MOMENTO NON E’ STATO STABILITO PER QUANTO TEMPO SIANO SOPRAVVISSUTI CICCIO E TORE QUANTO SONO PRECIPITATI, O SONO STATI GETTATI, NELLA CISTERNA.
INTANTO, IL GIP DI BARI, ROMANAZZI, ENTRO IL PRIMO MARZO PROSSIMO, POTREBBE DECIDERE SULL'ISTANZA DI SCARCERAZIONE DEL PADRE DEI FRATELLINI, FILIPPO PAPPALARDI,DEPOSITATA IERI DAL SUO DIFENSORE, L’AVVOCATO ANGELA ALIANI.
LE INDAGINI, INVECE, SULLA MORTE DI FRANCESCO E SALVATORE, CON MOLTA PROBABILITA’, SI RIAPRIRANNO L'AUDIZIONE DEL BABY-TESTIMONE, ORA QUATTORDICENNE.
NELL'AGOSTO 2006, DISSE ALLA POLIZIA CHE LA SERA DELLA SCOMPARSA DI CICCIO E TORE VIDE I DUE BAMBINI, ALLE ALLE 21,30, SALIRE SULL'AUTOVETTURA DEL PADRE.

28/02/08 16:14:15 redtno@telenorba.it

Fratellini: probabile no a scarcerazione padre

E' orientamento Procura, per psicologa figli spericolati

(ANSA) - BARI, 28 FEB - Tranne ripensamenti, la procura di Bari dovrebbe dare parere negativo all'istanza di scarcerazione del padre dei due fratellini Pappalardi.

L'istanza e' stata presentata ieri dal difensore di Filippo Pappallardi, il papa' dei ragazzi trovati morti il 25 febbraio a Gravina in Puglia 20 mesi dopo la loro scomparsa. Lo si e' appreso da fonti non ufficiali. 'Questi ragazzini erano proprio sprezzanti del pericolo'. Lo dice Annarosa Melillo, psicologa del Consultorio familiare di Gravina.

Gravina: Il pellegrinaggio muto alla cisterna dell´orrore

Da foglie e petali penzolano decine di messaggi lasciati dagli amici dei ragazzini
Il sindaco Vendola proclama il lutto cittadino per il giorno in cui ci saranno i funerali

Lello Parise
"Ciccio e Tore, ora siete gli angeli di Gravina"

Due poliziotti in uniforme presidiano l´ingresso al palazzo del Settecento
I funerali celebrati a spese dell´amministrazione comunale? "Grazie di tutto, ma non siamo mica poveretti"
Gli ornamenti floreali intanto continuano ad ammucchiarsi davanti al sepolcro della Consolazione GRAVINA - Il pellegrinaggio è lento, silenzioso. Dai balconi le donne osservano, con gli occhi sbarrati, il vai e vieni per metà triste, per metà avido di curiosare. A via della Consolazione un vecchio palazzo abbandonato del Settecento si trasforma in un vero e proprio sepolcro. Al di là di queste porte di ferro alte e scolorite dal tempo c´è la "foggiana", come conoscono da queste parti il pozzo che venti mesi fa risucchia Ciccio e Tore.
Due poliziotti in uniforme presidiano l´ingresso. Dentro, lavorano quelli della "scientifica" a caccia di indizi che in qualche maniera possano raccontare la «morte orribile» dei due fratellini, come l´altra sera l´aveva definitiva il procuratore della Repubblica Emilio Marzano. Fuori, alla destra del cancello, campeggia il mazzo di fiori bianchi che già martedì aveva spedito dal carcere di Velletri papà Filippo Pappalardi. Sulla sinistra, invece, si accumulano gladioli, viole, rose, margherite: doni deposti, dolcemente, da un po´ tutti quelli che capitano in questa strada assolata. Tra di loro non si scambiano una parola e neppure uno sguardo, ma è come se con quel gesto semplice avessero scelto di separare il dolore di una comunità da quello di un padre, in galera da quasi cento giorni.
Da foglie e petali penzolano decine di messaggi. Di immagini, anche. Una mano sconosciuta, sul foglio di un quaderno, disegna Ciccio e Tore con addosso una tunica celeste e sulle spalle un paio di ali gialle. Volano verso un Gesù dipinto di rosa: «Ora siete gli angeli di Gravina». Graziella: «Chi non vi ha capito, oggi è pentito». «Due mamme» annotano, a stampatello: «L´Italia intera vi chiede perdono». «Un papà» usa un pezzo di carta bianca, protetta dalla plastica trasparente: la pioggia o la polvere o le impronte dei passanti sul marciapiede non dovranno cancellare quelle frasi messe insieme con un computer. Frasi impietose: «Siamo tutti colpevoli. Io più di tutti perché non ho pensato che potessero essere lì». Frasi inorridite: «I bimbi urlavano inascoltati...». Un uomo legge e bisbiglia all´orecchio della donna che gli sta accanto: «L´autore deve essere un poliziotto gravinese che ha partecipato alle ricerche e che non riesce a sopportare di avere fallito».
Nel suo ufficio al primo piano di Palazzo di Città, a trecento-quattrocento metri dalla scena del delitto, il sindaco Rino Vendola sembra tormentato: «Ero sicuro che i bambini fossero stati rapiti e nascosti all´estero». La "pista romena", come era stata ribattezzata da giornali e tivù. «Mi dicevo: se con tutto questo spiegamento di forze, compresi i cani addestrati a cercare cadaveri tra le macerie, non li hanno trovati, significa che Ciccio e Salvatore non sono qua. Non è stato così, purtroppo. Ma questo non è il momento delle polemiche».
Vendola scrive di suo pugno la proclamazione del lutto cittadino per il giorno dei funerali: non nasconde la commozione, dispone che le bandiere sventolino a mezz´asta e che le saracinesche dei negozi rimangano chiuse. Annuncia un encomio solenne, martedì 4 marzo, per il vigile del fuoco che lunedì aveva raggiunto il piccolo Michele e l´aveva tirato fuori sano e salvo dal budello profondo venticinque metri. Lo stesso budello che ormai da circa due d´anni, custodiva una verità atroce.
Scuote la testa il comandante dei vigili urbani, che era stato tra i primi ad organizzare i soccorsi per aiutare Michele: «Se nessuno, per una ragione qualsiasi, avesse avuto la fortuna di dare l´allarme, pure dell´undicenne avremmo perso le tracce e questo sarebbe diventato il paese del mostro: Ciccio e Tore, poi un altro ragazzino...» spiega il comandante Nicola Cicolecchia. In mattinata chiacchiera con qualcuno della famiglia Pappalardi giacché le esequie dovranno essere celebrate a spese dell´amministrazione comunale. Ma la risposta dei diretti interessati suona orgogliosa, non odiosa: «Grazie di tutto, ma non siamo mica poveretti». Sarà il nonno dei fratellini a pagare, di tasca propria: si chiama Francesco, come il primogenito di Filippo e di Rosa Carlucci.
Vendola ascolta da Cicolecchia come stanno le cose, e non fa una piega: «Rispetto la decisione dei Pappalardi. Anzi, la comprendo». Gli ornamenti floreali intanto continuano ad ammucchiarsi davanti al sepolcro della Consolazione: una nuvola colorata per esorcizzare la rabbia.
( Espresso Local 28 febbraio 2008)

GRAVINA: LUTTO CITTADINO PER I FRATELLINI PAPPALARDI IL GIORNO DEI FUNERALI

(PRIMA) GRAVINA IN PUGLIA, Bari - Il giorno delle esequie di Ciccio e Tore Pappalardi saà lutto cittadino a Gravina in PUglia. Infatti il sindaco di Gravina in Puglia, Rino Vendola, ha proclamato il lutto cittadino per il giorno in cui saranno celebrati i funerali dei fratellini trovati morti il 25 febbraio scorso. Per la giornata dei funerali saranno esposte bandiere ''a mezz'asta ovvero abbrunate''. Dice il primo cittadino che "vuole cosi' farsi interprete del diffuso sentimento della comunita' di intimo ed individuale coinvolgimento nella tragedia dei fratellini Ciccio e Salvatore''. Il sindaco invita, inoltre, per quella giornata, chiunque ''ad astenersi da qualsiasi attivita' d'interesse diverso''. Naturalmente non si sa ancora quando saranno celebrati i funerali, perchè bisognerà concludere tutte le operazioni di autopsia e quindi potrebbe trascorrere anche delle settimane prima che i corpi vengano restituiti alla famiglia. (PRIMA)


Prima 28/02/08 14:29

ROMANO, IN CARCERE TRATTATI COME BESTIE

2008-02-28 13:43

COMO - In carcere "eravamo trattati come bestie". Olindo Romano lo ha detto concludendo le sue dichiarazioni spontanee davanti ai giudici della Corte d'assise di Como. Una scelta così maturata dall'ex netturbino: "Siamo andati avanti a fare i pentiti, perché dovevamo essere credibili, pensi che disprezzo verso di noi da parte di quella gente, degli agenti, non di tutti, che avevamo confessato di aver ucciso un bambino cosa che non avevano fatto". Nella strage, l'11 dicembre del 2006, morirono quattro persone tra cui un bambino di poco più di due anni.

