martedì 31 marzo 2009

PERUGIA: SI CERCA UNA TESTIMONE CHE VIDE RUDY PARLARE CON MEREDITH

Lunedì 30 marzo 2009 12.08

Meredith: appello per ritrovare  la giovane che la vide con Guede Rudy Hermann Guede (foto: Ansa)


Gli avvocati difensori di Guede cercano una ragazza bionda che la sera del 31 ottobre del 2007 in discoteca vide Rudy parlare con Mez.

E' una sorta di appello pubblico quello che i difensori di Rudy Guede, gli avvocati Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, lanciano per rintracciare la giovane bionda che avrebbe visto il loro assistito in discoteca insieme a Meredith Kercher la sera del 31 ottobre del 2007. Su di lei, forse una straniera, i legali hanno poche informazioni. "Abbiamo cercato di risalire a tutti i giovani presenti quella sera in discoteca - ha detto Biscotti parlando con l'Ansa - ma non riusciamo a venire a capo della situazione. A questo punto lanciamo una sorta di appello per risalire a chi ci può fornire qualche indicazione per risalire a lei. Siamo disposti ad andare a parlare con questa ragazza - ha concluso - in qualsiasi parte del mondo". A parlare della giovane ai legali è stato lo stesso Guede, che si è sempre proclamato estraneo alla morte della Kercher. Secondo il loro assistito la straniera era vicino a lui mentre parlava con Mez. La testimonianza della giovane servirebbe alla difesa dello straniero per provare che l'incontro con studentessa inglese in discoteca la sera precedente all'omicidio c'è effettivamente stato, contrariamente a quanto sostiene l'accusa.

CORTE D'ASSISE. Nei prossimi giorni, intanto, Biscotti e Gentile incontreranno Guede per decidere il comportamento da tenere davanti alla Corte d'assise di Perugia che lo ha convocato sabato prossimo come testimone nel processo ad Amanda Knox e a Raffaele Sollecito. Quasi certamente lo straniero sceglierà di non rispondere alle domande, avvalendosi della facoltà di non rispondere, per poi parlare nel suo processo d'appello, l'ivoriano è stato condannato in primo grado a 30 anni di reclusione con il rito abbreviato per il delitto di Meredith Kercher.

L'UNIONE SARDA 30 MARZO 2009

OMICIDIO GARLASCO: RITA POGGI, CHIARA ERA TIMIDA E RISERVATA


Garlasco, Chiara rifiutò riprese hard? - La mamma: "Chiara era felice"

Roma, 30 mar. - (Adnkronos) - "Era timida e riservata" ma anche "ambiziosa. Non mi nascondeva niente. Aveva un carattere riservato". Cosi' Rita Poggi, la madre di Chiara, uccisa il 13 agosto del 2007 nella sua villetta di Garlasco, descrive la figlia in una intervista rilasciata nei giorni scorsi a Bruno Vespa e che "Porta a Porta" trasmettera' nella puntata di domani sera dedicata al delitto di Garlasco. Come anticipato da 'Porta a Porta', nell'intervista la madre di Chiara parla anche del rapporto della figlia con Alberto Stasi, unico indagato per il delitto: "li vedevo tranquilli. Mia figlia la vedevo tranquilla serena e felice" tanto serena da far pensare ai genitori anche ad una possibile "convivenza". In merito al delitto, Rita Poggi, rispondendo alle domande di Bruno Vespa, sottolinea come da quel terribile giorno si chiedano ancora cosa e' successo.

"Abbiamo pensato anche ad una rapina - aggiunge - A qualcuno che fosse entrato in casa". Poggi ricorda come gia' in passato fossero entrati ladri di notte a casa ma sottolinea: "Chiara era molto attenta e accorta" non avrebbe mai aperto la porta ad uno sconosciuto. In merito alla settimana di Ferragosto che la coppia di fidanzati aveva programmato di passare assieme, Rita Poggi ricorda che Chiara "voleva stare a casa col suo ragazzo; era tornato dall'Inghilterra era stata via un mese e giustamente voleva stare a casa con lui; penso che sia normale". Chiara era andata a trovare Alberto anche a Londra e quando era tornata dal viaggio "era molto contenta - racconta la mamma - era contenta fino all'ultimo". Sul processo per l'omicidio la madre di Chiara spiega: "io devo, io devo sapere la verita' -dice - io devo sapere cosa e' successo a mia figlia, e quindi io devo assistere, ho il diritto di assistere al processo".

Tornando a parlare del carattere di Chiara, Rita Poggi nell'intervista rilasciata a Bruno Vespa, descrive una "ragazza tranquilla, ma indipendente, nel senso che lei anche quando si e' cercata lavoro non ha chiesto aiuto, si e' arrangiata da sola. Doveva andare da qualche parte, fare qualche viaggio, cosi' quando andava in vacanza, era sempre lei che organizzava tutto. E devo dire che era brava ad organizzarsi tutto". Rita Poggi afferma di aver saputo del delitto della figlia da una telefonata dei carabinieri: "mi hanno detto che era morta, che l'avevano trovata in casa morta". E alla domanda se provo' a telefonare ad Alberto subito dopo risponde: "Dopo ho cercato, pero' preferisco non dire quello che ho fatto dopo.....certo che ho cercato conferme, anche i parenti...perche' qui (Garlasco ndr) avevo i parenti, avevo mia cognata..insomma".

Garlasco, Chiara rifiutò riprese hard? - La mamma: "Chiara era felice"


Per l'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco il pm Rosa Muscio ha chiesto il rinvio a giudizio per il fidanzato di lei, Alberto Stasi. Ora si conoscono le motivazioni: secondo il pubblico ministero l'omicidio è maturato nell'ambito della coppia e il ragazzo potrebbe aver preteso da lei di realizzare riprese «hard», filmando un rapporto sessuale. E di fronte a un rifiuto categorico della ragazza potrebbe essersi scatenata una reazione violenta.
Secondo l'accusa Stasi davanti al suo computer non era concentrato solo sulla tesi. Aveva immagine pornografiche e in passato aveva fatto regali a sfondo erotico a Chiara. Il pm ipotizza che lui abbia chiesto di fare una ripresa hard e che nemmeno sarebbe stata la prima volta. Secondo la pubblica accusa, è possibile che «questa volta Chiara si sia opposta categoricamente, scatenando la reazione violenta e feroce di Alberto Stasi».

LA MAMMA: "CHIARA ERA FELICE". Chiara e Alberto «li vedevo tranquilli». Lei «la vedevo tranquilla serena e felice»; tanto serena da far pensare ai genitori anche ad una possibile convivenza. Così Rita Poggi parla del rapporto tra la figlia ed Alberto Stasi in un’intervista al programma di RaiUno "Porta a porta", che andrà in onda domani sera in una puntata dedicata al delitto di Garlasco.
Chiara, ricorda la madre, «era timida e riservata», ma anche «ambiziosa. Non mi nascondeva niente. Aveva un carattere riservato». Il giorno de delitto dice di aver «pensato anche ad una rapina. A qualcuno che fosse entrato in casa». La signora Poggi ricorda come già in passato fossero entrati ladri di notte a casa. Ma subito sottolinea che «Chiara era molto attenta e accorta», non avrebbe mai aperto la porta ad uno sconosciuto.
Quanto alla settimana di Ferragosto che la coppia aveva programmato di passare assieme, Rita Poggi ricorda che Chiara «voleva stare a casa col suo ragazzo; era tornato dall’Inghilterra, era stato via un mese e giustamente voleva stare a casa con lui; penso che sia normale». Chiara era andata a trovare Alberto anche a Londra e quando era tornata dal viaggio «era molto contenta – racconta la mamma – era contenta fino all’ultimo».
«Io – prosegue poi – devo sapere la verità, io devo sapere cosa è successo a mia figlia e quindi io devo assistere, ho il diritto di assistere al processo».

«Alberto ha ucciso per il rifiuto di Chiara di girare un film porno»


30 marzo 2009

Il rifiuto di prestarsi ad agire come la protagonista di un film domestico a luci rosse, girato dal fidanzato. La furia di lui, le percosse, la morte. In quattro ore di requisitoria di fronte al gup, Stefano Vitelli, il pm Rosa Muscio, ha fornito finalmente una ricostruzione e, soprattutto, un possibile movente, all’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. Secondo la procura la giovane sarebbe stata vittima di una improvvisa esplosione di follia da parte del fidanzato. Alberto Stasi, che avrebbe tentato invano di convincerla a sottostare a giochi erotici spinti che lui avrebbe filmato con la videocamera. Nella tesi esposta dalla procura, si è dunque trattato di «un omicidio d’impeto ed estremamente efferato» e «il movente è certamente da collocarsi all’interno della dinamica di coppia, nel rapporto interpersonale tra Alberto e Chiara». Già in passato Stasi avrebbe sottoposto a Chiara richieste a luci rosse, talvolta venendo accontentato. E ciò spiegherebbe, secondo il pm, la frase pronunciata da Stasi a proposito di quelle riprese: «Chiara non voleva, ma se io glielo chiedevo lo faceva». Il rifiuto, da parte della ragazza, potrebbe aver innescato una reazione furiosa da parte di Alberto, che l’avrebbe colpita ripetutamente, trascinata nel gettata del vano scala dello scantinato, e quindi si sia lavato nel bagno al pianterreno della villetta, allontanandosi infine in bicicletta, lasciando sui pedali tracce del sangue della ragazza.

