domenica 14 marzo 2010

VIA POMA,GABRIELLA CARLIZZI: CHI HA "SUICIDATO" VANACORE?

DELITTO DI VIA POMA: VANACORE SUICIDA? IMPROBABILE…
PIU’ VEROSIMILE PENSARE CHE SIA STATO “SUICIDATO”…
ESATTAMENTE COME SI ERA IPOTIZZATO GIA’ NEL 1995 QUANDO L’INCHIESTA COORDINATA DALL’ALLORA PROCURATORE AGGIUNTO ITALO ORMANNI E DAL SOSTITUTO SETTEMBRINO NEBBIOSO IMBOCCO’ LA DIREZIONE GIUSTA, DIREZIONE DI CUI INCOMPRENSIBILMENTE SI PERSERO LE TRACCE.
CHE FINE HANNO FATTO I RISULTAI DELLE INDAGINI CUI APPRODARONO, BENCHE’ ASSAI INQUIETANTI, I DUE MAGISTRATI? ANCHE ALL’EPOCA SI DISSE CHE SE CI FOSSE STATO UN PROCESSO, VANACORE NON LO AVREBBERO FATTO ARRIVARE VIVO! E LA MORTE DELL’EX PORTIERE NON E’ L’UNICA IN QUESTO SCENARIO DI SANGUE AD ESIGERE CHIAREZZA.
NELL’AGOSTO DEL 2006, QUANDO ORMAI SI DAVA PER CERTO CHE UN PROCESSO CI SAREBBE STATO, SEPPURE A CARICO DI UN IMPUTATO CHE MOLTI, NOI COMPRESI, CREDONO INNOCENTE, MORI’ MISTERIOSAMENTE ALDO CONCHIONE. COSTUI, GIA’ FUNZIONARIO DEI SERVIZI SEGRETI, SOTTO LA COPERTURA DI GIORNALISTA ED EDITORE, PUBBLICO’ IL LIBRO “IO, VIA POMA E…. SIMONETTA” IL CUI AUTORE, SALVATORE VOLPONI FU IL DATORE DI LAVORO DELLA VITTIMA.
OGGI CONCHIONE SAREBBE STATO UN TESTIMONE CHIAVE… FORSE QUALCOSA DI PIU’ POTREBBE EMERGERE DALLA EVENTUALE RIESUMAZIONE DEL SUO CADAVERE…

Per coloro che sono stati a vario titolo parte di questa inchiesta è difficile credere che Pietrino Vanacore si sia suicidato.
Basti pensare che non era stupido, tutt’altro, e ben sapeva che un gesto estremo avrebbe complicato ancora di più la vita ai suoi familiari, a suo figlio, destando nuovi ed inquietanti sospetti, proprio ciò che cercava di evitare e di cui si lamentava.

Resta il fatto che la figura di Vanacore ed eventuali ruoli nella vicenda esigono ora più che mai assoluta chiarezza, anche se chi scrive è ben consapevole che l’impianto accusatorio a carico di Raniero Busco si indebolirà per far posto ad una verità che si è cercato di ostacolare per vent’anni.

E’ pur vero che i tempi sono cambiati e ciò che negli anni novanta poteva apparire destabilizzante delle Istituzioni, oggi si inserirebbe in un quadro politico ove assistiamo a continui e legittimati comportamenti destabilizzanti anche ad opera di chi dovrebbe garantire ai cittadini ben altro.
Non vi è giorno in cui manchino vergognosi attacchi alla Magistratura, minacciata da ogni pulpito pubblico, al contrario di metodi diversi che si adottarono nel caso del delitto di via Poma, al solo fine di vanificare anni di indagini a dir poco “scottanti” che con onestà e coraggio Ormanni e Settembrino Nebbioso avevano portato avanti fino a quando….

Già, anche loro sembra trovarono un ostacolo più grande di un macigno.