"Ci trattavano come bestie - ha proseguito - è stato un calvario fino a maggio, però, per fortuna, ci sono stati il cappellano, la psicologa e l'educatrice che sono state le uniche persone che non ci trattavano come bestie. Abbiamo cambiato l'avvocato, che non capiva niente. E' stato grazie alla psicologa, che ho recuperato fiducia in me stesso. "Quando a ottobre ho dichiarato la mia innocenza - ha concluso - ho riacquisto la mia dignità e abbiamo deciso di lottare per la libertà, per la verità e basta, quel che viene viene. Tutto qua, ecco che cosa avevo da dire".

"Siamo stati a Como da Mc Donald's": durante le sue dichiarazioni spontanee Olindo Romano é tornato alla versione, resa prima del suo fermo. "Quando arrivai c'era folla - ha detto Olindo - poi ho viso il signor Castagna, era un uomo distrutto. Abbiamo incrociato lo sguardo,mi vennero in mente le liti, le banalità, perché lo insultavo". Poi un vicino, che era stato nell'appartamento gli disse che "era peggio di un film dell'orrore".

"Che cosa dovevo confessare? Noi non abbiamo ucciso nessuno": è quanto ha affermato Olindo Romano. L'imputato per la strage di Erba ha pronunciato queste parole mentre ripercorreva i momenti precedenti la confessione, avvenuta quando, a suo dire, aveva subito pressioni da parte dei carabineri.

Strage di Erba, Olindo: ''Non abbiamo ucciso nessuno''

COMO - “Noi non abbiamo ucciso nessuno". Olindo Romano si esprime così al processo sulla strage di Erba nel tribunale di Como. E senza trattenere l’emozione racconta anche la sua esperienza in carcere, dove – dice – “Ci trattavano come bestie, è stato un calvario, disprezzati perchè avevamo confessato di aver ucciso un bambino. Il giorno in cui ci arrestarono – ha aggiunto - ci sentivamo come fossimo due cani da abbandonare in un canile. Ma non abbiamo fatto nulla".



Durante la sua dichiarazione spontanea Olindo ha poi detto: ''Pentirmi e pensavo fosse il minore dei mali – ha ammesso -. Piuttoso che non vedere mia moglie per sempre, preferisco stare in galera. Mia moglie è tutto quello che ho nella mia vita. Rinuncio a tutto, ma non a lei. Metteteci insieme, lasciateci anche in carcere, ma insieme''.
25 ore 28 febbraio 2008


Riguardo alla sera del quadruplice omicidio, Romano ha spiegato: "quella sera, eravamo al Mc Donald's a Como. Quando arrivammo a casa c'era folla. Poi ho visto il signor Castagna, era distrutto. Abbiamo incrociato lo sguardo, mi vennero in mente le liti, le banalità, perchè lo insultavo".

Gravina: L'Italia del pregiudizio

di Piero Ostellino


Ora che i corpi di Salvatore e Francesco Pappalardi sono stati trovati in un pozzo, dove nessuno era andato a cercarli, emerge un volto della nostra giustizia penale a dir poco discutibile. Da un lato, il padre dei due bambini, Filippo Pappalardi, in carcere perché indiziato, sulla base solo di un’intercettazione ambientale e della fragile testimonianza (tardiva) di un bambino, di averli uccisi. Inoltre un' inchiesta che ha cercato Salvatore e Francesco nelle grotte di Matera, nelle campagne delle Murge, persino in Romania, lungo le piste delle sette sataniche e del traffico di organi. Dall'altro, il casuale ritrovamento dei loro corpi in un pozzo nel centro di Gravina, non lontano dalla piazza dove erano stati visti l'ultima volta. Da un lato, dunque, il volto di una giustizia metafisica, che cerca aprioristicamente la verità attraverso la speculazione intellettuale e gli indizi, anche i più inverosimili, costruiti nel laboratorio della mente inquirente. Dall’altra, la scoperta casuale dei corpi dei due bambini morti, ma per fame e per freddo, nella profondità di un pozzo.

Quale verosimiglianza logica si può rintracciare nel gesto di un padre presunto assassino che non avrebbe ucciso i suoi figli, ma li avrebbe gettati vivi in un buco, e non nella sperduta campagna, bensì in un luogo dove qualcuno avrebbe potuto ritrovarli prima della loro morte? Ma il procuratore di Bari, Emilio Marzano, ha detto: «L'impianto accusatorio per ora rimane, non abbiamo elementi per ripensarlo». Sotto il profilo formale, l'affermazione è ineccepibile. Sotto quello sostanziale, appare, però, incauta almeno per due ragioni. La prima: il ritrovamento dei due fratelli nel pozzo dove l’altro giorno è caduto il bambino e l'autopsia dei loro corpi aprono interrogativi nuovi che il dottor Marzano aveva evidentemente sbagliato a escludere a priori. La seconda: per ora, la colpevolezza di Filippo Pappalardi è confermata solo dalla sua carcerazione preventiva, direbbe il filosofo dei diritti civili «per mezzo del castigo», e dal carattere ferocemente arcaico della sua figura.

Forse non è inutile ricordare che l'esposizione prolungata dell'indiziato all'avvenimento minaccia di distruggerne l'immagine e, probabilmente, già l'ha distrutta. La verità mediatica, in questi casi, rischia di apparire più forte di quella vera e non è attraverso la prima che si può ragionevolmente sperare di pervenire alla seconda. Qui non è in discussione la colpevolezza o l'innocenza del Pappalardi. Sono in discussione un pregiudizio giudiziario e la stretta correlazione fra il sistema giudiziario e quello mediatico che sta diventando tale da rendere sempre più difficile capire dove finisca l'uno e incominci l'altro e viceversa. Scrive Daniel Soulez Larivière: «La magistratura scopre con delizia che accanto alle armi terrificanti che esistono già nel codice di procedura penale esiste anche lo strumento mediatico che lo completa efficacemente» («Il circo mediatico- giudiziario», ed. Liberilibri). Eppure, il rimedio a questa confusione dei ruoli che si è imposta in Italia da quindici anni a questa parte e che nuoce sia alla magistratura sia al giornalismo, ci sarebbe: scindere la fase istruttoria e investigativa, rigorosamente coperta da segreto, da quella giurisdizionale e dibattimentale, aperta invece al pubblico.

Corriere della Sera 28 febbraio 2008

Gravina, gli amichetti:"Scendere là sotto era una prova di coraggio"

Il Questore di Bari: seguiamo tutte le ipotesi

La madre : li ho sognati caduti in un buco

INVIATO A GRAVINA
Ciccio aveva la gamba sinistra rotta, e accanto al suo cadavere c’erano degli ossicini. C’era anche un mucchio di sangue. Salvatore forse aveva il femore incrinato. Li separavano 18 metri di buio, e li hanno separati anche molte ore: Francesco non è durato tanto. Salvatore è morto vicino a un davanzale e sopra sono state trovate le sue scarpe e la t-shirt. Sotto, erano accatastati uno sull’altro dei tufi come se avesse voluto salirli per arrivare a quella fessura.

Il primo a cadere sarebbe stato Ciccio, il fratello più grande. Poi Salvatore gli sarebbe cascato sopra, e così avrebbe attutito l’impatto. Quando ha finito di vivere aveva lo sguardo rivolto verso l’unico raggio di luce che scendeva dentro quell’antro, uno spiraglio a forma di cono che sembrava ricongiungerli ancora alla vita esterna.

Ma la verità, nella storia di Gravina, finisce dove comincia il mondo fantasioso dei bambini, una dimensione che si confonde nel sogno e nel gioco come se niente fosse realmente vero. C’è una foto, che ci fanno vedere, con degli scarabocchi fissati a stento su quelle pareti bitorzolute, come se uno dei due fratellini avesse voluto marchiare con i loro nomi quel sepolcro di tufi e ombre che li ricopriva. Non riusciamo a scorgere niente di più di quel che possiamo immaginare.