Di Chiara ha parlato anche la madre, Rita Poggi, in un’intervista che sarà trasmessa martedì sera a “Porta a Porta”. «Era una ragazza tranquilla, lei e Alberto li vedevo sereni, noi genitori avevamo pensato anche alla convivenza. Chiara era contenta, contenta fino all’ultimo giorno». Sulla dinamica del delitto la signora ha detto di aver pensato inizialmente ad una rapina, in passato i ladri si erano introdotti nottetempo nella villetta di Garlasco dove viveva Chiara. «Ma lei era molto accorta e non avrebbe mai aperto ad uno sconosciuto».

La scorsa settimana Stasi ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato. In caso di condanna, potrà usufruire dello sconto di un terzo della pena. L’udienza è stata fissata il 9 aprile prossimo.

il secolo XIX 30 MARZO 2009

Grinzane: Angelo Soria Non Risponde a Pm, Domani Riesame Per il Giuliano Soria


(ASCA) - Torino, 30 mar - Si e' avvalso della facolta' di non rispondere agli inquirenti Angelo Soria, dirigente della regione Piemonte indagato per peculato nell'inchiesta che ha portato il 12 marzo scorso il fratello Giuliano in carcere. Intanto, per l'ideatore del premio Grinzane, e' attesa domani la decisione del giudice del riesame sulla richiesta di scarcerazione o di arresti domiciliari bocciata nei giorni scorsi dal gip.

domenica 29 marzo 2009

UN GIORNO IN PRETURA, L'URLO Di TIZIANA DESERTO:"SENZA UNA PROVA, NON FINISCE QUI!"

DI WILDGRETA
Stasera si è conclusa la serie di quattro puntate che ricostruivano il processo per l'omicidio della piccola Maria Geusa. Tiziana Deserto è stata condannata a 15 anni e il video si chiude con le urla di questa donna>:"Basta, basta, basta!". Sapeva la Deserto? Era conscia di quanto accadeva a sua figlia? La testimonianza delle maestre dell'asilo non aiuta. La made era affettuosa, la bambina non aveva segni di maltrattamenti. Viene citato un solo episodio, il giorno in cui Maria andò all'asilo con due lividi sulle guance. Alle maestre parvero strani, ma cambiando la bambina, videro che non aveva altri segni sul corpo. Non parlava Maria, ma nessuno sa se quel ritardo fosse dovuto ai maltrattamenti, neppure il pediatra azzarda ipotesi.Nel complesso, quasi tutti i testimoni descrivono la Deserto come una madre normale. Solo la cugina e la vicina di casa trovano che non fosse troppo affettuosa con lei. Ma a parte il fatto che fosse spesso al telefono, non ci sono altri episodi, almeno in questa puntata, che possano far pensare ad una consapevolezza della Deserto di quale persona fosse davvero Giorni. La Deserto ha presentato appello alla sentenza, perchè a suo dire, non ci sarebbero prove contro di lei. Bisogna, però, capire se essere così "distratti" nei confronti della propria figlia e così leggeri nell'affidarla a un adulto, non costituisca di per sè una prova di colpevolezza.



GUARDA IL VIDEO DELLA SENTENZA


Tiziana Deserto condannata a 15 anni


Per il concorso nell'omicidio della figlia Maria Geusa e nella violenza subita dalla bambina. Era l'aprile 2004

PERUGIA - La corte d'Assise di Perugia ha condannato a 15 anni di reclusione (tre condonati) Tiziana Deserto per il concorso nell'omicidio della figlia Maria Geusa e nella violenza sessuale subita dalla bambina. La sentenza è stata letta poco prima delle 21 alla presenza della stessa imputata, che è scoppiata in lacrime. Maria Geusa è morta il 6 aprile 2004 a Città di Castello all'età di due anni e sette mesi. Per il suo omicidio e la violenza è stato condannato all'ergastolo nel novembre 2995 l'imprenditore Giorgio Giorni, reo confesso.

sabato 28 marzo 2009

Meredith: teste, Knox, Sollecito e Guede davanti casa Mez


Pero' non specifica se giorno delitto o prima

(ANSA)- PERUGIA, 28 MAR - Il testimone albanese ha confermato di avere visto Knox, Sollecito e Guede davanti alla casa dove abitava Meredith Kercher. Senza pero' sapere specificare se fosse la sera del 31 ottobre o del primo novembre. Secondo lo straniero Sollecito e la Knox avrebbero avuto in mano ciascuno un coltello. Ha inoltre riferito di avere sentito 'voci di piu' persone', forse una lite, nella villetta. 'C'era qualcuno che urlava', ha detto.

Processo Meredith, testimone dell'accusa fornisce alibi ad Amanda

Inaspettata svolta all'udienza per l'omicidio di Perugia. Un clochard "filosofo"
dichiara di aver visto la giovane americana e Sollecito in una piazza

dal nostro inviato MEO PONTE


Processo Meredith, un alibi ad Amanda dal testimone dell'accusa

Amanda Knox in aula

PERUGIA - Doveva essere il teste chiave dell'accusa, la voce che avrebbe irrimediabilmente inchiodato all'uccisione di Meredith Kercher Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Oggi invece Antonio Curatolo, 53 anni, un filosofo di strada che da una decina di anni dorme sulle panchine di piazza Grimana, a pochi passi dalla villetta dove la notte del 1 novembre fu uccisa la studentessa inglese, con la sua sua deposizione ha di fatto dato un alibi ai due imputati.

"Quella sera stavo leggendo l'Espresso su una panchina - ha raccontato il clochard che qualche anno fa aveva testimoniato in un altro processo per omicidio incastrando l'imputato" - mentre fumavo una sigaretta ho notato in fondo alla piazza, vicino al campo da basket due fidanzati, per lo meno mi sono sembrati tali, che discutevano tra loro, come stessero litigando. Li ho osservati dalle 21,30 sino a quando me ne sono andato a dormire nel parco, verso le 23,30. Quei due ragazzi sono in quest'aula. Sono Amanda e Raffaele".

Per gli avvocati dei due imputati la testimonianza di Curatolo si rivela un aiuto inaspettato. Durante l'udienza di venerdì Nara Capezzali, una pensionata che vive a poca distanza dalla casa del delitto, aveva ripetuto di aver sentito un urlo lacerante di donna tra le 23 e le 23,30. E altrettanto aveva fatto Alessandra Monacchia, un'altra vicina di via Della Pergola 7. Che il teste su cui i pm Giuliano Mignini e Manuela Comodi contavano tanto una volta di fronte ai giudici della Corte d'Assise di fatto collochi i due imputati nella piazza nel momento esatto del delitto quindi rappresenta indubbiamente un duro colpo alle tesi dell'accusa.

Alla tredicesima udienza del processo per l'uccisione di Meredith Kercher il tallone d'Achille dell'accusa paiono essere proprio i testimoni chiamati in aula dai pm. In particolare l'albanese Hekuran Kokomani, giudicato già del tutto intattendibile durante l'udienza preliminare dal gup Paolo Micheli e oggi però, masochisticamente, riproposto alla Corte d'Assise. Con un insolito stratagemma: per ridare credibilità al teste che a suo tempo aveva raccontato uno sconcertante incontro con Amanda e Raffaele (armati di coltelli) e Rudy la sera prima del delitto e che era poi caduto nel ridicolo affermando di aver già visto la giovane americana e il suo ragazzo pugliese a luglio insieme ad uno zio made in Usa (è stato accertato che Amanda arrivò in Italia solo nel settembre 2007), i pm hanno convocato in aula anche il suo avvocato, Antonino Aiello che naturalmente non ha potuto far altro che ribadire la credibilità del suo cliente.

Ma Kokomani in aula è dovuto arrivare in manette perché nel frattempo è stato arrestato perché sorpreso con sei grammi di cocaina dai carabinieri. Nonostante gli sforzi del presidente della Corte Giancarlo Massei di mettere ordine nei suoi confusi ricordi, è sostanzialmente caduto in un vortice di contraddizioni. Per Giulia Buongiono, legale di Raffaele Sollecito, non è stato infatti difficile far risaltare la sua assoluta inaffidabilità. E Luciano Ghirga, l'avvocato di Amanda, ha definito la seconda deposizione dell'albanese "il replay di una catastrofe giudiziaria". E poco ha contato anche la deposizione di Fabio Gioffredi, un ragazzo che giura di aver visto insieme Meredith, Amanda, Raffaele e Rudy il 30 ottobre 2007 davanti alla casa di via Della Pergola. Ha voluto rispondergli lo stesso Raffaele: "Non ho mai visto Rudy in vita mia e sono in grado di provare che quel giorno ero da un'altra parte".