Esattamente come accade in questi giorni per alcune inchieste giudiziarie in corso, girò voce che la magistratura nell’intercettare un personaggio sospettato di aver depistato le indagini, incappò in una conversazione telefonica tra questo personaggio e un “intoccabile istituzionale”, proprio mentre discutevano sulle conseguenze che sarebbero scaturite a seguito della perquisizione disposta dagli inquirenti presso la Bnl di Piazza Fiume ove furono finalmente trovate alcune cassette di sicurezza…
Che fare?
Procedere a carico del personaggio sospettato a quel punto significava chiamare in causa chi, per la carica che all’epoca ricopriva, poteva veramente destabilizzare nei cittadini il rispetto e la fiducia verso le Istituzioni.
E poi spesso i Pubblici Ministeri non sono assecondati dai loro superiori.
Le indagini a quel punto si arenarono, ma qualcuno onde seppellire definitivamente l’inchiesta pensò bene di affidare ad Ormanni un caso altrettanto risonante come l’uccisione della studentessa Marta Russo, provvedendo anche ad una “trappola” capace al momento giusto di screditare la Pubblica Accusa.
E chi non ricorda di quel processo, ciò che provocò la scoperta del famoso video-shock della teste Gabriella Alletto?

E come sistemare il Sostituto Settembrino Nebbioso?
Un Magistrato che era stato capace di arrivare al bandolo della matassa del “giallo di via Poma”, meritava ben altra carica….
Ed eccolo promosso fino a Capo di Gabinetto del Ministero della Giustizia.

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giovedì 11 marzo 2010

La giornalista sposa il mostro: «L’ho amato da sempre»

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di Patricia Tagliaferri

Roma Alla fine lo hanno trovato, andandolo a scovare tra le associazione di volontariato e dopo un inutile appello ai Tg alla vigilia della cerimonia, il quarto testimione che mancava all’appello. E ieri, alla fine, l’improbabile matrimonio tra la giornalista Donatella Papi, che mesi fa aveva annunciato pubblicamente il suo amore, e il massacratore del Circeo Angelo Izzo, è stato celebrato.

Luogo delle nozze: il carcere di Viterbo, dove lui sta scontando due ergastoli per l’omicidio di Rosaria Lopez, seviziata e uccisa nel 1975 in una villetta del Circeo e per quello di Maria Carmela Linciano e di sua figlia Valentina Maiorano, di 14 anni, eliminate e sepolte nel giardino di un’abitazione di Ferrazzano, in provincia di Campobasso, nel 2005, mentre Izzo era in semilibertà.

Un passato da brivido, dunque, che pare non aver turbato affatto la neosposa, convinta più che mai del grande passo. «Ho sposato l’uomo che amavo da sempre - ha commentato la Papi uscendo dal penitenziario - e lui ha detto sì alla donna che lo aspettava da tutta una vita. È stato un vero matrimonio d’amore». Una cerimonia intima. C’erano solo i due sposi, i quattro testimoni trovati a fatica dopo molti rifiuti, un pubblico ufficiale dell’ufficio Stato civile, il direttore generale del Comune di Velletri e il direttore del carcere, Claudio Picardi. Nessun parente di marito e moglie, assenti anche i difensori di Izzo. L’atmosfera era comunque quella del grande evento.

Lei si era fatta bella per l’ormai marito-ergastolano. Aveva i capelli biondi raccolti sulla nuca e indossava un abito di seta rosa cipria e un soprabito bianco, scarpe decoltè nere e borsa in tinta. «Sono una sposa serena - ha assicurato ai giornalisti che assediavano l’uscita del carcere -. Non ho paura, non abbiamo fatto nulla di male». Donatella Papi ha ringraziato tutti coloro che le hanno consentito di coronare il suo sogno d’amore e ha raccontato di quando conobbe Izzo giovanissima, oltre 35 anni fa, nel quartiere dove entrambi abitavano. «Angelo è un uomo con un enorme patrimonio spirituale - ha detto - è dotato di un autentico codice sentimentale. Ha alle spalle una grave situazione, ma non per questo non ha il diritto di sposarsi». Lei era e resta convinta dell’innocenza dell’uomo al quale ha detto sì, lui, accusato di crimini orrendi, è stato comunque ritenuto capace di intendere e di volere dai giudici. Un matrimonio che ha lasciato perplessi un po’ tutti. «Mi sorella direbbe “povera Papi, la farà fuori sicuramente”.