Tutto ciò è vero o falso? Il fatto è che la storia che comincia a dipanarsi non è solo quella di un incidente, con il fratello più piccolo che sfida tutto per salvare il più grande, le ironie e le regole, persino la morte («li prendevamo in giro, perché ci sembravano poco coraggiosi», ricorda Marco, che oggi ha 16 anni. «Perché non scendete mai nella masseria delle cento stanze?»), ma è la foto di gruppo in un interno dei ragazzi di strada nella provincia d’Italia. Come dimostra pure il racconto del ragazzino di 11 anni che ha salvato Michele, il bambino caduto lunedì vicino ai cadaveri dei due fratelli. Lui dice che si era calato laggiù «con altri due amici. Eravamo finiti lì perché avevamo visto che c’erano quattro ragazzi, Michele e dei suoi compagni. Loro hanno cominciato a tirarci delle pietre e noi abbiamo risposto». Dice che ha visto Michele scappare, salire su per i gradini, e poi all’improvviso «è caduto e s’è messo a gridare».

Due ragazzi sono scappati via: «Non vogliamo grane». I tre che sono rimasti hanno preso una scala: «abbiamo cercato di calarla dentro, ma era troppo profondo. Michele continuava a gridare e io ho provato a entrare nel pozzo. Nel buco ci sono dei gradini, delle parti in cui è possibile aggrapparsi. Sono sceso per un tratto fino a quando ho capito che non ce l’avrei mai fatta, perchè stavo per cascare anch’io. Quando sono uscito da lì, mi sono precipitato dalla madre di Michele. Lei ha chiamato i vigili del fuoco». Il suo racconto pare avvalorare la tesi dell’incidente: ci si soccorre anche se non si è fratelli, si tenta di scendere anche se ci si tira le pietre addosso, e si rischia di cadere e morire assieme, nonostante tutto. Come se questo segreto, questo regno della paura e della fantasia valesse più della vita.

Lui è già tornato a scuola, adesso, e gli hanno fatto le feste. Capelli castano scuri corti, una frangetta sulla fronte, secco e nemmeno troppo piccolo per i suoi 11 anni. Spiega che sapevano tutti del pozzo e dei rischi che si correvano nella vecchia casa, ma che lo facevano tutti da sempre: «Anche Francesco e Salvatore li ho visti che entravano lì. Ma alla polizia non mi hanno dato retta».

Marco ci ha fatto vedere come si entrava in questa masseria, il muro da scavalcare, un cancello chiuso e una discesa di sei metri d’erba gramigna dove scivolare in fondo a un cortile racchiuso fra mura cadenti. Indica un punto là sopra, «quella finestrina la vedi?, sali le scale, passi una porta, e nel secondo piano c’è il buco del cunicolo». Ci sono tre accessi a diversi livelli per arrivare nella cisterna. Marco fa vedere invece un altro ingresso dalla strada, che bisogna scavalcare. «Posti come questi ce ne sono altri», dice Marco. «Ma questo è il più pericoloso. Ciccio e Salvatore andavano negli altri, e io li prendevo in giro a scuola, perché mi sembravano un po’ paurosi». Poi alla fine hanno trovato anche loro il coraggio («Io li ho visti entrare», dice l’amico di Michele).

A sentire pure altri ragazzi, quel 5 giugno non è stata la prima volta. Ciccio è caduto. Probabilmente era ancora giorno, sostiene l’avvocato Angela Aliani, il difensore del padre, perché Salvatore è morto cercando la luce. Però, è vero che sono rimasti delle ore lì sotto e che possono pure aver passato una notte e visto arrivare il giorno. Ciccio s’è rotto la gamba. E Salvatore ha cercato di raggiungerlo utilizzando delle rientranze nella muratura del cunicolo. Francesco era a mezzo metro da un varco che collega la fossa del pozzo alla cisterna. E’ stato trascinato per alcuni metri, dal fratello. E’ morto quasi subito, a faccia in giù, perdendo molto sangue. C’erano 7 gradi. E il buio è così nero da mettere orrore persino agli adulti. Il più piccolo, Salvatore, ha resistito da solo, al freddo, per tante ore, forse un giorno intero, con il coraggio di un bambino inventato da Niccolò Ammaniti. Stava a 15 metri, sotto un davanzale alto un metro e mezzo, in direzione di quel filo di luce. S’è mosso, s’è agitato, ha camminato e urlato. Su una parete ha lasciato graffi di disperazione e 5 dita impresse, come se avesse battuto la mano contro, per rabbia. S’è arreso, lasciandosi dormire, appoggiando dolcemente la guancia sulla sua mano. Così l’ha preso la morte.
La Stampa 28 febbraio 2008

I fratellini vivi nel pozzo per almeno 24-48 ore

Gravina, 28 febbraio 2008


Sotto le unghie delle mani avevano ancora la calce, segno evidente che hanno tentato di arrampicarsi anche sui muri, dove hanno lasciato delle tracce. Ciccio e Tore per almeno 24-48ore hanno lottato, tentato in tutti modi di uscire vivi dal pozzo del terrore. Hanno perfino tolto le scarpe perche' era piu' semplice, secondo la logica dei bambini, arrampicarsi nel muro senza scivolare. Almeno 24-48 ore, dice il medico legale Francesco Introna, a combattere per la vita prima di morire e l'esame autoptico, che e' appena iniziato, ha confermato, almeno secondo le indicazioni dello stesso Introna e del perito di parte professor Luigi Strada, ordinario di medicina legale all'universita' di Bari, che i bambini non sono morti subito.

Ciccio era a 15 metri dal fratello Salvatore, nell'unico posto della cisterna dove, durante le ore del giorno, entra un filino di luce: forse si e' spostato per cercare una via di fuga che pero' non ha mai trovato, rimanendo col fratellino al freddo e al gelo, prima da vivo e poi da morto, per 20 lunghissimi mesi.
Rai News 24

Gravina piange Ciccio e Tore : Lo sconforto dei cittadini uniti nel dolore

La mamma di Ciccio e Tore ha assolto al più terribile dei compiti: riconoscere i corpicini dei due figli ormai privi di vita da oltre due anni. In queste ore la città è raccolta in un silenzio irreale. Ci si domanda ancora come sia potuto succedere che due bambini siano finiti in quella cisterna profonda 25 metri in un casolare che di notte farebbe paura anche ad un uomo adulto. La città aspetta chiarezza su ciò che nell’antico centro di Gravina è successo quel tragico giorno. Una città in cui la speranza di trovare Ciccio e Tore ancora vivi, si è spenta con incredulità. Una speranza che Mons. Paciello non perdeva occasione di rinvigorire nei cuori della gente. Su Gravina nei giorni dopo la scomparsa dei fratellini si stese un cupo velo di omertà, di brutalità, di ripugnante mistero. Questa era Gravina leggendo i giornali e guardando le TV per due lunghi anni. Anche il Vescovo, nella sua lettera all’indomani della scoperta dei corpi, si dice sicuro che “Se non ci fossero stati testimoni e soccorritori” a salvare la vita di Michele “ ancora una volta si sarebbe parlato di Gravina violenta, omertosa e satanica.” Oggi la città non pensa a riacquistare la dignità di città leale e sana per uscire da quel tunnel di accuse infamanti e disumane che la stampa ogni tanto gode a sferrare per tingere di originalità le proprie notizie. Perché da città rispettosa, ciò che adesso desidera di più non è una rivincita su se stessa, ma la verità sul tragico destino di Ciccio e Tore che ormai erano diventati figli di tutti. Dopo le parole del Procuratore Marzano durante l’intervista “hanno sofferto un’orribile morte”, che lasciano pensare ad una lunga agonia dei bambini laggiù, e la sicurezza del questore Speranza di aver a suo tempo perlustrato l’ex convento, fa provare a tutti nell’anima un senso di fallimento. Se i soccorritori avessero cercato con più attenzione, se la gente avesse informato gli addetti che quel casolare era spesso luogo di gioco, se la giustizia avesse avuto il giusto intuito forse Ciccio e Tore sarebbero ancora con noi. Nel caso in cui la colpa di un assassino venisse provata o se si accertertasse l’immediata morte dopo la caduta, probabilmente solleverebbe dal senso di fallimento molte persone. E’ tragico pensare che avremmo potuto salvare Ciccio e Tore. Forse la fatalità dell’incidente di Michele che come un angelo ha voluto seguire le loro voci per portarli via da li, ha probabilmente risparmiato ai bambini ancora tanti altri anni in quel posto orribile. Gravina si chiude nel silenzio della preghiera e nel ricordo di quegli occhi vispi e sinceri che non dimenticheremo mai. Redazione di Gravinaonline