In più gran parte dei testimoni si sono presentati al pm quasi ad un anno di distanza dal delitto. Addirittura alcuni di loro lo hanno fatto dopo essere stati rintracciati dai giornalisti de Il giornale dell'Umbria. Un particolare che la dice lunga su come è stata condotta l'inchiesta sulla morte della studentessa inglese. Il processo riprenderà la prossima settimana con le deposizioni dei consulenti medico legali dell'accusa e le deposizioni di Patrick Lumumba, indicato in un primo tempo come l'assassino di Meredith e ora parte lesa, e di Rudy Guede, già condannato a 30 anni con il rito abbreviato, che probabilmente si avvarrà della facoltà di non rispondere.

(La Repubblica 28 marzo 2009)

Garlasco, Stasi chiede il rito abbreviato


Alberto Stasi



Una decisione che potrebbe garantire uno sconto di un terzo della pena
PAVIA
Ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato Alberto Stasi, il giovane accusato dell’omicidio della sua fidanzata Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto del 2007 nella sua villetta a Garlasco. Questa mattina durante l’udienza preliminare, prima che parlassero l’avvocato di parte civile e i suoi difensori, Stasi si è alzato in piedi e rivolgendosi al Gup Stefano Vitelli ha detto: «Chiedo di essere ammesso al giudizio abbreviato». Richiesta che, invece, non è stata avanzata per l’altro procedimento in cui è imputato, quello per detenzione di materiale pedopornografico.

Non si sa esattamente quali siano i motivi della scelta processuale di Stasi e dei suoi difensori. Si può supporre, però, che voglia evitare, nel caso di un rinvio a giudizio, il un processo davanti alla Corte d’assise di Pavia, oppure che lui e i suoi legali ritengano che la procura non abbia raccolto elementi sufficienti per convincere il giudice a pronunciare una sentenza di condanna. E, comunque, in caso di condanna, Stasi beneficerebbe uno sconto di un terzo della pena, previsto dal rito alternativo.

Con la richiesta di questa mattina, per il giallo di Garlasco comincia così un processo vero e proprio che dovrebbe concludersi, nel giro di due udienze, il 18 aprile. A meno che giudice Vitelli non ritenga necessaria un supplemento d’indagine. Rita Poggi, la madre di Chiara uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007, giudica in modo positivo il fatto che Alberto Stasi, unico indagato per l’omicidio, sarà giudicato con il rito abbreviato. «È un loro diritto - ha detto riferendosi alla richiesta presentata dalla difesa del 25enne - che hanno esercitato. I tempi saranno più rapidi e questo è positivo». A presentare il richiesta di rito abbreviato è stato lo stesso Stasi. Sentirlo parlare «non mi ha fatto nessun effetto», ha concluso Rita Poggi.
La Stampa 28 marzo 2009

Omicidio Meredith, Sollecito contesta teste: non conosco Rudy



Raffaele Sollecito, uno degli imputati nel processo per l'omicidio della studentessa britannica Meredith Kercher, ha contestato oggi la deposizione di un testimone che sostiene di averlo visto due sere prima del delitto assieme alla vittima, all'altra imputata Amanda Knox e a una terza persona, identificata come Rudy Guede già condannato nel caso a 30 anni di carcere.

"Gioffredi non può avermi visto con Rudy perché, ribadisco, io Rudy non lo conosco, non l'ho mai incontrato in vita mia", ha detto Sollecito davanti ai giudici della Corte d'Assise oggi a Perugia.

Rispondendo ai giudici che gli chiedevano di descrivere come fossero vestiti quella notte i quattro ragazzi, Gioffredi ha detto: "Ricordo che Amanda aveva un cappotto lungo e rosso".

"Non ho mai visto Amanda con un cappotto lungo e rosso", ha replicato Sollecito.

"Io quel giorno ero altrove e verrà dimostrato dai documenti che di seguito fornirà la mia difesa", ha puntualizzato Sollecito.

Nel corso della prossima udienza -- che si terrà venerdì -- saranno ascoltati i tecnici che hanno eseguito l'autopsia sul corpo di Meredith mentre il giorno dopo -- sabato prossimo -- sarà la volta di Rudy e Lumumba.

Il processo vede imputati l'americana Knox e Sollecito, studenti e fidanzati all'epoca della morte di Meredith, che devono rispondere di omicidio, violenza sessuale, simulazione di reato, furto. Knox verrà processata anche per avere calunniato Patrick Lumumba, un congolese arrestato subito dopo l'omicidio e poi rilasciato, quando gli investigatori hanno appurato che era estraneo ai fatti.

A ottobre, nel corso dell'udienza preliminare, Knox e Sollecito hanno ribadito di essere innocenti. La giovane americana ha anche detto di aver subito pressioni dalla polizia per confessare.

venerdì 27 marzo 2009

MEREDITH: TESTIMONE, UDII 2 PERSONE DISCUTERE; POI L'URLO


(AGI) - Perugia, 27 mar. - Un uomo e una donna che discutevano animatamente e, poco dopo, l'urlo di una donna. E' quanto ha riferito di aver udito, la notte in cui Meredith Kercher venne uccisa, Antonella Monacchia, una giovane insegnante che vive con i genitori in un appartamento poco distante dal casolare di via della Pergola, in via Pintoricchio. La giovane, sentita questa mattina come testimone davanti alla Corte d'Assise di Perugia ha spiegato che, da una delle finestre della sua abitazione, e' possibile vedere gran parte del casolare di Via della Pergola. La sera del primo novembre, dopo essersi coricata, intorno alle 22, la testimone ha ricordato in aula di essere stata svegliata "da un uomo e da una donna che, in italiano discutevano animatamente". Poi, poco dopo "l'urlo forte e secco di una donna". La ragazza ha riferito di essersi affacciata dalla finestra ma di non aver intravisto nessuno in strada. Sempre questa mattina era stata sentita come testimone una giovane che vive insieme alla sorella in un appartamento di fronte alla casa del delitto. La teste ha riferito che, la notte tra il primo e il due novembre venne "svegliata da dei passi veloci" sentiti sotto la sua finestra".

Meredith, sorrisi e abbracci in Aula
Un teste: "Ho sentito un urlo straziante"

Clima apparentemente sereno per Amanda Knox e Raffaele Sollecito. In Aula era la volta dei testimoni: Nara Capezzali, che abita vicino alla casa del delitto, ha raccontato di aver sentito un grido

Rispondendo a una domanda dell'avvocato Giulia Bongiorno, uno dei difensori di Raffaele Sollecito, di indicare con precisione la data di quando sentì l'urlo, la Capezzali ha detto: "non me lo ricordo più". Ha però spiegato che era la sera prima del ritrovamento del cadavere della studentessa. Ad avvertirla della scoperta furono - ha riferito - alcuni giovani che abitavano in un suo appartamento dato loro in affitto. Dopo essere uscita la Capezzali ha spiegato di essersi fermata a parlare con due amiche. "Ecco chi era chi urlava, dissi" ha riferito oggi alla Corte d'assise. Riguardo alla sua decisione di recarsi a riferire quanto sapeva alla polizia diversi giorni dopo il delitto, la Capezzali ha detto di averlo "fatto con il cuore".

Amanda Knox e Raffaele Sollecito non prenderanno parte a sopralluogo casa delitto

(AGI) - Perugia, 27 mar. - Amanda Knox e Raffaele Sollecito non prenderanno parte all'eventuale sopralluogo della Corte d'Assise di Perugia nel casolare di via della Pergola. Lo hanno riferito oggi in aula i difensori dei due imputati accusati dell'omicidio della studentessa inglese, Meredith Kercher. A chiedere una sopralluogo della Corte fuori e dentro la casa del delitto era stata la difesa di Sollecito. Richiesta alla quale si sono associate tutte le parti. La Corte non si e' ancora espressa ufficialmente in merito

MEREDITH: LEGALI RUDY, TESTIMONIANZA CAPEZZALI "GENUINA"

(AGI) - Perugia, 27 mar. - E' stata "una testimonianza genuina, spontanea ed efficace" e da "manuale di Corte d'Assise" quella di Nara Capezzali, secondo i legali dell'ivoriano Rudy Hermann Guede, gli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, oggi presenti in aula per assistere al processo che vede imputati Raffaele Sollecito ed a Amanda Knox per l'omicidio di Meredith Kercher. "Abbiamo sempre pensato che la Capezzali fosse la vera super testimone di questo processo - hanno detto i legali - ed e' per questo che oggi abbiamo voluto ascoltarla di persona in aula. Le nostre convinzioni si sono rafforzate. La teste ha detto chiaramente di aver sentito perfettamente la notte dell'omicidio scappare due persone, uno di qua e l'altro di la'. Una versione che calza perfettamente con il racconto di Rudy il quale ha sostenuto che mentre gli altri scappavano lui soccorreva Meredith".