E non ci sono dubbi, ma del resto ognuno sceglie come morire e lei evidentemente vuole morire tra le braccia di Izzo. A meno che non lo uccida lei per difendersi», commenta Letizia Lopez, sorella di Rosaria, vittima del massacro del Circeo. «Non posso intromettermi nelle decisioni private - dice l’avvocato Filomena Russo, che assiste il detenuto - certo ho le mie riserve, che sono di carattere strettamente professionale. Di fronte a questa vicenda mi pongo come spettatrice. Credo nei buoni propositi della moglie che ha ritenuto di sposarsi con una persona come Izzo, ma forse dietro a questo matrimonio potrebbero esserci altre motivazioni che al momento ci sfuggono». «Pensiamo alle cose serie», taglia invece corto Stefano Chiriatti, legale di alcuni familiari delle vittime.
il giornale 11 marzo 2010

Angelo Izzo si è sposato. Letizia Lopez: "Temo per la moglie"


Angelo Izzo ha sposato la giornalista Donatella Papi nel carcere di Velletri. "Sono felice di iniziare una nuova vita con Donatella, questo è per me un importante momento di cambiamento" dice lo sposo al suo avvocato, Filomena Fusco. Ma sono ben pochi i sorrisi che accompagnano il "sì" dell'autore del terribile massacro del Circeo, macchiatosi ancora di sangue nell'aprile 2005, quando in regime di semi-libertà uccise in una villetta di Ferrazzano (Campobasso) Maria Carmela Linciano e sua figlia Valentina Maiorano, 14 anni, seppellendo i corpi nel giardino dell'abitazione.

Auguri all'arsenico all'indirizzo degli sposi giungono da Letizia Lopez, sorella di Rosaria, seviziata a morte da Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira nella villetta del Circeo a metà anni Settanta, quando la sola Donatella Colasanti si salvò fingendosi morta. "Mia sorella direbbe: povera Papi la farà fuori sicuramente. E non ci sono dubbi, ma del resto ognuno sceglie come morire e lei evidentemente vuole morire tra le braccia di Izzo. A meno che non lo uccida lei per difendersi”.

"Che oggi si siano sposati non mi interessa nulla – prosegue Letizia Lopez - chiunque è padrone della propria vita. Ma la Papi non deve offendere le vittime che non si possono più difendere: mia sorella, Donatella, Maria Carmela e Valentina. La Papi non può permettersi di dire che Izzo è innocente. Ci sono stati dei processi, è stato condannato e lui ha anche ammesso di averle uccise. Quindi la Papi non può dire cose false, fantasiose e soprattutto vergognose".

"Sono seriamente preoccupata per il figlio della Papi – conclude la Lopez -. Spero che il padre protegga questo giovane da Izzo, anche perchè la Papi sembra una persona malata. Se si osservano con attenzione, Izzo e Papi si somigliano, sembrano fratello e sorella. Speriamo che stavolta sia una donna ad ammazzare Izzo. Ma io non voglio che muoia, io voglio che soffra, come me, su questa terra".

Nel giorno delle nozze, Donatella Papi distribuisce parole di felicità che allontanano l'incubo paventato da Letizia Lopez. "Ho sposato l'uomo che amavo da sempre – dice la giornalista -. Lui ha detto sì alla donna che lo aspettava da tutta una vita. E' stato un vero matrimonio d'amore". Capelli biondi raccolti sulla nuca, la Papi ha indossato per l'occasione un abito di seta rosa cipria e un soprabito bianco, scarpe decoltè nere e borsa in tinta. Da adesso potrà vedere suo marito secondo orari prestabiliti, ma è pronta a chiedere una vita migliore.

"Con Angelo ci siamo conosciuti giovanissimi, oltre 35 anni fa – ricorda la giornalista -, abitavamo nello stesso quartiere. Angelo è uomo con un enorme patrimonio spirituale, è dotato di un autentico codice sentimentale, che ha alle spalle una grave situazione, ma non per questo non ha il diritto di sposarsi. In Italia oggi ci sono tanti detenuti che seguono lunghi cammini di riabilitazione. Dobbiamo assicurare loro il diritto a vivere bene, se vogliamo una società più sicura...".

