giovedì 17 giugno 2010

Abusi su minore, Don Pezzini resta in carcere: condotte allarmanti e non occasionali

Prete arrestato per pedofilia, i giudici: «Astuto ad accreditarsi coi genitori»


Il tribunale del riesame: «Don Pezzini aveva la capacità di blandire il minore con coccole con coccole e gratificazioni economiche, fingendo propositi di aiuto nei confronti del ragazzo»


Parlano di «astuzia», «disinvoltura» e «allarmanti modalità della condotta» i giudici del tribunale del Riesame nel provvedimento con cui hanno bocciato il ricorso contro l'ordinanza di custodia cautelare in carcere presentata da don Domenico Pezzini, il sacerdote di 73 anni arrestato lo scorso maggio per pedofilia. Nel documento il collegio descrive gli elementi che rendono «elevato» a loro giudizio il pericolo della reiterazione del reato, emersi dalle testimonianze della presunta vittima, un ragazzo straniero oggi 17enne che sarebbe stato violentato tra il 2006 e il 2009; da quelle dei vicini; dagli indizi raccolti nel corso della perquisizione tra cui alcuni profilattici e dalle intercettazioni telefoniche. I giudici mettono dunque «in evidenza le allarmanti modalità della condotta, ovvero la disinvoltura dell'approccio con il minore, lo svolgimento di rapporti sessuali fin dal loro primo incontro, il lungo tempo in cui fatti sono avvenuti, la particolare vulnerabilità del minore, la capacità di blandire il ragazzo con coccole e gratificazioni economiche, l'astuzia di aver posto in essere tali condotte accreditandosi agli occhi dei genitori e degli operatori sociali come un sacerdote animato da propositi di aiuto verso il minore». Parlando nello specifico della disinvoltura del sacerdote nell'avvicinare il minorenne, spiegano che «ha cercato un approccio con il ragazzo nel parco», parlandogli di viaggi e «offrendogli la possibilità di aiuto».

Un attimo dopo, «l'ha invitato nella sua abitazione dove lo ha indotto ad avere rapporti sessuali» che sarebbero proseguiti per anni. Mentre in merito al timore che se lasciato in libertà don Pezzini possa usare violenza contro altri soggetti deboli, sottolineano i suoi «molteplici contatti con giovani uomini estracomunitari attestati anche dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni dei vicini di casa che hanno parlato di un andirivieni di stranieri, nonché da quelle di un amico che ha affermato che l'indagato ospitava stranieri probabilmente del sudest asiatico uomini». Pertando, concludono «è elevato il rischio che l'indagato (...) reiteri la condotta delittuosa in contestazione, atteso che le descritte modalità della stessa non appaiono affatto occasionali».
il giornale 16 giugno 2010