Meredith, parla la vicina di casa: "Sentivo grida disperate"

La testimonianza di Nara Capezzali

"Ho sentito un grido di donna da casolare". E' la testimonianza di Nara Capezzali che abita a poche decine di metri da via della Pergola, resa nell'udienza del processo per l'omicidio di Meredith.

Un grido disperato prolungato nel tempo e poi i rumori come fossero passi di gente in fuga. Si riassume così la
testimonianza di Nara Capezzali che abita a poche decine di metri da via della Pergola, resa nell'udienza odierna del processo a carico di Raffaele Sollecito e Amanda Knox per l'omicidio di Meredith.

Nara Capezzali, la testimone ascoltata nel processo per l'omicidio di Meredith Kercher, e che ha sentito l'urlo di donna da via della Pergola la notte dell'omicidio, è stata considerata "credibile, genuina" dagli avvocati di Rudy Guede, il ragazzo ivoriano condannato a trent'anni. "Abbiamo sempre pensato - hanno detto i legali - che la Capezzali fosse la vera super testimone del processo ed e' per questo che oggi abbiamo voluto ascoltarla di persona in aula. Le nostre convinzioni si sono rafforzate. Ha detto chiaramente che ha sentito perfettamente la notte dell'omicidio scappare due persone, uno di qua e l'altro di là. Una versione che calza perfettamente con il racconto di Rudy il quale ha sostenuto che mentre altre due persone scappavano lui soccorreva Meredith".

Intanto Raffaele Sollecito e Amanda Knox non parteciperanno all'eventuale sopralluogo nella casa del delitto chiesto da tutte le parti e sul quale la Corte non ha ancora sciolto la riserva. Ad annunciare la decisione dei due imputati sono stati i loro difensori alla ripresa del processo. La Corte, che aveva chiesto di conoscere le intenzioni dei due prima di prendere una decisione, ha preso atto della loro scelta.

Il Tempo 27 marzo 2009

Don Caccia e sicurezza GPL: parlano gli esperti

L'opinione di Assagoliquid

In seguito alle notizie che si sono susseguite dopo l'incidente nel quale ha perso la vita don Silvano Caccia, parroco di Giussano (Milano), bruciato il 19 marzo sull'A4 Milano-Venezia all'interno della sua Fiat Punto alimentata a Gpl, l'Assogasliquidi (Associazione nazionale imprese gas petrolio liquefatti) ha voluto dire la propria sulla sicurezza di questo tipo di combustibile.

Ecco la lettera inviataci dall'ingegner Salvatore Piccolo. "Sono il responsabile del settore auto di Assogasliquidi, associazione di Federchimica/Confindustria che rappresenta il Gpl auto. Sono quindi di parte, ma allo stesso tempo un vero addetto ai lavori. Ho avuto il piacere di approfondire la materia della sicurezza del Gpl auto in vari ambiti. Sono il rappresentante dell'associazione europea del settore a Ginevra e a Bruxelles per le normative ambientali e di sicurezza degli autoveicoli a Gpl e ho partecipato al lungo lavoro che ha portato all'eliminazione del divieto di parcamento dei veicoli a Gpl di ultima generazione (vedi DM 22 novembre 2002). Con riferimento al recente incidente e al commento del vostro esperto, ho il dovere di fare qualche precisazione tecnica nel modo, spero, più semplice e chiaro possibile.

Innanzitutto, il fatto che il Gpl sia più pesante dell'aria, nel caso del recente incidente, come in altri, non costituisce una aggravante: in un luogo chiuso o poco arieggiato come un abitacolo di una autovettura, uno scantinato o un'autorimessa interrata anche un gas più leggero dell'aria può creare atmosfere esplosive che hanno alta probabilità di essere accese da eventuali fonti di ignizione (sigarette, luci, altre apparecchiature elettriche). Anzi, quando abbiamo esaminato le modalità di progettazione delle autorimesse in relazione alla possibilità di far parcheggiare i veicoli a Gpl, abbiamo riscontrato un fatto, che ora mi sembra ovvio, ma che all'epoca non realizzai subito e di cui non tutti sono a conoscenza: i parcheggi sono dotati, per legge, di apparecchiature elettriche (prime tra tutte le illuminazioni) antideflagranti nella parte bassa, ma non nella parte alta in quanto progettate per ospitare essenzialmente veicoli a benzina, i cui vapori sono più pesanti dell'aria, come il Gpl.

Se quindi, in una autorimessa attuale, si accumula del metano in prossimità del soffitto (e molte tipologie di soffitti creano zone poco arieggiate), l'accensione di una luce o l'attivazione di un'altra eventuale apparecchiatura elettrica (condizionatori, aeratori) determina con alta probabilità l'accensione di tale atmosfera esplosiva. Sono temi che andrebbero approfonditi prima di esprimere giudizi, non tanto come semplici utenti, ma come sedicenti esperti, più o meno in buona fede. Le perdite di gas combustibili vanno evitate a prescindere che siano più pesanti o più leggere dell'aria. A tal proposito, faccio una riflessione più generale sulla sicurezza dei prodotti o vettori energetici: la sicurezza si basa sempre più sulle tecnologie associate all'uso di qualcosa di potenzialmente pericoloso, e sempre meno sul "pericolo" intrinseco della cosa stessa. Pensiamo quanti morti ha causato l'energia elettrica agli albori della sua diffusione. Pensiamo che, se non la pensassimo così, non avremmo dovuto neanche cominciare le ricerche per l'utilizzo dell'idrogeno nel settore dei trasporti.

La continua campagna di "demonizzazione" del Gpl, soprattutto posta in relazione alla sicurezza assoluta del metano, ha avuto un ruolo determinante nel caso di Roma di via Ventotene nel 2001 dove morirono quattro donne e quattro vigili del fuoco. I tecnici della società di distribuzione del metano recatisi più volte sul posto attribuirono la colpa ad un veicolo a Gpl parcheggiato in zona, quando poi – vedi il condizionamento di tutti, esperti e non – la puzza di gas si sentiva anche ai piani superiori. Ma insomma, questo Gpl è più pesante o più leggero dell'aria?"

La replica di "Quattroruote".
Che in una vettura occorra evitare le perdite di carburante, qualunque esso sia (benzina, gasolio, metano o Gpl), risulta ben evidente a tutti. Resta il fatto che, per quanto è stato possibile vedere nelle immagini degli incendi della VW Passat di Parma e della Punto di don Silvano Caccia, si ha l'impressione che le fiamme siano partite dal pavimento delle vetture. Sempre dalle testimonianze raccolte, in entrambe le disgrazie non si è verificata un'esplosione di vapori nella parte alta dell'abitacolo (né tanto meno del serbatoio del Gpl esposto alle fiamme, merito questo del funzionamento delle valvole di sicurezza rese obbligatorie dal 2001).

Come è stato da noi sempre ribadito in occasione d'incidenti come questi, non si può mettere in discussione la sicurezza dell'intera categoria delle auto a Gpl a seguito di sporadici incidenti. Sarebbe come mettere genericamente in discussione la sicurezza del volo immediatamente dopo una sciagura aerea. Riteniamo, tuttavia, che gli automobilisti avrebbero il diritto di ricevere da esperti quali l'ingegner Salvatore Piccolo delle ipotesi ragionevolmente plausibili su quanto sia potuto accadere (ferma restando la necessità di attendere gli esiti delle due inchieste in corso) piuttosto che ascoltare prese di posizione piccate e di parte.

Per esempio, sarebbe molto interessante sapere come mai gli esperti - non crediamo sedicenti - mantengano il divieto di parcheggio per le auto a Gpl ai piani più bassi delle autorimesse interrate, mentre non hanno mai imposto tali limitazioni per le auto a benzina, a dispetto del fatto che pure i vapori della benzina siano più pesanti dell'aria.
(E.B.)

Don Caccia, centinaia di persone in visita alla camera ardente

Fedeli in preghiera davanti alla bara di don Silvano (foto Brianza)

Giussano - Sono previste almeno tremila persone, domani, per il funerale di don Silvano Caccia, morto tragicamente giovedì scorso nel rogo della sua auto in un parcheggio in costruzione lungo l'autostrada A4. A celebrarlo sarà il cardinale Dionigi Tettamanzi, nella basilica dei Santi Filippo e Giacomo.

Camera ardente - Da ieri è un via-vai continuo di persone dalla camera ardente allestita all'oratorio di via Massimo d'Azeglio. I familiari, la mamma Anne e i fratelli e le sorelle straziati dal dolore, hanno ricevuto le condoglianze di centinaia di fedeli, oltre che delle autorità cittadine, sindaco in testa. Una processione senza fine che continuerà anche per tutta la giornata di oggi (la camera ardente resterà aperta fino alle 23). La veste bianca di don Silvano con la stola che raffigura l’effigie di San Paolo copre la bara. Ieri sera, in basilica, si è tenuta una veglia di preghiera presieduta dal vicario episcopale monsignor Armando Cattaneo. Oggi alle 15.00 e alle 18.30, in oratorio, verrà celebrato il rosario comunitario.