Al clima di festa non si unisce il legale Filomena Fusco, che si è rifiutata di fare da testimone al rito e non nasconde tutte le sue perplessità sul matrimonio del suo assistito. "Izzo di fronte alla legge è una persona capace di intendere e di volere, quindi può anche contrarre matrimonio – dice l’avvocato -. Io però ho le mie riserve in merito e in passato ci siamo battuti perché venisse accertato il suo stato di salute”. Quanto al legame tra Izzo e la moglie, l'avvocato dice di non conoscere “le vere motivazioni della Papi, non posso escludere si tratti di un gesto umanitario, di una persona che vuole stare dalla parte degli ultimi. Ma possono esserci altre ragioni che in questo momenti mi sfuggono o che mi voglio far sfuggire".
(10 marzo 2010)

CANDIDATI IDV LAZIO 2010

lunedì 1 marzo 2010
ELEZIONI REGIONALI LAZIO: LISTA CANDIDATI IDV (DEFINITIVA)
CANDIDATI IDV ROMA E PROVINCIA


ALOISI GIULIO Roma (RM)

BALSAMO GIANCARLO Roma (RM) www.giancarlobalsamo.it

BOZHINOVA EMILIA Sofia (Bulgaria)

BUCCI CLAUDIO Roma (RM) www.claudiobucci.it

CAPELLI LUISA Roma (RM) www.luisacapelli.eu

CARERI ROSARIO Napoli (NA)

CARNEVALE MIRIAM Roma (RM)

COLAGROSSI GIOVANNI LORETO detto GIANNI S. Gregorio Da Sassola (RM)

CUTOLO CLAUDIO Roma (RM)

DAL PONT LUCIA Roma (RM)

DE LUCA MARIO DANY Casalciprano (CB)

DI GIACOBBE ANNA Montopoli di Sabina (RI)

www.annadigiacobbe.it

DI GIOIA MASSIMILIANO Roma (RM)

DI VINCENZO ROBERTO Roma (RM)

FRATI FABIO MASSIMO Roma (RM)

GALIOTTO CARLO Roma (RM) facebook

GALLONE FERNANDO Berlino (Germania)

GIUNTA VITTORIO Palermo (PA)

IOVINE DAMIANO Roma (RM)

LEONETTI SABATINO Crognaleto (TE) www.sabatinoleonetti.it

LERICI ROBERTA Milano (MI) email roberta.lerici@yahoo.it- sito internet www.bambinicoraggiosi.com - roberta lerici su facebook- idv infanzia

LORENZETTI MASSIMO Roma (RM) www.lorenzettimassimo.it

MARANELLA STEFANO Cermignato (TE)

MARUCCIO VINCENZO Vibo Valentia (VV) www.maruccio.net

MASTRANTONIO ROBERTO Roma (RM)

MIOTTO ALESSANDRO Roma (RM)

MOLINARO MAURIZIO Ancona (AN)

MONTI SERENETTA Roma (RM) www.serenettamonti.it

MORANTE LUCIA Grosseto (GR)

OGGIANO CATERINA Roma (RM)

PAGANELLI VENANZO Camerino (MC)

PANTANO FRANCESCO PAOLO Ricadi (CZ)

REA ROMOLO Arpino (FR)

RINALDI NEMESIO Trasacco (AQ)

RODANO GIULIA Roma (RM) www.giuliarodano.eu

ROSA PETRUZZELLI MARIO Monterotondo (RM)

RUBINO GIOIA Trapani (TP) fACEBOOK

SIRACUSA FEDERICO Roma (RM)

SPERA ADRIANA Caracas (Venezuela)

TOLLI TIZIANA Roma (RM

VITA ANGELA Messina (ME)


VITERBO

CAPPONI RITA rita.capponi@fastwebnet.it
ANSELMI GUALDO guansel@yahoo.it
FAUSTO FRANCESCO francesco.fausto@gmail.com

RIETI

CASCIANI SAURO sauro.casciani@libero.it
MATTEI ANNA RITA ar.mattei@provincia.rieti.it