COGNE BIS:ANNAMARIA FRANZONI IN AULA DOPO TRE ANNI PARLA PER 7 ORE


Cogne bis/ Franzoni: Per mio marito ho ricominciato una vita

Cogne bis/ Franzoni: Per mio marito ho ricominciato una vita

Il ritorno in aula dopo tre anni, 7 ore tra lacrime e sorrisi

Torino, 16 giu.2010 (Apcom) -
"Signor giudice, io sarei voluta venire a tutte le udienze. Ma non me la sento. Per quello che è successo, che succede tuttora fuori. Negli anni ne ho subito le conseguenze pesantemente". Così Annamaria Franzoni, dopo oltre sette ore di deposizione, risponde al giudice Roberto Arata che le chiede se sarà presente alla prossima udienza del 31 luglio. Non tornerà più in aula Annamaria, lascia intendere, parlando con la calma che ha mantenuto per tutta l'udienza, nonostante le lacrime versate a tratti e il tono di voce sommesso, come un lamento. Jeans e polo a mezze maniche, frangetta e capelli lunghi, il viso un po' scavato secondo chi la conosce bene, si è presentata oggi in tribunale dopo tre anni, al Cogne bis, dove risponde di calunnia nei confronti del suo ex vicino di casa Ulisse Guichardaz, che denunciò nel luglio 2004 come responsabile dell'omicidio del piccolo Samuele. Uno scambio di sguardi col marito, alla sua prima uscita in pubblico la Franzoni è apparsa sorridente. Una deposizione iniziata da quando tutto ebbe origine, la conoscenza con Stefano Lorenzi. Da lui è partita e a lui è tornata dopo sette ore di parole. "Ci siamo conosciuti a Cogne per caso e conoscerci ci ha dato il senso della vita vero e proprio" è stato l'incipit. Numerosi gli intervalli per spiegare quanto tenesse "alla vita casalinga, quella quotidianità che ho sempre adorato, che è il mio modo di essere, mi rende felice". A quella villetta a Cogne, costruita dalla famiglia, "l'ho imbiancata io" ha precisato, "la arredavo io e gestivo io", spiegando come la vicina Daniela Ferrod, un'altra dei possibili colpevoli secondo lei fino a qualche tempo fa, la invidiasse per questo. Lei e le 18 mamme "che ogni mercoledì a turno" preparavano la merenda per tutti i bambini. Il giorno prima dell'omicidio di Samuele "le pizze e i dolci per la festa del giorno dopo li ho preparati io, non mi piaceva andarle a comprarli ma farli da me". E poi le lacrime nel ripercorrere, con minuzia di particolari ed estrema precisione, "il fatto", la mattina del 30 gennaio 2002, il giorno dell'omicidio di Samuele. Gli ospiti che vennero la sera prima, lei che non si sentiva bene, quel malore "di stomaco" che è tornato all'alba del giorno dopo, e che "sembra che ti blocchi tutto quanto, il blocco allo stomaco". La guardia medica che accorre e dice che non ha niente, lei che chiede al marito di restare. Ma lui va. E poi la frenesia di essere in ritardo per il figlio Davide, che si intratteneva a letto e poteva perdere lo scuolabus, le corse per farlo vestire, la colazione. Samuele che dormiva, e che piange appena escono di casa. "Sono andata da lui - ha detto scoppiando a piangere - stai tranquillo che tua mamma è qua gli ho detto, che Davide è già andato a scuola, ma Davide era sulle scale, allora lo guardo, mi arrabbio e mi dico, accidenti oggi non me ne va bene una". Il resto è cronaca nota. "Io mi sentivo in colpa, ho pensato che aveva pianto talmente tanto che gli era scoppiata la testa" ha ripetuto anche oggi, rimarcando quanto "mi sentissi sola", in quel momento, con il bimbo ammazzato sul lettone. Dal racconto della tragedia si è passati all'argomento di questo processo: la calunnia per cui la Franzoni è accusata nei confronti di Ulisse Guichardaz, il suo ex vicino di casa, scagionato perché che ha dimostrato di avere un alibi di ferro, denunciato dai Lorenzi nel luglio 2004, dopo la condanna di primo grado. "Non ho mai letto la denuncia, mi fidavo di Taromina", spiega la donna, "gli avvocati erano loro, mi avevano detto che la denuncia serviva ad approfondire le indagini". E poi la "rabbia" espressa da lei ma con pacatezza verso l'ex avvocato, quando le hanno riletto cosa aveva spiegato, interrogato anni fa dai magistrati, sui Lorenzi. " "Erano loro -aveva detto Taormina, che non si è mai presentato al processo - ad aver fatto pressioni perchè io scrivessi questa denuncia e se la sono letta e riletta". E ancora, la stessa rabbia che lei ha spiegato per il lavoro degli inquirenti, perché "io continuavo e continuo a dire che sono innocente, non sono stata io". Fino a citare Berlusconi, che, secondo lei, ma il suo avvocato ha spiegato dopo che si trattava del "governo" e non del premier, sollecitò con un fax l'avvocato Taormina a fare il nome del vero assassino. Ma è con parole rivolte alla sua famiglia e al marito, che ha baciato alla fine dell'udienza tre volte, tra gli sguardi di poliziotti, avvocati e giornalisti, che si è chiusa la deposizione. "Una delle cose che mi ha fatto più soffrire - ha detto alla fine - è la freddezza dopo l'omicidio da parte sua e dei suoceri. Sentivo mio padre che continuamente diceva, c'è qualcosa che non va. C'erano equilibri che si stavano rompendo tra me e Stefano, era un'incomprensione di dolore, di vissuto che mi spinse a tornare a vivere dai miei genitori. Poi, è stato per lui che ho ricominciato una vita un posto diverso".

mercoledì 2 giugno 2010

Denunciato monsignor Reali "Coprì gli abusi di don Ruggero"

I legali di una delle vittime di don Conti, arrestato nel 2008 e ora sotto processo, hanno accusato il vescovo della diocesi per favoreggiamento. E' la prima volta in Italia

Il vescovo Gino Reali è stato denunciato per favoreggiamento perché non denunciò gli abusi di don Ruggero, sotto processo per pedofilia. E' la prima volta che accade in Italia. Sono stati gli avvocati di una delle vittime, Fabrizio Gallo e Marco Malara, a presentare questa mattina, presso l'ufficio primo atto della Procura di Roma, una denuncia nei confronti di monsignor Gino Reali, vescovo della diocesi di Porto Santa Rufina, cui appartiene la parrocchia di via di Selva Candida dove era parroco Don Ruggero. Conti fu arrestato nel luglio del 2008: gli vengono contestati 7 casi di abusi sessuali tra il 1998 e il 2008.