Il funerale - Domattina alle 9.30 partirà il corteo funebre dall’oratorio con l’accompagnamento, condizioni meteorologiche permettendo, dei corpi musicali Dac e Santa Margherita di Paina. La bara sarà portata a spalla, in ogni caso, dagli Alpini di Giussano attraverso via Cavour, piazza Roma e piazza San Giacomo. Si prevede la presenza di almeno cinquanta sacerdoti, tra compagni di messa di don Silvano, preti della Diocesi, vescovi ambrosiani, vicari, e un enorme afflusso di fedeli, da Giussano e dalla Lombardia tutta.

L'organizzazione - Gli organizzatori invitano i giussanesi a non usare la macchina per recarsi in chiesa. Tutto il centro, da via Massimo d’Azeglio a via Alberto da Giussano, sarà chiuso al traffico. Si potrà parcheggiare nell’area del mercato, in via Cavour e vicino alla baita degli alpini. In basilica saranno riservate alcune file per i familiari, gli amici di don Silvano e per le autorità. L’altare del Sacro Cuore sarà riservato alle associazioni e quello della Madonna a chierichetti e seminaristi. All’esterno della basilica tutti i parcheggi saranno riservati ai sacerdoti, ai familiari e ai seminaristi.

Tumulazione a Trezzo - Al termine delle esequie, la salma procederà verso Trezzo sull’Adda, città natale del sacerdote, dove alle 15, nella parrocchia dei Santi Gervaso e Protaso, il vicario episcopale monsignor Mario Delpini celebrerà una liturgia della Parola. Successivamente avrà luogo la sepoltura nel vicino cimitero nella tomba di famiglia, dove riposa il padre. A Trezzo si recheranno anche il sindaco Franco Riva, due agenti della polizia locale con il comandante Martino De Vita e il gonfalone della città.

Lutto cittadino - Per domani, l’amministrazione comunale ha proclamato il lutto cittadino. In concomitanza con l’inizio o con lo svolgimento della cerimonia funebre, è stato chiesto venga osservato un minuto di silenzio in tutti gli edifici pubblici e anche in quelli scolastici. L’amministrazione comunale ha invitato anche i titolati delle attività commerciali ad abbassare le saracinesche dalle 9.30, quando partirà il corteo funebre dall’oratorio fino alle fine della funzione religiosa. Le bandiere degli edifici pubblici (plessi scolastici, ospedale etc.) saranno esposte a mezz’asta e quelle del municipio saranno listate a lutto.

Iniziative annullate - Molte le iniziative annullate in segno di cordoglio. Fra queste, in accordo con la famiglia Buzzi, il torneo di calcetto dedicato alla memoria del carabiniere Marco Buzzi, organizzato dall’assessorato allo Ssport e dalla locale sezione dell’Associazione nazionale carabinieri.
Federica Vernò

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Prigioniera per 25 anni, un amico di famiglia:"Laura non sta bene di testa, siè inventata tutto".

Un'orribile storia di violenza sessuale e degrado. L'uomo è finito in manette assieme al figlio accusato di abusi sulle sue bimbe


Prigioniera in casa stuprata per 25 anni dal padre padrone

TORINO 27/03/2009 - Nonè facile guardare nell'abisso e non èsemplice riconoscere il male quando lo incontri. Lo sa bene quel perito del giudice che, 15 anni fa, visitò una ragazzina che denunciava lo zio per abusi sessuali. La giudicò non credibile, le accuse caddero e lei tornò in famiglia. All'incubo di un padre padrone che abusava di lei da quando era bambina.

Ha 34 anni oggi Laura - il nome è di fantasia - e da quando ne aveva 9 doveva soddisfare le voglie del padre padrone, Michele M., un ambulante di origine pugliese - secondo gli archivi delle cronache coinvolto con i figli in un giro di furti di rame, negli anni scorsi - di 61 anni che la considerava sua proprietà. Tanto da non farle terminare le scuole, da impedirle di vivere una vita normale fatta di amicizie e rapporti umani. No: per lei il mondo iniziava e finiva nella stanzetta senza energia elettrica della casa dove viveva con i genitori, nel cuore della Falchera. Violentata per anni, con il silenzio complice della madre e forse anche degli altri nove tra fratelli e sorelle. Una schiava del padre: quando di notte l'uomo aveva esigenze fisiologiche, era lei che doveva portargli il pappagallo e provvedere. Tra i M. si usa che il padre sc... con la prima figlia femmina?e' una"voce di famiglia" che si legge nell'ordinanza del pm.
Ora quest'uomoè in carcere, assieme al figlio Giuseppe di 41 anni. Condividono la stessa accusa. Entrambi hanno abusato di Laura. E Giuseppe anche delle sue quattro figlie.E' stato proprio il padre padrone a denunciare il figlio: perchè all'inizio di febbraio Lauraè scappata di casa, si è rifugiata dal fratello. Il padre ? andato a riprendersela e poi le ha fatto sporgere denuncia contro il fratello: Mi ha costretta a rapporti sessuali orali vicino al cimitero di Sassi recita la denuncia.

Partono le indagini della Procura, coordinate dai pm Pietro Forno e Paolo Scafi, e del commissariato Barriera Milano. Le intercettazioni telefoniche sono decisive: per una fortunata coincidenza - la cornetta rimane sollevata - una di queste si trasforma in "intercettazione ambientale". Gli investigatori sentono tutto, anche quello che ? chiaramente un rapporto sessuale di Giuseppe con una figlia. L?uomo abusa di tutte e quattro le sue figlie di 20, 12, 8 e 6 anni. Per lui scattano le manette. Ma l'incubo nonè finito.

Già, perchè Laura ha un segreto ancora piùpesante da svelare. Sono i 25 anni di incubo e schiavitù sessuale. Dalla quale si sarebbe salvata, se solo uno psichiatra avesse saputo riconoscere il male... Era il 1994: Laura era fuggita di casa e si era rifugiata da uno zio. Il padre se l'era riportata a casa e le aveva fatto sporgere denuncia per abusi sessuali contro il parente. Uno psichiatra incaricato dal giudice aveva incontrato Laura e l'aveva giudicata non credibile. Le accuse erano cadute, ma la ragazza era tornata in famiglia: ad altri 15 anni di prigionia e di umiliazioni sessuali. E il padre padrone non si limitava a lei: anni fa avrebbe abusato anche di una figlia del fratello, che aveva ospitato per qualche tempo. E si sospetta possa aver molestato anche le nipotine. Ora questi due uomini, assistiti dagli avvocati Antonio Foti e Antonio Genovese, sono rinchiusi in carcere con pesanti accuse. Le ragazze sono in comunità protette.

Se si bussa all'alloggio-prigione, la porta si apre solo per un attimo: una donna sui trent'anni, con l'aria stranita si fa sulla soglia. Subito dietro di lei giunge un'altra donna, che strilla "Cosa apri, handicappata?" e poi sbatte la porta in faccia ai cronisti. Un amico di famiglia, un romeno, blocca uno dei fratelli che vorrebbe scagliarsi contro il cronista e poi spiega: "Laura non sta bene di testa, siè inventata tutto".

Gli indagati incastrati dalle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte dalla magistratura



"Papà, vuoi togliere la mano? Sei un bastardo, devi smetterla"

TORINO 27/03/2009 - Il primo a essere smascherato è G.M, il figlio quarantunenne. Poi è il turno di M.M, il padre sessantaquattrenne. G.M. viene tradito dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, M.M. dai racconti orribili della figlia Laura, costretta a subire in silenzio per 25 lunghi anni. Le 9 pagine di ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip Silvia Salvadori il 9 marzo scorso, e i dialoghi catturati dalle cimici nascoste dalla polizia svelano un autentico film dell’orrore. Un film che non lascia dubbi sulle responsabilità dei due uomini arrestati e sulle torture fisiche e psicologiche subìte dalle vittime.

Vittime, come le quattro figlie dell’ambulante quarantunenne G.M. Un’intercettazioni telefonica (divenuta poi ambientale grazie a una cornetta del telefono agganciata male) cattura con chiarezza un tentativo di approccio sessuale di G.M. nei confronti della figlia di 8 anni (le altre figlie presenti nell’alloggio hanno 6 e 12 anni, la maggiore ne ha 20 ed è già andata via di casa). È il 19 dicembre 2008. La bimba si lamenta, piange, sussurra qualcosa. Le parole che pronuncia sono chiare, comprensibili: "Papà, vuoi togliere la mano? Sei un bastardo, la smetti?". La piccola piange, piange con insistenza. Si lamenta. Si avverte un rumore di passi, passi che si avvicinano in fretta. È la madre della bambina, la moglie di G.M. La donna entra in camera da letto, nella camera da letto della figlia. Poi comincia a urlare: «Avete rotto i c...., adesso vi sbatto fuori dal letto tutti quanti». La bimba riprende coraggio e risponde alla madre: "Tutti tranne me, naturalmente" La madre: "È logico, non posso mandarti via dal tuo letto. Quando dormi è meglio, non senti un c...". Il 18 febbraio di quest’anno, alle 21.42, viene registrato un altro tentativo di approccio. I protagonisti sono sempre gli stessi, padre e figlia. E ancora una volta la piccola si lamenta, piange, implora il padre di lasciarla in pace. È tutto inutile, le sue preghiere restano inascoltate.