LATINA

DE AMICIS ENZO deamicisenzo@libero.it
CONTE ADELE adeleconte@gmail.com Facebook
FANTONI DANIELA daniela.fantoni@libero.it
MIONI CARLA carlamioni@alice.it
VITO ROMANO bmar.ml@libero.it

FROSINONE

REA ROMOLO presidenza@aterprovinciadiroma.it
BATTISTI FRANCESCO PIO studiotecni.battisti@libero.it
BONAVIRI GIUSEPPINA giuseppinabonaviri@libero.it
GERMANELLI ALDO galdo@libero.it
TEDESCHI ANNA MARIA mada.snc@virgilio.it

martedì 9 marzo 2010

Suicidio Pietrino Vanacore:il giallo di via Poma si riapre


Il suicidio di Pietro Vanacore riapre il mistero sul delitto di via Poma
Si uccide Vanacore, il portiere del delitto Cesaroni. (Foto di archivio Ansa)

9 marzo 2010
Si uccide Vanacore, il portiere del delitto Cesaroni. (Foto di archivio Ansa)
"Dai nostri archivi"
Vent'anni sotto i riflettori, dai sospetti al prosciglimento

Si è suicidato Pietrino Vanacore, l'ex portiere dello stabile di via Poma nel quale fu trovato il corpo di Simonetta Cesaroni. Vanacore si è gettato in acqua in località Torre Ovo, vicino Torricella, in provincia di Taranto, dove risiedeva da anni.

L'addio in due messaggi
Vanacore ha lasciato due messaggi scritti con un pennarello per spiegare con poche parole perché aveva deciso di farla finita: questa mattina è arrivato in auto alla marina di Torricella e prima di lasciarsi annegare ha preso due cartoncini con la stessa scritta «venti anni di sofferenza e sospetti portano al suicidio» sistemandoli uno sul parabrezza e l'altro sul lunotto posteriore della sua vecchia Citroen. Poi si è tolto il giubbotto e ha fissato il capo di una fune ad un albero vicino al mare e l'altro alla caviglia. Così si è lasciato andare in mare annegando. Nessuno ha assistito alla scena, dicono gli investigatori. Ad accorgersi dell'accaduto sono stati due amici che hanno visto la fune e quindi il cadavere, e hanno avvisato i carabinieri.

Retroscena e tappe di una vicenda ancora da chiarire
Pietrino Vanacore avrebbe dovuto deporre venerdì prossimo al processo sull'omicidio di Simonetta Cesaroni che vede ora imputato l'allora fidanzato, Raniero Busco, e nuovamente i suoi occhi di ghiaccio sarebbero stati al centro di domande, supposizioni o, come per anni hanno sostenuto gli inquirenti dell'epoca, «di verità nascoste». Da vent'anni, infatti, il dubbio dominante, è stato quello che lui sia stato quella sera sulla scena del delitto. Si, perché, nonostante fosse stato scagionato definitivamente dalla Cassazione nel '95 dalle trame dell'inchiesta, un filo invisibile e sottile lo ha sempre tenuto legato alla morte di quella ragazza, massacrata con 30 colpi di tagliacarte in una delle stanze dell'ufficio dove lavorava come segretaria.

Un personaggio controverso, Vanacore. Al centro anche di un'altra vicenda giudiziaria, terribile, che lo vide sospettato di abusi in famiglia. Le due figlie lo accusarono di molestie sessuali ripetute. Ma anche in questo caso la legge lo dichiarò non colpevole. Un uomo di poche parole, sempre freddo e controllato. Un uomo che confidava che «prima o poi Dio lo avrebbe tirato fuori dai guai».

Il 10 agosto del 1990, tre giorni dopo il delitto di Simonetta, il portiere diventò il sospettato numero uno dell'inchiesta: fu arrestato con l'accusa di omicidio, anche se il sospetto concreto era che in realtà conoscesse e coprisse il vero assassino. Ma quella sera di agosto del '90 dopo un lungo interrogatorio negli uffici della squadra mobile della questura di Roma, si aprirono per lui le porte del carcere, dove rimase per 20 giorni. Agli investigatori dell'epoca racconta che all'ora dell'omicidio si trovava in un appartamento ad innaffiare fiori, ma nessuno fu in grado di confermare l'alibi.