Strage di Erba, Olindo Romano parlera' domani in aula

(ANSA) - MILANO, 27 FEB - Olindo Romano parlera' anche domani nell'aula del processo che lo vede imputato con sua moglie, Rosa Bazzi, per la strage di Erba. Fara' dichiarazioni spontanee 'su tutta la vicenda', spiega uno dei suoi avvocati, Enzo Pacia che lo ha incontrato in carcere, mentre 'e' piu' difficile' che lo faccia Rosa, la quale e' scossa e 'non fa altro che piangere'. Non ci sara', quindi, un interrogatorio, come sembrava dopo l'udienza di martedi' scorso,ai coniugi non potranno essere poste domande.
ANSA

Pappalardi: se c'è un Dio scopriranno la verità

Velletri (27/02/2008) - "Se c'é un Dio scopriranno la verità". E' quanto ha detto oggi Filippo Pappalardi, il papà dei due fratellini di Gravina, recluso nel carcere di Velletri (Roma), dove segue attraverso la televisione gli sviluppi della
vicenda, che lo vede accusato di aver ucciso e nascosto i cadaveri dei suoi due figli.
A quanto si è appreso in ambienti del penitenziario, che si trova in aperta campagna ad una quarantina di chilometri da Roma, l'autotrasportatore continua ad avere una vita carceraria tranquilla, con il personale pronto ad intervenire a suo sostegno in caso ce ne fosse bisogno. E' recluso in una cella nel reparto C, noto come "la sezione protetti".
"Pappalardi - ha detto il direttore della casa circondariale Giuseppe Makovech - non è in isolamento e condivide la cella con un altro detenuto".
Il padre di Ciccio e Tore ieri ha ricevuto la visita di due parlamentari e di un consigliere regionale eletti nella circoscrizione di Bari.
Provincia Latina 27 febbraio 2008

Pappalardi: se c'è un Dio scopriranno la verità

Velletri (27/02/2008) - "Se c'é un Dio scopriranno la verità". E' quanto ha detto oggi Filippo Pappalardi, il papà dei due fratellini di Gravina, recluso nel carcere di Velletri (Roma), dove segue attraverso la televisione gli sviluppi della
vicenda, che lo vede accusato di aver ucciso e nascosto i cadaveri dei suoi due figli.
A quanto si è appreso in ambienti del penitenziario, che si trova in aperta campagna ad una quarantina di chilometri da Roma, l'autotrasportatore continua ad avere una vita carceraria tranquilla, con il personale pronto ad intervenire a suo sostegno in caso ce ne fosse bisogno. E' recluso in una cella nel reparto C, noto come "la sezione protetti".
"Pappalardi - ha detto il direttore della casa circondariale Giuseppe Makovech - non è in isolamento e condivide la cella con un altro detenuto".
Il padre di Ciccio e Tore ieri ha ricevuto la visita di due parlamentari e di un consigliere regionale eletti nella circoscrizione di Bari.
Provincia Latina tv 27 febbraio 2008

mercoledì 27 febbraio 2008

Frigerio non vacilla e accusa: «Era Olindo»

Processo per la strage di Erba: Depone anche il genetista incaricato dalla Procura di esaminare la macchia di sangue trovata sull'auto dei Romano

Il sopravvissuto: «Mi guardava fisso con due occhi da assassino». Proiettato un drammatico video di Rosa Bazzi




Il dito indice puntato verso la gabbia, la voce che si fa più forte. Le parole come pietre. «Quando si è aperta la porta è apparsa una persona che ho riconosciuto e mi sono chiesto cosa ci facesse lì. Anche mia moglie lo ha visto. Era il mio vicino di casa, Olindo Romano. Mi guardava fisso, con due occhi da assassino. Uno sguardo che non riuscirò mai a dimenticare nella mia vita».
Mario Frigerio rivive il momento più tragico della sua esistenza seduto al banco dei testimoni della Corte d'Assise. «Qualcosa che non avrei mai pensato potesse accadermi», ripete spesso.
In un'aula piombata improvvisamente in un silenzio irreale e davanti ai giudici che lo ascoltano senza fiatare, Frigerio è come un martello. Pianta uno per uno i chiodi che imbullonano i coniugi Romano alle loro responsabilità. Lo fa con una forza inaspettata. I figli, pochi giorni prima, avevano parlato di un uomo spento, senza voglia di vivere. La realtà sembra invece diversa. Mario Frigerio è determinato, ostinato perfino nel ripetere la sua verità sulla strage.
E quando la difesa, nel controesame, tenta di farlo cadere in contraddizione o quantomeno di evidenziarne alcune incongruenze del racconto, sfodera anche rabbia. E indignazione. «Dovreste avere vergogna», dice agli avvocati di Olindo e Rosa. «Vergognatevi».
La testimonianza
È ovvio come la testimonianza dell'unico sopravvissuto alla strage dell'11 dicembre 2006 sia il punto fermo che ancora mancava alla strategia dell'accusa. Una sorta di muro di cemento armato contro il quale sono probabilmente destinati a sfracellarsi tutti i tentativi della difesa di provare l'innocenza di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Ma quanto raccontato ieri da Frigerio ha aggiunto anche qualche elemento alla ricostruzione della sera della carneficina. «L'11 dicembre con mia moglie eravamo andati a fare la spesa all'Esselunga di Lipomo - ha raccontato - Siamo tornati all'incirca tra le 17.30 e le 17.45. Verso le 19 abbiamo cenato come d'abitudine, dopo mi sono messo a guardare la tv e alle 20 mia moglie si è preparata per accompagnare fuori il cagnolino, come faceva sempre. Mentre stava per uscire abbiamo sentito un urlo. Forse Raffaella stava litigando con il marito, ho detto a mia moglie di aspettare un po' prima di uscire». Ma l'urlo udito dai coniugi Frigerio era strano, diverso dal solito.
«Era un grido di sofferenza, che ci ha colpito. Non saprei spiegare, sembrava il gemito di una donna adulta, un urlo che non avevo mai sentito prima».
Incontro alla morte
Le grida sono seguite da un silenzio assoluto. Quasi irreale. Valeria Cherubini attende qualche minuto, poi porta il cane fuori. «Dopo un quarto d'ora mia moglie rientra e mi dice spaventata che sulle scale c'è fumo - continua ancora Frigerio - Mi sono messo le scarpe e siamo scesi. Dal pianerottolo a metà delle scale ho visto aprirsi la porta di casa di Raffaella e mi è apparsa questa persona».
La tensione del racconto è paragonabile a una sceneggiatura thriller. Con la differenza, sostanziale, che il testimone parla di qualcosa accaduto realmente. «Sinceramente in quel frangente non ho pensato nulla, soltanto che Olindo fosse stato richiamato anche lui dal fumo. Ho fatto ancora metà scalinata e mi sono avvicinato. Mi fissava dritto negli occhi ma quando ero a un metro mi ha chiuso la porta in faccia. A quel punto mi stavo accostando per chiedergli cosa fosse successo quando la porta si è aperta all'improvviso. Mi sono sentito trascinare dentro. Non ho saputo reagire perché non ero preparato». Sono «attimi». In cui Frigerio sprofonda, insieme con la moglie, nel baratro della morte. «Olindo mi ha preso per il collo e mi ha picchiato sullo zigomo, ho sentito un dolore fortissimo, un male terribile. In quel momento ho avuto anche la sensazione che qualcuno passasse di fianco e andasse di sopra. Olindo mi teneva giù con la forza e con il peso del suo corpo. Avevo la faccia a terra e lui era a cavalcioni su di me. Ho visto che tirava fuori un coltello, mentre sentivo mia moglie gridare 'no, no', e poi subito dopo 'aiuto, aiuto'». La furia dell'aggressore, che Frigerio definisce una «belva», è devastante. «Mi ha tagliato la gola, non riuscivo più a reagire, non ho sentito più niente. Volevo chiamare aiuto, ma non ero in grado di muovermi, sentivo il sangue che usciva, volevo andare da mia moglie ma ero paralizzato. A un certo punto il fuoco si è fatto più forte, in quel momento ho pensato: 'O muoio dissanguato o muoio bruciato'. Poi è giunto Bartesaghi, insieme con l'altro vigile del fuoco. Ho cercato di fargli capire che di sopra c'era mia moglie, speravo di sentirgli dire 'qua ce n'è un'altra viva. Ma nessuno disse nulla».
Il controesame
Anche durante il controesame della difesa, quando non sono mancati momenti di tensione, Frigerio ha ripetuto le accuse contro il vicino di casa.
«Sempre dirò che è lui, tutte le volte che me lo chiederanno e per tutta la vita, perché è la sacrosanta verità: è stato Olindo che mi ha aggredito», ha detto. Lasciando agli avvocati dei coniugi Romano un'unica carta: evidenziare le contraddizioni tra i diversi interrogatori sostenuti dal sopravvissuto alla strage subito dopo il risveglio e, in questo modo, convincere la giuria che il riconoscimento sia stato in qualche modo indotto dai magistrati e dagli investigatori.
Un compito che non appare semplice, soprattutto perché Mario Frigerio, in aula, non ha mai avuto alcun tentennamento. E ha indicato in Olindo il suo aggressore e il carnefice della moglie Valeria.