Le intercettazioni ambientali catturano altri due episodi, in entrambi il protagonista è ancora G.M. Nella prima intercettazione, l’uomo si rivolge alla figlia dodicenne e le ordina: "Fammi una s...". La seconda intercettazione, invece, consente chiaramente di ascoltare un rapporto sessuale completo tra il quarantunenne G.M. e la sorella trentaquattrenne Laura. La stessa Laura, poi, ai poliziotti di Barriera Milano riferisce un episodio che si sarebbe verificato nel febbraio di quest’anno nei pressi del cimitero Sassi: "Eravamo seduti in auto - racconta la donna agli agenti - e mio fratello mi ha costretta a un rapporto orale". È questo solo uno dei tanti abusi che Laura sarebbe stata costretta a subire dal fratello durante le due settimane di permanenza nella sua abitazione.

Se a tradire G.M. sono le intercettazioni telefoniche e ambientali, il padre-padrone M.M. viene invece incastrato dai racconti della figlia Laura. Laura che a un certo punto riferisce anche una particolare abitudine del padre: "Quando in piena notte si svegliava e doveva p...., mi chiamava e mi chiedeva di mettere il suo p... nel pappagallo che si trovava sotto il suo letto".

Giovanni Falconieri
FONTE: Cronaca qui 27 marzo 2009


Torino, Incesto: La famiglia degli orrori, ragazza violentata per 25 anni



Prima pagina Torino la Repubblica.it del 27/03/2009

Un incesto durato 25 anni, una vita intera vissuta in condizioni di schiavitù e maltrattamenti, senza libertà e nemmeno luce elettrica. È una storia terribile di violenze sessuali, abusi e soprusi all´interno di una famiglia torinese, emersa grazie a mesi di indagini della polizia: un padre ha violentato la figlia da quando aveva 9 anni, e ha passato "l´esempio" al figlio che a sua volta ha perpetrato gli stessi abusi sia sulla sorella che sulle sue quattro figlie. Una storia che ricorda quella austriaca del padre-mostro Joseph Fritzl.

Ora il padre-padrone (63 anni, di origine foggiana, che nella vita raccoglie e vende ferro) è finito in carcere così come suo figlio di 40 anni. Le relazioni incestuose sono state scoperte grazie alle intercettazioni, ma in famiglia, secondo gli inquirenti, tutti sapevano delle violenze. Vigeva però la legge che la primogenita dovesse essere del padre. Un oggetto di sua proprietà. Ora Laura, che oggi ha 34 anni, e le sue nipotine, dell´età di 6, 8, 12 e 20 anni, sono state portate in comunità, dove gli psicoterapeuti stanno tentando di aiutarle. «Non è una storia facile da raccontare - ha spiegato il procuratore aggiunto Pietro Forno che ha coordinato l´inchiesta - e c´è voluto molto tempo per riuscire a scoprire cosa accadesse fra quelle mura domestiche».

L´indagine parte a ottobre del 2008, quando Laura, accompagnata dai genitori, si rivolge alla polizia, denunciando suo fratello, venditore ambulante come il padre: «Mi ha violentato due volte e mi ha costretta a rimanere in casa sua per due settimane». Dalle indagini emerge che in realtà la donna ha da anni una relazione incestuosa con il padre. Una relazione che dura da 25 anni. La donna è tenuta quasi in schiavitù: non può uscire senza il genitore. Non ha terminato gli studi oltre la seconda media. In casa, nella sua camera, non può avere la luce elettrica.


Ma nel frattempo la polizia continua a indagare sul fratello: le intercettazioni permettono di svelare un quadro altrettanto agghiacciante. L´uomo, secondo l´accusa, abusava a turno delle figliolette di 6, 8, e 12 anni, costringendole anche ad assistere ai rapporti sessuali. Anche la figlia di 20 anni, ormai fuori casa, ha raccontato di essere stata violentata da quando aveva 9 anni. Nel 1994 un´altra perizia del tribunale aveva descritto come «inattendibile» la figlia abusata dal padre-padrone . «In quel caso la donna era stata costretta dal padre a denunciare uno zio. Lui si era difeso spiegando la verità, ovvero che era il padre ad averla violentata - ha spiegato Forno - Purtroppo l´esito di quella perizia ha fatto sì che gli abusi sessuali siano continuati per altri 15 anni».
(27 marzo 2009)

giovedì 26 marzo 2009

PREMI: INCHIESTA GRINZANE, NUOVO INTERROGATORIO PER SORIA

Torino, 25 mar. - (Adnkronos) - Quattro giorni dopo la decisione del gip di respingere la richiesta di scarcerazione o, in subordine, di arresti domiciliari, l'ex presidente dell'associazione Premio Grinzane Cavour, Giuliano Soria, e' tornato davanti ai magistrati per un nuovo interrogatorio.

Gia' la scorsa settimana Soria era stato sentito dalla Procura facendo parziali ammissioni e in seguito agli interrogatori il suo legale, l'avvocato Roberto Piacentino, aveva fatto istanza di revoca della custodia cautelare in carcere. Richiesta che e' stata respinta dal gip sabato, anche su parere conforme della Procura. In seguito a questo il difensore ha gia' fatto ricorso al Tribunale del Riesame. Soria e' indagato per malversazione e violenza sessuale.

Grinzane Cavour/ Legale Soria:Oggi interrogatorio di manutenzione

Udienza per Riesame fissata il 31 marzo


Torino, 25 mar. (Apcom) - "E' stato un interrogatorio lungo e approfondito, che definirei di manutenzione cioè con l'esame di maggiori dettagli. Credo che la situazione da un punto di vista probatorio sia stazionaria". Questo il commento del legale difensore di Giuliano Soria, Roberto Piacentino, al termine dell'interrogatorio che si è svolto oggi a Torino durante il quale Giuliano Soria è stato sentito dai pubblici ministeri Longi, Demontis, Viglione e Forno. L'interrogatorio era cominciato questo pomeriggio alle 15 ed è terminato alle 18.40. Piacentino ha poi ribadito la disponibilità di Giuliano Soria a chiarire tutti i particolari e ha affermato che non c'è stato alcun allargamento: "Il professore si è messo a disposizione per chiarire tutto quello che sarà necessario - ha dichiarato - ci sarà più avanti una rivisitazione con i documenti alla mano; non c'è stato alcun allargamento nè delle contestazioni nè del materiale probatorio. La Procura e la Finanza stanno lavorando nel dettaglio". Riguardo alla liquidazione dell'associazione fondata da Soria Piacentino ha dichiarato che l'ex patron del Premio Grinzane Cavour "non ha commentato in alcun modo. Soria ha preso le distanze dalla situazione preesistente, dagli errori commessi in passato che ha ammesso e si sta sforzando di capire". L'udienza al Tribunale della Libertà è stata fissata per il prossimo 31 marzo.
25 marzo ansa-

mercoledì 25 marzo 2009

Sollecito, Il padre: «Mio figlio deve guardare avanti»

  • 24/03/2009
«Voglio che mio figlio continui a guardare avanti e pensare al futuro. Un obiettivo che è anche il suo»: il padre di Raffaele Sollecito, Francesco, ha parlato così oggi della decisione del giovane di iscriversi alla specializzazione in informatica all’Università di Verona. «Si sta impegnando per gli esami - ha detto ancora Francesco Sollecito - e questo lo aiuta a pensare meno possibile a cosa sta attraversando». Riguardo agli incontri in carcere con il figlio, l’uomo ha spiegato che «volutamente» non parlano del processo in corso per l’omicidio di Meredith Kercher. «Per me è sufficiente - ha spiegato - ciò che mi riferiscono gli avvocati mentre a lui basta quello che ascolta in aula». Giovedì prossimo Raffaele Sollecito compirà intanto 25 anni ma non potrà incontrare il padre, che intende comunque inviargli un telegramma, non essendo giorno di visite. Da lui si recheranno invece verso le 11 due dei suoi difensori, gli avvocati Luca Maori e Marco Brusco, che porteranno «una sorpresa» al giovane che ha sempre respinto ogni accusa per l’omicidio Kercher.