Vent'anni fra processi, dubbi, proscioglimenti
Alcune macchie poi, trovate sui suoi pantaloni, e che gli inquirenti sospettarono essere il sangue di Simonetta, aggravarono la sua posizione al punto che si ritenne il caso ormai prossimo alla conclusione, ma il test del Dna rimise tutto in discussione. E il 16 giugno 1993 venne prosciolto dal gip Cappiello perché «il fatto non sussiste». La decisione divenne definitiva nel 1995 dopo il ricorso in Cassazione. Ed è proprio dopo questa decisione e l'uscita di scena dalle indagini che Vanacore decise di lasciare Roma e tornare nella sua terra, la Puglia. Ma non fu esattamente così. Di fatto dalla scena di quel delitto non ne uscì mai. Anzi, ne è uscito solo oggi.

Nel 2008, ancora una volta, gli inquirenti della procura di Roma chiamarono in causa Vanacore con la certezza che sapeva qualcosa e che aveva avuto particolari ragioni per non parlarne, non escludendo l'ipotesi che possa essere stata la persona che pulì il luogo del delitto prima della scoperta del cadavere. E la nuova iniziativa penale, culminata in una nuova iscrizione dell'ex custode dello stabile di via Poma nel registro degli indagati con l'accusa di favoreggiamento, era scaturita dalla necessità di recuperare un'agendina nella quale gli inquirenti speravano di trovare elementi utili. Da qui una perquisizione, il 20 ottobre 2008, nella casa di Vanacore a Monacizzo, dove si era stabilito con la moglie, Giuseppina. Gli accertamenti non diedero gli effetti auspicati ed il nuovo capitolo fu chiuso con la richiesta di archiviazione.

Ma, sussurrano oggi alcuni inquirenti, «bisognerebbe non dimenticare alcune bugie dette da Vanacore e non chiarite completamente come quella del testimone che lo avrebbe visto annaffiare le piante o l'affermazione di aver visto il giorno dell'omicidio di Simonetta, un architetto che in realtà si trovava in vacanza in Tunisia, uscire da via Poma con un fagotto
sotto braccio». Bugie o ricordi confusi che da oggi saranno per sempre sepolte insieme agli enigmatici occhi dell'ex portiere della palazzina B di via Poma.

Il delitto. Simonetta Cesaroni fu trovata morta nel complesso di via Poma di cui Pietrino Vanacore era portiere, il 7 agosto 1990. Il 26 maggio del 2009 la Procura di Roma aveva deciso di archiviare l'ultima indagine su Vanacore rispetto al suo presunto coinvolgimento nella vicenda. Gli accertamenti, aperti nel solco dell'inchiesta per la quale la Procura di Roma ha chiesto poi il rinvio a giudizio di Raniero Busco, che all'epoca dei fatti aveva una relazione sentimentale con la Cesaroni, avevano portato nell'ottobre del 2008 ad una perquisizione nell'abitazione di Vanacore, in Puglia, dove l'anziano risiedeva da tempo con la moglie.
Il 20 aprile del 2009 il legale di Vanacore aveva dichiarato: «Vanacore ha sofferto per la pressione mediatica sfociata nel mancato rispetto della privacy. Ha cercato di dimenticare, ma il periodico aggiornamento della vicenda ha riaperto la ferita. Lui ha sempre detto che il più bel giorno della sua vita sarà quando il caso sarà risolto».

Il processo va avanti, udienza il 12 marzo
Il processo per i fatti del 7 agosto 1990, ovvero per l'omicidio di Simonetta Cesaroni, proseguirà regolarmente il 12 marzo prossimo con le audizioni, tra gli altri, dell'ex datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi, e del figlio Mario. Tra i testi citati per quell'udienza c'è anche il figlio di Pietrino Vanacore, Luca.