Dario Campione Correire di Como 27 febbraio 2008

IL SUPERTESTIMONE ALLA PROVA DELL'AULA

La giornata più lunga
di Mauro Peverelli
Inizia all'alba, la giornata di Mario Frigerio. Un po' come quando andava in montagna a camminare, fin sul Bernina, la sua grande passione. Un passatempo che oggi ha chiuso in un cassetto, consegnato al libro dei ricordi. Doloroso, come tanti altri.
Alle 7.25 il supertestimone è già pronto a salire in macchina, lasciando alle spalle Alzate Brianza, la sua nuova casa, in cui vive da solo, a un passo dalla figlia. «Mi devo abituare, questa è la mia nuova realtà».
La notte non è passata insonne, ma la tensione è comunque tanta. Alle 7.40 c'è l'incontro con i carabinieri, il passaggio dalla macchina dei figli a quella civetta dell'Arma che lo scorta fino in Tribunale. Alle 8.05, eludendo i fotografi presenti nei pressi dell'autosilo, Mario Frigerio è già all'interno della saletta a fianco alla Corte d'Assise. Con lui i figli, Andrea ed Elena, ciò che è rimasto della sua famiglia dopo il barbaro assassinio della moglie. È per questo che è qui. Per ricordare, raccontare, ribadire ciò che ha già ricordato, raccontato, ribadito. Ed è qui anche per guardare negli occhi, a poco più di un anno dalla strage, colui che dice essere stato l'autore di quell'efferata mattanza. Le porte dell'aula si aprono alle 11.05. Zoppica, Mario Frigerio. Lentamente e a fatica raggiunge la sedia dei testimoni. «L'emozione è stata fortissima», dirà poi al suo avvocato, Manuel Gabrielli. Parla, Mario Frigerio. La sua voce è un sibilo per le orecchie e una pugnalata per il cuore di chi ascolta. Il presidente della Corte d'Assise, Alessandro Bianchi, lo accoglie: «Mi rendo conto della fatica nell'esprimersi - dice - Se avesse bisogno di una interruzione lo dica».
Inizia il racconto. Le urla, il silenzio, il fumo sulle scale. Lui e sua moglie che scendono per vedere cosa succede. Quella porta che si apre, quegli occhi. «Sì, erano i tuoi - dice rivolto alla gabbia e a Olindo Romano, che ascolta impassibile - È inutile che mi guardi, disgraziato». I figli, alle sue spalle, non smettono un secondo di piangere. Anche il padre non regge, la seduta è sospesa. Un inviato di una televisione, fuori dall'aula, parla con la sua redazione al telefono: «Metti nel servizio tutte le immagini che hai in archivio di Frigerio. Il resto ormai non conta nulla». È il turno delle domande della difesa. Non c'è il tappeto rosso, e non è nemmeno giusto che ci sia. A Frigerio scappa anche un «vergognatevi» rivolto agli avvocati. Il pm Massimo Astori definisce addirittura il controesame «scandaloso». Anche il pubblico, alle spalle dell'avvocato Fabio Schembri, sbotta: «Basta». Il legale, seccato, risponde: «Visto che vi urtano tanto le mie domande passo la mano alla collega». Bianchi lo riprende: «Eviti di fare commenti». Nuova interruzione di pochi minuti. L'avvocato Gabrielli, nella pausa, parla con il suo assistito: «Stia calmo», gli dice.
Il controesame riprende, sempre senza cortesie.
Dopo due ore abbondanti Mario Frigerio può lasciare l'aula e sfogarsi con i figli. Un pianto liberatorio. Ora può non ricordare. Ora può cercare di dimenticare.
«Cosa mi ha detto' - dice ancora Gabrielli - Che sperava di non aver creato qualche problema arrabbiandosi per le domande della difesa». «Il controesame è stato un po' duro - ammette poi Schembri - Oggi Frigerio è stato preciso nel riconoscere Olindo. Ha detto più volte che è strasicuro che sia lui. Del resto non ci aspettavamo che dicesse: scusate mi sono sbagliato. Però prendiamo atto che in aula ha aggiunto il particolare di una figura di donna, un elemento ulteriore da approfondire anche da un punto di vista psicologico, in quanto è un ricordo che affiora a distanza di un anno».
Anche se, per la verità, il 15 dicembre 2006 Frigerio già indicò al piemme Simone Pizzotti di aver percepito la presenza di due persone. «Nella stessa circostanza - ribatte però Schembri - in cui parlò di pelle olivastra. Frigerio nervoso' Probabilmente mi sono innervosito più io, o forse tutti e due. Ci sta, del resto».
Il pubblico ministero in aula ha definito il controesame scandaloso.
«Ne prendo atto - dice ancora il legale di Olindo e Rosa - ma io potrei dire il contrario, ovvero che l'esame è stato scandaloso. Noi facciamo gli avvocati, non possiamo fare le mammolette. Dobbiamo fare il nostro dovere, sarebbe stato scandaloso non fare il controesame, li sì che non sarei stato a posto con la mia coscienza».
Roberto Tropenscovino, avvocato di Azouz Marzouk, non entra nel merito del controesame. «Non mi permetto di giudicare l'operato dei colleghi. Frigerio è stato molto sicuro, preciso, la tensione era palpabile. Il nervosismo è comprensibile per una persona che ha perso la moglie e rischiato la vita. Ma è stato straordinario quando ha indicato con il dito indice la persona che lo aveva aggredito e che aveva ucciso sua moglie».
Azouz ha ascoltato in aula ogni terribile momento del racconto di Frigerio.
«Aveva gli occhi gonfi di lacrime, faceva fatica a contenerle, poi ha messo la mano sul viso - conclude Tropenscovino - Quando è finita l'udienza mi ha detto: 'Finalmente giustizia sarà fatta'». Un verdetto che, qualunque esso sia, non potrà mai restituire le mogli, le figlie e il nipotino alle proprie famiglie. E nemmeno cancellare dal cuore il dolore.
Corriere di Como 27 febbraio 2008

STRAGE ERBA: FORSE DOMANI ROSA BAZZI NON PARLERA'

Como, 20:40
STRAGE ERBA: FORSE DOMANI ROSA BAZZI NON PARLERA'
Rosa Bazzi potrebbe decidere di avvalersi della facolta' di non rispondere domani durante l'esame degli imputati per la strage di Erba. Il processo, che si svolge in Corte d'Assise a Como e giunto alla nona udienza, dopo la schiacciante testimonianza resa ieri da Mario Frigerio, conoscera' altri momenti di tensione e drammatici. Per quasi tutta la giornata di oggi i tre avvocati della difesa (il penalista comasco Enzo Pacia, Fabio Schembri di Milano e Luisa Bordeaux di Lecco) sono rimasti a colloquio con i loro assistiti nel carcere del 'Bassone'. Proprio Schembri, all'uscita, ha spiegato che "ancora nulla e' deciso anche se la nostra assistita sta riflettendo sull'opportunita' di sottoporsi all'esame". Non sembra in dubbio, invece, la deposizione di Olindo Romano che potrebbe anche fare altre dichiarazioni spontanee nel corso della giornata. Intanto il Pm Massimo Astori sta mettendo a punto gli ultimi dettagli dell'esame dei due coniugi accusati di essere gli autori del massacro avvenuto la sera di lunedi' 11 dicembre 2006. Nel corso della giornata proporra' alla Corte circa 15 minuti di registrazione delle intercettazioni telefoniche svolte durante le indagini.
La Repubblica 27 febbraio 2008

"Sulle pareti i segni delle unghie".Mamma Rosa riconosce i suoi bimbi

L'avvocato del padre ricostruisce la vicenda: "Ciccio è caduto prima e si è rotto una gamba. Tore lo ha raggiunto e, poi, ha provato a risalire". La madre ha riconosciuto i corpi dei suoi figli, malore per la compagna di Filippo Pappalardi. CommentaHome Cronaca
prec succ
Bari, 27 febbraio 2008 - "I corpi di Ciccio e Tore sono stati trovati a distanza di 15 metri l'uno dall'altro". È quanto ha riferito ai giornalisti l'avvocato Angela Aliani, legale del padre dei due fratellini di Gravina in Puglia, in provincia di Bari, descrivendo quanto ha visto ieri nella cisterna all'interno della quale sono stati trovati i corpi dei ragazzini.