L'Arena

martedì 24 marzo 2009

Per Raffaele Sollecito esame universitario a Verona


I RISVOLTI DEL DELITTO DI MEZ


Il ragazzo pugliese, imputato nel processo per la morte di Meredith Kercher, è stato interrogato dal preside della facoltà di Scienze matematiche e fisiche dell'ateneo scaligero Roberto Giacobazzi. ''Siamo interessati solo a capire a che punto è la sua preparazione - ha detto il docente -. Altri aspetti della sua vita non ci riguardano''

Testo molto piccolo Testo piccolo Testo normale Testo grande Testo molto grande

Raffaele Sollecito in aula davanti la Corte d'Assise Perugia, 24 marzo 2009 - Raffaele Sollecito ha sostenuto oggi in carcere a Verona un colloquio per l'ammissione alla specializzazione della facoltà di informatica. Il giovane pugliese, imputato nel processo per la morte della studentessa Meredith Kercher, è stato interrogato dal preside della facoltà di Scienze matematiche e fisiche dell'ateneo scaligero Roberto Giacobazzi.

Al termine del colloquio Giacobazzi ha sottolineato che l'incontro è stato utile per esaminare lo specializzando Sollecito, già laureato a Perugia al termine di un corso triennale. ''Eravamo interessati esclusivamente a capire a che punto è la sua preparazione - ha detto il docente -. Altri aspetti della sua vita non ci riguardano''. I professori che hanno incontrato Sollecito non si sono ancora espressi sulla valutazione relativa al colloquio.

La NAZIONE 24 MARZO 2009

domenica 22 marzo 2009

FETICCI E DELITTI: IL FURTO DEL MATERASSO DALLA CASA DEL DELITTO DI PERUGIA

22/3/2009
Feticci e delitti


ALESSANDRO PERISSINOTTO
A chi mai può venire l'idea di intrufolarsi nella casa dove è avvenuto un terribile omicidio e di rubare un materasso sporco del sangue della vittima? Se scrivessi uno dei miei romanzi polizieschi, intorno a questa questione girerei a lungo. Qui però voglio provare a fare subito tre ipotesi molto semplici; l'idea del furto può essere venuta: 1) a un pazzo adepto di una setta satanica, 2) a un imbecille feticista, 3) a un furbo che vuole inquinare le prove. Troppo schematico? Allora entriamo nel dettaglio. Partiamo dalla prima congettura. Alcuni casi più o meno recenti hanno messo in luce il perdurare di una diffusa passione per il culto del diavolo. Per le loro messe nere, i satanisti si servono di oggetti sacri che, in quanto rubati, transitano dall'universo del bene a quello del male, divenendo così strumenti per assicurarsi la benevolenza (sic) del Maligno.

Al tempo stesso però, questa folle ritualità non disdegna quegli oggetti che, per la loro vicinanza con un evento delittuoso, dovrebbero assurgere a catalizzatori del Male. Il materasso su cui è morta la povera Meredith ricomparirà dunque al centro di un cerchio di invasati adoratori di Belzebù? Se così fosse, credo che si confermerebbe l'ipotesi meno inquietante. Non che l'esistenza di gruppi di squilibrati non sia preoccupante, ma la loro presenza, storicamente attestata nei secoli, non ha particolari relazioni con i guasti della nostra società e i rimedi spaziano da una buona cura psichiatrica per i casi più gravi, a una buona dose di calci nel sedere per quelli più lievi. La seconda possibilità mi sembra invece più allarmante. Se è stato un feticista, occorre riflettere sui meccanismi attraverso i quali si crea il feticcio, perché in questo caso è probabile che ci si trovi di fronte a un «feticismo della merce», per dirla con Marx, a un oggetto che diventa idolo perché incarna un valore. Già, il materasso del delitto di Perugia si carica di valore per via della sua unicità, proprio come i memorabilia, come i banali oggetti quotidiani appartenuti alle star. Nella società massificata, dove tutto è di serie, dove il concetto di unicità non si attaglia più neanche all'opera d'arte, il desiderio di possedere qualcosa di irripetibile non si cura della ferocia che ha prodotto quell'unicum e passa sopra anche alla più elementare distinzione tra bene e male.

Ed è in questo senso che l'imbecille feticista mi sembra più pericoloso del pazzo satanista, perché, pur nella sua aberrante opzione per il male, l'adoratore del demonio possiede ben chiaro il concetto di «morale»; al contrario, chi va fiero della reliquia di un omicidio non riconosce alcun limite tra giusto e sbagliato ed è pronto a ripetere il proprio gesto con la crudele spensieratezza dei bambini. I rimedi in questo caso si fanno più complessi e, ferma restando la funzione pedagogica dei calci nel fondoschiena, passano attraverso una profonda revisione del nostro sistema di spettacolarizzazione aprioristica di qualsiasi evento, nobile o sordido che sia. E infine c'è la terza ipotesi: inquinamento delle prove. Da ingenui spettatori di Csi e di Ris, noi pensiamo che preservare l'integrità della scena del crimine sia la prima preoccupazione delle forze dell'ordine e della magistratura, specie in un procedimento come questo, dove il verdetto dei giudici sarà pesantemente influenzato dall'esito dei rilievi scientifici.

E invece scopriamo che le prove più importanti sono alla mercé di chiunque. Scopriamo che non solo non c'è vigilanza continua intorno alla casa (per comprensibili ragioni di costo), ma che persino la richiesta della questura di Perugia di apporre delle inferriate alle finestre è stata respinta dalla procura, poiché le grate altererebbero la scena del crimine. Le grate alterano e i ladri no? La proprietaria non può tornare in possesso dell'appartamento, ma lo stesso può essere liberamente visitato da chiunque? I principi che ispirano le decisioni della procura di Perugia sono perfettamente condivisibili, ma i risultati pratici che a tali decisioni conseguono lasciano sconcertati. Lo scontro tra principi e prassi si fa duro e in questo iato tra «ciò che dovrebbe essere» e «ciò che è» si consuma la crisi di credibilità della giustizia.

LA STAMPA 22 MARZO 2009

Omicidio Meredith: lo strano caso del materasso rubato


Rilievi della polizia scientifica nella casa del delitto



Un’altra irruzione nella casa di Mez, scomparsi anche i coltelli
ELISA LORENZETTI
PERUGIA
Potrebbe essere opera di un voyeur, un feticista del macabro, il furto dal casolare perugino di via della Pergola del materasso di Meredith, dove, sul telo che lo ricopriva, era rimasta impressa la sagoma di una lama sporca di sangue. A volatilizzarsi, calati, come il resto degli oggetti, dalla finestra della cucina, anche i cuscini della giovane britannica uccisa ad Halloween nel 2007, oltre ad una valigia, contenente una serie di coltelli, lasciata nella camera della coinquilina americana Amanda Knox.

I dubbi
Questa è la seconda effrazione del casolare umbro, tuttora sotto sequestro, dove quella notte di Ognissanti è stata stuprata e assassinata la ventunenne londinese, arrivata in Italia da poco più di due mesi per studiare. Che la doppia intrusione nella villetta del delitto possa essere opera di un mitomane dalla condotta psicotica è difatti ben più di un’ipotesi. Considerando anche i dettagli dell’incursione del 18 febbraio durante la quale alcuni sconosciuti dopo aver violato i sigilli e messo a soqquadro l’abitazione, si sono premurati di compiere un inspiegabile rito, posizionando dei coltelli sul pavimento della cucina, accertandosi poi che uno di essi fosse poggiato su una busta di plastica blu della polizia (diversa da quelle utilizzate dalla questura del capoluogo umbro), accendendo infine una candela dalla quale avrebbero fatto colare della cera. Una specie di firma esoterica, insomma.

Un’intimidazione?
Ad essere tuttavia poco convinti della pista della necrofilia sono gli inquirenti umbri che ritengono piuttosto si sia trattato di un messaggio in codice destinato proprio a loro. Una sfida, forse un’intimidazione. In ogni caso, qualunque sia la verità e a prescindere dalla supposizione in base alla quale a introdursi nella casa del delitto sia stato un maniaco, resta il fatto che qualcuno è entrato nella villetta dell’orrore, muovendosi con agio tra la stanza di Meredith, quella di Amanda e il bagno piccolo. Lasciando perfino delle tracce. Alla questura perugina spetterà così il compito di decriptare le impronte digitali impresse da una mano sporca di cacao e quelle lasciate sul nastro isolante che sigillava la finestra del bagno. Oltre, naturalmente, a due orme di scarpe rinvenute, appunto, nello stesso bagno. E ancora. Tra i reperti da analizzare anche una lattina di Coca Cola, trovata schiacciata sul pavimento, un pezzo di stoffa verde a quadri bianchi e un telefono cellulare rinvenuto nel giardino che circonda la villetta. L’apparecchio, che non ha più la scheda sim, potrebbe, in virtù del codice Imei. A dover parlare sarà dunque, ancora una volta, la scena del crimine attraverso le tracce che qualcuno vi ha incautamente lasciato.
LA STAMPA 22 MARZO 2009

Omicidio Maria Geusa: Un giorno in pretura, le puntate

Maria aveva solo due anni e mezzo
In onda sabato 7 marzo 2009 alle 23.40

Maria Geusa viene portata in fin di vita il 5 aprile del 2004 al Pronto Soccorso di Città di Castello da un estraneo, Giorgio Giorni. Lesioni esterne ed interne, due arresti cardiaci: a nulla valgono gli sforzi dei medici, Maria morirà il giorno dopo senza più riprendere conoscenza. Il primo sospetto degli inquirenti è che la piccola abbia subito delle violenze sessuali. Per la sua morte e per gli abusi Giorgio Giorni viene condannato all’ergastolo.