"Oggi per la prima volta in Italia - affermano gli avvocati - è stato denunciato un vescovo in ordine ai reati di pedofilia contestati al suo parroco. Le
responsabilità del monsignore sono emerse nell'udienza del 20 maggio. In quella sede si è appreso che Reali era a conoscenza dal 2006 prima di voci sui comportamenti di Don Conti prima dal vice parroco, Don Claudio Brichetto, e successivamente dalle famiglie dei ragazzi ai quali per poter agire avrebbe addirittura richiesto un memoriale scritto nonostante tali affermazioni, oltre ad una denuncia scritta recapitata nel suo ufficio, dimostravano che i fatti non erano più voci di corridoio".

Gli avvocati nella denuncia scrivono che "il vescovo ha coperto don Ruggero" anche se "aveva l'obbligo, in presenza di reati così gravi, di intervenire drasticamente". I legali citano, quindi, una nota diffusa dal Vaticano il 12 aprile che fa riferimento a norme varate già nel 2003, secondo cui "i vescovi, se vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione, sono obbligati a denunciarli all'autorità giudiziaria".

(LA REPUBBLICA 31 maggio 2010)


OCULISTA TROVATO MORTO A PALERMO: IL PALAZZO DEL MISTERO

Giallo su oculista trovato morto in casa

LA MOGLIE: "L'HO TROVATO PIENO DI SANGUE"

Tre morti tragiche in 18 anni, tutte avvolte da un alone di mistero. Ormai l’antico stabile nel centro di Palermo in via Mariano Stabile sta diventando una sorta di edificio oscuro in una zona cittadina fatta di ristoranti eleganti e negozi all’ultima moda.

L’ultimo di questi drammatici e oscuri episodi è avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì, quando l'oculista 55enne Giovanni Cascio per cause ancora da accertare, è precipitato dalle scale fracassandosi il cranio.Ad avvertire il 118 è stata la moglie che, nelle prossime ore, sarà sentita dai carabinieri. Gli inquirenti presteranno molta attenzione alle sue deposizioni, anche in virtù del fatto che
i coniugi erano in procinto di separarsi e i loro rapporti erano molto tesi, tanto da costringere i vicini di casa a chiamare più volte la Polizia per segnalare le violente discussioni tra i due.
Per quanto riguarda i rilievi, in attesa dell’autopsia di giovedì le forze dell’ordine stanno cercando di accertare se la caduta sia stata o meno accidentale. Il medico legale cercherà di capire se Cascio avesse assunto alcol prima della morte, circostanza questa che avrebbe potuto fargli fatalmente perdere l'equilibrio.

I PRECEDENTI – Ma, come detto, la morte dell’uomo è il terzo episodio di cronaca nera che affliggono lo stabile maledetto nel giro di soli 18 anni.
L’ultimo di questi tragici eventi avvenne il 4 maggio del 1998, giorno in cui venne trovata morta con il cranio sfondato una donna di 35 anni,
Irene Tagliavia, esponente di una famiglia della nobiltà cittadina. L’assassino fu individuato in Francesco Termini, un ex operaio della telefonia con problemi psichici.
Sei anni prima, nello stesso palazzo, venne trovata uccisa un’altra donna, la 44enne
Maria Pia Augello, ex modella e poi finita in un giro di prostituzione. In questo caso per il delitto venne condannato un ristoratore palermitano con cui la vittima aveva avuto una relazione.

libero news 02/06/2010

“L’ho trovato pieno di sangue”

“L’ho trovato morto questa mattina davanti alla scala. Aveva la testa piena di sangue e non dava più segni di vita…”. E’ il drammatico racconto, ripreso da ADNKRONOS, di Vera, la ex moglie 36enne di Giovanni Cascio, il noto oculista palermitano trovato cadavere questa mattina dalla stessa ex compagna da cui si stava separando. La donna è stata ascoltata per più di quattro ore dai Carabinieri del Comando provinciale di Palermo e dal pm di turno Marco Verzera che sta coordinando l’inchiesta. “Non so a che ora è caduto – ha aggiunto – quando l’ho visto era già morto e ho chiamato subito l’ambulanza”. Vera, architetto inglese da anni trasferita a Palermo dove viveva con il medico, dà lezioni private di inglese a studenti. Proprio ieri c’era stata l’udienza di separazione giudiziale. La ex moglie ha detto, tra le lacrime, di avere trovato il marito, con cui viveva separata in casa, già morto. Sarà adesso l’autopsia, che verrà eseguita domani al Policlinico di Palermo, a chiarire l’ora del decesso del professionista. I vicini di casa hanno raccontato agli investigatori che ieri sera c’era stato un violento litigio, l’ennesimo, tra la coppia. In passato, la donna aveva anche denunciato il marito ai Carabinieri in seguito a dissidi familiari, dovuti sempre alla separazione.

live sicilia 2 giugno 2010


VIAGGI

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