"Il corpo di Ciccio - ha affermato - era a mezzo metro da un varco che collega la fossa del pozzo alla cisterna". Probabilmente il ragazzo si è trascinato per alcuni metri, a causa di una frattura oppure è stato trascinato dal fratello. Quest'ultimo, Salvatore, sarebbe entrato nella cisterna. Il suo corpo è stato trovato a 15 metri da Ciccio "sotto una specie di davanzale alto 1 metro e mezzo sul quale erano appoggiate entrambe le scarpe di Salvatore, una scarpa di Ciccio e la t-shirt di Salvatore. A terra c'era il giubbottino verde di Ciccio che indossava la magliettina. Mentre Salvatore aveva la felpa arancione ed era senza scarpe e senza t-shirt". La causa delle due morti potrebbe essere stata un assideramento ma questo sarà l'autopsia a stabilirlo.




"Salvatore si trovava in direzione di un filo di luce - ha aggiunto l'avvocato Aliani - forse per riscaldarsi o per farsi notare da eventuali soccorritori". Questo induce la Aliani a ipotizzare che la caduta sia avvenuta di giorno. Una considerazione che è anche frutto di una deduzione logica. "Non si va a giocare a nascondino di notte in un posto così", ha detto. "Alla base del davanzale - ha concluso - ci sono alcuni tufi uno sopra l'altro. Inoltre ci sono graffi su un muro, forse il segno del tentativo di risalire fatto da uno dei due fratellini", probabilmente da Salvatore.



Nel cunicolo fatale, e poi nella cisterna, "prima sarebbe caduto Ciccio, il fratello più grande, che sembra avere una frattura alla gamba sinistra; poi vi è finito Salvatore, forse nel tentativo di soccorrerlo". Quest'ultimo potrebbe essere sceso, utilizzando delle rientranze nella muratura del cunicolo. È la ricostruzione fatta con i giornalisti, stamane nella sede della Procura della Repubblica del Tribunale di Bari, dall'avvocato Angela Aliani, legale del padre dei fratellini, Francesco e Salvatore Pappalardi, ritrovati morti, dopo oltre un anno e mezzo, a Gravina in Puglia.




È stato grazie a un varco creato dai Vigili del fuoco e dalla Polizia, che ieri il legale ha potuto visionare il luogo del ritrovamento dei cadaveri. Dalla posizione dei due corpi e da altri elementi, si capirebbe che i ragazzini erano vivi al momento della caduta. Secondo questa ipotesi, i ragazzini, la sera del 5 giugno del 2006, mentre giocavano, sarebbero entrati nell'edificio, all'inizio scendendo di un piano rispetto al livello stradale.




Poi avrebbero risalito l'edificio, dopo aver attraversato una porta, finendo su un pianerottolo. Di qui avrebbero salito 5 gradini, al termine dei quali c'era il precipizio e cioè l'apertura dell'antico pozzo, profondo una ventina di metri che finisce in una fossa a fianco della quale c'è un'ampia cisterna. È in questo pozzo che sarebbero caduti o sarebbero stati spinti i due ragazzini. Che Ciccio possa aver riportato una frattura lo si intuisce, come riferito dall'avvocato, "dal fatto che, accanto al cadavere, sono stati trovati alcuni ossicini".



IL RICONOSCIMENTO



Mamma Rosa ha riconosciuto Ciccio e Tore, i suoi due figli. I resti incartapecoriti ritrovati in fondo al pozzo del casolare abbandonato sono loro. "Non voglio parlare, capitemi", ha detto la donna dopo la terribile prova.


E intanto la difesa dell'ex marito Filippo Pappalardi, detenuto da novembre con l'accusa di averli uccisi lui, ha presentato istanza di scarcerazione, forte dei primi risultati necroscopici secondo cui i ragazzini nel pozzo sono rimasti vivi per un certo tempo. Disgrazia dunque, non omicidio.
Mancanza di indizi.


L'avvocato Angela Aliani ha inoltre confermato che Salvatore Pappalardi, aveva una gamba rotta "ma non sappiamo cosa è successo". Per il legale "tra le 19 e le 20 di quel 5 giugno 2006 forse c'era ancora luce, si possono pensare varie cose, ma non sappiamo". "Una testimone sostiene di averli visti mentre andavano da quelle parti; per me la via al pozzo potrebbe essere tranquillamente un'altra, forse sono arrivati con degli amichetti".


Sarà l'autopsia a sciogliere tutti i dubbi. L'esame, affidato ai medici legali Francesco Introna e Vito Romano, comincerà oggi pomeriggio e si preannuncia particolarmente complesso visto lo stato dei due corpicini. «I quesiti sono molteplici e complessi - ha detto Introna - bisogna accertare l'epoca della morte, la causa e cosa l'ha determinata, il periodo di eventuale sopravvivenza. Oggi pomeriggio iniziamo gli accertamenti ed abbiamo trenta giorni per rispondere e in questi cadenzeremo tutti gli accertamenti necessari.



L'autopsia sarà una tappa degli accertamenti, faremo poi gli accertamenti radiologici e successivamente una risonanza per cercare di ricostruire le salme tridimensionalmente. Faremo quindi gli accertamenti di laboratorio. Al termine di tutti gli accertamenti avremo un'idea più chiara - ha concluso - adesso qualunque cosa dicessi non sarebbe una risposta peritale ed io non ho il vizio di sparare sentenze. Ho bisogno di fare gli accertamenti tecnici e di poter motivare in un qualsiasi dibattimento tutto quello che accerterò».


Ai giornalisti che gli hanno chiesto come mai il procuratore Emilio Marzano abbia parlato di possibile lunga agonia e di morte per fame e freddo, Introna ha risposto di non poter dire nulla in merito non avendo elementi. «Il procuratore - ha aggiunto - era presente a tutte le indagini svolte in sede di sopralluogo e avrà avuto questa sensazione».



ENTRAMBI CON LE GAMBE SPEZZATE

Secondo l'avvocato Angela Agliani, che difende Salvatore Pappalardi, il padre di Ciccio e Tore, i due fratellini ritrovati l'altro ieri in un pozzo nel centro di Gravina di Puglia avevano entrambi le gambe spezzate. Francesco è stato ritrovato a quindici metri dall'entrata del cunicolo, accanto a lui una felpa di colore arancione. Poco vicino all'imboccatura c'era Salvatore, il più grande dei fratelli Pappalardi. Secondo la tesi del legale difensore, i due bambini sarebbero caduti all'interno del pozzo quando ancora era giorno, tant'è che Salvatore ha cercato di avvicinarsi nell'unico spiraglio di luce che arrivava giù in fondo alla cisterna.


"Un buio tetro, terribile, da aver paura", così ha descritto la grande cisterna di circa 15 metri, l'avvocato Angela Agliani, che oggi alle 14.30 si recherà all'Istituto di medicina legale, per assistere all'interrogatorio di Maria Ricupero, la convivente di Filippo Pappalardi, che dovrà riferire ai medici legali, al perito di parte, professor Luigi Strada, dell'Università di Bari, alla presenza del pm Antonino Lupo, cosa Ciccio e Tore avevano mangiato quel pomeriggio prima di uscire di casa, com'erano vestiti, se soffrivano di malformazioni.



Stesse informazioni che dovrà rendere anche Filippo Pappalardi. Intanto, si è scoperto che i due bambini nei giorni precedenti la scomparsa avevano 'marinato' la scuola. Una partita, quella che si gioca alla ricerca dei colpevoli, ancora tutta aperta e combattuta a colpi di fioretto e sciabola davanti ai magistrati della Procura barese.




LO SVENIMENTO

All'istituto di medicina legale è giunta in mattinata anche Maria Ricupero, la compagna del padre dei fratellini di Gravina. La donna è svenuta all'uscita, pare anche a causa della ressa di giornalisti e telecamere. Dopo il lieve mancamento è stata fatta salire su un'automobile del Policlinico insieme con degli infermieri.