Quello che vedremo è il processo alla madre di Maria, Tiziana Deserto, che aveva affidato quel giorno la bambina al suo assassino. Un Giorno in Pretura, dal 7 marzo, racconta in quattro puntate questa storia torbida ed inquietante. Di fronte alla Corte d’Assise del Tribunale di Perugia Tiziana Deserto è accusata del crimine più atroce: concorso in omicidio e violenza sessuale nei confronti di sua figlia.

La prima puntata racconta dell’arrivo di Maria al Pronto Soccorso, le prime cure, l’arrivo della madre e del padre e i loro contatti con Giorno Giorni, fino alla morte della piccola.

Il vuoto dell'anima
In onda sabato 14 marzo 2009 alle 23.40

Corte di Assise del Tribunale di Perugia, continua il processo a carico di Tiziana Deserto, la giovane donna accusata di concorso in omicidio e violenza sessuale nei confronti di sua figlia Maria, di soli due anni e mezzo.

Ma chi è Tiziana? Un Giorno in Pretura ricostruisce la sua vita familiare, la giovinezza trascorsa in un paesino in provincia di Brindisi, dove tutto le sta stretto, i pregiudizi, la gente, le occasioni mancate. Poco più che ventenne conosce Massimo Geusa, un giovane del posto, in meno di un anno decidono di sposarsi.
Ma presto arriva la crisi coniugale, Tiziana si innamora di un altro, un uomo conosciuto telefonicamente. A questo punto suo marito tenta di ricucire il rapporto e, per sfuggire alle chiacchiere del paese, decide di portare Tiziana e la piccola Maria al nord, in Umbria, in cerca di una vita migliore.

L'amore cieco
In onda sabato 21 marzo 2009 alle 23.40

Di fronte alla Corte d’Assise del Tribunale di Perugia Tiziana Deserto è accusata di concorso in omicidio, violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti di sua figlia Maria, di soli due anni e mezzo. Ad uccidere la bambina è stato l’ amante di Tiziana, Giorgio Giorni, un uomo giovane e insospettabile, di cui la donna si innamora dopo il suo trasferimento in Umbria con il marito Massimo e la piccola.

Fra la pieghe di una vita normale, Tiziana, ribelle ed esuberante, cerca il riscatto. Progetta una storia d’amore con il datore di lavoro di suo marito Massimo.
Ma un epilogo tremendo spezzerà il sogno di una fuga impossibile.




GARLASCO: CONSULENTE POGGI, PC ALBERTO E' STATO MANOMESSO


(Adnkronos) -

Milano, 20 mar. (Adnkronos) - Il computer di Alberto e' stato 'manomesso'. A dirlo non e' solo piu' la difesa dell'unico indagato per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, ma anche il consulente della famiglia della vittima, Paolo Reale. Una ''scorrettezza metodologica'', l'aveva definita il gup di Vigevano Stefano Vitelli durante la scorsa udienza preliminare, che potrebbe aver cancellato parte di quanto accaduto 'virtualmente' il 13 agosto 2007, giorno del delitto. Un errore che potrebbe costare caro all'accusa. Nessun dolo volontario, ma un'operazione che potrebbe aver 'alterato' le informazioni contenute nella memoria.

Un dubbio che non e' bastato a far escludere il computer come fonte di prova, ma su cui il giudice si e' riservato la possibilita' di disporre una superperizia. Una nuova consulenza, dopo quelle eseguite dai Ris di Parma, dalla difesa e dalla parte civile, che potrebbe far slittare i tempi della decisione, attesa il 30 marzo prossimo, sul possibile rinvio a giudizio dell'ex studente.

Il salvataggio della tesi, avvenuto dopo il delitto, ha 'modificato' quanto avvenuto la mattina del 13 agosto. Alberto salva la tesi la sera del 12 agosto, poi continua a lavorarci la mattina. Quel computer resta acceso fino a quando i carabinieri gli chiedono di consegnarlo. Prima, pero', gli consentono di salvare e copiare la tesi. Il salvataggio del documento comporta la cancellazione dei file temporanei: in sintesi non e' piu' possibile capire se e quanto quel documento e' stato modificato, sostiene la difesa. Un 'errore' o un 'colpo di genio' a seconda dei punti di vista. Il bocconiano chiede ai carabinieri ''di voler acquisire copia della sua tesi. I files della tesi non venivano aperti, ma copiati su di una pen drive per poi essere copiati su un cd-rom e consegnato ad Alberto Stasi'', scrivono i carabinieri in una relazioni riportata nelle controdeduzioni firmate da Reale. Una relazione di 8 pagine consegnata in aula la scorsa udienza. L'esperto spiega che ''durante l'attivita' di scrittura con Word avviene la creazione di un certo numero di file temporanei, in particolare quando vengono effettuati i salvataggi su disco. I file in questione vengono poi cancellati al termine della sessione di lavoro, in corrispondenza del momento di chiusura del programma Word''. Cosi' il salvataggio o la chiusura corretta del programma 'compromette' il numero e la quantita' di informazioni altrimenti disponibile.

Alberto poteva essere a conoscenza di una 'mossa' informatica capace di 'manomettere' il computer e 'regalargli' un possibile alibi altrimenti inesistente, e' la teoria dell'accusa. ''E' un fatto noto ad ogni utilizzatore medio di Word 2003 che il salvataggio e la chiusura del programma impediscono -scrive il consulente della famiglia Poggi- la rilevazione dei contenuti precedenti, poiche' rimane visibile solo lo stato dell'ultimo salvataggio''. Una conoscenza elementare che ''avrebbe dovuto far chiedere all'utente di non alterare lo stato del programma, piuttosto che l'esatto contrario''.

Il bocconiano, pero', dopo la morte della fidanzata chiede una copia della tesi per potersi laureare. Impossibile ricostruire quel 13 agosto partendo dalla cronologia della memoria virtuale. Una cancellazione ''che puo' essere stata effettuata automaticamente dal sistema, ma anche manualmente (e volontariamente) dall'utente''. Un'operazione forse ''eseguita dallo stesso Stasi durante la mattinata del 13 agosto. Nessuna argomentazione scientifica e' stata fornita per escludere scientificamente tale ipotesi'', scrive Reale. Cosi' come resta da valutare scientificamente l'alibi di Alberto. Quello che e' certo e' che dalle 10.17 alla 11.57 del 13 agosto nessuno interagisce con il pc, scrivono gli esperti del Ris. Non solo: le quattro pagine scritte tra il 12 e il 14 agosto non sono sufficienti per rendere Alberto innocente. Secondo l'ingegnere di parte civile, il giorno prima del delitto ''alle 23.34 erano gia' state scritte, oltre alle 2 pagine oggettivamente riscontrate, una ulteriore porzione di testo''. A dirlo, spiega Reale, sono le parole inserite dal biondino nel suo dizionario 'virtuale'. Inoltre, l'ex studente modello si limita a modificare e perfezionare un capitolo ormai ultimato.

L'alibi di Alberto resta in bilico, cosi' come il computer al centro del duplice dibattimento. Tra foto e filmati hot e pedopornografici si nasconde, secondo l'accusa, il movente del delitto di Garlasco. Fotogrammi che Chiara potrebbe aver scoperto firmando cosi', senza saperlo, la sua condanna a morte. File contenuti nel computer portatile e in un hard disk esterno su cui la difesa e' pronta a dare battaglia. Dal 14 al 29 agosto il pc viene 'aperto' 42 volte dai carabinieri prima di essere consegnato ai colleghi di Parma. Tanto quanto basta per insinuare il dubbio che qualcuno potrebbe averlo manomesso.

'''Inoculare' all'interno di un pc file o altro e' un'operazione che a sua volta lascia tracce riscontrabili, a meno che non vengano utilizzati metodi sofisticati'', sottolinea Reale. Un'eventualita' che l'esperto esclude categoricamente: ''e' palese che tali modificazioni, pur avvenute, (si fa riferimento alla visualizzazione di immagini o altro, ndr) non hanno compromesso la possibilita' di determinare tutte le tracce informatiche evidenziate nelle relazioni del Ris, del consulente della difesa Enrico Cerati e della parte civile''. In sintesi, il contenuto del computer, al di la della tesi, non e' stato in alcun modo 'alterato'. Una 'macchia' minima che non cancella le immagini pedopornografiche, ma che potrebbe aver cancellato l'alibi dell'unico

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