Luca Vanacore: «Mio padre è stato condannato senza processo»
«Mio padre è stato condannato senza un processo. Lo hanno distrutto, lo hanno fatto a pezzi». È amareggiato Mario Vanacore, figlio di Pietrino, l'ex portiere dello stabile romano di via Poma - teatro dell'omicidio di Simonetta Cesaroni - che oggi è stato trovato morto suicida in provincia di Taranto. «Sono passati vent'anni, eppure tutte le volte che si è parlato della mia famiglia è stato solo per massacrarci», ha ribadito Mario Vanacore ad alcuni giornalisti che lo hanno interpellato. «Hanno reso la vita di mio padre un inferno», rincara la dose l'uomo, che vive a Torino e fa il portiere in uno stabile dell'elegante quartiere della Crocetta.

L'avvocato della famiglia Cesaroni: «Perché non ha mai dato risposte?»
«Se è vero che Vanacore ha dichiarato insofferenza e dolore significa - ha dichiarato l'avvocato della famiglia di Simonetta Cesaroni, Lucio Molinaro - che è stato lui a chiudersi in se stesso. Se voleva poteva liberarsi da questo tormento invece ha preferito non rispondere. L'esito di questo atto drammatico - ha aggiunto Molinaro - non può essere collegabile a noi e lo stesso vale anche per i Pm che hanno investigato».

il sole 24ore 9 marzo 2010

sabato 6 marzo 2010

MEREDITH:GUEDE SCAGIONA AMANDA E RAFFAELE

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LA CONFIDENZA RACCOLTA IN CARCERE DA ALESSI, L'OMICIDA DI TOMMASO ONOFRI
Delitto di Perugia, Guede scagiona Amanda e Raffaele: «Non c'entrano»
A colpire Meredith sarebbe stato invece un uomo non ancora identificato che era nella casa con lui

PERUGIA - Una confidenza di Rudy Guede raccolta da Mario Alessi potrebbe contribuire a scagionare Raffaele Sollecito e Amanda Knox dall'accusa di avere ucciso Meredith Kercher. Ne è convinta la difesa del giovane pugliese che ha acquisito la deposizione del muratore siciliano condannato all'ergastolo per l'omicidio di Tommaso Onofri nell'ambito delle proprie indagini difensive. Guede infatti ha riferito ad Alessi - secondo la versione di quest'ultimo - che la notte in cui venne uccisa Mez, i due ex fidanzati non erano nella casa di via della Pergola.

A COLPIRE UN UOMO NON ANCORA IDENTIFICATO - A colpire mortalmente alla gola la giovane inglese con un coltello sarebbe stato invece un uomo non ancora identificato che era lì con lui. La deposizione di Alessi è stata verbalizzata e videoregistrata dai difensori di Sollecito, gli avvocati Luca Maori e Giulia Bongiorno che hanno depositato alla procura di Perugia il nuovo materiale. Guede e Alessi sono entrambi rinchiusi nel carcere di Viterbo. Nella sezione riservata a chi è accusato di reati a sfondo sessuale dove il muratore, in base alla sua versione, ha raccolto le confidenza dell'ivoriano (già condannato in appello a 16 anni di reclusione per il concorso nell'omicidio Kercher). In particolare Guede ha confermato (come fatto fin da subito dopo essere stato coinvolto nell'indagine) la sua presenza nella casa del delitto (al quale si è però sempre detto estraneo), sostenendo di non avere mai conosciuto Sollecito e di avere incontrato solo occasionalmente la Knox. L'ivoriano, sempre secondo Alessi, avrebbe inoltre riferito che ad uccidere la Kercher fu un altro uomo presente nella casa dopo che Mez aveva rifiutato di partecipare a un festino a sfondo sessuale. Rudy e il suo amico - è emerso ancora dalla deposizione del muratore - si sarebbero poi allontanati insieme recandosi in discoteca.


I COMMENTI - Il padre di Raffaele Sollecito, Francesco, si è invece limitato a sottolineare che la deposizione di Alessi «non è stata in alcun modo cercata» dalla difesa del figlio. «Pensavamo che si era alla frutta e invece sono ancora alle mozzarelle di bufala per rincorrere una incredibile gara tra detenuti disperati sollecitati da ignoti a chi spara la minchiata più grossa per compiacere i due imputati» la replica dei difensori di Guede, gli avvocati Walter Biscotti e Nicodemo Gentile.


corriere della sera 05 marzo 2010

VIAGGI

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