L'AUTOPSIA

Inizieranno nel pomeriggio, intorno alle 16, all'istituto di medicina legale di Bari le attività preliminari all'autopsia dei corpi di Francesco e Salvatore Pappalardi, i due fratellini di Gravina in Puglia scomparsi il 5 giugno di due anni fa. I medici legali incaricati dalla Procura sono il professor Francesco Introna e il dottor Vito Romano.
I resti sono stati già ispezionati per un rapido esame dai due periti della Procura ieri mattina prima delle operazioni di recupero nella cisterna dove sono stati trovati a Gravina in Puglia.


Da un primo esame, secondo quanto detto ieri dal procuratore di Bari, Emilio Marzano, i due bambini potrebbero avere avuto una morte orribile perchè avrebbero patito in agonia il freddo, la fame e la sete. Sarà l'autopsia a dover confermare questi timori e a dare ulteriori elementi di chiarezza su quello che è accaduto ai due fratellini, soprattutto ai fini delle indagini.




ISTANZA DI SCARCERAZIONE

L'avvocato Angela Aliani - legale di Filippo Pappalardo - ha presentato istanza di scarcerazione per il padre dei due bambini di Gravina. l'uomo, 41 anni, è in carcere dal 27 novembre con l'accusa di duplice omicidio.





ESAMI ENTRO UN MESE

Il medico legale incaricato oggi di svolgere gli esami autoptici sui corpi di Ciccio e Tore Pappalardi annuncia che ha trenta giorni di tempo per consegnare ai giudici la sua relazione.
Questa mattina in Procura il dottor Introna dice ai giornalisti: "Faremo tutti gli accertamenti secondo una precisa cadenza, tra trenta giorni la relazione. Qualunque cosa dicessi adesso non avrebbe alcun valore". Il medico legale ha confermato che la signora Rosa Carlucci questa mattina ha riconosciuto i corpi dei due ragazzi.

Oggi pomeriggio potrà farlo anche la signora Maria Ricupero, convivente di Filippo Pappalardi, che questa mattina era stata colta da un lieve malore al Policlinico.



LUTTO CITTADINO

Gravina si prepara al lutto cittadino per i funerali di Ciccio e Tore. "Abbiamo già predisposto il lutto cittadino per il giorno dei funerali. Se arriverà l`autorizzazione dei familiari ci siamo resi disponibili per dare un`adeguata sepoltura a questi bambini", ha dichiarato il sindaco di Gravina, Rino Vendola, ai microfoni di Radio R101, confermando la disponibilità del comune a farsi carico delle esequie.


"In consiglio comunale - ha aggiunto il sindaco - proporremo poi un encomio al vigile del fuoco che ha salvato il piccolo Michele e individuato i resti dei fratellini in fondo alla cisterna dove era caduto il ragazzino". Ma il sindaco non vuole entrare nel merito delle polemiche sulle ricerche di Ciccio e Tore al momento della loro scomparsa.



"A me risulta che l`area abbandonata dove sono stati trovati i fratellini era stata ispezionata - si limita a dire il sindaco - perché gli uomini che svolgevano i controlli mettevano una croce sui luoghi in cui erano già passati".
"La vicenda - conclude Vendola - mi ha colpito profondamente. Non ci sono parole. E` una storia tristissima. L`immagine di uno dei due bambini con il pollice in bocca, in posizione fetale, che ha atteso la morte, e` un`immagine straziante, che mi rimarrà impressa per tutta la vita".
Quotidiano.net 28 febbraio 2008

Fratellini Gravina, parla la mamma: "Hanno sofferto anche da vivi"

Di Wildgreta

E' terribile ciò che dice la mamma dei fratellini alla cronista di Rai 2. Ha appena effettuato il riconoscimento dei suoi due bambini, la signora Rosa, e sembra impietrita, annichilita dal dolore. Ripete che la sua vita è finita e poi, quando la cronista le chiede di quella morte,aggiunge questa terribile frase:"Hanno sofferto anche da vivi". In studio, un giornalista che ha seguito il caso sin dall'inizio, ci ricorda che Ciccio e Tore non volevano vivere con il padre. Uno dei due bambini camminava male perchè il padre gli aveva rotto un ginocchio a botte. Racconta di violenze di ogni tipo, subite dal padre. Da quel padre a cui loro erano stati affidati. Dice che loro avrebbero voluto stare con la mamma, ma che il tribunale glieli aveva tolti. Fuggivano sempre, Ciccio e Tore, come dice qualcuno in studio, fuggivano dalla loro stessa vita.
Spero che tutte le persone che hanno avuto un ruolo in questa vicenda, si sentano in dovere di rispondere ai tanti perchè rimasti sospesi in un limbo fino a due giorni fa, quando in quella cisterna, si sono spente tutte le speranze della mamma di Francesco e Salvatore. Là sotto è rimasta anche una parte di noi, e se qualcuno ha delle responsabilità, è giusto che lo sappiano tutti.
28 febbraio 2008

BARI: LEGALE PADRE, 15 METRI DISTANZA TRA CORPI FRATELLINI

Cronaca

Bari, 27 feb. (Adnkronos) - ''I corpi di Ciccio e Tore sono stati trovati a distanza di 15 metri l'uno dall'altro''. E' quanto ha riferito ai giornalisti l'avvocato Angela Aliani, legale del padre dei due fratellini di Gravina in Puglia, in provincia di Bari, descrivendo quanto ha visto ieri nella cisterna all'interno della quale sono stati trovati i corpi dei ragazzini. ''Il corpo di Ciccio - ha affermato - era a mezzo metro da un varco che collega la fossa del pozzo alla cisterna''. Probabilmente il ragazzo si e' trascinato per alcuni metri, a causa di una frattura oppure e' stato trascinato dal fratello. Quest'ultimo, Salvatore, sarebbe entrato nella cisterna. Il suo corpo e' stato trovato a 15 metri da Ciccio ''sotto una specie di davanzale alto 1 metro e mezzo sul quale erano appoggiate entrambe le scarpe di Salvatore, una scarpa di Ciccio e la t-shirt di Salvatore. A terra c'era il giubbottino verde di Ciccio che indossava la magliettina. Mentre Salvatore aveva la felpa arancione ed era senza scarpe e senza t-shirt''. La causa delle due morti potrebbe essere stata un assideramento ma questo sara' l'autopsia a stabilirlo. ''Salvatore si trovava in direzione di un filo di luce - ha aggiunto l'avvocato Aliani - forse per riscaldarsi o per farsi notare da eventuali soccorritori''. Questo induce la Aliani a ipotizzare che la caduta sia avvenuta di giorno. Una considerazione che e' anche frutto di una deduzione logica. ''Non si va a giocare a nascondino di notte in un posto cosi''', ha detto. ''Alla base del davanzale - ha concluso - ci sono alcuni tufi uno sopra l'altro. Inoltre ci sono graffi su un muro, forse il segno del tentativo di risalire fatto da uno dei due fratellini'', probabilmente da Salvatore. ( Pas /Col/Adnkronos)

27-FEB-08 16:18

"Non possono essere scivolati tutti e due"

La madre: voglio soltanto la verità
E la morte cancella la guerra degli affetti


Li hanno trovati rannicchiati in posizione fetale i due fratelli. Salvatore, il più piccolo, undici anni, con il pollice in bocca, Francesco, pochi metri più in là, con le mani giunte chiuse tra le gambe, gesto istintivo di quando si vuole trovare conforto dal freddo. Forse è stato lui il primo a morire sotto gli occhi del fratellino. Salvatore si è tolto le scarpe e le ha messe su un muretto vicino a quelle di Ciccio. Poi si è tolto la maglietta. Piccoli gesti in una lunga agonia, a cui oggi è impossibile dare un significato. «E’ stata una morte orribile», ha detto il procuratore Lucio Marzano.

Freddo e fame che hanno avvolto nel buio Ciccio e Tore dopo la caduta in quel pozzo fondo 25 metri dentro le mura di una masseria del Settecento ormai diroccata.

Delitto o incidente? Gli inquirenti sospendono il giudizio e lasciano spazio alle lacrime delle famiglie, di tutto un paese in lutto. Applaudono quando le bare bianche escono dalla casa delle cento stanze, come i ragazzi chiamano questa vecchia costruzione sinistra. Le anziane avvolte nei loro abiti neri sgranano il rosario, i ragazzini si tolgono il berretto e recitano una Ave Maria. Rosa non c’è. Non le hanno permesso di venire. Ha girato per il paese, in un pellegrinaggio dolente, nei luoghi in cui era stata tante volte con i figli e dove per tanto tempo ha continuato a cercarli.

Avrebbero chiesto aiuto
«Oggi sono morta anche io, tutte le mie speranze se ne sono andate», ha ripetuto come in una litania. «Sono convinta dalle fotografie che ho visto per tutta la notte che questi corpicini in fondo al pozzo sono quelli dei miei figli». E’ difficile, però, credere all’incidente: «Io capisco che uno dei due possa essere scivolato. Ma l’altro? Sicuramente avrebbe chiesto aiuto, non gli sarebbe andato dietro».

Una giornata scandita dalla disperazione ma anche dai dubbi, da quel «forse» sempre più forte, messo davanti alla colpevolezza dell’ex marito che dal carcere la accusa: «Mi hai rovinato». «Lascio che sia la polizia scientifica a dire quello è successo», dice Rosa consigliata dall’avvocato. Non è più il tempo dello scontro. Racconta di un sogno fatto più volte nei primi giorni dopo la scomparsa dei suoi figli: «Vedevo Tore che giocava con gli amichetti sui tetti, saltando da una parte all’altra e poi scompariva in un buco nero. Era solo, però, senza il fratello». Una visione ripetutasi un anno fa: «Mio figlio Salvatore era giù in fondo a un pozzo».

Quando le portano il foglio che la invita al riconoscimento dei corpi all’obitorio di Bari, Rosa sembra in trance. Abbassa gli occhi - «finalmente potrò vederli» - e non pensa ad altro. Le hanno spiegato che ormai Ciccio e Tore sono leggeri come «carta velina», «si girano con una mano», spiega il questore Enzo Speranza, mummificati dalla lunga permanenza in quel luogo umido ma aerato.

Da me stavano bene
Lei non ascolta. Li vuole rivedere e sfogare il suo dolore. «Niente potrà essere peggio di quello che ho vissuto fino ad ora. Solo io, la loro mamma, posso capirlo». E nel rivendicare il suo ruolo, il suo amore, Rosa risponde a Maria Ricupero, la nuova compagna di Filippo Pappalardi, che ha detto ieri agli investigatori: «Sono io la vera madre di quei bambini». Una guerra di affetti che ha portato Ciccio e Tore a scappare più volte da casa e alla fine, forse, anche alla morte. «Nella nostra casa stavano bene, non gli mancava niente», continua a spiegare con orgoglio questa donna bionda e minuta così diversa da Rosa.

Arrivano davanti a quella che è stata per quasi due anni la tomba di Salvatore e Francesco i compagni di classe, le maestre, gli amici di piazza Quattro Fontane dove si riunivano tutti in comitiva, e dove un bambino dice di averli visti salire sull’auto del padre la sera della scomparsa. Le lacrime solcano i visi di questi adolescenti con il bomber e il gel nei capelli. Qualcuno porta un fiore e cerca di oltrepassare il muro degli agenti e dei carabinieri che sbarrano il passo a chiunque.

Quando esce il medico legale, Vito Romano, ha gli occhi lucidi. Abbassa gli occhi e non parla, come l’avvocatessa di Filippo Pappalardi, Angela Aliani. Dopo alcune ore passate in quella stanza segreta alla base del pozzo dove sono finiti i due bambini, ha il viso stravolto: «Chi non lo avrebbe?».

Una piazza per loro
«Non dimenticherò mai questa storia», dice il sindaco Rino Vendola che era andato anche in Romania per pregare il capo della polizia di aiutarli nelle ricerche.

«Era già terribile prima, ma adesso che si sa che hanno fatto una fine terribile, è veramente insopportabile». Sarà lui a occuparsi del funerale, appena il magistrato darà il permesso, e di far costruire una tomba a Ciccio e Tore, «che sono diventati degli angeli». «E proprio pensando a loro - continua Vendola - ho inaugurato la «piazza dei ragazzi Santi» nel cuore di Gravina. La piazza di Ciccio e Tore.

La Stampa 28 febbraio 2008

GRAVINA: LEGALE PAPPALARDI, SALVATORE HA UNA GAMBA ROTTA

Il difensore di Filippo Pappalardi, Angela Aliani, parlando con i giornalisti a palazzo di giustizia ha confermato che Salvatore Pappalardi, uno dei fratellini scoperti nella cisterna di Gravina, aveva una gamba rotta "ma non sappiamo cosa e' successo". Per il legale "tra le 19 e le 20 di quel 5 giugno 2006 forse c'era ancora luce, si possono pensare varie cose, ma non sappiamo". "Una testimone sostiene di averli visti mentre andavano da quelle parti (il complesso abbandonato di antiche abitazioni di via della Consolazione, ndr); per me - ha concluso il legale - la via al pozzo potrebbe essere tranquillamente un'altra, forse sono arrivati con degli amichetti. Ho presentato istanza di scarcerazione per Filippo Pappalardi perche' non ci sono indizi". (AGI) - Bari, 27 feb. -

La mamma riconosce Ciccio e Tore

Malore per la compagna del padre

BARI - E' durata circa mezz'ora la visita di Rosa Carlucci nell'Istituto di medicina legale del Policlinico di Bari. Si è dovuta sottoporre al doloroso compito di riconoscere i corpi di Ciccio e Tore, i due figli recuperati ieri dal fondo di una cisterna nel centro di Gravina di Puglia. Concluso il riconoscimento, la donna è stata fatta uscire da un accesso secondario all'Istituto per evitare i giornalisti e le telecamere che l'aspettavano fuori.

Si sente "male, male, molto male", ha detto l'avvocato Domenico Molfetta che assiste la donna. Stamani è previsto il conferimento degli incarichi ai periti che assisteranno all'autopsia sui corpi dei fratellini.

Pochi minuti dopo è arrivata anche Maria Ricupero la compagna di Filippo Pappalardi, il padre dei due bambini che è attualmente in carcere con l'accusa di omicidio. La donna è svenuta all'uscita dall'Istituto di medicina legale, mentre cercava inutilmente di sottrarsi all'assedio di giornalisti e telecamere. Mentre la polizia tentava di proteggerla e di accompagnarla alla sua automobile, la donna è caduta per terra in uno dei vialetti dell'ospedale. Subito dopo è stata fatta salire su un'automobile del Policlinico insieme con degli infermieri.

(La Repubblica 27-02-2008)

martedì 26 febbraio 2008

Erba, Frigerio: "Ricordo Olindo che mi tagliava la gola"

Nel Tribunale di Como è in corso l’udienza numero 8 del processo di Erba. Gli imputati, Olindo e Rosa Bacci, aggredirono e uccisero un’intera famiglia. A parlare i Tribunale questa volta è stato Mario Frigerio il quale ha detto: "Ho visto il gesto di Olindo che mi tagliava la gola". E’ lui l’unico sopravvissuto del massacro, e lo stesso ha visto morire la moglie Valeria Cherubini, commosso parla in sede processuale e afferma: ''Ho come una fotografia, me lo ricorderò fino a quando camperò. Mi guardava con due occhi da assassino".




L’11 dicembre del 2006 insieme alla moglie si era recato all'appartamento di Raffaella Castagna, vittime insieme al figlio Youssef e la nonna del piccolo Paola Galli, attirati da un urlo e dal fumo che usciva dall'abitazione. ''Sentimmo delle urla, un urlo di sofferenza - racconta Frigerio -. Poi il silenzio assoluto''. "Scendemmo e la porta dell’appartamento della signora Castagna si aprì ed apparve una persona: era il mio vicino di casa, ho riconosciuto subito che era lui - prosegue - Mi sembrò di vedere due persone, ma l'altra non posso giurare che fosse la moglie''.



Giunto sul posto, Frigerio venne trascinato nell’appartamento, Olindo lo prese per il collo e lo colpì forte allo zigomo destro. A cavalcioni su di lui gli impossibilitava qualsiasi movimento. Lo picchiava ovunque, neanche fosse una bestia, e gli arrecava dolore presso qualsiasi parte del corpo. Nonostante le urla della moglie di Frigerio, Olindo estrasse un coltello e lo colpì. Quando arrivarono i soccorsi e lungo il tragitto sperava che la moglie fosse viva. “Pensavo fosse un brutto sogno invece era la realtà”.



Tutta questa crudeltà, questa sofferenza inorridisce soprattutto se si pensa a quanto, dalla cella, Olindo a detto: "Ammazzare non è poi così male, lo rifarei".



Sabrina Schilardi Barimia 26 febbraio 2008

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